Tesi etd-09202013-132656 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
CACAJ, EGLANTINA
URN
etd-09202013-132656
Titolo
Essere donna non vedente: marginalità totale o parziale? Aspetti e riflessioni nel contesto attuale
Dipartimento
SCIENZE POLITICHE
Corso di studi
SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI
Relatori
relatore Salvini, Andrea
Parole chiave
- autonomia.
- discriminazione
- inferiorità
- marginalità
Data inizio appello
07/10/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Abstract
Eglantina Cacaj (418271)
Il presente lavoro, intende sviluppare alcune riflessioni sulla condizione delle donne non vedenti nel contesto attuale. Come vivono questa minorazione, che difficoltà riscontrano e quali sono i loro bisogni e le aspettative per il futuro? Al di la delle difficoltà pratiche che riscontrano in seguito alla loro minorazione, la riflessione che ci si pone è: queste donne sono marginate come nel passato? E se sì, che tipo di marginalità si riscontra, totale o parziale? La letteratura mette in evidenza la loro condizione di inferiorità e di esclusione dalla vita affettiva, sociale e lavorativa. Tale chiusura non ha giovato a loro favore, rendendo sempre più difficile il processo di emancipazione. Questa tesi, prende spunto da una ricerca effettuata nel 2009 finanziata dal Cesvot sulla qualità della vita delle donne non vedenti in Toscana. La metodologia scelta è quella qualitativa, in particolare mediante l’utilizzo di interviste in profondità. L’adozione dell’interazionismo simbolico come prospettiva teorica e metodologica pone anche un rovesciamento dell’impostazione con cui vengono svolte le ricerche sociali di tipo quantitativo in generale, e nello specifico quelle che si occupano di disagio e di qualità della vita. Si è scelto di “ribaltare”questa impostazione, perché essa non prende in considerazione il punto di vista dei soggetti e degli attori sociali nei processi di definizione di ciò che significa “star bene”, qualità della vita ecc…, e ciò significa che tali definizioni sono prodotti empirici ricostruibili solo alla fine dell’analisi dei dati : qui i concetti e le teorie sono “incardinate”- “grounded” si direbbe in termini tecnici, nei dati che derivano dall’esperienza dei soggetti. Lo strumento d’indagine che si è scelto di utilizzare, è stato quello dell’intervista biografica adottando un “canovaccio” di domande da seguire. Dalle interviste emerge che la popolazione femminile non vedente segnala complessivamente una buona qualità della vita. Conducono una vita “abbastanza normale” considerando la loro minorazione. Dichiarano di essere protagoniste nei processi decisionali familiari interessandosi a tutto ciò che accade nel mondo e nella società partecipando alla vita sociale e culturale. Sono abbastanza autonome e propensi a coltivare amicizie significative. Ovviamente, si riscontrano delle difficoltà negli spostamenti, nella mobilità spaziale. A distanza di quattro anni cos’è cambiato? Sono emersi nuovi bisogni? Possiamo affermare che le esigenze rimangono le stesse: difficoltà nella mobilità spaziale, nello spostamento e per ultimo, la tecnologia “facilitatrice” è abbastanza costosa. Queste difficoltà in parte sono legate alla minorazione, mentre, ciò che desta preoccupazione sono le scelte del decisore politico a volte inadeguate alla loro minorazione. Concludendo, non si può ignorare che attorno alla donna non vedente spira un’atmosfera di miglioramento, né tanto meno ignorare le sollecitazioni che da questa realtà vengono ad essa inviate, invitandola ad uscire, naturalmente con equilibrio dal suo guscio e ad affrontare fiduciosamente la società, oggi molto più disponibile e meno diffidente nei suoi confronti. Perché la donna non vedente possa essere sempre più integrata nella vita sociale, è però anche auspicabile l’intervento delle istituzioni pubbliche, che unitamente alla famiglia dovranno adoperarsi perché essa riceva una preparazione completa e aperta al confronto col “mondo esterno” tale da dissipare dubbi, incertezze e soprattutto capace di liberarla da tutti quei tabù che ancora oggi sono spesso causa di deviazioni frustranti.
Eglantina Cacaj (418271)
Il presente lavoro, intende sviluppare alcune riflessioni sulla condizione delle donne non vedenti nel contesto attuale. Come vivono questa minorazione, che difficoltà riscontrano e quali sono i loro bisogni e le aspettative per il futuro? Al di la delle difficoltà pratiche che riscontrano in seguito alla loro minorazione, la riflessione che ci si pone è: queste donne sono marginate come nel passato? E se sì, che tipo di marginalità si riscontra, totale o parziale? La letteratura mette in evidenza la loro condizione di inferiorità e di esclusione dalla vita affettiva, sociale e lavorativa. Tale chiusura non ha giovato a loro favore, rendendo sempre più difficile il processo di emancipazione. Questa tesi, prende spunto da una ricerca effettuata nel 2009 finanziata dal Cesvot sulla qualità della vita delle donne non vedenti in Toscana. La metodologia scelta è quella qualitativa, in particolare mediante l’utilizzo di interviste in profondità. L’adozione dell’interazionismo simbolico come prospettiva teorica e metodologica pone anche un rovesciamento dell’impostazione con cui vengono svolte le ricerche sociali di tipo quantitativo in generale, e nello specifico quelle che si occupano di disagio e di qualità della vita. Si è scelto di “ribaltare”questa impostazione, perché essa non prende in considerazione il punto di vista dei soggetti e degli attori sociali nei processi di definizione di ciò che significa “star bene”, qualità della vita ecc…, e ciò significa che tali definizioni sono prodotti empirici ricostruibili solo alla fine dell’analisi dei dati : qui i concetti e le teorie sono “incardinate”- “grounded” si direbbe in termini tecnici, nei dati che derivano dall’esperienza dei soggetti. Lo strumento d’indagine che si è scelto di utilizzare, è stato quello dell’intervista biografica adottando un “canovaccio” di domande da seguire. Dalle interviste emerge che la popolazione femminile non vedente segnala complessivamente una buona qualità della vita. Conducono una vita “abbastanza normale” considerando la loro minorazione. Dichiarano di essere protagoniste nei processi decisionali familiari interessandosi a tutto ciò che accade nel mondo e nella società partecipando alla vita sociale e culturale. Sono abbastanza autonome e propensi a coltivare amicizie significative. Ovviamente, si riscontrano delle difficoltà negli spostamenti, nella mobilità spaziale. A distanza di quattro anni cos’è cambiato? Sono emersi nuovi bisogni? Possiamo affermare che le esigenze rimangono le stesse: difficoltà nella mobilità spaziale, nello spostamento e per ultimo, la tecnologia “facilitatrice” è abbastanza costosa. Queste difficoltà in parte sono legate alla minorazione, mentre, ciò che desta preoccupazione sono le scelte del decisore politico a volte inadeguate alla loro minorazione. Concludendo, non si può ignorare che attorno alla donna non vedente spira un’atmosfera di miglioramento, né tanto meno ignorare le sollecitazioni che da questa realtà vengono ad essa inviate, invitandola ad uscire, naturalmente con equilibrio dal suo guscio e ad affrontare fiduciosamente la società, oggi molto più disponibile e meno diffidente nei suoi confronti. Perché la donna non vedente possa essere sempre più integrata nella vita sociale, è però anche auspicabile l’intervento delle istituzioni pubbliche, che unitamente alla famiglia dovranno adoperarsi perché essa riceva una preparazione completa e aperta al confronto col “mondo esterno” tale da dissipare dubbi, incertezze e soprattutto capace di liberarla da tutti quei tabù che ancora oggi sono spesso causa di deviazioni frustranti.
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