Tesi etd-09302015-142415 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
MUSETTI, SERENA
URN
etd-09302015-142415
Titolo
L'impatto della embolizzazione dell'arteria splenica nel trattamento dei traumi della milza. Risultati in una serie consecutiva di 98 casi.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Chiarugi, Massimo
Parole chiave
- embolizzazione splenica
- milza
- trauma splenico
Data inizio appello
20/10/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il trauma rappresenta la quarta causa di morte in tutto il mondo nella popolazione generale, e rappresenta la prima causa di morte nella popolazione comprendente i soggetti al di sotto dei 40 anni di età nei paesi industrializzati.
picco di incidenza nell'età compresa tra i 14 e i 30 anni.
In termini statistici una lesione splenica, singola o associata, è da attendersi in oltre ¼ di tutti i traumi chiusi toracoaddominali.
Nonostante sia apparentemente protetta al di sotto dell'arcata costale, la milza rappresenta l'organo più frequentemente coinvolto nei traumi da impatto in tutte le fasce d'età come può accadere in incidenti con motoveicoli, dirette percussioni a livello addominale in occasione di violenze domestiche, o durante attività sportiva soprattutto il ciclismo.
La splenectomia ha rappresentato per molti anni l’unico approccio terapeutico possibile alle lesioni traumatiche della milza.
Negli ultimi decenni, il trend della gestione delle lesioni traumatiche della milza, è andato in senso sempre più conservativo, soprattutto alla luce delle attuali conoscenze riguardo la fisiopatologia di questo organo, in particolar modo il suo ruolo immunitario.
Il management non-operativo (NOM) ha avuto così un crescente successo permettendo la conservazione delle funzioni della milza.
Le innovazioni tecnologiche nel campo della diagnostica per immagine e le sofisticate metodiche di radiologia interventistica, stanno contribuendo in maniera decisiva all’affermazione del trattamento non chirurgico come primo approccio nel paziente con trauma splenico chiuso. In particolar modo, l’embolizzazione dell’arteria splenica, proposto per la prima volta da Scalfani et al. nel 1991, sembra rappresentare la più importante innovazione in grado di ridurre i fallimenti del NOM, garantendo una riduzione importante dì mortalità e complicanze.
Ad oggi non esistono ancora percorsi terapeutici standardizzati per il pazienti con trauma splenico, e questo rende ancora più complesso un quadro già delicato, in quanto spesso questi pazienti sono politraumatizzati.
In questo lavoro è stato analizzato in maniera retrospettiva il database relativo ai traumi splenici chiusi presi in carico dall’Unità Operativa Chirurgia d’Urgenza Universitaria nel periodo compreso tra Dicembre 2010 e Settembre 2015.
La revisione dell’attività clinica, ha permesso di evidenziare come questa rispecchi in maniera esemplare il trend verso il trattamento incruento riscontrabile nella pratica clinica mondiale negli ultimi anni.
Lo studio si è concentrato maggiormente sull’analisi dei pazienti sottoposti ad embolizzazione dell’arteria splenica permettendo di evidenziarne il considerevole vantaggio apportato nella gestione non chirurgica del paziente traumatizzato con lesione splenica: l’embolizzazione garantisce infatti un’importante riduzione del failure del trattamento conservativo, il tasso di complicanze è estremamente basso, e, anche laddove si sia verificata la necessità di andare incontro a splenectomia secondaria, l’embolizzazione non sembra comprometterne la riuscita.
In particolare il numero di embolizzazioni eseguite risulta quasi triplicato dal 2010 al 2015, dunque questa procedura si sta affermando nella pratica clinica come elegante approccio nella gestione del trauma chiuso della milza, ausilio notevole nella riduzione del tasso di splenectomie e nel miglioramento del tasso di successo della gestione non operativa, nonostante la completa assenza di protocolli formali scritti per la selezione dei pazienti candidati all’embolizzazione nonchè per le modalità tecniche e gestionali di questi stessi pazienti.
Restano quindi da definire protocolli standardizzati che permettano di migliorare ulteriormente questi risultati, omogeneizzando e rendendo più agevole e sicura la gestione di questi pazienti.
picco di incidenza nell'età compresa tra i 14 e i 30 anni.
In termini statistici una lesione splenica, singola o associata, è da attendersi in oltre ¼ di tutti i traumi chiusi toracoaddominali.
Nonostante sia apparentemente protetta al di sotto dell'arcata costale, la milza rappresenta l'organo più frequentemente coinvolto nei traumi da impatto in tutte le fasce d'età come può accadere in incidenti con motoveicoli, dirette percussioni a livello addominale in occasione di violenze domestiche, o durante attività sportiva soprattutto il ciclismo.
La splenectomia ha rappresentato per molti anni l’unico approccio terapeutico possibile alle lesioni traumatiche della milza.
Negli ultimi decenni, il trend della gestione delle lesioni traumatiche della milza, è andato in senso sempre più conservativo, soprattutto alla luce delle attuali conoscenze riguardo la fisiopatologia di questo organo, in particolar modo il suo ruolo immunitario.
Il management non-operativo (NOM) ha avuto così un crescente successo permettendo la conservazione delle funzioni della milza.
Le innovazioni tecnologiche nel campo della diagnostica per immagine e le sofisticate metodiche di radiologia interventistica, stanno contribuendo in maniera decisiva all’affermazione del trattamento non chirurgico come primo approccio nel paziente con trauma splenico chiuso. In particolar modo, l’embolizzazione dell’arteria splenica, proposto per la prima volta da Scalfani et al. nel 1991, sembra rappresentare la più importante innovazione in grado di ridurre i fallimenti del NOM, garantendo una riduzione importante dì mortalità e complicanze.
Ad oggi non esistono ancora percorsi terapeutici standardizzati per il pazienti con trauma splenico, e questo rende ancora più complesso un quadro già delicato, in quanto spesso questi pazienti sono politraumatizzati.
In questo lavoro è stato analizzato in maniera retrospettiva il database relativo ai traumi splenici chiusi presi in carico dall’Unità Operativa Chirurgia d’Urgenza Universitaria nel periodo compreso tra Dicembre 2010 e Settembre 2015.
La revisione dell’attività clinica, ha permesso di evidenziare come questa rispecchi in maniera esemplare il trend verso il trattamento incruento riscontrabile nella pratica clinica mondiale negli ultimi anni.
Lo studio si è concentrato maggiormente sull’analisi dei pazienti sottoposti ad embolizzazione dell’arteria splenica permettendo di evidenziarne il considerevole vantaggio apportato nella gestione non chirurgica del paziente traumatizzato con lesione splenica: l’embolizzazione garantisce infatti un’importante riduzione del failure del trattamento conservativo, il tasso di complicanze è estremamente basso, e, anche laddove si sia verificata la necessità di andare incontro a splenectomia secondaria, l’embolizzazione non sembra comprometterne la riuscita.
In particolare il numero di embolizzazioni eseguite risulta quasi triplicato dal 2010 al 2015, dunque questa procedura si sta affermando nella pratica clinica come elegante approccio nella gestione del trauma chiuso della milza, ausilio notevole nella riduzione del tasso di splenectomie e nel miglioramento del tasso di successo della gestione non operativa, nonostante la completa assenza di protocolli formali scritti per la selezione dei pazienti candidati all’embolizzazione nonchè per le modalità tecniche e gestionali di questi stessi pazienti.
Restano quindi da definire protocolli standardizzati che permettano di migliorare ulteriormente questi risultati, omogeneizzando e rendendo più agevole e sicura la gestione di questi pazienti.
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