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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09232014-132149


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
PUNTONI, ALESSANDRO
URN
etd-09232014-132149
Titolo
Metabolismo e Malattia di Parkinson: Evidenze da studi caso-controllo
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Bonuccelli, Ubaldo
Parole chiave
  • malattia di parkinson
  • diabete
  • statine
  • studio caso controllo
Data inizio appello
14/10/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
La Malattia di Parkinson (MP) è un disordine neurodegenerativo cronico progressivo caratterizzato dalla presenza di sintomi motori cardinali rappresentati da bradicinesia, rigidità e tremore, ai quali si associa instabilità posturale. Sebbene le cause in grado di determinare l’insorgenza della patologia non siano del tutto note, negli ultimi anni un crescente interesse è stato riservato allo studio di una possibile correlazione esistente tra MP e la presenza di alcuni tra i più frequenti disturbi metabolici, quali il diabete mellito di tipo II (TDM2) e l’ipercolesterolemia.
Con tale finalità, sono stati condotti numerosi lavori volti a comprendere in che modo preesistenti alterazioni dismetaboliche possano influenzare l’insorgenza di malattia, ottenendo dati eterogenei e controversi. In particolare, la maggior parte dei contributi epidemiologici volti a stabilire un’associazione tra TDM2 e MP hanno ottenuto risultati talora contrastanti, tali per cui il ruolo del diabete come fattore di rischio indipendente per la MP è tuttora dibattuto. Pochi studi, tuttavia, hanno cercato di stabilire una possibile influenza del TDM2 sul quadro clinico e sulla progressione sintomatologica dei pazienti con MP.
Relativamente al ruolo dell’ipercolesterolemia come potenziale fattore in grado di favorire l’insorgenza di MP, solo un numero esiguo di lavori è stato condotto, giungendo a risultati spesso ambigui ed eterogeni. In questo contesto un’attenzione particolare è stata riservata allo studio delle statine, principali farmaci assunti a scopo ipocolesterolemizzante, al fine di comprenderne un loro possibile effetto neuro protettivo nei confronti della MP, già noto in letteratura per altre patologie neurodegenerative.
Nel presente lavoro, con un disegno retrospettivo caso-controllo, sono state condotte due indagini parallele (studio A e studio B) coinvolgendo due differenti popolazioni di pazienti con un follow-up di almeno 3 anni volte a stabilire, l’una la possibile influenza del TDM2 sulla progressione sintomatologica della MP e l’altra la capacità delle statine di esercitare un effetto di rallentamento dell’evoluzione della MP.
A tale proposito, nella prima indagine il quadro motorio di un gruppo di 50 pazienti con MP e diagnosi antecedente di TDM2 è stato confrontato con quello di un ugual numero di pazienti con MP senza diabete, omogenei per età, sesso ed età di insorgenza di malattia, oltreché per precedenti clinici (gravità di malattia al tempo della prima osservazione, esclusione di danno cerebrale vascolare in tutti i pazienti) e carico di terapia farmacologica . Mediante la valutazione di scores motori globali e di singole categorie motorie (rispettivamente: tremore, bradicinesia, rigidità e postura), ottenuti mediante i punteggi della scala di valutazione della malattia (UPDRS) è emerso, dall’analisi statistica di comparazione, un’associazione tra la presenza di diabete ed un particolare insieme di sintomi motori posturali, identificabili nell’instabilità posturale, nel disturbo della marcia, nella postura.
Più nel dettaglio, dal confronto dei due gruppi di pazienti è stato evidenziato come tale associazione fosse presente non soltanto al momento dell’osservazione iniziale, ma anche a seguito di un follow-up durato 3 anni. Sebbene i meccanismi fisiopatologici coinvolti rimangano ancora da determinare con esattezza, recenti evidenze pongono l’accento sul ruolo dell’insulino resistenza e dell’iperglicemia cronica come condizioni aggravanti la MP.
Lo studio ha evidenziato, inoltre, come i pazienti con diagnosi di diabete antecedente all’esordio di MP presentassero, rispetto a pazienti MP senza diabete, un declino cognitivo maggiore nel corso del follow-up, valutato mediante Mini Mental State Examination, suggerendo un possibile ruolo come “trigger” o fattore di slatentizzazione da parte del diabete nei confronti del declino cognitivo in corso di MP.
La capacità delle statine di mediare un effetto neuro protettivo ed in particolare di influenzare la progressione sintomatologica della MP è stata invece indagata in un secondo studio che ha coinvolto una popolazione totale di 60 pazienti, di cui 30 con diagnosi di MP e in terapia con statine e 30 con diagnosi di MP senza statine, omogenei per età, sesso ed età di insorgenza di malattia. Dopo aver valutato gli scores motori globali e di singole categorie (tremore, bradicinesia, rigidità e postura) in entrambi i gruppi, è emerso dall’analisi statistica di confronto come i pazienti in terapia con statine, al tempo della prima osservazione non differissero significativamente dai pazienti con MP senza statine, ad eccezione dell’item posturale. Tuttavia nel follow-up a 3 anni l’esposizione alle statine è risultata associata ad una netta stabilizzazione del punteggio motorio. In particolare, i pazienti in terapia con statine sono risultati stabili all’UPDRS totale, nei subitems rigidità, bradicinesia e postura rispetto ai pazienti non in terapia con statine, in cui è stato osservato un peggioramento significativo dei valori rispetto al basale.
Sebbene non siano del tutto compresi i meccanismi tramite cui le statine siano in grado di esercitare tale azione neuro protettiva, una possibile spiegazione sembra essere rappresentata dalla capacità di questi farmaci di mediare, oltre alla ben nota azione ipolipemizzante, una serie di effetti pleiotropici, che consistono principalmente in un’azione antiinfiammatoria, antiossidante e in un miglioramento della funzione endoteliale.
In conclusione i risultati di questi studi, sebbene condotti su piccole casistiche e con disegno di tipo retrospettivo, confermano il ruolo dei fattori dismetabolici nella progressione della malattia di Parkinson e suggeriscono l’opportunità di proseguire tali ricerche su più ampie popolazioni per valutarne anche le implicazioni terapeutiche.
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