Tesi etd-10022023-153016 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
PROFETA, GIULIO
Indirizzo email
g.profeta1@studenti.unipi.it, profeta.giulio@gmail.com
URN
etd-10022023-153016
Titolo
Il potere amministrativo collaborativo.
Legittimità, struttura, ipotesi applicative e prospettive comparative di un “ossimoro” giuridico.
Settore scientifico disciplinare
IUS/10
Corso di studi
SCIENZE GIURIDICHE
Relatori
tutor Prof. Frediani, Emiliano
Parole chiave
- accordi amministrativi
- accordi di programma
- amministrazione collaborativa
- convenzioni di lottizzazione
- diritto amministrativo
- partenariati pubblico-privato
- sistema cinese
- sistema francese
- sistema tedesco.
Data inizio appello
17/10/2023
Consultabilità
Completa
Riassunto
Teorizzare l’esistenza di un potere amministrativo “collaborativo” può sembrare, a prima vista, un azzardo pericoloso, se non un vero e proprio ossimoro giuridico.
Il potere amministrativo, in quanto potere e in quanto amministrativo, di per sé manifesterebbe vocazione imperativa, prescindendo da ogni collaborazione da parte dei soggetti destinatari per poter tutelare l’interesse pubblico, ossia l’interesse sovraindividuale per eccellenza.
Sommariamente, si potrebbe affermare che ogni ipotesi ricostruttiva diversa del concetto di potere amministrativo unilaterale rischierebbe di tramutarlo in una forma di cooperazione, determinandone un’alterazione irreversibile della sua struttura.
La considerazione nella sua semplicità è senza dubbio corretta, tuttavia gli sviluppi istituzionali intercorsi a partire dall’ultimo ventennio del Novecento non possono che imporre una ponderazione più approfondita; difatti, nell’ultimo scorcio del Ventesimo Secolo si è realizzata una inversione totale di rotta nella plurisecolare crescita del ruolo dell’Amministrazione avvenuta in tutte le società, dalle democrazie liberali alle socialdemocrazie, financo al caso più emblematico di pubblicizzazione dei rapporti costituito dei regimi a socialismo reale.
Abbiamo assistito ad una “ritirata” degli apparati amministrativi (rolling back the State) o, per meglio dire, una profonda riconversione qualitativa dell’azione amministrativa.
Sulla base di tutte queste premesse, la domanda sull’esistenza o meno di un potere amministrativo “collaborativo” diventa meno scontata rispetto alle premesse iniziali ed, anzi, una modalità di compimento dell’attività amministrativa non pienamente egualitaria (l’Autorità pubblica rimane pur sempre sovraordinata a quella privata) ma finalizzata alla cura dell’interesse generale mediante il consenso e non tramite la contrapposizione sembra essere la naturale conseguenza di un assetto così trasformatosi, tra l’altro non solo all’esterno, ma anche all’interno, nei rapporti tra le singole articolazioni pubbliche. Infatti, un’Amministrazione reticolare non agisce mediante schemi di sovra/sotto ordinazione, imponendo o rispettando l’altrui Autorità, ma consensualmente, definendo collegialmente linee operative da poter seguire in via collaborativa.
La trattazione, pertanto, sulla base di queste coordinate si svilupperà partendo in primo luogo da un inquadramento del contesto storico-giuridico all’interno del quale hanno trovato forma le trasformazioni sociali citate, con considerazioni estese a profili storiografici, storici, filosofici, sociologici ed economici. Come spero possa emergere dal testo, il diritto è una scienza sociale ed una tecnica, ma è anche (e soprattutto) il risultato di determinati equilibri presenti in un dato momento storico, tale per cui proprio la comprensione di questi assetti può facilitarne lo studio (oltreché prefigurarne le traiettorie di sviluppo).
Nel prosieguo, si passerà ad esaminare il quadro della dialettica dottrinaria sui meccanismi dell’azione amministrativa, dall’originario impiego del dispositivo contrattuale da parte delle pubbliche Amministrazioni nella prima metà dell’Ottocento alla dogmatica del provvedimento amministrativo unilaterale quale strumento esclusivo per la pubblica Amministrazione.
Questo esito determinerà la marginalizzazione, in Italia, come altrove, per quasi un secolo della dottrina che, all’opposto, aveva ritenuto legittimo l’impiego di strumenti collaborativi, tra cui in particolare si è distinto per rilevanza e costruzione teorica la figura del contratto di diritto o ad oggetto pubblico.
L’overrulling dogmatico in Occidente sarà graduale e, cominciando da Francia e Germania, seppur con modalità e ragioni diverse, si assisterà ad un profondo ripensamento delle modalità di compimento dell’azione amministrativa, che troverà proiezione anche in Italia con l’introduzione dell’archetipo per eccellenza, anche se non esclusivo, dell’Amministrazione collaborativa, rappresentato dall’accordo amministrativo. In specie, nel nostro Paese l’accordo assumerà una duplice valenza collaborativa, da un lato nella regolazione dei rapporti tra Amministrazione e privati in una dimensione verticale, sia ad assicurare un coordinamento fra articolazioni pubbliche diverse.
L’impatto dell’accordo, tuttavia, non si è esaurito unicamente nell’aver legittimato forme di azione amministrativa collaborativa, anzi, la formulazione compromissoria degli articoli 11 e 15 della legge n. 241 ha, all’opposto, irrobustito il dibattito, aprendo nuove praterie di confronto per gli interpreti relative non tanto alla possibilità di prescindere dal provvedimento, quanto e piuttosto su quali fossero i presupposti, il perimetro e i limiti dell’azione consensuale.
Dopo la ricostruzione di queste riflessioni, completata quindi la parte dottrinaria e l’analisi testuale delle disposizioni della legge n. 241, si passerà poi all’analisi di alcune fattispecie applicative ritenute rappresentative dell’Amministrazione collaborativa, ponendosi anche al di fuori del paradigma dell’accordo strettamente inteso; difatti, l’accordo, come accennato, costituisce la forma principale dell’azione amministrativa collaborativa ma non la esaurisce integralmente, ben potendo esserci altre situazioni in cui si può ravvisare una posizione tendenzialmente paritaria fra le parti.
Infine, si procederà ad un inquadramento di modelli internazionali affini a quelli collaborativi interni, avviando una vera e propria comparazione giuridica. La comparazione prenderà per oggetto istituti collaborativi presenti non solo all’interno di ordinamenti riportabili nella Western Legal Tradition, ma anche altri esistenti altrove, come in quello cinese espressivo di una forma particolare di Socialist Law.
Theorising the existence of a 'collaborative' administrative power may seem, at first sight, a dangerous gamble, if not a true legal oxymoron.
Administrative power, insofar as it is power and insofar as it is administrative, would in itself manifest an imperative vocation, prescinding from any collaboration on the part of the addressees in order to be able to protect the public interest, i.e. the supra-individual interest par excellence. Summarily, it could be said that any different reconstructive hypothesis of the concept of unilateral administrative power would risk transforming it into a form of cooperation, leading to an irreversible alteration of its structure.
The consideration in its simplicity is undoubtedly correct, but the institutional developments that have taken place since the last two decades of the 20th century cannot but impose a deeper consideration; in fact, the last part of the 20th century has seen a total reversal in the centuries-long growth of the role of the administration in all societies, from liberal democracies to social democracies, even to the most emblematic case of the publicisation of the relations constituted by regimes of real socialism.
We have witnessed a 'retreat' of the administrative apparatus (rolling back the state) or, to put it better, a profound qualitative reconversion of administrative action.
On the basis of all these premises, the question of the existence or otherwise of a 'collaborative' administrative power becomes less obvious compared to the initial premises and, indeed, a modality of administrative activity that is not fully egalitarian (the public authority still remains superordinate to the private one) but aimed at the care of the general interest through consensus and not through opposition seems to be the natural consequence of an arrangement thus transformed, not only externally but also internally, in the relations between the individual public articulations. In fact, a networked administration does not act by means of over/under-ordering schemes, imposing or respecting the authority of others, but consensually, collegially defining operational lines to be followed collaboratively.
The discussion, therefore, on the basis of these coordinates will be developed starting first of all from a framing of the historical-legal context within which the aforementioned social transformations took shape, with considerations extended to historiographic, historical, philosophical, sociological and economic profiles. As I hope may emerge from the text, law is a social science and a technique, but it is also (and above all) the result of certain equilibriums present at a given historical moment, such that it is precisely the understanding of these equilibriums that may facilitate its study (as well as prefigure its developmental trajectories).
In what follows, we will go on to examine the framework of the doctrinaire dialectic on the mechanisms of administrative action, from the original use of the contractual device by public administrations in the first half of the 19th century to the dogmatics of the unilateral administrative measure as an exclusive instrument for public administration.
This outcome determined the marginalisation, in Italy, as elsewhere, for almost a century of the doctrine that, on the contrary, had considered legitimate the use of collaborative instruments, among which in particular the figure of the contract of law or with a public object stood out for its relevance and theoretical construction.
Dogmatic overrulling in the West will be gradual and, beginning in France and Germany, albeit with different modalities and reasons, we will witness a profound rethinking of the modalities of administrative action, which will also find projection in Italy with the introduction of the archetype par excellence, though not exclusive, of collaborative administration, represented by the administrative agreement. In particular, in our country the agreement will assume a twofold collaborative value, on the one hand in regulating relations between the Administration and private individuals in a vertical dimension, and on the other hand in ensuring coordination between different public articulations.
The impact of the agreement, however, did not end merely in having legitimised forms of collaborative administrative action; on the contrary, the compromising wording of Articles 11 and 15 of Law 241 has, on the contrary, strengthened the debate, opening up new areas of debate for interpreters relating not so much to the possibility of disregarding the measure, but rather on what the prerequisites, perimeter and limits of consensual action are.
After the reconstruction of these reflections, the doctrinaire part and textual analysis of the provisions of law no. 241 having been completed, we will then move on to the analysis of some applicative cases considered representative of the collaborative administration, also outside the paradigm of the agreement strictly understood; in fact, the agreement, as mentioned, constitutes the main form of collaborative administrative action but does not exhaust it entirely, since there may well be other situations in which a tendentially equal position between the parties can be recognised.
Lastly, a framework of international models akin to domestic collaborative models will be framed, initiating a true legal comparison. The comparison will take as its object collaborative institutions present not only within systems that can be traced back to the Western Legal Tradition, but also others existing elsewhere, such as in the Chinese system, which is expressive of a particular form of Socialist Law.
Il potere amministrativo, in quanto potere e in quanto amministrativo, di per sé manifesterebbe vocazione imperativa, prescindendo da ogni collaborazione da parte dei soggetti destinatari per poter tutelare l’interesse pubblico, ossia l’interesse sovraindividuale per eccellenza.
Sommariamente, si potrebbe affermare che ogni ipotesi ricostruttiva diversa del concetto di potere amministrativo unilaterale rischierebbe di tramutarlo in una forma di cooperazione, determinandone un’alterazione irreversibile della sua struttura.
La considerazione nella sua semplicità è senza dubbio corretta, tuttavia gli sviluppi istituzionali intercorsi a partire dall’ultimo ventennio del Novecento non possono che imporre una ponderazione più approfondita; difatti, nell’ultimo scorcio del Ventesimo Secolo si è realizzata una inversione totale di rotta nella plurisecolare crescita del ruolo dell’Amministrazione avvenuta in tutte le società, dalle democrazie liberali alle socialdemocrazie, financo al caso più emblematico di pubblicizzazione dei rapporti costituito dei regimi a socialismo reale.
Abbiamo assistito ad una “ritirata” degli apparati amministrativi (rolling back the State) o, per meglio dire, una profonda riconversione qualitativa dell’azione amministrativa.
Sulla base di tutte queste premesse, la domanda sull’esistenza o meno di un potere amministrativo “collaborativo” diventa meno scontata rispetto alle premesse iniziali ed, anzi, una modalità di compimento dell’attività amministrativa non pienamente egualitaria (l’Autorità pubblica rimane pur sempre sovraordinata a quella privata) ma finalizzata alla cura dell’interesse generale mediante il consenso e non tramite la contrapposizione sembra essere la naturale conseguenza di un assetto così trasformatosi, tra l’altro non solo all’esterno, ma anche all’interno, nei rapporti tra le singole articolazioni pubbliche. Infatti, un’Amministrazione reticolare non agisce mediante schemi di sovra/sotto ordinazione, imponendo o rispettando l’altrui Autorità, ma consensualmente, definendo collegialmente linee operative da poter seguire in via collaborativa.
La trattazione, pertanto, sulla base di queste coordinate si svilupperà partendo in primo luogo da un inquadramento del contesto storico-giuridico all’interno del quale hanno trovato forma le trasformazioni sociali citate, con considerazioni estese a profili storiografici, storici, filosofici, sociologici ed economici. Come spero possa emergere dal testo, il diritto è una scienza sociale ed una tecnica, ma è anche (e soprattutto) il risultato di determinati equilibri presenti in un dato momento storico, tale per cui proprio la comprensione di questi assetti può facilitarne lo studio (oltreché prefigurarne le traiettorie di sviluppo).
Nel prosieguo, si passerà ad esaminare il quadro della dialettica dottrinaria sui meccanismi dell’azione amministrativa, dall’originario impiego del dispositivo contrattuale da parte delle pubbliche Amministrazioni nella prima metà dell’Ottocento alla dogmatica del provvedimento amministrativo unilaterale quale strumento esclusivo per la pubblica Amministrazione.
Questo esito determinerà la marginalizzazione, in Italia, come altrove, per quasi un secolo della dottrina che, all’opposto, aveva ritenuto legittimo l’impiego di strumenti collaborativi, tra cui in particolare si è distinto per rilevanza e costruzione teorica la figura del contratto di diritto o ad oggetto pubblico.
L’overrulling dogmatico in Occidente sarà graduale e, cominciando da Francia e Germania, seppur con modalità e ragioni diverse, si assisterà ad un profondo ripensamento delle modalità di compimento dell’azione amministrativa, che troverà proiezione anche in Italia con l’introduzione dell’archetipo per eccellenza, anche se non esclusivo, dell’Amministrazione collaborativa, rappresentato dall’accordo amministrativo. In specie, nel nostro Paese l’accordo assumerà una duplice valenza collaborativa, da un lato nella regolazione dei rapporti tra Amministrazione e privati in una dimensione verticale, sia ad assicurare un coordinamento fra articolazioni pubbliche diverse.
L’impatto dell’accordo, tuttavia, non si è esaurito unicamente nell’aver legittimato forme di azione amministrativa collaborativa, anzi, la formulazione compromissoria degli articoli 11 e 15 della legge n. 241 ha, all’opposto, irrobustito il dibattito, aprendo nuove praterie di confronto per gli interpreti relative non tanto alla possibilità di prescindere dal provvedimento, quanto e piuttosto su quali fossero i presupposti, il perimetro e i limiti dell’azione consensuale.
Dopo la ricostruzione di queste riflessioni, completata quindi la parte dottrinaria e l’analisi testuale delle disposizioni della legge n. 241, si passerà poi all’analisi di alcune fattispecie applicative ritenute rappresentative dell’Amministrazione collaborativa, ponendosi anche al di fuori del paradigma dell’accordo strettamente inteso; difatti, l’accordo, come accennato, costituisce la forma principale dell’azione amministrativa collaborativa ma non la esaurisce integralmente, ben potendo esserci altre situazioni in cui si può ravvisare una posizione tendenzialmente paritaria fra le parti.
Infine, si procederà ad un inquadramento di modelli internazionali affini a quelli collaborativi interni, avviando una vera e propria comparazione giuridica. La comparazione prenderà per oggetto istituti collaborativi presenti non solo all’interno di ordinamenti riportabili nella Western Legal Tradition, ma anche altri esistenti altrove, come in quello cinese espressivo di una forma particolare di Socialist Law.
Theorising the existence of a 'collaborative' administrative power may seem, at first sight, a dangerous gamble, if not a true legal oxymoron.
Administrative power, insofar as it is power and insofar as it is administrative, would in itself manifest an imperative vocation, prescinding from any collaboration on the part of the addressees in order to be able to protect the public interest, i.e. the supra-individual interest par excellence. Summarily, it could be said that any different reconstructive hypothesis of the concept of unilateral administrative power would risk transforming it into a form of cooperation, leading to an irreversible alteration of its structure.
The consideration in its simplicity is undoubtedly correct, but the institutional developments that have taken place since the last two decades of the 20th century cannot but impose a deeper consideration; in fact, the last part of the 20th century has seen a total reversal in the centuries-long growth of the role of the administration in all societies, from liberal democracies to social democracies, even to the most emblematic case of the publicisation of the relations constituted by regimes of real socialism.
We have witnessed a 'retreat' of the administrative apparatus (rolling back the state) or, to put it better, a profound qualitative reconversion of administrative action.
On the basis of all these premises, the question of the existence or otherwise of a 'collaborative' administrative power becomes less obvious compared to the initial premises and, indeed, a modality of administrative activity that is not fully egalitarian (the public authority still remains superordinate to the private one) but aimed at the care of the general interest through consensus and not through opposition seems to be the natural consequence of an arrangement thus transformed, not only externally but also internally, in the relations between the individual public articulations. In fact, a networked administration does not act by means of over/under-ordering schemes, imposing or respecting the authority of others, but consensually, collegially defining operational lines to be followed collaboratively.
The discussion, therefore, on the basis of these coordinates will be developed starting first of all from a framing of the historical-legal context within which the aforementioned social transformations took shape, with considerations extended to historiographic, historical, philosophical, sociological and economic profiles. As I hope may emerge from the text, law is a social science and a technique, but it is also (and above all) the result of certain equilibriums present at a given historical moment, such that it is precisely the understanding of these equilibriums that may facilitate its study (as well as prefigure its developmental trajectories).
In what follows, we will go on to examine the framework of the doctrinaire dialectic on the mechanisms of administrative action, from the original use of the contractual device by public administrations in the first half of the 19th century to the dogmatics of the unilateral administrative measure as an exclusive instrument for public administration.
This outcome determined the marginalisation, in Italy, as elsewhere, for almost a century of the doctrine that, on the contrary, had considered legitimate the use of collaborative instruments, among which in particular the figure of the contract of law or with a public object stood out for its relevance and theoretical construction.
Dogmatic overrulling in the West will be gradual and, beginning in France and Germany, albeit with different modalities and reasons, we will witness a profound rethinking of the modalities of administrative action, which will also find projection in Italy with the introduction of the archetype par excellence, though not exclusive, of collaborative administration, represented by the administrative agreement. In particular, in our country the agreement will assume a twofold collaborative value, on the one hand in regulating relations between the Administration and private individuals in a vertical dimension, and on the other hand in ensuring coordination between different public articulations.
The impact of the agreement, however, did not end merely in having legitimised forms of collaborative administrative action; on the contrary, the compromising wording of Articles 11 and 15 of Law 241 has, on the contrary, strengthened the debate, opening up new areas of debate for interpreters relating not so much to the possibility of disregarding the measure, but rather on what the prerequisites, perimeter and limits of consensual action are.
After the reconstruction of these reflections, the doctrinaire part and textual analysis of the provisions of law no. 241 having been completed, we will then move on to the analysis of some applicative cases considered representative of the collaborative administration, also outside the paradigm of the agreement strictly understood; in fact, the agreement, as mentioned, constitutes the main form of collaborative administrative action but does not exhaust it entirely, since there may well be other situations in which a tendentially equal position between the parties can be recognised.
Lastly, a framework of international models akin to domestic collaborative models will be framed, initiating a true legal comparison. The comparison will take as its object collaborative institutions present not only within systems that can be traced back to the Western Legal Tradition, but also others existing elsewhere, such as in the Chinese system, which is expressive of a particular form of Socialist Law.
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