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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09292016-173309


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
LONGOBARDI, SARA
URN
etd-09292016-173309
Titolo
Riserva cognitiva nelle fasi precliniche della demenza
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Bonuccelli, Ubaldo
Parole chiave
  • demenza
  • MCI
  • riserva cognitiva
  • SCI
Data inizio appello
25/10/2016
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
25/10/2086
Riassunto
La malattia di Alzheimer (Alzheimer’s disease, AD) rappresenta la causa più comune di demenza e la prevalenza di questa patologia sembra destinata a crescere, soprattutto in relazione all’aumento dell’aspettativa di vita. E’ noto che le alterazioni patologiche nella demenza di Alzheimer non producano necessariamente manifestazioni cliniche e che un danno cerebrale acquisito, di paragonabile severità, possa causare differenti livelli di deficit cognitivo. La discrepanza tra grado di severità del danno cerebrale e le sue manifestazioni cliniche, ha portato a proporre e ad adottare il concetto di riserva cognitiva. La caratterizzazione delle fasi preclinche della demenza, SCI (Subjective cognitive impairmet) e MCI (mild cognitive impairment), rappresenta uno degli scopi cruciali della ricerca, poiché la diagnosi precoce di AD potrebbe essere fondamentale nell’ottica della sperimentazione di terapie in grado di prevenire o rallentare la progressione della malattia.
L’obiettivo di questo studio è la valutazione del ruolo della riserva cognitiva in pazienti SCI e MCI e stimare l’impatto che essa ha sull’outcome di questi soggetti.
Sono stati arruolati 85 pazienti SCI e 86 pazienti MCI, afferenti al Centro per i Disturbi Cognitivi della Clinica Neurologica dell’Università di Pisa, presso l’Ospedale Santa Chiara. I pazienti sono stati sottoposti a una valutazione neuropsicologica completa, a una valutazione dell’autonomia funzionale e ad una indagine clinica. Per la stima della riserva cognitiva è stato utilizzato il questionario Cognitive Reserve Index. I pazienti SCI sono stati seguiti nel tempo attraverso tre valutazioni successive, con un intervallo di 18-24 mesi, per un periodo complessivo di quattro anni. Il follow-up dei pazienti MCI ha avuto una durata totale di tre anni, con quattro valutazioni successive, intervallate da un periodo 12 mesi.
Alla valutazione basale i soggetti MCI, rispetto ai pazienti SCI, risultano più anziani (p<0.001) e meno scolarizzati (p<0.001). I pazienti SCI presentano punteggi significativamente maggiori per quanto riguarda tutte le dimensioni del questionario CRI: “Scuola” (p<0.001), “Lavoro” (p0.001), “Tempo Libero” (p=0.002) e “Totale” (p<0.001). Al questionario sulle attività di svago sono state rilevate differenze significative relativamente alle ore impiegate nello svolgimento di attività di tipo ricreativo individuale (p=0.002).
Dei soggetti SCI che hanno terminato il periodo di follow-up, 54 (80.6%) sono rimasti cognitivamente stabili mentre 13 (19.4%) sono evoluti a MCI.
Questi ultimi si dimostrano più anziani (p=0.003) e meno scolarizzati (p=0.013). I due gruppi (soggetti evoluti e stabili) si differenziano anche per il punteggio ottenuto nella dimensione “CRI Scuola”, dove i pazienti cognitivamente stabili risultano avere un punteggio maggiore (p=0.016). Dei soggetti MCI che hanno terminato il periodo di follow-up, 29 (48.3%) sono evoluti a demenza.
Analizzando complessivamente i due gruppi oggetto di studio, i soggetti evoluti ad una condizione clinica meno favorevole risultano più anziani (p<0.001) e meno scolarizzati (p=0.001). Inoltre, al questionario CRI, i punteggi totalizzati da questi pazienti nelle dimensioni “CRI Scuola” (p<0.001), “CRI Lavoro” (p=0.017) e “CRI Totale” (p=0.006) sono più bassi.
Come in studi precedenti l’età avanzata e la bassa scolarità si dimostrano importanti fattori di rischio associati alla demenza. Inoltre, la riserva cognitiva sembra importante nel modulare la risposta delle prestazioni cognitive alla noxa patogena. La stima della riserva cognitiva potrebbe, quindi, essere un valido strumento, di ausilio al clinico, per discriminare soggetti con rischio maggiore di declino cognitivo e soprattutto potrebbe rappresentare la base per interventi non farmacologici precoci e mirati a ritardare l’esordio della malattia.
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