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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09212018-163212


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
TEDESCHI, RICCARDO
URN
etd-09212018-163212
Titolo
Calprotectina fecale come marcatore prognostico di mucosal healing nella terapia con Vedolizumab delle malattie infiammatorie croniche intestinali: uno studio prospettico
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Marchi, Santino
Parole chiave
  • calprotectina
  • IBD
  • malattie infiammatorie croniche intestinali
  • MICI
  • Vedolizumab
Data inizio appello
16/10/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
Sin da quando sono state per la prima volta descritte le malattie infiammatorie croniche intestinali hanno costituito un argomento di grande interesse per i gastroenterologi.
La loro natura multiforme in quanto ad andamento e presentazione clinica, unita a una patogenesi complessa e non ancora del tutto chiarita ne rendono talora difficile la diagnosi e la caratterizzazione.
Dal punto di vista della terapia si sono succedute nel tempo numerose strategie di trattamento: a partire da una terapia convenzionale (tutt’ora valida soprattutto per la colite ulcerosa) con corticosteroidi, amminosalicilati e immunomodulatori fino ad arrivare ai più moderni anticorpi monoclonali .
Tra questi ultimi si inserisce il Vedolizumab (VDZ), anticorpo anti-integrinico di nuova generazione con un buon profilo di efficacia e sicurezza ma che in una certa porzione di pazienti trattati non è in grado di indurre una risposta soddisfacente, portando quindi al fallimento terapeutico.
In quest’ottica si rende chiaro che lo sviluppo di un metodo in grado di riconoscere precocemente se la terapia sia o meno efficace può ritenersi utile nella scelta e nell’ottimizzazione della stessa, al fine di ottenere un miglior controllo globale della malattia e un significativo risparmio sui costi legati a questa patologia.
L’obiettivo di questa tesi è infatti la ricerca di un marcatore i cui valori dosati nelle prime settimane di terapia si correlino in maniera significativa con l’esito a un anno di distanza ed in particolare con il raggiungimento del mucosal healing (MH).
Una delle molecole più promettenti in questo senso è la Calprotectina Fecale (CF), già nota come marcatore di infiammazione intestinale e più recentemente valutata anche come predittore di risposta nella terapia con anti-TNF.
È stato condotto uno studio su pazienti dell’U.O. di Gastroenterologia Universitaria dell’Azienda Ospadaliero-Universitaria Pisana affetti da MICI, i quali sono stati sottoposti a terapia con VDZ per la durata di un anno.
Per tutta la durata della terapia sono stati monitorati una serie di parametri clinici e laboratoristici tra cui in particolare l’attività clinica di malattia e i valori di CF e proteina C-reattiva (PCR).
Alla conclusione del primo anno di terapia o nel caso di una sua sospensione anticipata i pazienti sono stati sottoposti ad un esame endoscopico per ricercare l’eventuale raggiungimento di MH . Come MH è stato considerato un punteggio endoscopic-Mayo ≤ 1 per RCU e la scomparsa ulcere per MC.
Nello studio sono stati reclutati 38 pazienti di cui 27 con RCU e 11 con MC. 33 di questi hanno raggiunto l’anno di terapia mentre per i restanti 5 è stata necessaria una sospensione precoce del farmaco.
In 17 pazienti è stato accertato endoscopicamente il MH e in 22 si è raggiunta una remissione clinica duratura; solo 12 pazienti hanno conseguito sia la remissione clinica che endoscopica .
Dall’analisi statistica dei dati, eseguita con test di Fisher, test di Mann-Whitney e curva ROC, emerge che vi è una chiara correlazione tra i livelli di CF misurati a 6 e 14 settimane di terapia con VDZ e il raggiungimento di MH.
Di contro la remissione clinica di malattia così come i valori di PCR a 6 e a 14 settimane di trattamento non mostrano alcuna correlazione con il MH.

La CF dopo l’induzione della terapia con VDZ è quindi un ottimo marcatore prognostico di MH e il suo utilizzo dovrebbe essere incentivato nell’ottica di una migliore ottimizzazione della terapia nei pazienti con MICI.
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