Thesis etd-09292004-131237 |
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Thesis type
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Author
Simonetti, Riccardo
email address
s192868@studenti.ing.unipi.it
URN
etd-09292004-131237
Thesis title
Analisi ed utilizzo dei dati sperimentali relativi a prove di
deflagrazione eseguite mediante l'apparecchiatura sperimentale CVE
Department
INGEGNERIA
Course of study
INGEGNERIA NUCLEARE
Supervisors
relatore Carcassi, Marco
relatore Fineschi, Fabio
relatore Fineschi, Fabio
Keywords
- CVE
- DEFLAGRAZIONE
- DEFLAGRAZIONE
- ESPLOSIONE
- ESPLOSIONI DI IDROGENO
- IDROGENO
- PROTEZIONE STRUTTURE DA DEFLAGRAZIONI
- VENT
- VENTING
Graduation session start date
15/10/2004
Availability
Partial
Release date
15/10/2044
Summary
INTRODUZIONE
La protezione dalle deflagrazioni di una struttura in cui possa venirsi a trovare una miscela infiammabile è un tipico problema di ingegneria industriale. La soluzione del problema è sempre basata su tecniche di ottimizzazione condizionata e sull’analisi costi-benefici. In particolare il “vent”, cioè la predisposizione di un’area a bassa resistenza, meglio ancora se aperta, che permetta l’efflusso della miscela deflagrante in condizioni di sicurezza riducendo il picco di pressione all’interno della struttura, è una soluzione passiva economicamente molto interessante. Fermo restando l’opportunità di massimizzare l’area di efflusso si può pensare di effettuare un dimensionamento dell’area di vent mettendo a punto un metodo che consenta di prevedere quale sia la massima pressione che può essere sviluppata durante una deflagrazione ventata. Sorge dunque la necessità di studiare e comprendere il fenomeno della deflagrazione in ambienti confinati dotati di sistemi di vent.
Lo studio delle deflagrazioni in ambienti confinati, anche provvisti di sistema di vent di sicurezza, è da sempre complicato dalla diversa tipologia che il fenomeno assume in funzione di diversi parametri, quali:
- la distribuzione, non uniforme, di gas nell’ambiente
- la geometria del volume
- il punto di ignizione
- l’eventuale presenza di ignizioni multiple
- l’eventuale presenza di meccanismi che accelerano la fiamma
- la turbolenza e l’instabilità della fiamma
L’apparecchiatura CVE (Chamber View Explosion) è stata concepita per avere la possibilità di analizzare il fenomeno, che di per sé è multidipendente, simulando un ambiente che nella forma somigliasse il più possibile ad un ambiente reale, domestico od industriale. La CVE possiede pertanto dimensioni tali da poter essere ragionevolmente paragonata ad un locale di stoccaggio di combustibile infiammabile, quali quelli presenti all’interno dell’area di un distributore di carburante, o anche ad un locale di uso domestico, quale una cucina.
Le principali variabili che influenzano e determinano tale fenomeno sono: la pressione di rilascio del dispositivo che tiene normalmente in posizione di chiusura il vent (in quanto per motivi pratici non è normalmente accettabile utilizzare vent privi di copertura, anche se sarebbe auspicabile per ridurre la pressione di picco nella struttura a seguito di una deflagrazione e per evitare la necessaria manutenzione di tale copertura), la resistenza della più debole componente della struttura che si vuole proteggere (che a volte è un parametro di progetto su cui si opera); il volume e la forma dell’enclosure (parametrizzabile come rapporto tra superficie e volume) dell’enclosure, la turbolenza o la presenza di dispositivi o componenti che possano indurla (per esempio ventilatori, ricircolatori o sistemi di aerazione); il tipo di infiammabile, che può essere un gas come una polvere od una nebbia (fog), con cui si può avere a che fare; la pressione e la temperatura iniziali nell’enclosure; l’area di venting che solitamente è il parametro di progetto su cui si opera.
Il filo conduttore di questa tesi sarà quello di lavorare sul codice DEVENT in modo da renderlo utile ed efficace nella progettazione di sistemi di venting; si lavorerà in due direzioni, da una parte si confronterà il DEVENT con la normativa NFPA68, elaborandolo in modo da renderlo con essa congruente e dall’altra si cercherà di superare col codice, attraverso una campagna di prove sperimentali condotta con l’apparecchiatura CVE, quello che per noi è il principale limite della normativa quando si ha a che fare con l’idrogeno e cioè l’ipotesi di deflagrazione stechiometrica.
Riteniamo che sia più opportuno e logico, almeno per l’idrogeno, puntare a ridurre la concentrazione rispetto a cui effettuare il dimensionamento al di sotto dello stechiometrico poiché tali deflagrazioni
1) hanno molte più probabilità di avvenire di una deflagrazione stechiometrica poiché per l’energia di ignizione estremamente bassa che caratterizza l’idrogeno è altamente improbabile che quest’ultimo raggiunga lo stechiometrico prima che si avvii un fenomeno di combustione
2) più difficilmente presenteranno fenomeni di DDT
Per le prove un limite superiore alle deflagrazioni effettuabili è quello dettato dalla necessità di non mettere a rischio l’apparecchiatura. Dalle prove della serie CR si è stabilito empiricamente che è opportuno, in relazione a tali considerazioni, evitare di superare il 12.5% vol H2 con Av minore o uguale di 0.35 m2.
CONFRONTO TRA IL DEVENT E l’NFPA68
Dopo aver confrontato i risultati del DEVENT con i nomografi NFPA68 di derivazione sperimentale ed essendo fissati i parametri che rendono il DEVENT conservativo in tali condizioni si potrebbe, volendo, utilizzare quest’ultimo anziché la guida in fase di dimensionamento delle aree di vent. La cosa sarebbe particolarmente interessante perché permetterebbe tra l’altro di effettuare dimensionamenti basati su vincoli geometrici, cioè fissando la geometria della struttura ed un’area di vent il DEVENT potrebbe calcolare quale sia la pressione massima che viene raggiunta nella struttura, anziché meccanici come nel caso della guida che, dati tutti gli altri parametri, tra i quali Pred fornisce l’area di vent necessaria. Si è proceduto a far girare il codice aumentandone progressivamente il coefficiente di correzione turbolenta (fattore moltiplicativo della velocità di bruciamento laminare, normalmente pari ad 1) fino ad ottenere dallo stesso delle previsioni conservative rispetto alla guida in tutte le condizioni verificate.
Dal confronto delle previsioni della guida con quelle del DEVENT si nota che, a parità di Pred e di volume, al crescere di Pstat le previsioni del codice tendono ad essere più vicine al valore previsto dalle rilevanze sperimentali dell’NFPA68 anche senza la correzione turbolenta. Visto in funzione di un’altra variabile si può fare la medesima osservazione al crescere di AV.
Si ricorda che si è scelto di utilizzare la sola correzione proporzionale per rendere più chiari i trend e la massima correzione turbolenta necessaria è stata pari a 2.95 anche se mediamente si tratta di valori decisamente più bassi.
Si nota poi come i fattori di correzione turbolenta che in questo caso dovrebbero mettere in conto nel DEVENT la turbolenza inerente alla deflagrazione ventata, tendono a diminuire notevolmente al crescere del volume.
CONCLUSIONI SUI RISULTATI DELLE PROVE
In conclusione si è giunti a determinare il valore di Pstat (la pressione di rilascio del dispositivo di chiusura del vent che per noi rappresenta la pressione a cui si lacera la copertura di plastica) che, nelle condizioni operative esaminate, è stimato essere intorno a 20 mbar con uno scostamento medio del 20%. Questo sarà un punto fermo per le eventuali future prove che si dovessero programmare sulla CVE utilizzando un vent realizzato nel medesimo modo. Tuttavia per fare un passo qualitativo in avanti sarebbe opportuno mettere a punto un sistema di chiusura della parete di prova tale da rendere Pstat non più un valore da determinare ma un parametro da scegliere: questo permetterebbe di effettuare prove a Pstat variabile aprendo nuovi orizzonti alle potenzialità della CVE.
Per quanto riguarda l’altra variabile stimata, t(V)open (cioè il tempo che intercorre tra il momento in cui la pressione interna raggiunge Pstat ed il momento in cui tutta l’area del vent è disponibile per l’efflusso dei gas), non è stato possibile ottenere un ragionevole grado di confidenza sul suo valore. Si pensava di poter valutare tale parametro basandosi sui filmati, ma percorrendo questa strada non si è riusciti ad ottenere risultati soddisfacenti. La stima che ne è stata fatta si è basata sui dati sperimentali, dove si è cercato di osservare una qualche variazione negli andamenti della pressione per ottenere un punto di riferimento. Si è scelto di stimare tale parametro sulla base di un particolare, l'instaurarsi di una maggiore vibrazione nell'andamento della pressione, non tanto perché direttamente collegabile con esso, quanto per il fatto che il DEVENT forniva un accettabile accordo con i dati sperimentali utilizzando tale stima. In effetti riflettendo sul fenomeno e sulla struttura del vent in plastica si può ipotizzare che esso, non aprendosi rigidamente, si apre probabilmente in modo non lineare presentando inizialmente una lacerazione di dimensione variabile da prova a prova. Non è possibile determinare quale frazione del vent sia ormai aperta quando questo, come si vede nei filmati, viene investito dalla fiamma e distrutto completamente per effetti termici. Il valore di t(V)open è stato stimato, per l’uso nel DEVENT, nell’intorno dei 0.4 sec. Utilizzando tali valori per i due parametri necessari al funzionamento del DEVENT si ottengono stime della pressione nella CVE che sono, eccetto che per la prova RSD08, sempre maggiori delle misure di uno dei due rilevatori interni, quello laterale sinistro, con scarto massimo inferiori a 20 mbar. L’altro rilevatore presenta misure più alte probabilmente in relazione al fatto che è posto di fronte alla parete senza vent; in cinque prove tali misure superano le previsioni del DEVENT. Il massimo coefficiente di correzione turbolento da utilizzare per ottenere la conservatività del DEVENT rispetto alle prove di questa campagna è pari ad 1.53 in accordo con le grandi dimensioni della CVE che possono indurre una notevole turbolenza durante l’efflusso dei gas. Per quanto riguarda gli andamenti il DEVENT presenta il suo che, spesso, approssima la linea principale degli andamenti misurati nei quali però si trovano tutta una serie di oscillazioni e di picchi non principali che esso non può prevedere. Le dimensioni della CVE portano ad una variabilità delle condizioni che si instaurano in essa durante la deflagrazione da cui deriva una complessità fenomenologia notevole e dunque una maggiore difficoltà di analisi legata alle diverse possibilità che tali dimensioni offrono all’evoluzione della deflagrazione. Questa è una delle novità principali della CVE: in questa campagna il doppio picco, che in altre prove effettuate su apparecchiature più piccole era piuttosto difficile da ottenere, è stata la deflagrazione di base.
Per quanto riguarda il DEVENT esso prevede, per tutte le condizioni di prova, due picchi principali con alcuni piccoli talloni nell’andamento dopo il primo dei due nel corso del quale si apre il vent. Gli andamenti reali spesso mostrano tre e più picchi ben distinti. Il DEVENT prevede bene l’andamento generale dei due picchi principali, uno legato alla rottura del vent e l’altro al massimo picco di pressione, ma sovrastima quello legato a Pstat che diviene il picco principale secondo il codice per Av?1.5 m2, cosa che si riscontra dalle misure solo nella prova RSD22; comunque in tutte le prove che soddisfano tale condizione su Av il primo picco raggiunge sempre una pressione prossima a quella massima misurata. In corrispondenza del primo picco il DEVENT prevede, per come è implementato, un superamento di Pstat più o meno accentuato che invece, per come è stato stimato il parametro non può apparire nelle misure.
Dunque le cose su cui ci sembra che sia opportuno indagare ulteriormente saranno legate ad una più approfondita indagine sulla differenza riscontrata nelle misure dei due trasduttori di pressione e sull’esecuzione di altre prove filmate dello stesso genere più focalizzate sul vent per meglio comprendere il fenomeno della sua rottura ed il senso da dare al parametro t(V)open. Tutto ciò fermo restando che la messa a punto di un sistema di chiusura del vent che permetta di decidere il valore di Pstat e della sua inerzia ci sembra la soluzione auspicabile che permetterebbe di fare un passo qualitativo in avanti nelle esperienze con la CVE.
La protezione dalle deflagrazioni di una struttura in cui possa venirsi a trovare una miscela infiammabile è un tipico problema di ingegneria industriale. La soluzione del problema è sempre basata su tecniche di ottimizzazione condizionata e sull’analisi costi-benefici. In particolare il “vent”, cioè la predisposizione di un’area a bassa resistenza, meglio ancora se aperta, che permetta l’efflusso della miscela deflagrante in condizioni di sicurezza riducendo il picco di pressione all’interno della struttura, è una soluzione passiva economicamente molto interessante. Fermo restando l’opportunità di massimizzare l’area di efflusso si può pensare di effettuare un dimensionamento dell’area di vent mettendo a punto un metodo che consenta di prevedere quale sia la massima pressione che può essere sviluppata durante una deflagrazione ventata. Sorge dunque la necessità di studiare e comprendere il fenomeno della deflagrazione in ambienti confinati dotati di sistemi di vent.
Lo studio delle deflagrazioni in ambienti confinati, anche provvisti di sistema di vent di sicurezza, è da sempre complicato dalla diversa tipologia che il fenomeno assume in funzione di diversi parametri, quali:
- la distribuzione, non uniforme, di gas nell’ambiente
- la geometria del volume
- il punto di ignizione
- l’eventuale presenza di ignizioni multiple
- l’eventuale presenza di meccanismi che accelerano la fiamma
- la turbolenza e l’instabilità della fiamma
L’apparecchiatura CVE (Chamber View Explosion) è stata concepita per avere la possibilità di analizzare il fenomeno, che di per sé è multidipendente, simulando un ambiente che nella forma somigliasse il più possibile ad un ambiente reale, domestico od industriale. La CVE possiede pertanto dimensioni tali da poter essere ragionevolmente paragonata ad un locale di stoccaggio di combustibile infiammabile, quali quelli presenti all’interno dell’area di un distributore di carburante, o anche ad un locale di uso domestico, quale una cucina.
Le principali variabili che influenzano e determinano tale fenomeno sono: la pressione di rilascio del dispositivo che tiene normalmente in posizione di chiusura il vent (in quanto per motivi pratici non è normalmente accettabile utilizzare vent privi di copertura, anche se sarebbe auspicabile per ridurre la pressione di picco nella struttura a seguito di una deflagrazione e per evitare la necessaria manutenzione di tale copertura), la resistenza della più debole componente della struttura che si vuole proteggere (che a volte è un parametro di progetto su cui si opera); il volume e la forma dell’enclosure (parametrizzabile come rapporto tra superficie e volume) dell’enclosure, la turbolenza o la presenza di dispositivi o componenti che possano indurla (per esempio ventilatori, ricircolatori o sistemi di aerazione); il tipo di infiammabile, che può essere un gas come una polvere od una nebbia (fog), con cui si può avere a che fare; la pressione e la temperatura iniziali nell’enclosure; l’area di venting che solitamente è il parametro di progetto su cui si opera.
Il filo conduttore di questa tesi sarà quello di lavorare sul codice DEVENT in modo da renderlo utile ed efficace nella progettazione di sistemi di venting; si lavorerà in due direzioni, da una parte si confronterà il DEVENT con la normativa NFPA68, elaborandolo in modo da renderlo con essa congruente e dall’altra si cercherà di superare col codice, attraverso una campagna di prove sperimentali condotta con l’apparecchiatura CVE, quello che per noi è il principale limite della normativa quando si ha a che fare con l’idrogeno e cioè l’ipotesi di deflagrazione stechiometrica.
Riteniamo che sia più opportuno e logico, almeno per l’idrogeno, puntare a ridurre la concentrazione rispetto a cui effettuare il dimensionamento al di sotto dello stechiometrico poiché tali deflagrazioni
1) hanno molte più probabilità di avvenire di una deflagrazione stechiometrica poiché per l’energia di ignizione estremamente bassa che caratterizza l’idrogeno è altamente improbabile che quest’ultimo raggiunga lo stechiometrico prima che si avvii un fenomeno di combustione
2) più difficilmente presenteranno fenomeni di DDT
Per le prove un limite superiore alle deflagrazioni effettuabili è quello dettato dalla necessità di non mettere a rischio l’apparecchiatura. Dalle prove della serie CR si è stabilito empiricamente che è opportuno, in relazione a tali considerazioni, evitare di superare il 12.5% vol H2 con Av minore o uguale di 0.35 m2.
CONFRONTO TRA IL DEVENT E l’NFPA68
Dopo aver confrontato i risultati del DEVENT con i nomografi NFPA68 di derivazione sperimentale ed essendo fissati i parametri che rendono il DEVENT conservativo in tali condizioni si potrebbe, volendo, utilizzare quest’ultimo anziché la guida in fase di dimensionamento delle aree di vent. La cosa sarebbe particolarmente interessante perché permetterebbe tra l’altro di effettuare dimensionamenti basati su vincoli geometrici, cioè fissando la geometria della struttura ed un’area di vent il DEVENT potrebbe calcolare quale sia la pressione massima che viene raggiunta nella struttura, anziché meccanici come nel caso della guida che, dati tutti gli altri parametri, tra i quali Pred fornisce l’area di vent necessaria. Si è proceduto a far girare il codice aumentandone progressivamente il coefficiente di correzione turbolenta (fattore moltiplicativo della velocità di bruciamento laminare, normalmente pari ad 1) fino ad ottenere dallo stesso delle previsioni conservative rispetto alla guida in tutte le condizioni verificate.
Dal confronto delle previsioni della guida con quelle del DEVENT si nota che, a parità di Pred e di volume, al crescere di Pstat le previsioni del codice tendono ad essere più vicine al valore previsto dalle rilevanze sperimentali dell’NFPA68 anche senza la correzione turbolenta. Visto in funzione di un’altra variabile si può fare la medesima osservazione al crescere di AV.
Si ricorda che si è scelto di utilizzare la sola correzione proporzionale per rendere più chiari i trend e la massima correzione turbolenta necessaria è stata pari a 2.95 anche se mediamente si tratta di valori decisamente più bassi.
Si nota poi come i fattori di correzione turbolenta che in questo caso dovrebbero mettere in conto nel DEVENT la turbolenza inerente alla deflagrazione ventata, tendono a diminuire notevolmente al crescere del volume.
CONCLUSIONI SUI RISULTATI DELLE PROVE
In conclusione si è giunti a determinare il valore di Pstat (la pressione di rilascio del dispositivo di chiusura del vent che per noi rappresenta la pressione a cui si lacera la copertura di plastica) che, nelle condizioni operative esaminate, è stimato essere intorno a 20 mbar con uno scostamento medio del 20%. Questo sarà un punto fermo per le eventuali future prove che si dovessero programmare sulla CVE utilizzando un vent realizzato nel medesimo modo. Tuttavia per fare un passo qualitativo in avanti sarebbe opportuno mettere a punto un sistema di chiusura della parete di prova tale da rendere Pstat non più un valore da determinare ma un parametro da scegliere: questo permetterebbe di effettuare prove a Pstat variabile aprendo nuovi orizzonti alle potenzialità della CVE.
Per quanto riguarda l’altra variabile stimata, t(V)open (cioè il tempo che intercorre tra il momento in cui la pressione interna raggiunge Pstat ed il momento in cui tutta l’area del vent è disponibile per l’efflusso dei gas), non è stato possibile ottenere un ragionevole grado di confidenza sul suo valore. Si pensava di poter valutare tale parametro basandosi sui filmati, ma percorrendo questa strada non si è riusciti ad ottenere risultati soddisfacenti. La stima che ne è stata fatta si è basata sui dati sperimentali, dove si è cercato di osservare una qualche variazione negli andamenti della pressione per ottenere un punto di riferimento. Si è scelto di stimare tale parametro sulla base di un particolare, l'instaurarsi di una maggiore vibrazione nell'andamento della pressione, non tanto perché direttamente collegabile con esso, quanto per il fatto che il DEVENT forniva un accettabile accordo con i dati sperimentali utilizzando tale stima. In effetti riflettendo sul fenomeno e sulla struttura del vent in plastica si può ipotizzare che esso, non aprendosi rigidamente, si apre probabilmente in modo non lineare presentando inizialmente una lacerazione di dimensione variabile da prova a prova. Non è possibile determinare quale frazione del vent sia ormai aperta quando questo, come si vede nei filmati, viene investito dalla fiamma e distrutto completamente per effetti termici. Il valore di t(V)open è stato stimato, per l’uso nel DEVENT, nell’intorno dei 0.4 sec. Utilizzando tali valori per i due parametri necessari al funzionamento del DEVENT si ottengono stime della pressione nella CVE che sono, eccetto che per la prova RSD08, sempre maggiori delle misure di uno dei due rilevatori interni, quello laterale sinistro, con scarto massimo inferiori a 20 mbar. L’altro rilevatore presenta misure più alte probabilmente in relazione al fatto che è posto di fronte alla parete senza vent; in cinque prove tali misure superano le previsioni del DEVENT. Il massimo coefficiente di correzione turbolento da utilizzare per ottenere la conservatività del DEVENT rispetto alle prove di questa campagna è pari ad 1.53 in accordo con le grandi dimensioni della CVE che possono indurre una notevole turbolenza durante l’efflusso dei gas. Per quanto riguarda gli andamenti il DEVENT presenta il suo che, spesso, approssima la linea principale degli andamenti misurati nei quali però si trovano tutta una serie di oscillazioni e di picchi non principali che esso non può prevedere. Le dimensioni della CVE portano ad una variabilità delle condizioni che si instaurano in essa durante la deflagrazione da cui deriva una complessità fenomenologia notevole e dunque una maggiore difficoltà di analisi legata alle diverse possibilità che tali dimensioni offrono all’evoluzione della deflagrazione. Questa è una delle novità principali della CVE: in questa campagna il doppio picco, che in altre prove effettuate su apparecchiature più piccole era piuttosto difficile da ottenere, è stata la deflagrazione di base.
Per quanto riguarda il DEVENT esso prevede, per tutte le condizioni di prova, due picchi principali con alcuni piccoli talloni nell’andamento dopo il primo dei due nel corso del quale si apre il vent. Gli andamenti reali spesso mostrano tre e più picchi ben distinti. Il DEVENT prevede bene l’andamento generale dei due picchi principali, uno legato alla rottura del vent e l’altro al massimo picco di pressione, ma sovrastima quello legato a Pstat che diviene il picco principale secondo il codice per Av?1.5 m2, cosa che si riscontra dalle misure solo nella prova RSD22; comunque in tutte le prove che soddisfano tale condizione su Av il primo picco raggiunge sempre una pressione prossima a quella massima misurata. In corrispondenza del primo picco il DEVENT prevede, per come è implementato, un superamento di Pstat più o meno accentuato che invece, per come è stato stimato il parametro non può apparire nelle misure.
Dunque le cose su cui ci sembra che sia opportuno indagare ulteriormente saranno legate ad una più approfondita indagine sulla differenza riscontrata nelle misure dei due trasduttori di pressione e sull’esecuzione di altre prove filmate dello stesso genere più focalizzate sul vent per meglio comprendere il fenomeno della sua rottura ed il senso da dare al parametro t(V)open. Tutto ciò fermo restando che la messa a punto di un sistema di chiusura del vent che permetta di decidere il valore di Pstat e della sua inerzia ci sembra la soluzione auspicabile che permetterebbe di fare un passo qualitativo in avanti nelle esperienze con la CVE.
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