Tesi etd-09282020-153849 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
DE GIOVANNI, ALESSANDRA
URN
etd-09282020-153849
Titolo
Oltre i confini del genere: i traguardi e le zone d'ombra della legislazione italiana e comparata sulle identità di genere non binarie.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof.ssa Sperti, Angioletta
Parole chiave
- gender identity
- identità di genere
- rettificazione di sesso
- terzo genere
- third gender
- transgender rights
Data inizio appello
20/10/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
20/10/2090
Riassunto
Il presente elaborato “Oltre i confini del genere: i traguardi e le zone d ombra della legislazione italiana e comparata sulle identità di genere non binarie”, tratta del tema dell'identità di genere nel panorama giuridico italiano e comparato. In particolare, ho posto l’attenzione sulle molteplici sfaccettature che può assumere il concetto di identità di genere e quali sono le soluzioni proposte dall’ordinamento italiano, proseguendo con un’analisi comparativa degli ordinamenti internazionali.
Il capitolo primo introduce il tema dell’identità di genere partendo dalla definizione di genere, con un’analisi delle teorie sociologiche più accreditate sulla fluidità del genere. Successivamente, si prosegue con la definizione dei termini ombrello più utilizzati. In questo capitolo ho ripercorso anche un’analisi del transessualismo nel corso delle varie epoche storiche ed anche quella che è stata la sua evoluzione medica. Difatti, il diritto ha iniziato ad interessarsi di identità di genere solo partire degli anni ’70, quando sono sorte rilevanti questioni giuridiche che riguardavano i diritti e le libertà individuali delle persone transgender e transessuali.
Vedremo come, a partire dagli anni’70, il transessualismo sia stato inquadrato prima tra le patologie psichiatriche con il nome di “disturbo dell’identità di genere” (DIG), per poi essere definito “disforia di genere” nella successiva revisione del Manuale Diagnostico. La disforia di genere si caratterizza per un forte disagio riguardo al genere percepito dal soggetto, che non si allinea con il sesso che gli è stato assegnato alla nascita in base sue alle caratteristiche fisiche. È un fenomeno che può conoscere vari gradi di intensità che possono sfociare, in via estrema, nel desiderio di riassegnazione del sesso per via chirurgica. In altri casi si può avere un caso meno grave di non conformità di genere, che riguarda il fatto di assumere comportamenti ed interessi lontani da quello che culturalmente si associa al genere assegnato alla nascita. Nel DSM-V è stata eliminata la parola “disturbo” dalla definizione della patologia e la disforia di genere è stata spostata tra le patologie di tipo ansioso e depressivo, cosa che ha ridotto il rischio per le persone transessuali di subire delle stigmatizzazioni per via della loro condizione di salute. In chiusura, ho affrontato anche il tema della disforia di genere che coinvolge i minori d’età, detta anche Organizzazione Atipica dell’Identità di Genere, che prevede dei criteri differenti e molto più stringenti rispetto a quelli previsti per gli adulti, in quanto si deve accertare che non sia una condizione passeggera che possa svanire naturalmente con la crescita.
Nel secondo capitolo ho esaminato l’evoluzione della disciplina giuridica in tema di rettificazione di sesso, partendo dall’interpretazione estensiva dell’art. 454 del Codice Civile sulla modifica dell’attribuzione di sesso assegnata “per errore al momento della nascita”, fino all’emanazione della storica legge n.162 del 1982 in materia di “rettificazione di attribuzione di sesso".
Tale legge, pur colmando la lacuna legislativa presente in materia ed essendo una delle prime leggi in Europa a parlare di transessualismo, in realtà presentava molte zone d’ombra e difatti è stata più volte sottoposta all’attenzione della Corte Costituzionale, fino ad arrivare alla storica sentenza n. 221 del 2015 che ha chiarito definitivamente la non obbligatorietà dell’intervento chirurgico di riassegnazione dei caratteri sessuali per poter ottenere la rettificazione anagrafica del sesso ed il cambiamento del nome.
Nonostante l’evoluzione giuridica che si è avuta in questi anni in Italia, in materia di identità di genere vi sono ancora molte lacune da colmare e, a differenza della posizione che hanno assunto altri Stati, in Italia non è ancora prevista la possibilità di introdurre un terzo genere legale, come ha confermato la recente ordinanza della Corte Costituzionale n.185 del 2017.
In chiusura è stata affrontata anche la questione della condizione dei migranti transgender provenienti da paesi che criminalizzano la transessualità che, assumendo la qualifica di rifugiati politici, decidono di affrontare il percorso di transito in Italia.
Il capitolo terzo è suddiviso in due parti ed è rivolto a fornire un’analisi comparativa delle forme di tutela dell’identità di genere in Europa.
Nella prima parte ho esaminato l’evoluzione giurisprudenziale ed i casi chiave affrontati dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo. La Corte di Strasburgo inizialmente lasciava molta autonomia ai Paesi firmatari della Convenzione di regolare nel loro diritto interno le questioni relative all’identità di genere, mentre successivamente sono state ricomprese nell’ambito di protezione offerto dall’art. 8 della CEDU, che disciplina il diritto al rispetto della vita privata e famigliare.
La seconda parte è invece offre un’analisi delle scelte giuridiche hanno affrontato gli Stati Europei che hanno introdotto un terzo genere legale, superando il binarismo di genere. Nello specifico ho riportato i recenti sviluppi che ci sono stati in Belgio, Germania ed Austria.
Nel quarto ed ultimo capitolo ho indagato sulle scelte giuridiche effettuate nel panorama internazionale, con alcuni modelli giuridici che hanno superato il binarismo di genere come quello di India, Argentina ed Australia. Inoltre, ho esaminato anche le principali convenzioni internazionali che trattano di identità di genere, come i principi di Yogyakarta e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Nelle conclusioni, infine, vi è qualche spunto di riflessione sulle possibili soluzioni da adottare nel nostro ordinamento per migliorare le aspettative di vita delle persone che si riconoscono nell’acronimo dei termini ombrello LGBTQIA+.
Il capitolo primo introduce il tema dell’identità di genere partendo dalla definizione di genere, con un’analisi delle teorie sociologiche più accreditate sulla fluidità del genere. Successivamente, si prosegue con la definizione dei termini ombrello più utilizzati. In questo capitolo ho ripercorso anche un’analisi del transessualismo nel corso delle varie epoche storiche ed anche quella che è stata la sua evoluzione medica. Difatti, il diritto ha iniziato ad interessarsi di identità di genere solo partire degli anni ’70, quando sono sorte rilevanti questioni giuridiche che riguardavano i diritti e le libertà individuali delle persone transgender e transessuali.
Vedremo come, a partire dagli anni’70, il transessualismo sia stato inquadrato prima tra le patologie psichiatriche con il nome di “disturbo dell’identità di genere” (DIG), per poi essere definito “disforia di genere” nella successiva revisione del Manuale Diagnostico. La disforia di genere si caratterizza per un forte disagio riguardo al genere percepito dal soggetto, che non si allinea con il sesso che gli è stato assegnato alla nascita in base sue alle caratteristiche fisiche. È un fenomeno che può conoscere vari gradi di intensità che possono sfociare, in via estrema, nel desiderio di riassegnazione del sesso per via chirurgica. In altri casi si può avere un caso meno grave di non conformità di genere, che riguarda il fatto di assumere comportamenti ed interessi lontani da quello che culturalmente si associa al genere assegnato alla nascita. Nel DSM-V è stata eliminata la parola “disturbo” dalla definizione della patologia e la disforia di genere è stata spostata tra le patologie di tipo ansioso e depressivo, cosa che ha ridotto il rischio per le persone transessuali di subire delle stigmatizzazioni per via della loro condizione di salute. In chiusura, ho affrontato anche il tema della disforia di genere che coinvolge i minori d’età, detta anche Organizzazione Atipica dell’Identità di Genere, che prevede dei criteri differenti e molto più stringenti rispetto a quelli previsti per gli adulti, in quanto si deve accertare che non sia una condizione passeggera che possa svanire naturalmente con la crescita.
Nel secondo capitolo ho esaminato l’evoluzione della disciplina giuridica in tema di rettificazione di sesso, partendo dall’interpretazione estensiva dell’art. 454 del Codice Civile sulla modifica dell’attribuzione di sesso assegnata “per errore al momento della nascita”, fino all’emanazione della storica legge n.162 del 1982 in materia di “rettificazione di attribuzione di sesso".
Tale legge, pur colmando la lacuna legislativa presente in materia ed essendo una delle prime leggi in Europa a parlare di transessualismo, in realtà presentava molte zone d’ombra e difatti è stata più volte sottoposta all’attenzione della Corte Costituzionale, fino ad arrivare alla storica sentenza n. 221 del 2015 che ha chiarito definitivamente la non obbligatorietà dell’intervento chirurgico di riassegnazione dei caratteri sessuali per poter ottenere la rettificazione anagrafica del sesso ed il cambiamento del nome.
Nonostante l’evoluzione giuridica che si è avuta in questi anni in Italia, in materia di identità di genere vi sono ancora molte lacune da colmare e, a differenza della posizione che hanno assunto altri Stati, in Italia non è ancora prevista la possibilità di introdurre un terzo genere legale, come ha confermato la recente ordinanza della Corte Costituzionale n.185 del 2017.
In chiusura è stata affrontata anche la questione della condizione dei migranti transgender provenienti da paesi che criminalizzano la transessualità che, assumendo la qualifica di rifugiati politici, decidono di affrontare il percorso di transito in Italia.
Il capitolo terzo è suddiviso in due parti ed è rivolto a fornire un’analisi comparativa delle forme di tutela dell’identità di genere in Europa.
Nella prima parte ho esaminato l’evoluzione giurisprudenziale ed i casi chiave affrontati dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo. La Corte di Strasburgo inizialmente lasciava molta autonomia ai Paesi firmatari della Convenzione di regolare nel loro diritto interno le questioni relative all’identità di genere, mentre successivamente sono state ricomprese nell’ambito di protezione offerto dall’art. 8 della CEDU, che disciplina il diritto al rispetto della vita privata e famigliare.
La seconda parte è invece offre un’analisi delle scelte giuridiche hanno affrontato gli Stati Europei che hanno introdotto un terzo genere legale, superando il binarismo di genere. Nello specifico ho riportato i recenti sviluppi che ci sono stati in Belgio, Germania ed Austria.
Nel quarto ed ultimo capitolo ho indagato sulle scelte giuridiche effettuate nel panorama internazionale, con alcuni modelli giuridici che hanno superato il binarismo di genere come quello di India, Argentina ed Australia. Inoltre, ho esaminato anche le principali convenzioni internazionali che trattano di identità di genere, come i principi di Yogyakarta e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
Nelle conclusioni, infine, vi è qualche spunto di riflessione sulle possibili soluzioni da adottare nel nostro ordinamento per migliorare le aspettative di vita delle persone che si riconoscono nell’acronimo dei termini ombrello LGBTQIA+.
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