Tesi etd-09282013-121204 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
CORSI, ELISABETTA
URN
etd-09282013-121204
Titolo
La terapia con Beta bloccanti nei pazienti con scompenso cardiaco
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Mariotti, Rita
Parole chiave
- beta bloccanti
- scompenso cardiaco
Data inizio appello
15/10/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Lo scompenso cardiaco può essere descritto dal punto di vista clinico come una sindrome caratterizzata da sintomi tipici, quali dispnea, edemi declivi e astenia, e segni, quali aumento della pressione venosa giugulare, rumori umidi polmonari e dislocazione dell’itto, dovuti a “un’alterazione della struttura o della funzione del cuore, divenuto incapace di pompare sangue in maniera proporzionale alle richieste metaboliche dell’organismo o capace di farlo solo a scapito di un aumento delle pressioni di riempimento.”
La riduzione della funzione cardiaca comporta l’attivazione di numerosi meccanismi di compenso, in particolare di tipo neuro-ormonale: i principali sono rappresentati dal sistema nervoso adrenergico e dai sistemi sodio-acqua ritentivi (sistema renina-angiotensina-aldosterone). Tali sistemi presentano un’azione vantaggiosa nel breve termine, ma la loro attivazione prolungata risulta nociva, favorendo la progressione della patologia miocardica e accelerando la naturale evoluzione dello scompenso.
È per tale ragione che anche i cardini della terapia sono rivolti a contrastare tale attivazione neuro-ormonale persistente: secondo le linee guida (ESC 2012) sono infatti farmaci di prima linea gli ACE inibitori e i beta-bloccanti, raccomandati in tutti i pazienti, salvo controindicazioni, in quanto efficaci nel rallentare il rimodellamento cardiaco e la progressione di malattia. In particolare, nelle suddette linee guida sono specificate le dosi target, provate efficaci, che sarebbe auspicabile raggiungere con la terapia: per quanto riguarda i beta-bloccanti, oggetto di questa tesi, le dosi target sono rappresentate da 10mg/die di bisoprololo, 25-50 mg x2/die di carvedilolo, 200 mg/die di metoprololo succinato e 10 mg/die di nebivololo.
La terapia con beta bloccanti è ben tollerata dalla maggior parte dei pazienti (oltre l’85%), inclusi quelli con comorbidità rilevanti quali diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva e vasculopatia periferica; tuttavia, c’è una certa percentuale di pazienti (dal 10 al 15%) che resta intollerante alla terapia beta bloccante a causa del peggioramento della ritenzione di liquidi e della comparsa di ipotensione sintomatica. Sempre più spesso, in letteratura, sta però emergendo l’utilità di somministrare a questi ultimi un beta bloccante anche a dosi inferiori rispetto alla dose target (non tollerata), in quanto sembra che apporti comunque un beneficio.
In questa tesi è stato svolto uno studio retrospettivo su 123 pazienti consecutivi, di cui 29 femmine e 94 maschi di età media di 65,9 anni; i beta bloccanti presi in esame sono il bisoprololo e il carvedilolo (sono stati esclusi il metoprololo, per la diversa formulazione rispetto ai trials internazionali, e il nebivololo, per la relativamente recente introduzione in terapia tale per cui non è stato individuato un adeguato numero di pazienti da indagare). I pazienti in studio sono stati suddivisi in base al dosaggio di beta bloccante raggiunto all’ultimo controllo ambulatoriale presso la Sezione Dipartimentale “Scompenso e Continuità assistenziale” dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.
In tali pazienti sono stati presi in esame la prognosi, l’evoluzione di classe NYHA e alcuni parametri ecocardiografici, in particolare LAD, EDV, EF, PAPs e TAPSE.
La riduzione della funzione cardiaca comporta l’attivazione di numerosi meccanismi di compenso, in particolare di tipo neuro-ormonale: i principali sono rappresentati dal sistema nervoso adrenergico e dai sistemi sodio-acqua ritentivi (sistema renina-angiotensina-aldosterone). Tali sistemi presentano un’azione vantaggiosa nel breve termine, ma la loro attivazione prolungata risulta nociva, favorendo la progressione della patologia miocardica e accelerando la naturale evoluzione dello scompenso.
È per tale ragione che anche i cardini della terapia sono rivolti a contrastare tale attivazione neuro-ormonale persistente: secondo le linee guida (ESC 2012) sono infatti farmaci di prima linea gli ACE inibitori e i beta-bloccanti, raccomandati in tutti i pazienti, salvo controindicazioni, in quanto efficaci nel rallentare il rimodellamento cardiaco e la progressione di malattia. In particolare, nelle suddette linee guida sono specificate le dosi target, provate efficaci, che sarebbe auspicabile raggiungere con la terapia: per quanto riguarda i beta-bloccanti, oggetto di questa tesi, le dosi target sono rappresentate da 10mg/die di bisoprololo, 25-50 mg x2/die di carvedilolo, 200 mg/die di metoprololo succinato e 10 mg/die di nebivololo.
La terapia con beta bloccanti è ben tollerata dalla maggior parte dei pazienti (oltre l’85%), inclusi quelli con comorbidità rilevanti quali diabete, broncopneumopatia cronica ostruttiva e vasculopatia periferica; tuttavia, c’è una certa percentuale di pazienti (dal 10 al 15%) che resta intollerante alla terapia beta bloccante a causa del peggioramento della ritenzione di liquidi e della comparsa di ipotensione sintomatica. Sempre più spesso, in letteratura, sta però emergendo l’utilità di somministrare a questi ultimi un beta bloccante anche a dosi inferiori rispetto alla dose target (non tollerata), in quanto sembra che apporti comunque un beneficio.
In questa tesi è stato svolto uno studio retrospettivo su 123 pazienti consecutivi, di cui 29 femmine e 94 maschi di età media di 65,9 anni; i beta bloccanti presi in esame sono il bisoprololo e il carvedilolo (sono stati esclusi il metoprololo, per la diversa formulazione rispetto ai trials internazionali, e il nebivololo, per la relativamente recente introduzione in terapia tale per cui non è stato individuato un adeguato numero di pazienti da indagare). I pazienti in studio sono stati suddivisi in base al dosaggio di beta bloccante raggiunto all’ultimo controllo ambulatoriale presso la Sezione Dipartimentale “Scompenso e Continuità assistenziale” dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana.
In tali pazienti sono stati presi in esame la prognosi, l’evoluzione di classe NYHA e alcuni parametri ecocardiografici, in particolare LAD, EDV, EF, PAPs e TAPSE.
File
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