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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-10062019-202949


Tipo di tesi
Tesi di specializzazione (4 anni)
Autore
SIMONETTI, NATALIA
URN
etd-10062019-202949
Titolo
L'ERCP nella gestione delle complicanze biliari post-trapianto epatico: esperienza del centro di Pisa
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MALATTIE DELL'APPARATO DIGERENTE
Relatori
relatore Prof. Marchi, Santino
relatore Dott. Gambaccini, Dario
Parole chiave
  • complicanze biliari
  • ERCP
  • trapianto epatico
Data inizio appello
07/11/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
07/11/2089
Riassunto
Introduzione: I pazienti sottoposti a trapianto epatico (OLT) richiedono un costante follow-up, per diagnosticare e trattare precocemente gli eventi avversi. Le complicanze biliare (CB) sono la principale causa di morbilità e mortalità nel post-OLT. Il trattamento mediante ERCP rappresenta il “gold standard” terapeutico, con una percentuale di successo dell’80%. L’obiettivo di questo studio è stato analizzare l’incidenza, la tipologia, i fattori di rischio e il management delle complicanze biliari post trapianto epatico presso il centro trapianti dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Pisana (AOUP). Pazienti e Metodi: Sono stati arruolati 312 pazienti affetti da complicanze biliari post-OLT, trattate mediante ERCP. Il totale delle procedure eseguite è stato 884. Le complicanze biliari sono state classificate in: stenosi anastomotica, stenosi non anastomotica (ITBL), fistola biliare, calcolosi biliare ed altro. Sono stati esaminati alcuni dei fattori di rischio (età del donatore e impiego del tubo di Kehr), le modalità di trattamento e sono state analizzate le curve di sopravvivenza per ciascuna tipologia di CB. Risultati: Considerando i pazienti con una sola complicanza biliare alla prima ERCP, sono state riscontrate: stenosi anastomotiche nel 21.8% (n=68) dei casi, ITBL nel 23.1% (n=72), calcolosi biliare nel 18.9% (n=59), fistole biliari nel 12.2%(n=38), cause minore (ostruzione del tutore biliare di Kehr, kinking biliare, ostruzione della protesi, emobilia) nel 1.9% (n=6). Il mancato utilizzo del tubo di Kehr è risultato un fattore di rischio di stenosi anastomotica (OR 6.891, 95% CI 3.243-14-642). Un’età superiore del graft si è dimostrato un fattore di rischio indipendente di ITBL (OR 1.030, 95% CI 1.015-1.047, P<0.001), viceversa nella stenosi anastomotiche (OR 0.978,95%CI 0.964-0.991, P=0.002). Nel 40.1% dei casi l’ERCP è stata finalizzata al posizionamento del SNB, associato a dilatazione endoscopica nel 5.6% dei casi. Il 51.7% delle ERCP è consistita nel posizionamento di stent ed eventuale dilatazione. Nel 22.1% è stato eseguito solo il posizionamento di un singolo stent, nel 8.6% è stato effettuato il posizionamento di multipli stent, e infine nel 21.1% del totale delle procedure il posizionamento di stent (singolo o multiplo) è stato associato a dilatazione pneumatica. I pazienti affetti da stenosi anastomotica e/o ITBL hanno richiesto un numero maggiore di procedure (fino ad un massimo di 20), tale per cui la percentuale di procedure multiple è risultata significativamente superiore rispetto al gruppo di confronto (entrambe le P=0.002), mentre nei casi di fistola biliare la percentuale di ERCP multiple è risultata minore (P=0.030). Nel 14.4% dei casi è stato necessario il ricorso ad intervento chirurgico (EDS o ritrapianto). I pazienti affetti da ITBL hanno presentato una sopravvivenza dal trapianto inferiore rispetto ai restanti sottogruppi (P =0.037), mentre i tassi di sopravvivenza sono risultati superiori ad 1 anno nei pazienti con calcolosi biliare (98.1% vs 88.2%, P= 0.009) e a 10 anni nei pazienti con stenosi anastomotica (55.6% vs 36.%,P=0.004).Conclusioni: La gestione endoscopica della litiasi biliare, delle fistole e delle stenosi anastomotiche sono caratterizzate da risultati favorevoli, diversamente dalle ITBL. Al fine di ridurre il rischio di morbilità e mortalità associato a complicanze biliari è importante un approccio multifasico che vada dalla prevenzione al trattamento, mediante un’attenta valutazione dei fattori di rischio, del “matching donatore-ricevente” e un’elevata sorveglianza post-trapianto.
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