Tesi etd-10052006-144724 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
PARENTINI, BARBARA
URN
etd-10052006-144724
Titolo
IL PARTO IN ANALGESIA
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
Relatore Prof.ssa De Punzio, Cosima
Parole chiave
- epidurale
- il dolore
- Partoanalgesia
- travaglio
Data inizio appello
24/10/2006
Consultabilità
Completa
Riassunto
SOMMARIO
L’anestesia epidurale, è il metodo più efficace e popolare per il trattamento del dolore nel parto.
Dobbiamo sempre tener presente che la patogenesi di tale dolore è multifattoriale: infatti, sono sì presenti lesioni organiche, ma entrano in gioco anche fattori emotivi, cognitivi e socio-culturali.
Approssimativamente il 60% delle donne, 2,4 milioni ogni anno, scelgono, negli Stati Uniti, la tecnica peridurale o combinata spino-peridurale per l’analgesia durante il parto. In Italia l’impiego della partoanalgesia è in aumento, routinario in alcuni ospedali, occasionale in altri.
Questa tecnica antalgica è accompagnata da una serie di effetti collaterali, interessanti sia la madre sia il meccanismo del parto. Tra le complicanze più frequenti ritroviamo: nausea, vomito, prurito, ipotensione, lombalgia, malposizionamento del catetere peridurale, cefalea, prolungamento del travaglio; discussa è la sua relazione con il taglio cesareo.
Il fine del nostro studio è valutare l’entità degli effetti, sia positivi sia negativi, dell’anestesia epidurale, quando usata come trattamento antalgico nel travaglio di parto.
Si tratta di uno studio retrospettivo comprendente 2448 donne, che hanno partorito nella nostra unità operativa tra il gennaio del 2004 e il giugno del 2006.
All’interno di tale popolazione si possono distinguere tre gruppi: il primo costituito da 999 donne,che hanno partorito attraverso taglio cesareo; il secondo (955) ed il terzo (494) includono entrambi pazienti che hanno partorito per via vaginale, il terzo però, a differenza dell’altro si caratterizza per l’utilizzo della terapia antalgica.
Le variabili studiate sono: età e parità della donna, patologie pregresse e presenti, indicazioni al taglio cesareo (quando effettuato), tempo di travaglio, operazioni ostetriche, lacerazioni severe, condizioni materne; e per quanto concerne le condizioni neonatali, abbiamo valutato; l’indice di Apgar al 5° minuto e il peso alla nascita(>3800g).
I risultati ottenuti mostrano che il 33,6% della popolazione studiata ha scelto la partoanalgesia; e di tale percentuale l’80,16% è costituita da nullipare.
Valutando il tempo di travaglio si può notare, come nel gruppo 3, se ne abbia un aumento, in media di circa 2h, rispetto al gruppo 2.
Le operazioni ostetriche; includendo tra esse: l’utilizzo di vacuum , forcipe, e l’episiotomia; si ritrovano in percentuali maggiori nel gruppo che ha utilizzato l’analgesia epidurale; soprattutto per quanto riguarda l’episiotomia, che si è resa necessaria nel 52,02% dei casi nel gruppo 3, e nel 37,59% nel gruppo 2.
Prendendo in considerazione la variabile, lacerazioni severe, non abbiamo individuato un’associazione significativa sia con l’epidurale che con l’operatività del parto.
Nonostante i notevoli dibattiti riguardanti la responsabilità della partoanalgesia nell’aumento del tasso di tagli cesarei.
Abbiamo osservato che 83 dei 999 tagli cesarei, non erano iniziati come tali, infatti tali pazienti erano entrate in travaglio, ed avevano richiesto l’analgesia epidurale; soltanto in un secondo tempo la procedura è stata convertita, apportando come indicazioni: mancata progressione della parte presentata, alterazioni CTG, distocia dinamica, travaglio prolungato.
Agli effetti negativi, dobbiamo affiancare i benefici dell’epidurale sul travaglio, infatti: sollevando la donna dal dolore, si riduce il rilascio di catecolamine e cortisolo, che interferiscono con il fisiologico progredire del travaglio; il periodo dilatante ha una durata inferiore; si ha un minore consumo di ossigeno nella fase espulsiva, con un conseguente benessere neonatale.
Dai dati riportati in letteratura si deduce, che l’analgesia epidurale è tutt’altro che scevra da complicanze. Il quesito è: la facciamo o non la facciamo? Nel tentativo di rispondere a tale domanda, bisogna mettere sul piatto della bilancia vantaggi e svantaggi di tale tecnica; e tenere sempre presente l’esistenza un analgesia non farmacologica, che porta ad un’evoluzione positiva provata del travaglio di parto; analgesia che richiede però un’attenta partecipazione al parto del personale medico e paramedico.
L’anestesia epidurale, è il metodo più efficace e popolare per il trattamento del dolore nel parto.
Dobbiamo sempre tener presente che la patogenesi di tale dolore è multifattoriale: infatti, sono sì presenti lesioni organiche, ma entrano in gioco anche fattori emotivi, cognitivi e socio-culturali.
Approssimativamente il 60% delle donne, 2,4 milioni ogni anno, scelgono, negli Stati Uniti, la tecnica peridurale o combinata spino-peridurale per l’analgesia durante il parto. In Italia l’impiego della partoanalgesia è in aumento, routinario in alcuni ospedali, occasionale in altri.
Questa tecnica antalgica è accompagnata da una serie di effetti collaterali, interessanti sia la madre sia il meccanismo del parto. Tra le complicanze più frequenti ritroviamo: nausea, vomito, prurito, ipotensione, lombalgia, malposizionamento del catetere peridurale, cefalea, prolungamento del travaglio; discussa è la sua relazione con il taglio cesareo.
Il fine del nostro studio è valutare l’entità degli effetti, sia positivi sia negativi, dell’anestesia epidurale, quando usata come trattamento antalgico nel travaglio di parto.
Si tratta di uno studio retrospettivo comprendente 2448 donne, che hanno partorito nella nostra unità operativa tra il gennaio del 2004 e il giugno del 2006.
All’interno di tale popolazione si possono distinguere tre gruppi: il primo costituito da 999 donne,che hanno partorito attraverso taglio cesareo; il secondo (955) ed il terzo (494) includono entrambi pazienti che hanno partorito per via vaginale, il terzo però, a differenza dell’altro si caratterizza per l’utilizzo della terapia antalgica.
Le variabili studiate sono: età e parità della donna, patologie pregresse e presenti, indicazioni al taglio cesareo (quando effettuato), tempo di travaglio, operazioni ostetriche, lacerazioni severe, condizioni materne; e per quanto concerne le condizioni neonatali, abbiamo valutato; l’indice di Apgar al 5° minuto e il peso alla nascita(>3800g).
I risultati ottenuti mostrano che il 33,6% della popolazione studiata ha scelto la partoanalgesia; e di tale percentuale l’80,16% è costituita da nullipare.
Valutando il tempo di travaglio si può notare, come nel gruppo 3, se ne abbia un aumento, in media di circa 2h, rispetto al gruppo 2.
Le operazioni ostetriche; includendo tra esse: l’utilizzo di vacuum , forcipe, e l’episiotomia; si ritrovano in percentuali maggiori nel gruppo che ha utilizzato l’analgesia epidurale; soprattutto per quanto riguarda l’episiotomia, che si è resa necessaria nel 52,02% dei casi nel gruppo 3, e nel 37,59% nel gruppo 2.
Prendendo in considerazione la variabile, lacerazioni severe, non abbiamo individuato un’associazione significativa sia con l’epidurale che con l’operatività del parto.
Nonostante i notevoli dibattiti riguardanti la responsabilità della partoanalgesia nell’aumento del tasso di tagli cesarei.
Abbiamo osservato che 83 dei 999 tagli cesarei, non erano iniziati come tali, infatti tali pazienti erano entrate in travaglio, ed avevano richiesto l’analgesia epidurale; soltanto in un secondo tempo la procedura è stata convertita, apportando come indicazioni: mancata progressione della parte presentata, alterazioni CTG, distocia dinamica, travaglio prolungato.
Agli effetti negativi, dobbiamo affiancare i benefici dell’epidurale sul travaglio, infatti: sollevando la donna dal dolore, si riduce il rilascio di catecolamine e cortisolo, che interferiscono con il fisiologico progredire del travaglio; il periodo dilatante ha una durata inferiore; si ha un minore consumo di ossigeno nella fase espulsiva, con un conseguente benessere neonatale.
Dai dati riportati in letteratura si deduce, che l’analgesia epidurale è tutt’altro che scevra da complicanze. Il quesito è: la facciamo o non la facciamo? Nel tentativo di rispondere a tale domanda, bisogna mettere sul piatto della bilancia vantaggi e svantaggi di tale tecnica; e tenere sempre presente l’esistenza un analgesia non farmacologica, che porta ad un’evoluzione positiva provata del travaglio di parto; analgesia che richiede però un’attenta partecipazione al parto del personale medico e paramedico.
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