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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-10032016-190459


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
BICOCCHI, ALESSIA
URN
etd-10032016-190459
Titolo
La "rivoluzione gentile" di Adriano Olivetti: l'ordine politico, economico, sociale e culturale della Comunità
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
STUDI INTERNAZIONALI
Relatori
relatore Prof. Palazzolo, Claudio
Parole chiave
  • Adriano Olivetti
  • Comunità
Data inizio appello
24/10/2016
Consultabilità
Completa
Riassunto
Nel 1945 viene pubblica presso le Nuove Edizioni Ivrea il libro L’ordine politico delle Comunità, che rappresenta il fondamentale lascito teorico di Adriano Olivetti. Il libro raccoglie le riflessioni sull’organizzazione dello Stato, compiute dall’industriale piemontese durante gli anni del confino svizzero: secondo Olivetti al centro dell’organizzazione dello Stato deve essere la Comunità concreta, da lui intesa come unità organica economica, amministrativa e politica, animata da un contenuto sociale e da un fine morale e spirituale. Costituisce la dimensione entro cui l’agire economico può, concretamente, porsi l’obiettivo di favorire la complementarietà e l’armonica integrazione delle espressioni della vita umana. Sulla scia della pubblicazione del libro e della sua diffusione, si fonda nel 1948 a Torino il Movimento Comunità.
Elemento peculiare dell’esperienza Olivetti è innanzitutto l’aver prodotto un ampliamento del movente del lavoro. Adriano Olivetti osa porsi la domanda decisiva, che non è “quanto vale il lavoro?”, ma “che cosa vale?”. La sua risposta, altrettanto coraggiosa, è: tradurre in progresso civile i risultati del processo produttivo. In altre parole, rendere fertile il rapporto del lavoro e del capitale con l’interezza dell’essere umano.
Nonostante l’Olivetti nella seconda metà degli anni ’50 anticipi l’impresa globalizzata (conta 18 stabilimenti e filiali in tutto il mondo), Adriano rimane sempre fedele a una visione di società umana, solidarista, personalista: il fine dell’impresa è irriducibile al puro profitto. La fabbrica nasce per allargare responsabilmente il suo sguardo sul mondo e si sviluppa per poter ridistribuire gran parte dei profitti facendoli ritornare alla comunità circostante. E ciò non solo attraverso il semplice aumento dei salari, ma promuovendo in tutti i suoi aspetti, sia materiali che spirituali, l’armonico sviluppo dell’essere umano.
Per Adriano la fabbrica esiste innanzitutto per creare e diffondere, al proprio interno e nella realtà circostante, una sempre maggiore qualità di vita, qualità che egli articola in valori scientifici, etici, estetici, economici. L’ordine politico delle Comunità è infatti un progetto di riforma costituzionale dello Stato italiano. Esso dà corpo a un’idea di organizzazione politico-istituzionale senza partiti, che condensa in sé un impianto federalista, un’ispirazione marxista e, segnatamente, un’impostazione elitista nella selezione dei rappresentanti politici. I principi filosofici e cristiani costituiscono, invece, il crogiuolo all’interno del quale si fondono questi tre elementi.
Uomo di profonda sensibilità religiosa, a partire dal pensiero di Maritain, Mounier, de Rougemont, Saint-Exupéry, Olivetti si fa portatore di un appassionato tentativo di applicare alle dinamiche economiche il concetto di “Persona”, che nasce da una vocazione, dalla consapevolezza cioè del compito che ogni uomo ha nella società terrena. Non si può comprendere infatti il pensiero e l’esperienza olivettiana se sfugge il suo aspetto più essenziale e rivoluzionario: per Adriano l’agire economico d’impresa si inscrive in un più vasto progetto di carattere spirituale.
A distanza di oltre cinquant’anni dal suo prodursi, l’esperienza Olivetti mantiene, a dispetto e nonostante il diffuso cinismo economicistico, del tutto intatto il suo fascino e la sua assoluta modernità. Che, anzi, cresce di anno in anno a fronte dell’impasse in cui si trova un pensiero economico e imprenditoriale incapace di raccogliere e proseguire quanto pensato e realizzato da Adriano: non più l’uomo adattato alla produzione, ma la produzione adattata alla complessità e alla dignità della vita umana.
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