La sindrome nefrosica è la più frequente glomerulopatia pediatrica. Essa rappresenta l’espressione clinica di alterazioni che comportano un’aumentata permeabilità glomerulare, con conseguente riduzione della concentrazione delle proteine nel sangue. Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo aumento dei casi di glomerulosclerosi focale segmentale. Per quanto riguarda l’eziologia, nel primo anno di vita la sindrome è dovuta per lo più a cause genetiche; vi sono poi forme secondarie dovute a malattie infettive e sistemiche, reazioni immuno-mediate e forme ereditarie. Il segno clinico fondamentale è l’edema periorbitale o generalizzato. La diagnosi è posta in presenza di edema, proteinuria (<40 mg/m2), ipoalbuminemia (<2,5 g/dL), ipoprotidemia (<6g/dL); l’iperlipidemia è di frequente riscontro. In base alle modalità di risposta alla terapia cortisonica si distinguono forme corticosensibili, corticodipendenti e corticoresistenti; i farmaci utilizzati sono per lo più immunosopppressori e immunostimolanti, anche se recentemente altri tipi di farmaci (es. ace-inibitori) sono entrati a far parte del bagaglio terapeutico di questa malattia. Ciò spiega come la sindrome nefrosica rappresenti a tutt’oggi una sfida nell’individuare il giusto iter terapeutico da intraprendere in ogni bambino che si presenti all’osservazione del pediatra. In questo lavoro è presentata una casistica dell'ultimo anno della U.O. di Pediatria 1 dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana: questi casi, pur con presentazione clinica e dati di laboratorio simili all'esordio, hanno mostrato una diversa risposta alla terapia, richiedendo percorsi terapeutici differenziati. Per quanto riguarda il mantenimento di una normale funzione renale a lungo termine la prognosi è buona, anche se non si può raggiungere una persistente remissione. Diverse complicanze si associano al decorso della malattia ed alla terapia. Ciò dimostra l’attualità del problema e la necessità di ulteriori studi che consentano lo sviluppo di terapie sempre più efficaci.