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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-10062020-145126


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
PELLE, MARIA FRANCESCA
URN
etd-10062020-145126
Titolo
L'iconografia della Crocifissione di San Pietro: dalle origini al Seicento
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
STORIA E FORME DELLE ARTI VISIVE, DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA
Relatori
relatore Prof. Farinella, Vincenzo
Parole chiave
  • spettatore
  • quattrocento
  • seicento
  • controriforma
  • barocco
  • Giordano
  • Preti
  • Guercino
  • Reni
  • san Pietro
  • crocifissione
  • iconografia
  • Caravaggio
  • Masaccio
  • Giotto
  • Cimabue
  • croce
  • Carracci
  • naturalismo
  • classicismo
Data inizio appello
16/11/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
16/11/2090
Riassunto
Il lavoro si propone di illustrare l’iconografia della Crocifissione di San Pietro, partendo dalle più antiche attestazioni figurative reperite per giungere fino alle rivoluzionarie iconografie proposte tra Cinquecento e Seicento. Per iniziare, si illustra brevemente la figura di San Pietro e ci si sofferma sul significato del simbolo della croce nel cristianesimo e sulla storia della terribile punizione inflitta ai condannati. Successivamente, si fa riferimento al tema della difficile individuazione del luogo del martirio e della sepoltura di Pietro.
L’analisi iconografica specifica della Crocifissione di Pietro prende avvio con l'analisi delle più antiche testimonianze rintracciate nell'iconografia di Pietro crocifisso: una formella, che anticamente prendeva parte alla porta bronzea della Basilica di San Paolo fuori le Mura, e un mosaico bizantino, situato presso la cattedrale di Santa Maria Nuova a Monreale. Tali esempi sono riconducibili allo schema che si indica come “tradizionale”, ossia la rappresentazione del Santo rivolto verso lo spettatore in posizione statica e frontale. Si analizzano, poi, due esempi di Crocifissione indicate come “eccezioni alla regola”, che propongono, cioè, una diversa iconografia rispetto a quella in voga nel periodo: la Crocifissione di Erwin Von Steinbach, scolpita sulla facciata della cattedrale di Notre-Dame a Strasburgo, e quella di Deodato Orlandi, situata presso la basilica di San Piero a Grado. Il secondo capitolo si conclude con le rivoluzioni iconografiche del Santo in croce, proposte da Cimabue, Giotto e Masaccio.
Successivamente, si riscontra che l’iconografia di Pietro crocifisso ha manifestato mutazioni di registro già a inizio Quattrocento, grazie all’innovazione proposta da Spinello Aretino, di cui si analizza la rivoluzionaria Crocifissione. Si fa, poi, un breve accenno alle teorie quattrocentesche circa il coinvolgimento dello spettatore nell’arte, riscontrando che tutte le opere a tema religioso, concepite nel periodo prese in esame, prevedono una maggiore partecipazione dell’osservatore. Ci si sofferma, a tal proposito, sulla Crocifissione di Michelangelo Buonarroti, che rappresenta un punto di non ritorno per l’iconografia in questione. Nell’ultima parte del capitolo, si analizzano tre esempi di Crocifissioni di Pietro prodotti a fine Cinquecento: le opere di Bernardino Poccetti, Prospero Fontana e Niccolò Circignani. Le novità proposte da questi artisti conducono alla più dinamica e realistica iconografia del Santo in croce che si sviluppa pienamente nel corso del Seicento.
Nel quarto e ultimo capitolo, partendo dalla lezione naturalista di Michelangelo Merisi e da quella di stampo classicista di Annibale Carracci, si analizzano le Crocifissioni che propongono la nuova iconografia, completamente modificata, realistica e commovente: nelle Crocifissioni del Seicento, infatti, il colore, le pose dei personaggi, i loro sguardi e, soprattutto, la loro vicinanza al reale, colpiscono in prima persona chi guarda, rendendolo parte attiva dell’opera. Si procede, perciò, con l’analisi delle Crocifissioni prodotte dai numerosi seguaci del naturalismo e della lezione classicista, tra cui Guido Reni, il Guercino e il francese Sébastien Bourdon. Il capitolo si conclude con un riferimento a due opere raffiguranti Pietro in croce che fanno parte della produzione Barocca napoletana: le Crocifissioni di San Pietro di Mattia Preti e di Luca Giordano, allievi dei maestri sopra citati e anch’essi divulgatori dei due orientamenti del secolo.
Si fa, infine, riferimento alla recente attività di un gruppo di giovani che, da qualche anno, presso Avigliano, si trasformano nei personaggi viventi delle opere d’arte, tra cui in quelli che descrive il Caravaggio nella sua Crocifissione presso Santa Maria del Popolo. Testimonianze come questa sono la conferma che l’arte è un fenomeno in continua evoluzione e che, col passare dei secoli, gli artisti hanno manifestato sempre più la necessità di connettersi allo spettatore e di toccare profondamente la sua sensibilità.
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