Tesi etd-09272017-185255 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
DI AGOSTA, ESTER
URN
etd-09272017-185255
Titolo
La sepsi neonatale precoce: analisi retrospettiva dei valori di PCR e PCT in una popolazione di neonati con distress respiratorio.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Boldrini, Antonio
Parole chiave
- asfissia neonatale
- marker di sepsi
- MAS
- polmonite
- prematuri
- RDS
- ventilazione meccanica
Data inizio appello
17/10/2017
Consultabilità
Completa
Riassunto
RIASSUNTO
Background: La sepsi neonatale precoce è un’infezione sistemica che si realizza entro le 72 ore di vita, ancora oggi responsabile di un’elevata morbidità e mortalità tra i neonati, soprattutto nei pretermine e con basso peso alla nascita.
La diagnosi precoce di sepsi è di fondamentale importanza: la corretta gestione e la somministrazione di un trattamento adeguato consentono di evitare lo sviluppo di molteplici complicanze, fino all’exitus. Ancora oggi, il riconoscimento di tale condizione infettiva è reso difficoltoso dalla presentazione clinica aspecifica e dall’assenza di esami laboratoristici in grado di fornire una diagnosi certa. Una comune modalità di presentazione della sepsi in epoca neonatale è la presenza di un quadro clinico di distress respiratorio: termine generale che indica la presenza segni di sforzo respiratorio, che possono essere riconducibili a cause polmonari e non propriamente polmonari.
Come la sepsi, il distress respiratorio è più comune nei pazienti pretermine e con basso peso alla nascita. Da ciò deriva un over-treatment mediante antibiotici di pazienti non settici, ma che hanno un quadro clinico che assomiglia a quello dei pazienti settici: il distress respiratorio. Nel sospetto di infezione, dato il rischio di rapido deterioramento clinico, si inizia la somministrazione di una terapia antibiotica empirica nell’attesa dell’emocoltura e dei risultati di laboratorio. Tuttavia anche quando tali risultati siano stati ottenuti, per la mancanza di sensibilità e specificità degli stessi, può essere difficile capire chi realmente ha un’infezione tale da necessitare la prosecuzione della terapia antibiotica e chi, invece, sia stato sottoposto ad una terapia antibiotica empirica senza che questo fosse necessario, favorendo lo sviluppo di antibiotico-resistenze. A complicare questo quadro, i marker laboratoristici attualmente più usati e promettenti nell’identificare un paziente infetto da un paziente sano, quali la PCR (proteina-C-Reattiva) e la PCT (procalcitonina), sono influenzati dalla presenza di una condizione di distress respiratorio sottostante, rendendo ancora più difficile l’identificazione di un paziente infetto da un paziente non infetto, ma affetto da distress respiratorio.
Obiettivi: Lo scopo della tesi è stato quello di valutare, in una popolazione di pazienti con distress respiratorio, la sensibilità e la specificità di PCR e PCT nell’identificare sia le sepsi precoci (confermate all’emocoltura e cliniche), che le polmoniti. Altro obiettivo è stato quello di identificare il cut-off di questi stessi marker che consenta di distinguere, all’interno della popolazione di pazienti con distress respiratorio, i pazienti infetti dai non infetti.
Metodi: Lo studio è stato condotto in modo retrospettivo, analizzando le cartelle di neonati degenti presso la U.O. di Neonatologia di Pisa dal Gennaio 2013 a Dicembre 2016 inclusi. Sono stati inclusi nello studio neonati che abbiano presentato distress respiratorio entro le 48 ore di vita e sono stati distinti in due gruppi principali in base alla presenza o meno di sepsi e/o polmonite. Le variabili principalmente analizzate sono state la PCR e la PCT nelle prime 48 ore di vita.
Risultati: Sono stati inclusi nello studio 105 pazienti, di cui 78 neonati non settici e 27 neonati con infezione, tra cui 18 neonati con diagnosi di sepsi precoce (10 sepsi cliniche e 8 sepsi confermate all’emocoltura) e 9 pazienti con polmonite precoce. Dall’analisi dei dati è risultata una differenza statisticamente significativa dei valori di PCR e PCT entro le 48 ore tra i due gruppi (PCR: infetti 2,52 ± 3,14, non infetti 0,32 ± 1,10; PCT: infetti 39,10 ± 41,45, non infetti 12,13 ± 34,45). In termini di accuratezza di marker diagnostici, lo studio ha mostrato una differenza significativa tra i due marker (PCR AUC 0,787; PCT AUC 0,903); inoltre la PCT è risultata essere più sensibile della PCR (PCT sensibilità 100%, PCR sensibilità 70,4%).
Conclusioni: in assenza di biomarker in grado di identificare il 100% dei neonati con infezione precoce, la PCT risulta essere secondo questo studio l’indice più accurato e sensibile, e quindi più idoneo, nell’aiutare il Neonatologo a decidere se iniziare o meno la somministrazione della terapia antibiotica empirica nei neonati che presentano un quadro di distress respiratorio nelle prime 48 ore di vita, contribuendo così a ridurre la mortalità e morbilità neonatali, nonché lo sviluppo di farmaco-resistenze e la spesa sanitaria.
Background: La sepsi neonatale precoce è un’infezione sistemica che si realizza entro le 72 ore di vita, ancora oggi responsabile di un’elevata morbidità e mortalità tra i neonati, soprattutto nei pretermine e con basso peso alla nascita.
La diagnosi precoce di sepsi è di fondamentale importanza: la corretta gestione e la somministrazione di un trattamento adeguato consentono di evitare lo sviluppo di molteplici complicanze, fino all’exitus. Ancora oggi, il riconoscimento di tale condizione infettiva è reso difficoltoso dalla presentazione clinica aspecifica e dall’assenza di esami laboratoristici in grado di fornire una diagnosi certa. Una comune modalità di presentazione della sepsi in epoca neonatale è la presenza di un quadro clinico di distress respiratorio: termine generale che indica la presenza segni di sforzo respiratorio, che possono essere riconducibili a cause polmonari e non propriamente polmonari.
Come la sepsi, il distress respiratorio è più comune nei pazienti pretermine e con basso peso alla nascita. Da ciò deriva un over-treatment mediante antibiotici di pazienti non settici, ma che hanno un quadro clinico che assomiglia a quello dei pazienti settici: il distress respiratorio. Nel sospetto di infezione, dato il rischio di rapido deterioramento clinico, si inizia la somministrazione di una terapia antibiotica empirica nell’attesa dell’emocoltura e dei risultati di laboratorio. Tuttavia anche quando tali risultati siano stati ottenuti, per la mancanza di sensibilità e specificità degli stessi, può essere difficile capire chi realmente ha un’infezione tale da necessitare la prosecuzione della terapia antibiotica e chi, invece, sia stato sottoposto ad una terapia antibiotica empirica senza che questo fosse necessario, favorendo lo sviluppo di antibiotico-resistenze. A complicare questo quadro, i marker laboratoristici attualmente più usati e promettenti nell’identificare un paziente infetto da un paziente sano, quali la PCR (proteina-C-Reattiva) e la PCT (procalcitonina), sono influenzati dalla presenza di una condizione di distress respiratorio sottostante, rendendo ancora più difficile l’identificazione di un paziente infetto da un paziente non infetto, ma affetto da distress respiratorio.
Obiettivi: Lo scopo della tesi è stato quello di valutare, in una popolazione di pazienti con distress respiratorio, la sensibilità e la specificità di PCR e PCT nell’identificare sia le sepsi precoci (confermate all’emocoltura e cliniche), che le polmoniti. Altro obiettivo è stato quello di identificare il cut-off di questi stessi marker che consenta di distinguere, all’interno della popolazione di pazienti con distress respiratorio, i pazienti infetti dai non infetti.
Metodi: Lo studio è stato condotto in modo retrospettivo, analizzando le cartelle di neonati degenti presso la U.O. di Neonatologia di Pisa dal Gennaio 2013 a Dicembre 2016 inclusi. Sono stati inclusi nello studio neonati che abbiano presentato distress respiratorio entro le 48 ore di vita e sono stati distinti in due gruppi principali in base alla presenza o meno di sepsi e/o polmonite. Le variabili principalmente analizzate sono state la PCR e la PCT nelle prime 48 ore di vita.
Risultati: Sono stati inclusi nello studio 105 pazienti, di cui 78 neonati non settici e 27 neonati con infezione, tra cui 18 neonati con diagnosi di sepsi precoce (10 sepsi cliniche e 8 sepsi confermate all’emocoltura) e 9 pazienti con polmonite precoce. Dall’analisi dei dati è risultata una differenza statisticamente significativa dei valori di PCR e PCT entro le 48 ore tra i due gruppi (PCR: infetti 2,52 ± 3,14, non infetti 0,32 ± 1,10; PCT: infetti 39,10 ± 41,45, non infetti 12,13 ± 34,45). In termini di accuratezza di marker diagnostici, lo studio ha mostrato una differenza significativa tra i due marker (PCR AUC 0,787; PCT AUC 0,903); inoltre la PCT è risultata essere più sensibile della PCR (PCT sensibilità 100%, PCR sensibilità 70,4%).
Conclusioni: in assenza di biomarker in grado di identificare il 100% dei neonati con infezione precoce, la PCT risulta essere secondo questo studio l’indice più accurato e sensibile, e quindi più idoneo, nell’aiutare il Neonatologo a decidere se iniziare o meno la somministrazione della terapia antibiotica empirica nei neonati che presentano un quadro di distress respiratorio nelle prime 48 ore di vita, contribuendo così a ridurre la mortalità e morbilità neonatali, nonché lo sviluppo di farmaco-resistenze e la spesa sanitaria.
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