Tesi etd-10012008-122950 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
CESTARI, LUCA
URN
etd-10012008-122950
Titolo
Bevacizumab intravitreale nel trattamento dell'edema maculare dopo trombosi venosa retinica: valutazione dell'acuità visiva e dello spessore retinico con tomografia a coerenza ottica (OCT)
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
Relatore Dott. Benelli, Umberto
Parole chiave
- bevacizumab
- edema maculare
- OCT
- trombosi venose retiniche
Data inizio appello
21/10/2008
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
21/10/2048
Riassunto
RIASSUNTO
La patologia venosa ostruttiva della retina è una malattia retinica vascolare
abbastanza comune, seconda solo al diabete per incidenza. Essa si manifesta
tipicamente in soggetti di età superiore ai 50 anni. Le occlusioni venose
retiniche sono classificate a seconda che sia ostruita la vena centrale della
retina o uno dei suoi rami, la cosiddetta occlusione di branca. Queste forme
differiscono spesso per fisiopatologia, associazioni sistemiche, età media di
insorgenza, decorso clinico e terapia. Generalmente le occlusioni venose
retiniche sono facilmente riconosciute mediante sintomi e segni
caratteristici: il quadro clinico è spesso caratterizzato da improvvisa e talora
marcata riduzione visiva monolaterale. I segni importanti sono le emorragie
retiniche localizzate nel territorio di drenaggio della vena colpita e l’aspetto
tortuoso e dilatato delle vene stesse. La gravità del quadro clinico è in
relazione alla sede e all’estensione del fenomeno trombotico alla base
dell’occlusione. Il danno che si produce alla funzione visiva può rimanere in
seguito stabile, con compromissione più o meno importante del visus,
oppure migliorare in modo significativo nell’arco di qualche mese. Le due
complicanze più importanti della patologia occlusiva venosa retinica sono
l’edema maculare persistente e, prevalentemente nell’occlusione della vena
centrale, il glaucoma secondario a neovascolarizzazione dell’iride, dovuto ad
uno stimolo all’angiogenesi determinato dalla sofferenza ischemica della
retina tutta.
Oggi la gravità ed il decorso di suddette patologie possono essere stimati e
controllati nel tempo grazie a moderne tecniche diagnostiche. La
fluorangiografia (FAG) risulta essere essenziale per la diagnosi della
tipologia di occlusione e per l’identificazione delle eventuali aree ischemiche
presenti nel territorio retinico interessato dal processo patologico, nonché per
il riconoscimento dello sviluppo dell’edema maculare cistoide. Una migliore
valutazione ma soprattutto una quantificazione dell’edema in regione
maculare ed a livello foveale risulta ottenibile mediante la tomografia a
coerenza ottica (OCT).
Tra i possibili trattamenti, ampiamente valutati mediante trials clinici
multicentrici, randomizzati, sempre più spazio stanno acquistando oggi
nuovi farmaci, resi disponibili dall’industria farmaceutica ed impiegati per
via intravitreale, con varia azione antiangiogenetica e volti quindi alla
riduzione della permeabilità vascolare e della neovascolarizzazione retinica.
Lo studio da noi proposto mira a valutare e quantificare l’effetto in termini di
acuità visiva, spessore foveale e volume maculare all’OCT di un ciclo di 3
iniezioni intravitreali di bevacizumab 1,25 mg (AvastinÒ) in pazienti con
occlusione venosa retinica, complicata da edema maculare cistoide.
Per lo studio sono stati arruolati 13 pazienti con diagnosi di occlusione
venosa retinica, complicata da edema maculare cistoide e sono stati
sottoposti ad un ciclo di tre iniezioni intravitreali 0,5 cc di bevacizumab
1,25 mg a distanza di circa 45 giorni l’una dall’altra. L’acuità visiva, lo
spessore foveale ed il volume maculare sono stati valutati prima di ogni
singola iniezione e poi a distanza di circa 30 giorni da ciascuna di esse.
La misurazione dell’acuità visiva risulta migliorata per lontano, con valori
espressi in decimi che passavano da 0,31±0,25 prima a 0,50±0,31 dopo il
ciclo di iniezioni intravitreali. Per vicino si evidenzia una minore
significatività del miglioramento (da IV carattere a III-IV). Per quanto
riguarda lo spessore foveale ed il volume maculare valutati con OCT si
osserva una netta riduzione di entrambi i parametri dopo il ciclo
terapeutico: si passa da valori baseline di 565,43±124,04 μm e 11,01±1,82
rispettivamente di retinal thickness e volume, a valori pari a 266,71±69,58
e 7,95±0,58 post-terapia. Il decremento risulta massimo dopo la prima e
dopo la terza iniezione con andamento variabile tra la seconda e la terza.
Il nostro studio dimostra quindi un miglioramento dell’acuità visiva per
lontano e per vicino, dello spessore foveale e del volume maculare all’OCT
in seguito ad un ciclo di 3 iniezioni intravitreali di bevacizumab in pazienti
affetti da occlusione venosa retinica. Tale risultato è inoltre confortato
dall’assenza nei nostri pazienti di significativi effetti collaterali a seguito
sia della tipologia di trattamento che della sostanza somministrata.
La patologia venosa ostruttiva della retina è una malattia retinica vascolare
abbastanza comune, seconda solo al diabete per incidenza. Essa si manifesta
tipicamente in soggetti di età superiore ai 50 anni. Le occlusioni venose
retiniche sono classificate a seconda che sia ostruita la vena centrale della
retina o uno dei suoi rami, la cosiddetta occlusione di branca. Queste forme
differiscono spesso per fisiopatologia, associazioni sistemiche, età media di
insorgenza, decorso clinico e terapia. Generalmente le occlusioni venose
retiniche sono facilmente riconosciute mediante sintomi e segni
caratteristici: il quadro clinico è spesso caratterizzato da improvvisa e talora
marcata riduzione visiva monolaterale. I segni importanti sono le emorragie
retiniche localizzate nel territorio di drenaggio della vena colpita e l’aspetto
tortuoso e dilatato delle vene stesse. La gravità del quadro clinico è in
relazione alla sede e all’estensione del fenomeno trombotico alla base
dell’occlusione. Il danno che si produce alla funzione visiva può rimanere in
seguito stabile, con compromissione più o meno importante del visus,
oppure migliorare in modo significativo nell’arco di qualche mese. Le due
complicanze più importanti della patologia occlusiva venosa retinica sono
l’edema maculare persistente e, prevalentemente nell’occlusione della vena
centrale, il glaucoma secondario a neovascolarizzazione dell’iride, dovuto ad
uno stimolo all’angiogenesi determinato dalla sofferenza ischemica della
retina tutta.
Oggi la gravità ed il decorso di suddette patologie possono essere stimati e
controllati nel tempo grazie a moderne tecniche diagnostiche. La
fluorangiografia (FAG) risulta essere essenziale per la diagnosi della
tipologia di occlusione e per l’identificazione delle eventuali aree ischemiche
presenti nel territorio retinico interessato dal processo patologico, nonché per
il riconoscimento dello sviluppo dell’edema maculare cistoide. Una migliore
valutazione ma soprattutto una quantificazione dell’edema in regione
maculare ed a livello foveale risulta ottenibile mediante la tomografia a
coerenza ottica (OCT).
Tra i possibili trattamenti, ampiamente valutati mediante trials clinici
multicentrici, randomizzati, sempre più spazio stanno acquistando oggi
nuovi farmaci, resi disponibili dall’industria farmaceutica ed impiegati per
via intravitreale, con varia azione antiangiogenetica e volti quindi alla
riduzione della permeabilità vascolare e della neovascolarizzazione retinica.
Lo studio da noi proposto mira a valutare e quantificare l’effetto in termini di
acuità visiva, spessore foveale e volume maculare all’OCT di un ciclo di 3
iniezioni intravitreali di bevacizumab 1,25 mg (AvastinÒ) in pazienti con
occlusione venosa retinica, complicata da edema maculare cistoide.
Per lo studio sono stati arruolati 13 pazienti con diagnosi di occlusione
venosa retinica, complicata da edema maculare cistoide e sono stati
sottoposti ad un ciclo di tre iniezioni intravitreali 0,5 cc di bevacizumab
1,25 mg a distanza di circa 45 giorni l’una dall’altra. L’acuità visiva, lo
spessore foveale ed il volume maculare sono stati valutati prima di ogni
singola iniezione e poi a distanza di circa 30 giorni da ciascuna di esse.
La misurazione dell’acuità visiva risulta migliorata per lontano, con valori
espressi in decimi che passavano da 0,31±0,25 prima a 0,50±0,31 dopo il
ciclo di iniezioni intravitreali. Per vicino si evidenzia una minore
significatività del miglioramento (da IV carattere a III-IV). Per quanto
riguarda lo spessore foveale ed il volume maculare valutati con OCT si
osserva una netta riduzione di entrambi i parametri dopo il ciclo
terapeutico: si passa da valori baseline di 565,43±124,04 μm e 11,01±1,82
rispettivamente di retinal thickness e volume, a valori pari a 266,71±69,58
e 7,95±0,58 post-terapia. Il decremento risulta massimo dopo la prima e
dopo la terza iniezione con andamento variabile tra la seconda e la terza.
Il nostro studio dimostra quindi un miglioramento dell’acuità visiva per
lontano e per vicino, dello spessore foveale e del volume maculare all’OCT
in seguito ad un ciclo di 3 iniezioni intravitreali di bevacizumab in pazienti
affetti da occlusione venosa retinica. Tale risultato è inoltre confortato
dall’assenza nei nostri pazienti di significativi effetti collaterali a seguito
sia della tipologia di trattamento che della sostanza somministrata.
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