Tesi etd-09302010-162712 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
ROSSI, MONICA
URN
etd-09302010-162712
Titolo
Ruolo del CD36 plasmatico come marcatore di stress metabolico-infiammatorio nel diabete
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Natali, Andrea
Parole chiave
- aterosclerosi
- CD36
- diabete
- funzione delle HDL
Data inizio appello
19/10/2010
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
19/10/2050
Riassunto
Il CD36 è una molecola facente parte dei recettori scavenger il cui ruolo fisiologico è quello di legare gli acidi grassi a catena lunga (LCFA), in cellule del muscolo scheletrico, del miocardio e del tessuto adiposo. Esso è espresso anche dai monociti dove lega altre molecole come le lipoproteine sia native che modificate o ossidate ed i prodotti di glicosilazione avanzata (AGE).
Le LDL ossidate a livello vascolare hanno una duplice azione: inducono sia il rilascio della proteina chemoattrattante i monociti (MCP-1) da parte delle cellule endoteliali che l’espressione di CD36 nei monociti stessi mentre le HDL possono inibire entrambi questi effetti. Studi condotti nell’animale da esperimento indicano che il CD36 favorisce l’aterosclerosi mentre nell’uomo i dati sono scarsi e non concordanti. Nei pazienti con diabete si osserva una iper espressione di CD36 nei monociti ed anche un’aterosclerosi accelerata, ma se i due aspetti siano associati e quali siano i fattori che modificano l’espressione di CD36 nel diabete non è noto.
Recentemente è stata identificata una forma di CD36 solubile (sCD36) circolante nell’uomo, che sembra essere un indice affidabile del livello di espressione monocitaria di CD36; esso potrebbe quindi essere utilizzato come metodo più semplice per capire se il CD36 ha un ruolo nello sviluppo di aterosclerosi nei pazienti con diabete.
In 40 pazienti con diabete di tipo 2 (T2DM), ricoverati in regime di elezione in un reparto di medicina interna, abbiamo effettuato il monitoraggio della glicemia pre e post prandiale, misurato fruttosamina, emoglobina glicata (HbA1c), μalbuminuria delle 24 ore, proteina C-reattiva (PCR), IL-6 e fattore di necrosi tumorale α (TNFα), creatinina, profilo lipidico, omocisteina. In tutti i pazienti sono stati misurati inoltre i valori di sCD36 con metodica ELISA e l’indice di funzione delle HDL misurando in vitro la capacità delle HDL di modulare la migrazione monocitaria indotta da LDL standard in una cocoltura di cellule endoteliali e muscolari lisce.
I valori di CD36 circolante correlavano, negativamente, con l’età e con la prevalenza di infarto miocardico ma non col sovrappeso, il genere o l'ipertensione né con alcuno degli indicatori di stress glicemico, infiammatorio o lipidico. I livelli di sCD36 mostravano una relazione ad “u” rovesciata con la disfunzione delle HDL.
Alti livelli di CD36 circolante sembrano proteggere dall’aterosclerosi attraverso un meccanismo che non è legato ai fattori di rischio classici ma che sembra legato alle alterazioni funzionali delle HDL. Il dato deve essere confermato su un campione più ampio e la relazione tra i livelli circolanti e quelli monocitari deve essere verificata prima di concludere sul ruolo del CD36 plasmatico e monocitario nello sviluppo di aterosclerosi nel diabete.
Le LDL ossidate a livello vascolare hanno una duplice azione: inducono sia il rilascio della proteina chemoattrattante i monociti (MCP-1) da parte delle cellule endoteliali che l’espressione di CD36 nei monociti stessi mentre le HDL possono inibire entrambi questi effetti. Studi condotti nell’animale da esperimento indicano che il CD36 favorisce l’aterosclerosi mentre nell’uomo i dati sono scarsi e non concordanti. Nei pazienti con diabete si osserva una iper espressione di CD36 nei monociti ed anche un’aterosclerosi accelerata, ma se i due aspetti siano associati e quali siano i fattori che modificano l’espressione di CD36 nel diabete non è noto.
Recentemente è stata identificata una forma di CD36 solubile (sCD36) circolante nell’uomo, che sembra essere un indice affidabile del livello di espressione monocitaria di CD36; esso potrebbe quindi essere utilizzato come metodo più semplice per capire se il CD36 ha un ruolo nello sviluppo di aterosclerosi nei pazienti con diabete.
In 40 pazienti con diabete di tipo 2 (T2DM), ricoverati in regime di elezione in un reparto di medicina interna, abbiamo effettuato il monitoraggio della glicemia pre e post prandiale, misurato fruttosamina, emoglobina glicata (HbA1c), μalbuminuria delle 24 ore, proteina C-reattiva (PCR), IL-6 e fattore di necrosi tumorale α (TNFα), creatinina, profilo lipidico, omocisteina. In tutti i pazienti sono stati misurati inoltre i valori di sCD36 con metodica ELISA e l’indice di funzione delle HDL misurando in vitro la capacità delle HDL di modulare la migrazione monocitaria indotta da LDL standard in una cocoltura di cellule endoteliali e muscolari lisce.
I valori di CD36 circolante correlavano, negativamente, con l’età e con la prevalenza di infarto miocardico ma non col sovrappeso, il genere o l'ipertensione né con alcuno degli indicatori di stress glicemico, infiammatorio o lipidico. I livelli di sCD36 mostravano una relazione ad “u” rovesciata con la disfunzione delle HDL.
Alti livelli di CD36 circolante sembrano proteggere dall’aterosclerosi attraverso un meccanismo che non è legato ai fattori di rischio classici ma che sembra legato alle alterazioni funzionali delle HDL. Il dato deve essere confermato su un campione più ampio e la relazione tra i livelli circolanti e quelli monocitari deve essere verificata prima di concludere sul ruolo del CD36 plasmatico e monocitario nello sviluppo di aterosclerosi nel diabete.
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