Tesi etd-09282017-164201 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
CASTIGLIONE, VINCENZO
URN
etd-09282017-164201
Titolo
Ruolo cardioprotettivo della denervazione simpatica renale nell’infarto miocardico acuto sperimentale
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Emdin, Michele
Parole chiave
- cardioprotezione
- denervazione renale
- infarto miocardico acuto
- scompenso cardiaco
- sistema nervoso simpatico
Data inizio appello
17/10/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
Basi razionali: L’infarto miocardico acuto (IMA) rappresenta una delle principali cause di morbilità e mortalità. Nonostante i miglioramenti nella sua gestione diagnostica e terapeutica, in una quota significativa di pazienti con IMA si realizza, a causa di una rivascolarizzazione tardiva e/o inefficace, un’estensione del danno necrotico, con conseguente rimodellamento cardiaco avverso ed incremento del rischio di aritmie maligne e di morte improvvisa. La disfunzione cardiaca acuta innesca la reazione di numerosi meccanismi neuroormonali, in particolare del sistema nervoso simpatico (SNS) e del sistema renina-angiotensina-aldosterone (renin-angiotensin-aldosterone system, RAAS), finalizzata al mantenimento dell’equilibrio emodinamico. L’iperattivazione di tali sistemi, in particolar modo del SNS, è stata associata ad effetti cardiotossici in acuto e contribuisce al danno da riperfusione e alla comparsa di eventi aritmici avversi. Inoltre, l’attivazione cronica di tali sistemi risulta maladattativa, contribuendo al rimodellamento cardiaco avverso ed alla progressione verso la sindrome clinica dello scompenso cardiaco. L’aumentata attività delle afferenze e delle efferenze simpatiche renali costituisce uno dei principali determinanti ed amplificatori dell’attivazione neuroormonale sistemica. Recentemente è stata perfezionata una metodica percutanea di ablazione delle fibre nervose renali tramite l’erogazione di energia con radiofrequenza all’interno delle stesse arterie renali. Tale procedura si è dimostrata in grado di ridurre gli indici di attivazione del SNS e del RAAS in vari quadri sperimentali e clinici, in particolare nell’ipertensione arteriosa resistente.
Scopo della tesi: Valutazione dell’applicazione di una tecnica percutanea di denervazione renale (DR) mediante catetere a radiofrequenza sull’attivazione neuroormonale, sulla progressione della necrosi e sull’estensione della denervazione cardiaca in un modello suino di IMA anteriore esteso non riperfuso, a confronto con il trattamento farmacologico ottimale convenzionale.
Metodi: Tra l’aprile 2015 e il marzo 2017 è stata eseguita l’induzione di un IMA anteriore esteso in modalità totalmente percutanea in quaranta maiali maschi mediante incannulamento selettivo dell’arteria coronaria sinistra e sua occlusione per novanta minuti tramite gonfiaggio di un palloncino da angioplastica appena dopo l’emergenza del primo ramo diagonale. Al termine della procedura, gli animali sopravvissuti sono stati randomizzati in quattro gruppi sperimentali sulla base del trattamento ricevuto: nessuna terapia (controlli); terapia medica (TM) con β-bloccante, ACE-inibitore e anti-aldosteronico; DR; DR e TM. Durante un periodo di stabulazione della durata di trentuno giorni gli animali hanno seguito un protocollo di studio composto dalle seguenti metodiche: studio del danno infartuale e della funzione cardiaca alla risonanza magnetica cardiaca (RMC) a sette e trenta giorni; analisi della funzionalità dell’innervazione simpatica cardiaca tramite scintigrafia con 123I-meta-iodobenzilguanidina (123I-MIBG) eseguita il trentunesimo giorno; dosaggio della creatinina e degli indici di attivazione neuroormonale su prelievi ematici raccolti al basale, subito dopo l’IMA, e a distanza di uno, sette e trenta giorni dallo stesso; analisi delle aritmie ventricolari occorse nella prima settimana dopo l’IMA tramite l’impianto di un electrocardiographic (ECG) loop recorder; misurazione del contenuto di catecolamine tissutali in campioni istologici prelevati a livello cardiaco (area necrotica, border zone, miocardio sano) e renale al momento del sacrificio dell’animale; valutazione autoptica macroscopica di cuore e arterie renali; esame microscopico di sezioni di cuore e arterie renali colorate sia con tecniche tradizionali (ematossilina-eosina e tricromica di Masson) che con metodiche di immunoistochimica (anticorpi anti-tirosina idrossilasi, TH) per la valutazione delle fibre nervose simpatiche attive.
Risultati: Nel corso delle quaranta procedure di induzione di IMA si sono riscontrati dodici decessi per comparsa di fibrillazione ventricolare (FV) refrattaria (mortalità del 30%). Altri quattro animali sono morti durante il periodo di stabulazione (due per FV nel gruppo di controllo, uno per FV nel gruppo trattato con la sola TM, uno per sepsi nel gruppo sottoposto a DR). Nel complesso, ventiquattro animali (sei per ogni gruppo sperimentale) hanno completato il protocollo previsto. La procedura di DR si è svolta senza alterazioni di rilievo in termini di pressione arteriosa invasiva, con una riduzione significativa della frequenza cardiaca post-IMA. L’analisi immunoistochimica su sezioni trasversali delle arterie renali con anticorpi anti-TH per evidenziare le fibre nervose simpatiche ha confermato l’efficacia della DR nel ridurre significativamente il numero di fibre presenti; inoltre, gli animali sottoposti a DR hanno mostrato un contenuto medio di noradrenalina (NA) renale significativamente inferiore rispetto ai controlli con e senza TM. I livelli sierici di creatinina a trenta giorni sono risultati significativamente più bassi nei gruppi trattati con DR rispetto ai controlli.
Alla RMC a sette giorni, la quota di edema miocardico, indice della dimensione dell’area a rischio a seguito di un IMA, è risultata simile nei quattro gruppi (deviazione standard inferiore al 13% dei valori medi), testimoniando un’alta riproducibilità del danno cardiaco indotto sperimentalmente. Nei maiali sottoposti a DR si è osservata una riduzione significativa dell’area cicatriziale a trenta giorni valutata misurando l’estensione del late gadolinium enhancement alla RMC (DR vs. Controlli: 18±8 vs. 27±14 %, p<0.005; DR+TM vs. Controlli: 14±6 vs. 27±14 %, p<0.05; DR+TM vs. TM: 14±6 vs. 23±13 %, p<0.05); conseguentemente, questi animali hanno mostrato un incremento significativo del myocardial salvage index ((area a rischio - area cicatriziale/area a rischio) x 100) (DR vs. Controlli: 64±19 vs. 42±29 %, p<0.05; DR vs. TM: 64±19 vs. 50±22 %, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 70±26 vs. 42±29 %, p<0.05; DR+TM vs. TM: 70±26 vs. 50±22 %, p<0.05), parametro informativo sull’efficacia del trattamento cardioprotettivo. L’analisi in RMC a trenta giorni ha inoltre evidenziato un volume telediastolico ventricolare sinistro minore, una gittata cardiaca maggiore ed una frazione di eiezione significativamente più alta (DR vs. Controlli: 39±9 vs. 30±9 %, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 49±8 vs. 30±9 %, p<0.05; DR+TM vs. TM: 49±8 vs. 37±6 %, p<0.05) negli animali trattati con DR rispetto ai controlli.
Alla valutazione scintigrafica con 123I-MIBG, analogo della NA che ne rispecchia il processo di reuptake da parte delle fibre simpatiche, è stato riscontrato un incremento del rapporto cuore-mediastino (DR vs. Controlli: 2.93±0.33 vs. 2.27±0.58, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 3.41±0.03 vs. 2.27±0.58, p<0.05; DR+TM vs. TM: 3.41±0.03 vs. 2.85±0.3, p<0.05), indice di funzionalità delle fibre simpatiche cardiache, ed una riduzione significativa del mismatch fra l’entità del difetto del segnale 123I-MIBG e l’estensione dell’area di miocardio non vitale valutata con 99mTc-tetrofosmina nei due gruppi sottoposti a DR rispetto ai controlli con e senza TM (DR vs. Controlli: 3.02±0.18 vs. 2.35±0.61, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 3.60±0.14 vs. 2.35±0.61, p<0.05; DR vs. TM: 3.02±0.18 vs. 3.00±0.23, p<0.05; DR+TM vs. TM: 3.60±0.14 vs. 3.00±0.23, p<0.05), suggerendo una attivazione noradrenergica minore in questi animali. Compatibilmente con tali risultati, nei maiali trattati con DR è stata rilevata una riduzione significativa del contenuto di NA cardiaca a livello dell’area necrotica (DR vs. Controlli: 211;134-322 vs. 1042;573-3089 ng/g, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 328;39-475 vs. 1042;573-3089 ng/g, p<0.05; DR vs. TM: 211;134-322 vs. 744;524-1655 ng/g, p<0.05; DR+TM vs. TM: 328;39-475 vs. 744;524-1655 ng/g, p<0.05) e della border zone (DR vs. Controlli: 458;310-563 vs. 800;510-1650 ng/g, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 416;263-598 vs. 800;510-1650 ng/g, p<0.05). Il possibile risvolto clinico è stata la diminuzione osservata degli episodi di tachicardia ventricolare (DR vs. Controlli: 1.3±0.8 vs. 5±1.9 episodi, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 0.7±0.6 vs. 5±1.9 episodi, p<0.05; DR vs. TM: 1.3±0.8 vs. 3.7±3.1 episodi, p<0.05; DR+TM vs. TM: 0.7±0.6 vs. 3.7±3.1 episodi, p<0.05) registrati con ECG loop recorder nei primi sette giorni dopo l’induzione dell’IMA.
Conclusioni: In un modello suino di IMA anteriore esteso la procedura di DR percutanea mediante catetere a radiofrequenza eseguita immediatamente dopo la riperfusione miocardica si è rivelata sicura sul piano procedurale e scevra da effetti collaterali significativi. Inoltre, negli animali sottoposti a DR si sono riscontrate: una significativa diminuzione dell’estensione del danno infartuale e del conseguente rimodellamento ventricolare avverso a medio termine; una significativa riduzione dell’area di denervazione cardiaca; una minore incidenza di tachiaritmie ventricolari. Questi risultati suggeriscono che la DR eserciti una rilevante azione cardioprotettiva dopo un IMA in particolare per la riduzione dell’attivazione del SNS. Tale effetto cardioprotettivo appare, in questo studio, maggiore ed additivo alla tradizionale terapia di antagonismo neuroormonale farmacologico.
Scopo della tesi: Valutazione dell’applicazione di una tecnica percutanea di denervazione renale (DR) mediante catetere a radiofrequenza sull’attivazione neuroormonale, sulla progressione della necrosi e sull’estensione della denervazione cardiaca in un modello suino di IMA anteriore esteso non riperfuso, a confronto con il trattamento farmacologico ottimale convenzionale.
Metodi: Tra l’aprile 2015 e il marzo 2017 è stata eseguita l’induzione di un IMA anteriore esteso in modalità totalmente percutanea in quaranta maiali maschi mediante incannulamento selettivo dell’arteria coronaria sinistra e sua occlusione per novanta minuti tramite gonfiaggio di un palloncino da angioplastica appena dopo l’emergenza del primo ramo diagonale. Al termine della procedura, gli animali sopravvissuti sono stati randomizzati in quattro gruppi sperimentali sulla base del trattamento ricevuto: nessuna terapia (controlli); terapia medica (TM) con β-bloccante, ACE-inibitore e anti-aldosteronico; DR; DR e TM. Durante un periodo di stabulazione della durata di trentuno giorni gli animali hanno seguito un protocollo di studio composto dalle seguenti metodiche: studio del danno infartuale e della funzione cardiaca alla risonanza magnetica cardiaca (RMC) a sette e trenta giorni; analisi della funzionalità dell’innervazione simpatica cardiaca tramite scintigrafia con 123I-meta-iodobenzilguanidina (123I-MIBG) eseguita il trentunesimo giorno; dosaggio della creatinina e degli indici di attivazione neuroormonale su prelievi ematici raccolti al basale, subito dopo l’IMA, e a distanza di uno, sette e trenta giorni dallo stesso; analisi delle aritmie ventricolari occorse nella prima settimana dopo l’IMA tramite l’impianto di un electrocardiographic (ECG) loop recorder; misurazione del contenuto di catecolamine tissutali in campioni istologici prelevati a livello cardiaco (area necrotica, border zone, miocardio sano) e renale al momento del sacrificio dell’animale; valutazione autoptica macroscopica di cuore e arterie renali; esame microscopico di sezioni di cuore e arterie renali colorate sia con tecniche tradizionali (ematossilina-eosina e tricromica di Masson) che con metodiche di immunoistochimica (anticorpi anti-tirosina idrossilasi, TH) per la valutazione delle fibre nervose simpatiche attive.
Risultati: Nel corso delle quaranta procedure di induzione di IMA si sono riscontrati dodici decessi per comparsa di fibrillazione ventricolare (FV) refrattaria (mortalità del 30%). Altri quattro animali sono morti durante il periodo di stabulazione (due per FV nel gruppo di controllo, uno per FV nel gruppo trattato con la sola TM, uno per sepsi nel gruppo sottoposto a DR). Nel complesso, ventiquattro animali (sei per ogni gruppo sperimentale) hanno completato il protocollo previsto. La procedura di DR si è svolta senza alterazioni di rilievo in termini di pressione arteriosa invasiva, con una riduzione significativa della frequenza cardiaca post-IMA. L’analisi immunoistochimica su sezioni trasversali delle arterie renali con anticorpi anti-TH per evidenziare le fibre nervose simpatiche ha confermato l’efficacia della DR nel ridurre significativamente il numero di fibre presenti; inoltre, gli animali sottoposti a DR hanno mostrato un contenuto medio di noradrenalina (NA) renale significativamente inferiore rispetto ai controlli con e senza TM. I livelli sierici di creatinina a trenta giorni sono risultati significativamente più bassi nei gruppi trattati con DR rispetto ai controlli.
Alla RMC a sette giorni, la quota di edema miocardico, indice della dimensione dell’area a rischio a seguito di un IMA, è risultata simile nei quattro gruppi (deviazione standard inferiore al 13% dei valori medi), testimoniando un’alta riproducibilità del danno cardiaco indotto sperimentalmente. Nei maiali sottoposti a DR si è osservata una riduzione significativa dell’area cicatriziale a trenta giorni valutata misurando l’estensione del late gadolinium enhancement alla RMC (DR vs. Controlli: 18±8 vs. 27±14 %, p<0.005; DR+TM vs. Controlli: 14±6 vs. 27±14 %, p<0.05; DR+TM vs. TM: 14±6 vs. 23±13 %, p<0.05); conseguentemente, questi animali hanno mostrato un incremento significativo del myocardial salvage index ((area a rischio - area cicatriziale/area a rischio) x 100) (DR vs. Controlli: 64±19 vs. 42±29 %, p<0.05; DR vs. TM: 64±19 vs. 50±22 %, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 70±26 vs. 42±29 %, p<0.05; DR+TM vs. TM: 70±26 vs. 50±22 %, p<0.05), parametro informativo sull’efficacia del trattamento cardioprotettivo. L’analisi in RMC a trenta giorni ha inoltre evidenziato un volume telediastolico ventricolare sinistro minore, una gittata cardiaca maggiore ed una frazione di eiezione significativamente più alta (DR vs. Controlli: 39±9 vs. 30±9 %, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 49±8 vs. 30±9 %, p<0.05; DR+TM vs. TM: 49±8 vs. 37±6 %, p<0.05) negli animali trattati con DR rispetto ai controlli.
Alla valutazione scintigrafica con 123I-MIBG, analogo della NA che ne rispecchia il processo di reuptake da parte delle fibre simpatiche, è stato riscontrato un incremento del rapporto cuore-mediastino (DR vs. Controlli: 2.93±0.33 vs. 2.27±0.58, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 3.41±0.03 vs. 2.27±0.58, p<0.05; DR+TM vs. TM: 3.41±0.03 vs. 2.85±0.3, p<0.05), indice di funzionalità delle fibre simpatiche cardiache, ed una riduzione significativa del mismatch fra l’entità del difetto del segnale 123I-MIBG e l’estensione dell’area di miocardio non vitale valutata con 99mTc-tetrofosmina nei due gruppi sottoposti a DR rispetto ai controlli con e senza TM (DR vs. Controlli: 3.02±0.18 vs. 2.35±0.61, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 3.60±0.14 vs. 2.35±0.61, p<0.05; DR vs. TM: 3.02±0.18 vs. 3.00±0.23, p<0.05; DR+TM vs. TM: 3.60±0.14 vs. 3.00±0.23, p<0.05), suggerendo una attivazione noradrenergica minore in questi animali. Compatibilmente con tali risultati, nei maiali trattati con DR è stata rilevata una riduzione significativa del contenuto di NA cardiaca a livello dell’area necrotica (DR vs. Controlli: 211;134-322 vs. 1042;573-3089 ng/g, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 328;39-475 vs. 1042;573-3089 ng/g, p<0.05; DR vs. TM: 211;134-322 vs. 744;524-1655 ng/g, p<0.05; DR+TM vs. TM: 328;39-475 vs. 744;524-1655 ng/g, p<0.05) e della border zone (DR vs. Controlli: 458;310-563 vs. 800;510-1650 ng/g, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 416;263-598 vs. 800;510-1650 ng/g, p<0.05). Il possibile risvolto clinico è stata la diminuzione osservata degli episodi di tachicardia ventricolare (DR vs. Controlli: 1.3±0.8 vs. 5±1.9 episodi, p<0.05; DR+TM vs. Controlli: 0.7±0.6 vs. 5±1.9 episodi, p<0.05; DR vs. TM: 1.3±0.8 vs. 3.7±3.1 episodi, p<0.05; DR+TM vs. TM: 0.7±0.6 vs. 3.7±3.1 episodi, p<0.05) registrati con ECG loop recorder nei primi sette giorni dopo l’induzione dell’IMA.
Conclusioni: In un modello suino di IMA anteriore esteso la procedura di DR percutanea mediante catetere a radiofrequenza eseguita immediatamente dopo la riperfusione miocardica si è rivelata sicura sul piano procedurale e scevra da effetti collaterali significativi. Inoltre, negli animali sottoposti a DR si sono riscontrate: una significativa diminuzione dell’estensione del danno infartuale e del conseguente rimodellamento ventricolare avverso a medio termine; una significativa riduzione dell’area di denervazione cardiaca; una minore incidenza di tachiaritmie ventricolari. Questi risultati suggeriscono che la DR eserciti una rilevante azione cardioprotettiva dopo un IMA in particolare per la riduzione dell’attivazione del SNS. Tale effetto cardioprotettivo appare, in questo studio, maggiore ed additivo alla tradizionale terapia di antagonismo neuroormonale farmacologico.
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