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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-10012013-094005


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
FELLA, MICHELE
URN
etd-10012013-094005
Titolo
diagnosi post-mortem di sepsi
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Domenici, Ranieri
relatore Di Paolo, Marco
Parole chiave
  • diagnosi post mortem sepsi
Data inizio appello
15/10/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Dai dati forniti da una compagnia leader mondiale nella consulenza e gestione dei rischi emerge il sorprendente dato che in Italia, il 4 % del costo totale dei contenzioni in sanità pubblica è dovuto a infezioni ospedaliere, che in caso di complicanza grave, come la sepsi raggiungono una spesa di 8.000.000 di euro annui.

Tale dato sottolinea il critico aspetto epidemiologico mondiale, che vede l’incidenza futura della sepsi e la mortalità ad essa correlata in progressivo aumento. D’altra parte, fa evidenziare la profonda difficoltà dell’approccio diagnostico-terapeutico di questa malattia, che è in parte legato ai caratteri di variabilità, multifattorialità e dinamicità, insiti nella definizione stessa di Sepsi.

E’ in quest’ottica che va considerata la valutazione medico legale di due aspetti fondamentali intrinsecamente associati alla sindrome. Non a caso, la Certezza della diagnosi post-mortem di Sepsi è il requisito base per poter poi esprimere un giudizio di responsabilità rivolto a chi ne ha agevolato, o come più spesso accade non impedito che l’evento Sepsi si realizzasse ed evolvesse fino a determinare l’exitus.

L’intero lavoro è infatti articolato in due parti principali.

La prima fa una valutazione di tutti i reperti post-mortali provocati o associati alla sindrome settica, cercando di offrire le linee guida da seguire al fine di poter esprimere un giudizio diagnostico il più possibile vicino alla certezza. La seconda invece affronta molto sinteticamente l’utilità, che tale certezza di diagnosi, assume sul piano giuridico.

Tuttavia, dopo un’attenta analisi che tiene conto delle più recenti acquisizioni scientifiche in merito, arriva alla conclusione che la certezza della diagnosi post-mortem di sepsi è molto difficile da raggiungere e che un approccio integrato di aspetti clinici, anatomo-patologici, immunoistochimici, dati di laboratorio, arrivano a dare un grado di probabilità della diagnosi post-mortem di sepsi che sarà tanto più prossimo alla certezza quanto più alto sarà il numero degli reperti considerati positivi, pur tenendo presente che il rilevamento di alcuni riscontri diagnostici sarà comunque necessario per non escludere la diagnosi.

Quest’ultimo aspetto non vale per il reperto anatomopatologico, che data la sua aspecificità non può godere di tale prerogativa.

E’ stato dedicato un intero capitolo alle caratteristiche anatomo-patologiche riscontrabili in pazienti morti per sepsi e si sottolineato l’utilità dell’indagine settoria ai fini della ricostruzione e della definizione della diagnosi post-mortem.

Non v’è dubbio che il riscontro diagnostico e l’autopsia giudiziaria sono a volte insostituibili nell’accertamento della causa mortis, tant’è che permettono di evidenziare reperti che da se soli possono bastare a spiegare la natura, la modalità e l’epoca della morte. L'utilità di questo criterio deve ritenersi comunque fuori discussione. E’ ben noto quanto le ordinarie denunce delle cause di morte che non siano supportate da esami morfologici ed in particolare da reperti autoptici soffrono di gravi incertezze o lacune.

Si tratta perciò di indagini di straordinaria utilità in sede medico legale che permettono non solo di identificare i caratteri peculiari della causa ma anche di apprezzare la presenza, la natura e la gravità di eventuali preesistenze, talora sconosciute allo stesso paziente in vita o ai medici curanti.

Tuttavia ribadiamo che l’assoluta aspecificità dei reperti macroscopici e microscopici tradizionali rende la diagnosi post-mortem di sepsi difficile e necessariamente fondata su un complesso approccio metodologico in cui le metodiche tradizionali si integrano con altre tecnologie.

In ques’ottica s’inserisce la valutazione dei markers di laboatorio e di indagini immunoistochimiche. Contrariamente ai rilievi macro e microscopici tradizionali, infatti, il grado di certezza di quelli immunoistochimici è stato sottolineato da calcoli statistici, nei quali la correlazione reperto-sepsi è sempre risultata molto serrata. Ad esempio analizzando il livello di significatività dei diversi studi di comparazione tra sepsi è controllo emerge un importante aspetto.

Ammettere che la correlazione tra l’aumentata espressione di E-selectina nelle cellule endoteliali alveolari dei morti per sepsi rispetto ai deceduti per altra causa, sia dovuta al caso, ossia non sussista correlazione, equivale a screditare quelle 999 probabilità che la correlazione esista, attribuendo così un certo grado di certezza all’ipotesi opposta (ipotesi nulla). Di fatto però, dopo aver constatato l’aumentata espressione di E-selectina, esiste una sola possibilità su mille che questa espressione non sia associata ad un paziente deceduto per sepsi.

Detto ciò, ribadiamo che solo l’individuazione di tutte le possibili alterazioni funzionali che le cellule possono sviluppare durante la sepsi, così come la definizione dei meccanismi che ne sono alla base, può rivestire un’importanza fondamentale sia in campo clinico per la messa a punto di appropriate strategie diagnostico- terapeutiche sia per la diagnosi post-mortem, che non può più essere confinata a criteri clinico-circostanziali o ad aspecifici reperti macroscopici ma deve trovare fondamento oggettivo in indagini microscopiche e laboratoristiche che tengano conto della ricchezza dei contributi scientifici volti a chiarire la complessa patogenesi della sepsi.

Una perfetta conoscenza delle fisiopatologia della sepsi costituisce un punto cardine da cui partire per l’identificazione e la comprensione delle possibili metodiche di indagine utili alla sua diagnosi, sia in vivo che nel cadavere. La valutazione della diagnosi post-mortem di sepsi, obbliga non solo a rilevare quanti più dati clinici possibile, ma anche a ragionare utilizzando i vari criteri di giudizio sui quali si sta discutendo. In conclusione, tutto ciò significa prendere atto delle effettive modalità di estrinsecazione sul piano clinico delle eventuali compromissioni organiche e funzionali prodotte dall’infezione sistemica, rilievo degli eventuali sintomi e segni correlati a queste alterazioni, studio della reciproca concordanza o discordanza dei disturbi stessi, della loro effettiva adeguatezza con la gravità e la successiva evoluzione del quadro, ecc.

Ad esempio, perché sussista la possibilità di diagnosi post-mortem di sepsi è necessario che nel vivo si verifichi la continuità delle manifestazioni morbose che si sono via via succedute nel tempo, dal primo momento dell’azione lesiva sino agli esiti conclusivi che ne hanno decretato la morte.

Una volta che la diagnosi post-mortem di sepsi è chiara, l’altro aspetto medico-legale da considerare è la responsabilità del medico nel reato commissivo mediante omissione.

L’ultima parte è infatti volta a chiarire l’attuale orientamento giurisprudenziale in tema di causalità medica omissiva nei diversi ambiti della prevenzione, diagnosi e terapia con chiaro riferimento alla sentenza Franzese del 2002.
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