Tesi etd-09252003-130157 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea vecchio ordinamento
Autore
Galoppi, Matteo
Indirizzo email
matte77foll@yahoo.it
URN
etd-09252003-130157
Titolo
Le eruzioni del Settembre 1994 della caldera di Rabaul (Papua Nuova Guinea): i depositi di Vulcan
Dipartimento
SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di studi
SCIENZE GEOLOGICHE
Relatori
relatore Prof. Rosi, Mauro
Parole chiave
- caldera
- freatomagmatismo
- magmatismo
- Rabaul
- Vulcan
Data inizio appello
17/10/2003
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
17/10/2043
Riassunto
Il 19 Settembre 1994 la Caldera di Rabaul fu interessata da due eruzioni che iniziarono quasi contemporaneamente: alle 6:06 iniziò l’attività Tavurvur e alle 7:17 iniziò ad eruttare anche Vulcan.
Questa tesi ha come scopo di caratterizzare l’eruzione di Vulcan mediante lo studio dei depositi rilevati e campionati dal prof. Rosi e dal prof. Cioni durante una campagna svoltasi nel Febbraio 2002. Sui campioni sono state effettuate le seguenti operazioni:
- analisi granulometrica a mezzo Φ, realizzata meccanicamente per la parte grossolana (da -5Φ a 2.5Φ) e a luce laser per la frazione fine (da 3Φ a 13Φ);
- analisi dei componenti realizzata sul materiale grossolano (>-0.5Φ), necessaria per suddividere il materiale juvenile dai litici e dai cristalli;
- analisi morfoscopica realizzata al SEM del materiale juvenile. È stata effettuata su cinque campioni messi in posto con meccanismi diversi e, per ogni campione, su due diverse classi granulometriche, una fine e una grossolana;
- microanalisi chimica dei vetri delle pomici realizzata al SEM con il supporto del rilevatore EDAX e del programma analitico eDXi;
- analisi chimica della roccia totale sul materiale juvenile effettuata con il metodo della fluorescenza a raggi X;
- determinazione della densità delle pomici prelevate sia lungo l’asse di dispersione del fallout sia nella direzione perpendicolare ad esso.
Inoltre, sono state realizzate carte delle isoplete e delle isopache utilizzando rispettivamente il diametro massimo delle pomici e lo spessore dei depositi.
Dall’analisi della stratigrafia e dei caratteri sedimentologici dei depositi di Vulcan, è emerso che la sua attività è stata caratterizzata da una fase di apertura, composta da una successione di esplosioni discrete ed eruzioni sostenute di breve durata, da una fase pliniana sostenuta che generò un plume convettivo fortemente asimmetrico e da una successione di nove impulsi pliniani che non erano però in grado di sostenere una colonna convettiva per un intervallo di tempo significativo.
Dall’analisi morfoscopica del materiale juvenile non sono emerse particolari evidenze di freatomagmatismo; infatti, il vetro dei campioni analizzati non è mai risultato alterato, sono stati trovati pochissimi frammenti con aggregati di particelle sulla superficie e comunque appartenenti a livelli messi in posto durante le fasi finali dell’attività, non sono stati trovati litici e juvenili aggregati; i riempimenti delle vescicole non sono sviluppati né nei livelli di fallout né nel surge associato alla prima fase pliniana, ma , come nel caso degli aggregati, sono presenti nei livelli messi in posto nelle fasi finali dell’attività. Queste osservazioni, insieme all’alto rapporto juvenili/litici, hanno fatto pensare ad una frammentazione essenzialmente magmatica ed all’entrata in gioco di abbondanti quantità d’acqua solo posteriormente.
Il volume del primo fallout pliniano stimato con il metodo di Pyle (1989) è risultato essere 0,07 kmc, corrispondente ad un’altezza media della colonna eruttiva di 14,6 km.
L’altezza della colonna eruttiva stimata con il metodo di Carey e Sparks (1986) è risultata di 11,2 km.
Il volume di materiale accumulato in prossimità del cono, calcolato utilizzando carte topografiche precedenti e successive all’eruzione, è stato di circa 0,08 kmc.
Questa tesi ha come scopo di caratterizzare l’eruzione di Vulcan mediante lo studio dei depositi rilevati e campionati dal prof. Rosi e dal prof. Cioni durante una campagna svoltasi nel Febbraio 2002. Sui campioni sono state effettuate le seguenti operazioni:
- analisi granulometrica a mezzo Φ, realizzata meccanicamente per la parte grossolana (da -5Φ a 2.5Φ) e a luce laser per la frazione fine (da 3Φ a 13Φ);
- analisi dei componenti realizzata sul materiale grossolano (>-0.5Φ), necessaria per suddividere il materiale juvenile dai litici e dai cristalli;
- analisi morfoscopica realizzata al SEM del materiale juvenile. È stata effettuata su cinque campioni messi in posto con meccanismi diversi e, per ogni campione, su due diverse classi granulometriche, una fine e una grossolana;
- microanalisi chimica dei vetri delle pomici realizzata al SEM con il supporto del rilevatore EDAX e del programma analitico eDXi;
- analisi chimica della roccia totale sul materiale juvenile effettuata con il metodo della fluorescenza a raggi X;
- determinazione della densità delle pomici prelevate sia lungo l’asse di dispersione del fallout sia nella direzione perpendicolare ad esso.
Inoltre, sono state realizzate carte delle isoplete e delle isopache utilizzando rispettivamente il diametro massimo delle pomici e lo spessore dei depositi.
Dall’analisi della stratigrafia e dei caratteri sedimentologici dei depositi di Vulcan, è emerso che la sua attività è stata caratterizzata da una fase di apertura, composta da una successione di esplosioni discrete ed eruzioni sostenute di breve durata, da una fase pliniana sostenuta che generò un plume convettivo fortemente asimmetrico e da una successione di nove impulsi pliniani che non erano però in grado di sostenere una colonna convettiva per un intervallo di tempo significativo.
Dall’analisi morfoscopica del materiale juvenile non sono emerse particolari evidenze di freatomagmatismo; infatti, il vetro dei campioni analizzati non è mai risultato alterato, sono stati trovati pochissimi frammenti con aggregati di particelle sulla superficie e comunque appartenenti a livelli messi in posto durante le fasi finali dell’attività, non sono stati trovati litici e juvenili aggregati; i riempimenti delle vescicole non sono sviluppati né nei livelli di fallout né nel surge associato alla prima fase pliniana, ma , come nel caso degli aggregati, sono presenti nei livelli messi in posto nelle fasi finali dell’attività. Queste osservazioni, insieme all’alto rapporto juvenili/litici, hanno fatto pensare ad una frammentazione essenzialmente magmatica ed all’entrata in gioco di abbondanti quantità d’acqua solo posteriormente.
Il volume del primo fallout pliniano stimato con il metodo di Pyle (1989) è risultato essere 0,07 kmc, corrispondente ad un’altezza media della colonna eruttiva di 14,6 km.
L’altezza della colonna eruttiva stimata con il metodo di Carey e Sparks (1986) è risultata di 11,2 km.
Il volume di materiale accumulato in prossimità del cono, calcolato utilizzando carte topografiche precedenti e successive all’eruzione, è stato di circa 0,08 kmc.
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
La tesi non è consultabile. |