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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-10072007-161748


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
TORTI, DAVIDE
URN
etd-10072007-161748
Titolo
Fattori predittivi di risposta agli inibitori delle tirosin-chinasi nel tumore polmonare non a piccole cellule.
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
Relatore Prof. Falcone, Alfredo
Parole chiave
  • NSCLC
  • gefitinib
  • erlotinib
Data inizio appello
23/10/2007
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
23/10/2047
Riassunto
Il carcinoma del polmone è ancora oggi, nel mondo occidentale (Nord America ed Europa), una delle neoplasie più frequenti per incidenza e la prima causa di morte per cancro.

Nonostante l’intensa ricerca clinica e di base, nell’ultimo trentennio la prognosi dei pazienti affetti da carcinoma del polmone è ancora assai grave, con una sopravvivenza globale a cinque anni del 10÷15 %. La sopravvivenza media dei pazienti varia in funzione dello stadio di malattia: in particolare, la sopravvivenza a 5 anni si riduce a meno dell’1% nello stadio IV.

Nello stadio avanzato il trattamento di scelta è rappresentato dal trattamento chemioterapico in prima linea.

In seconda e terza linea è stata dimostrata l’efficacia del trattamento con inibitori delle tirosin-chinasi, quale erlotinib.

Nonostante sia stato dimostrato il beneficio del trattamento con erlotinib in una popolazione di pazienti non selezionata, numerosi studi clinici hanno evidenziato un maggior beneficio in alcuni sottogruppi di pazienti quali non fumatori (never smoker), di sesso femminile e di origine asiatica ed affetti da adenocarcinoma.

Gli studi traslazionali hanno individuato, in aggiunta alle caratteristiche epidemiologiche, alcuni fattori molecolari che potrebbero rivelarsi utili per identificare le sottopopolazioni di pazienti che più si gioverebbero di tali terapie. Questi sono: mutazioni del gene egfr (i); espressione della proteina EGFR studiata con l’immunoistochimica (IHC); valutazione del numero di copie del gene egfr con FISH (Fluorescence In Situ Hybridization); mutazioni del gene ras. La valutazione di questi fattori deve essere fatta con metodiche eseguite sul tessuto tumorale, non sempre facilmente disponibile, rendendoli dunque di difficile accessibilità nelle diverse realtà cliniche (1); inoltre il valore predittivo e/o prognostico di tali fattori non è stato ancora definitivamente chiarito e studi prospettici disegnati per questo scopo sono in corso (2).

Lo scopo di questo lavoro di tesi è di valutare se analoghi fattori molecolari, in particolare mutazioni degli esoni 19, 20, 21 di egfr e dell’esone 1 di ras (1), EGFR mRNA expression (2) e polimorfismi di Akt (3) isolati dal sangue periferico (linfomonociti o sangue intero) di pazienti con tumore del polmone in stadio avanzato e trattati con gefitinib o erlotinib, correlano con il tasso di risposta ai trattamenti, e potrebbero dunque essere utili nella selezione dei pazienti candidati al trattamento con queste nuove molecole.

Per quanto riguarda l’analisi mutazionale, non sono state trovate mutazioni germinali nei geni di egfr e di ras in 36 dei 38 pazienti; l’analisi mutazionale he messo invece in evidenza in 2 di essi una mutazione del codone 790, nell’ambito dell’esone 20 del gene egfr; in particolare una mutazione interpretabile come T790M. Questa mutazione è già nota nella letteratura come mutazione somatica capace di conferire resistenza agli inibitori (i) e come mutazione germinale predisponente allo sviluppo di questo tipo di neoplasie (ii). E’ interessante notare che la medesima mutazione è presente in entrambi i soggetti, fra loro sorelle e portatori di una neoplasia dello stesso tipo istologico (carcinoma squamoso). Non sono invece state trovate mutazioni germinali nei discendenti dei due soggetti (2 per ciascuno di essi). Alla luce dei dati attuali la mutazione T790M è stata descritta una sola volta nella letteratura, questa costituirebbe dunque la seconda osservazione.

L’espressione di egfr è stata messa in relazione con le risposte obiettive; in particolare abbiamo considerato la mediana dei valori di espressione come cut-off (0.06) per dividere i pazienti in due gruppi, uno definito ad alta espressione di egfr (egfrex high) ed uno a bassa espressione (egfrex low). In base alla risposta sono stati considerati invece i 3 gruppi RP, SD, PD o 2 gruppi accorpati come segue: PD + SDs ed RP + SDl (SDs, malattia stabile corta; SDl, malattia stabile lunga; cut-off 6 mesi). L’analisi della correlazione tra l’espressione e la risposta non ha prodotto un risultato statisticamente significativo in nessuno dei due casi (p = 0,09 e p = 0,7, rispettivamente).

Non abbiamo osservato differenze statisticamente significative tra i polimorfismi di Akt3 e Akt4 e le risposte obiettive al trattamento. In particolare, per quanto riguarda Akt3, nessuna differenza statisticamente significativa tra i pazienti con genotipo wildtype (CT) ed i pazienti omozigoti per l’una o per l’altra base (CC o TT), p = 0,93; per Akt4 nessuna differenza statisticamente significativa tra i pazienti wildtype (GA) ed i pazienti omozigoti AA [raggruppati insieme per ottimizzare l’analisi statistica, vista la bassa frequenza del genotipo AA (5,3%)] ed i pazienti omozigoti GG, p = 0,46.

I fattori predittivi clinici (abitudine al fumo, razza, sesso) individuati negli studi di fase III e nelle analisi retrospettive svolte in seguito si sono dimostrati insufficientemente sensibili e specifici per selezionare con accuratezza il sottogruppo di pazienti che avrebbe risposto meglio o che avrebbe tratto un vantaggio in sopravvivenza dal trattamento con gli inibitori di EGFR (gefitinib, erlotinib). Nondimeno, i risultati degli studi retrospettivi sulle caratteristiche molecolari (egfr gene copy number, IHC, mutazioni somatiche di egfr), tutti eseguiti sul tessuto tumorale, hanno fornito risultati contrastanti e non conclusivi sulla capacità di queste di predire la risposta al trattamento o la sopravvivenza.

Il sangue rappresenta un utilissimo tessuto per le analisi biomolecolari ed in questo senso il nostro studio si colloca in una posizione di originalità. I determinanti utilizzati, sebbene di facile studio, non sono tuttavia in grado di predire la risposta al trattamento con inibitori delle tirosin-chinasi nei pazienti con tumore polmonare non a piccole cellule in stadio avanzato, e di aiutare dunque il clinico nella selezione del sottogruppo di pazienti miglior candidato al trattamento. In conclusione il nostro dato, sebbene negativo, non è tuttavia conclusivo, poiché: studi prospettici sono necessari per meglio definire il ruolo predittivo delle caratteristiche molecolari per la risposta agli inibitori delle tirosin-chinasi (1); i determinanti molecolari da valutare sono molti e quelli presi in considerazione in questo lavoro di tesi ne rappresentano una parte (2). Inoltre, l’osservazione della rara mutazione T790M nei due probandi rappresenta un utile spunto di approfondimento e di estensione della analisi mutazionale ad altre famiglie con analoghe caratteristiche.

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