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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-10012012-021428


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
ESSELINK, ANNE MARIE
URN
etd-10012012-021428
Titolo
Sviluppo e Violenza: Disamina crititca di idee e pratiche della cooperazione allo sviluppo in Ruanda
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
POLITICHE E RELAZIONI INTERNAZIONALI
Relatori
relatore Prof. Volpi, Alessandro
Parole chiave
  • infantilizzazione
  • esclusione
  • violenza strutturale
  • aiuto allo sviluppo
  • ruanda
Data inizio appello
03/12/2012
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
03/12/2052
Riassunto
Questa tesi indaga in maniera critica il ruolo dell'aiuto allo sviluppo nel genocidio del 1994 in Ruanda. Il genocidio in Ruanda è stata una delle più grandi tragedie del ventesimo secolo, ed ha ottenuto, una volta terminato, l'attenzione della stampa, degli storici e degli accademici. La ricerca sulle cause del genocidio ha studiato molti aspetti alla base del conflitto, soffermandosi particolarmente sulla sua dimensione etnica e sulla manipolazione delle masse da parte degli estremisti dell'Hutu Power di fronte all'erosione del loro potere, a livello sia interno che esterno. Nonostante questi siano tasselli determinanti per ricomporre il mosaico degli eventi del 1994, che vengono brevemente indagati in questa sede, è importante esplorare anche l'aspetto psicologico dei motivi dell'adesione di massa ad una propaganda razzista il cui immaginario è storicamente piuttosto recente. La violenza strutturale esercitata da un'organizzazione statale particolarmente pervasiva e verticistica è individuata come componente essenziale della violenza esplosiva del 1994.
Durante i decenni precedenti al genocidio si è osservata una presenza sempre più importante del settore dell'aiuto allo sviluppo, che è giunto a finanziare il 70% degli investimenti pubblici. La legittimazione statale, basata sul mito del despota benevolo dedito allo sviluppo del proprio paese, ne è uscita grandemente rafforzata, anche grazie ad un'opinione pubblica internazionale molto favorevole. Il collasso repentino di questo "modello di sviluppo", e l'incapacità della “industria dell'aiuto” a prevederne l'implosione, mettono profondamente in discussione il funzionamento della cooperazione internazionale, soprattutto bi- e multi-laterale. La Banca Mondiale, le agenzie statali e le ONG hanno finito per collaborare con uno stato razzista, ne hanno sostenuto le politiche e hanno contribuito all'esecuzione dei suoi progetti senza mai metterne in discussione il comportamento autoritario e i meccanismi di esclusione, di natura etnica, geografica e sociale. I profitti generati dalla crescita economica sono stati sistematicamente redistribuiti con discriminazioni multiple, a favore della popolazione urbana, degli hutu, e degli originari della regione del presidente, mentre le grandi masse rurali diventavano sempre più povere. L'aiuto allo sviluppo ha partecipato a questo sistema, complice involontario ma soprattutto incosciente di interventi altamente corrotti, coercitivi, ingiusti, e sordi alle proteste e alle proposte dei supposti beneficiari.
I motivi di questa collaborazione non sono peculiari del Ruanda, ma fanno parte della struttura stessa dell'industria dello sviluppo, che viene definito in termini di crescita economica ignorandone gli aspetti politici e sociali, mentre le differenze culturali e l'ignoranza del contesto di intervento sono esacerbate da meccanismi di responsabilità di fronte a finanziatori lontani fisicamente e culturalmente, piuttosto che di fronte ai diretti beneficiari.
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