Tesi etd-09202021-094513 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
DODARO, LUCA
URN
etd-09202021-094513
Titolo
Metodi e strumenti di supporto alla progettazione delle macchine in ottica SMED
Dipartimento
INGEGNERIA CIVILE E INDUSTRIALE
Corso di studi
INGEGNERIA MECCANICA
Relatori
relatore Prof. Braglia, Marcello
correlatore Marrazzini, Leonardo
correlatore Marrazzini, Leonardo
Parole chiave
- progettazione (design)
- QCD (Quick Changeover Design)
- set-up
- SMED (Single Minute Exchange of Die)
Data inizio appello
06/10/2021
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
06/10/2091
Riassunto
Il mercato attuale, caratterizzato da una competitività sempre maggiore e soprattutto da una variabilità della domanda in netta crescita, ha portato le aziende di tutto il mondo a rivalutare i propri obiettivi allontanandosi dal concetto di produzione di massa per avvicinarsi al concetto di “mass customization”, che implica un’elevata reattività, necessaria per rispondere tempestivamente alle differenti richieste del mercato. Ovviamente tutto ciò deve essere raggiunto senza venire meno agli obiettivi di efficienza e qualità che sono necessari per una produzione a costi contenuti.
Tutto questo è riassunto in maniera completa dalla filosofia Lean la quale si pone come principale scopo quello di ridurre gli sprechi e ottimizzare il più possibile ogni singola fase di produzione. A tal fine sono diversi gli strumenti su cui fa leva, per citarne alcuni il Value Stream Mapping (VSM), le 5S, la Total Productive Maintenance (TPM), il Kanban system e lo SMED (Single Minute Exchange of Die).
Proprio quest’ultimo pilastro è diventato di fondamentale importanza per permettere alle aziende di ottenere i risultati tipici di una produzione di massa a fronte però di lotti di produzione molto più piccoli e una maggiore varietà di prodotto. Infatti, le difficoltà riscontrate di fronte al raggiungimento di questo nuovo obiettivo sono legate alle frequenti operazioni di set-up a cui i macchinari della linea di produzione devono essere sottoposti ad ogni cambio di prodotto. Operazioni che sono risultate essere molto dispendiose in termini di tempo e che vanno a diminuire in maniera considerevole la disponibilità del macchinario e di conseguenza i livelli di produzione dell’impianto.
Proprio per questi motivi la metodologia SMED, il cui obiettivo è quello di abbattere i tempi di set-up e quindi di fermo macchina, ha preso sempre più piede all’interno delle aziende negli ultimi decenni.
Nella prima parte dell'elaborato, si introducono i concetti fondamentali della metodologia SMED, i suoi scopi e la sua suddivisione in fasi. Si descrivono le varie fasi, gli obiettivi di ciascuna e si presentano le tecniche e le strategie utilizzate per perseguire gli obiettivi di ognuna con l’illustrazione anche di qualche tipico esempio pratico.
Successivamente si passa alla revisione e classificazione di articoli della letteratura che presentano casi di industrie nelle quali è stata implementata la metodologia SMED. Si passa quindi a un’analisi generale dei vari casi industriali andando a presentare anche delle classificazioni in base agli argomenti toccati all’interno degli articoli letti e in base alla tipologia di modifiche effettuate e i risultati ottenuti. Da quest'analisi si può verificare come i miglioramenti tecnici apportati in particolar modo direttamente sul macchinario o sull'impianto permettano di ottenere delle riduzioni dei tempi di set-up maggiori rispetto a quelli di tipo organizzativo-procedurale.
Proprio per evidenziare ciò si presentano in maggior dettaglio alcuni articoli riguardanti casi industriali che prevedono in particolare miglioramenti di tipo tecnico effettuati direttamente sul macchinario. Questa tipologia di miglioramenti permette, in linea generale, di ottenere una riduzione notevole dei tempi di set-up. Tuttavia, l'esecuzione di queste modifiche sono molto più complicate se effettuate su macchine già esistenti, mentre sarebbe relativamente più semplice realizzarle durante la fase di progettazione.
A tal proposito quindi si introduce la metodologia del Quick Changeover Design (QCD) che rappresenta un metodo di supporto all’attività del progettista per realizzare macchinari e/o impianti di produzione in grado di rispondere alla variabilità di produzione in maniera tempestiva, mantenendo livelli di produttività e qualità elevati.
Come la maggior parte dei metodi lean anche il QCD è un approccio basato su una serie di tre step logici successivi: il primo step si preoccupa di individuare le cause alla base del riattrezzaggio del macchinario, identificabili con il termine "change drivers"; la seconda fase ha lo scopo di individuare i punti macchina su cui questi change drivers vadano ad impattare e come questi influenzino, tecnicamente parlando, la struttura della macchina; una volta individuati gli elementi del macchinario soggetti a operazioni di settaggio, nella terza fase si cerca di proporre dei miglioramenti di tipo tecnico che possano ridurre i tempi di set-up e agevolare il lavoro degli operatori, cercando di effettuare una valutazione costi-benefici che giustifichi lo sviluppo tecnico proposto.
All’interno di ciascuna fase si propongono strumenti di analisi specifici al fine di facilitare e meglio strutturare le attività del progettista. A tal proposito nell'ultima parte si è cercato di applicare questo nuovo approccio e questi strumenti a uno dei casi industriali presentati in maniera da capire come si sarebbe riusciti a concepire già in fase di progettazione un macchinario di successo in grado di assicurare bassi tempi di cambio prodotto e facilità di esecuzione delle operazioni di set-up.
Tutto questo è riassunto in maniera completa dalla filosofia Lean la quale si pone come principale scopo quello di ridurre gli sprechi e ottimizzare il più possibile ogni singola fase di produzione. A tal fine sono diversi gli strumenti su cui fa leva, per citarne alcuni il Value Stream Mapping (VSM), le 5S, la Total Productive Maintenance (TPM), il Kanban system e lo SMED (Single Minute Exchange of Die).
Proprio quest’ultimo pilastro è diventato di fondamentale importanza per permettere alle aziende di ottenere i risultati tipici di una produzione di massa a fronte però di lotti di produzione molto più piccoli e una maggiore varietà di prodotto. Infatti, le difficoltà riscontrate di fronte al raggiungimento di questo nuovo obiettivo sono legate alle frequenti operazioni di set-up a cui i macchinari della linea di produzione devono essere sottoposti ad ogni cambio di prodotto. Operazioni che sono risultate essere molto dispendiose in termini di tempo e che vanno a diminuire in maniera considerevole la disponibilità del macchinario e di conseguenza i livelli di produzione dell’impianto.
Proprio per questi motivi la metodologia SMED, il cui obiettivo è quello di abbattere i tempi di set-up e quindi di fermo macchina, ha preso sempre più piede all’interno delle aziende negli ultimi decenni.
Nella prima parte dell'elaborato, si introducono i concetti fondamentali della metodologia SMED, i suoi scopi e la sua suddivisione in fasi. Si descrivono le varie fasi, gli obiettivi di ciascuna e si presentano le tecniche e le strategie utilizzate per perseguire gli obiettivi di ognuna con l’illustrazione anche di qualche tipico esempio pratico.
Successivamente si passa alla revisione e classificazione di articoli della letteratura che presentano casi di industrie nelle quali è stata implementata la metodologia SMED. Si passa quindi a un’analisi generale dei vari casi industriali andando a presentare anche delle classificazioni in base agli argomenti toccati all’interno degli articoli letti e in base alla tipologia di modifiche effettuate e i risultati ottenuti. Da quest'analisi si può verificare come i miglioramenti tecnici apportati in particolar modo direttamente sul macchinario o sull'impianto permettano di ottenere delle riduzioni dei tempi di set-up maggiori rispetto a quelli di tipo organizzativo-procedurale.
Proprio per evidenziare ciò si presentano in maggior dettaglio alcuni articoli riguardanti casi industriali che prevedono in particolare miglioramenti di tipo tecnico effettuati direttamente sul macchinario. Questa tipologia di miglioramenti permette, in linea generale, di ottenere una riduzione notevole dei tempi di set-up. Tuttavia, l'esecuzione di queste modifiche sono molto più complicate se effettuate su macchine già esistenti, mentre sarebbe relativamente più semplice realizzarle durante la fase di progettazione.
A tal proposito quindi si introduce la metodologia del Quick Changeover Design (QCD) che rappresenta un metodo di supporto all’attività del progettista per realizzare macchinari e/o impianti di produzione in grado di rispondere alla variabilità di produzione in maniera tempestiva, mantenendo livelli di produttività e qualità elevati.
Come la maggior parte dei metodi lean anche il QCD è un approccio basato su una serie di tre step logici successivi: il primo step si preoccupa di individuare le cause alla base del riattrezzaggio del macchinario, identificabili con il termine "change drivers"; la seconda fase ha lo scopo di individuare i punti macchina su cui questi change drivers vadano ad impattare e come questi influenzino, tecnicamente parlando, la struttura della macchina; una volta individuati gli elementi del macchinario soggetti a operazioni di settaggio, nella terza fase si cerca di proporre dei miglioramenti di tipo tecnico che possano ridurre i tempi di set-up e agevolare il lavoro degli operatori, cercando di effettuare una valutazione costi-benefici che giustifichi lo sviluppo tecnico proposto.
All’interno di ciascuna fase si propongono strumenti di analisi specifici al fine di facilitare e meglio strutturare le attività del progettista. A tal proposito nell'ultima parte si è cercato di applicare questo nuovo approccio e questi strumenti a uno dei casi industriali presentati in maniera da capire come si sarebbe riusciti a concepire già in fase di progettazione un macchinario di successo in grado di assicurare bassi tempi di cambio prodotto e facilità di esecuzione delle operazioni di set-up.
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