Tesi etd-09212014-220506 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MARIOTTI, MARCO
Indirizzo email
marco.mariotti90@gmail.com
URN
etd-09212014-220506
Titolo
I profili di responsabilità penale dell'Organismo di vigilanza nel sistema del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Padovani, Tullio
Parole chiave
- d.lgs. 231/2001
- organismo di vigilanza
- responsabilità degli enti
- responsabilità penale
Data inizio appello
10/10/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente lavoro si articola in una ricostruzione degli incerti profili di responsabilità penale dell’organismo di vigilanza ex d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, elemento nuovo nel panorama del nostro ordinamento.
Il primo capitolo ripercorre i tratti essenziali della responsabilità degli enti, a partire da un’analisi del significato del vincolo della personalità della responsabilità penale posto dall'art. 27 Cost., e dalle elaborazioni dottrinali intorno ad esso. Dopo una ricognizione delle fonti sovranazionali che hanno indotto il legislatore italiano all'introduzione di tale novità, vengono esposti i punti salienti dell’assetto normativo.
Nel secondo capitolo vengono esaminati i regimi di responsabilità penale di alcuni organi societari che svolgono funzioni di controllo, la cui attività potrebbe quindi sovrapporsi con quella dell’organismo di vigilanza: si tratta degli amministratori non delegati, del collegio sindacale e degli organi corrispondenti nei sistemi monistico e dualistico, dei revisori dei conti e delle società di revisione. In particolare, vengono presentate le varie teorie circa l'esistenza o meno, in capo a tali soggetti, di una posizione di garanzia. L’excursus è occasione per riprendere le linee essenziali di un dibattito circa l’esatta portata di tale figura, e per registrare alcune applicazioni giurisprudenziali non sempre ortodosse, specialmente in tema di elemento soggettivo del reato.
Il terzo capitolo vuole essere una presentazione della composizione, delle attività e del funzionamento dell’organismo di vigilanza, a partire dal talora ambiguo dato normativo, ed utilizzando tanto le elaborazioni degli studiosi quanto le linee guida delle associazioni di categoria. In particolare, ci si sofferma a considerare i compiti di vigilanza e di controllo, e i poteri che le sono abbinati, insieme con la problematica del flusso informativo quale requisito essenziale per l’efficacia di tali attività. Il dato essenziale che ne emerge è quello di una sorveglianza improntata all'adeguatezza ed all'efficacia dei modelli di organizzazione e gestione, a loro volta funzionali alla prevenzione delle attività criminose. Una variante di questo assetto è stata introdotta con la normativa sull'antiriciclaggio, che ha conferito all'odv il compito di vigilare sulla sua attuazione, accentuando la rilevanza dell’organo in un’ottica pubblicistica.
Nel quarto capitolo viene condotta un’analisi delle ricostruzioni dottrinali sulla posizione di garanzia in capo all'odv. La maggior parte degli studiosi ha escluso una simile possibilità, sul presupposto della mancanza di un fondamento normativo, come di adeguati poteri di impedimento dei reati. Altre teorie hanno invece propugnato l’esigenza di valorizzare il fine preventivo cui i modelli organizzativi assolvono, oltre al loro ruolo di ridistribuzione dei centri di controllo e di imputazione all'interno delle organizzazioni, e dunque l’impossibilità di escludere a priori l’obbligo di impedimento e la conseguente responsabilità per l'odv. Ulteriori problemi sorgono in caso di sovrapposizione tra gli organici e i compiti di questo e di altri collegi societari. In merito ai reati colposi, entrati nel novero delle fattispecie presupposto del d.lgs. 231/2001, viene proposto un parallelo tra l'odv e il RSPP, previsto dalla disciplina in materia di sicurezza sul lavoro. Questi può essere imputato con il meccanismo della cooperazione colposa in caso di infortunio sul lavoro, laddove si riesca a dimostrare che il suo negligente ottemperare al compito di valutazione dei rischi abbia condotto il datore di lavoro ad un’omissione dell’attività di prevenzione, dal momento che la sua condotta rileva quale contributo causale per la determinazione dell’evento.
Le possibili soluzioni avanzate dalla dottrina sono tutte legate ad un’incertezza del quadro legislativo, che non consente di delineare chiaramente quali possano essere gli spazi per i privati di autodeterminazione dell’assetto organizzativo e, conseguentemente, delle responsabilità; in proposito, viene sottolineata l’esigenza di una revisione generale dell’assetto legislativo.
Il primo capitolo ripercorre i tratti essenziali della responsabilità degli enti, a partire da un’analisi del significato del vincolo della personalità della responsabilità penale posto dall'art. 27 Cost., e dalle elaborazioni dottrinali intorno ad esso. Dopo una ricognizione delle fonti sovranazionali che hanno indotto il legislatore italiano all'introduzione di tale novità, vengono esposti i punti salienti dell’assetto normativo.
Nel secondo capitolo vengono esaminati i regimi di responsabilità penale di alcuni organi societari che svolgono funzioni di controllo, la cui attività potrebbe quindi sovrapporsi con quella dell’organismo di vigilanza: si tratta degli amministratori non delegati, del collegio sindacale e degli organi corrispondenti nei sistemi monistico e dualistico, dei revisori dei conti e delle società di revisione. In particolare, vengono presentate le varie teorie circa l'esistenza o meno, in capo a tali soggetti, di una posizione di garanzia. L’excursus è occasione per riprendere le linee essenziali di un dibattito circa l’esatta portata di tale figura, e per registrare alcune applicazioni giurisprudenziali non sempre ortodosse, specialmente in tema di elemento soggettivo del reato.
Il terzo capitolo vuole essere una presentazione della composizione, delle attività e del funzionamento dell’organismo di vigilanza, a partire dal talora ambiguo dato normativo, ed utilizzando tanto le elaborazioni degli studiosi quanto le linee guida delle associazioni di categoria. In particolare, ci si sofferma a considerare i compiti di vigilanza e di controllo, e i poteri che le sono abbinati, insieme con la problematica del flusso informativo quale requisito essenziale per l’efficacia di tali attività. Il dato essenziale che ne emerge è quello di una sorveglianza improntata all'adeguatezza ed all'efficacia dei modelli di organizzazione e gestione, a loro volta funzionali alla prevenzione delle attività criminose. Una variante di questo assetto è stata introdotta con la normativa sull'antiriciclaggio, che ha conferito all'odv il compito di vigilare sulla sua attuazione, accentuando la rilevanza dell’organo in un’ottica pubblicistica.
Nel quarto capitolo viene condotta un’analisi delle ricostruzioni dottrinali sulla posizione di garanzia in capo all'odv. La maggior parte degli studiosi ha escluso una simile possibilità, sul presupposto della mancanza di un fondamento normativo, come di adeguati poteri di impedimento dei reati. Altre teorie hanno invece propugnato l’esigenza di valorizzare il fine preventivo cui i modelli organizzativi assolvono, oltre al loro ruolo di ridistribuzione dei centri di controllo e di imputazione all'interno delle organizzazioni, e dunque l’impossibilità di escludere a priori l’obbligo di impedimento e la conseguente responsabilità per l'odv. Ulteriori problemi sorgono in caso di sovrapposizione tra gli organici e i compiti di questo e di altri collegi societari. In merito ai reati colposi, entrati nel novero delle fattispecie presupposto del d.lgs. 231/2001, viene proposto un parallelo tra l'odv e il RSPP, previsto dalla disciplina in materia di sicurezza sul lavoro. Questi può essere imputato con il meccanismo della cooperazione colposa in caso di infortunio sul lavoro, laddove si riesca a dimostrare che il suo negligente ottemperare al compito di valutazione dei rischi abbia condotto il datore di lavoro ad un’omissione dell’attività di prevenzione, dal momento che la sua condotta rileva quale contributo causale per la determinazione dell’evento.
Le possibili soluzioni avanzate dalla dottrina sono tutte legate ad un’incertezza del quadro legislativo, che non consente di delineare chiaramente quali possano essere gli spazi per i privati di autodeterminazione dell’assetto organizzativo e, conseguentemente, delle responsabilità; in proposito, viene sottolineata l’esigenza di una revisione generale dell’assetto legislativo.
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