Tesi etd-09192011-085935 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
TITOMANLIO, CARLO
URN
etd-09192011-085935
Titolo
Forme della didascalia drammaturgica negli anni Venti del Novecento italiano
Settore scientifico disciplinare
L-ART/05
Corso di studi
STORIA DELLE ARTI VISIVE E DELLO SPETTACOLO
Relatori
tutor Prof. Barsotti, Anna
Parole chiave
- didascalia
- drama
- drammaturgia
- Pirandello
- stage indications
Data inizio appello
14/10/2011
Consultabilità
Completa
Riassunto
L’elaborato affronta un aspetto del testo drammaturgico di non facile puntualizzazione, la didascalia, ovvero l’insieme delle indicazioni con cui l’autore integra il dialogo.
L’obiettivo della tesi è dimostrare come nel teatro italiano degli anni Venti del Novecento la produzione di senso tenda a spostarsi dal dialogo alla didascalia, dalla battuta al contesto, ovvero dalla parola all’azione. Un trasferimento favorito dall’implementazione di nuovi codici spettacolari, e veicolato da una tecnica drammaturgica che si pone il problema di verbalizzare quanto non si può trascrivere (sfumature psicologiche, determinazioni figurative, componente sonora, e così via).
Studiare le didascalie italiane negli anni Venti significa contribuire a chiarire la loro natura perseguendo nel medesimo tempo altre finalità: saldare la pre-visione della scrittura e l’offerta visiva della messinscena; sviluppare ipotesi sullo spazio scenico e i codici spettacolari, nel loro evolversi sia a livello teorico che di operatività pratica; ritornare su autori e testi drammatici poco approfonditi dalla storiografia recente, e quasi mai rappresentati negli ultimi decenni.
La prima sezione, Valore e funzione della didascalia teatrale, intende fornire un tracciato storico e semiotico intorno all’origine e alla mansione della didascalia. La necessità di questa sezione nasce dalla convinzione di indicare nella didascalia una delle questioni più dibattute nel percorso compiuto dalle teorie del teatro; talora perno di una riflessione relativa all’ortodossia drammaturgica (come si vede nei capitoli dedicati alle posizioni divergenti di Corneille e D’Aubignac e alla teorizzazione di Diderot), in altri casi oggetto di una speculazione “scientifica”, sviluppatasi grazie alla giovane disciplina semiotica, centrata su temi come l’autorialità, i processi di significazione, il rapporto tra testo scritto ed esecuzione scenica.
La seconda sezione, Dalla parola all’azione, inquadrando il contesto sociale e culturale nel periodo preso in esame (lo standard produttivo degli allestimenti, lo statuto del personaggio, l’utilizzo di codici spettacolari rinnovati), individua nella scrittura di D’Annunzio e dei futuristi i prodromi di una testualità arricchita di contenuti extra-verbali.
Soprattutto la configurazione di nuovi spazi scenici incentiva negli anni Venti del Novecento il nascere di una scrittura che potrebbe definirsi site-specific, cioè pensata o progettata in loco. Avviene così che la conformazione del Teatro Odescalchi (sede romana della Compagnia del Teatro d’Arte di Pirandello) influenzi le scelte drammaturgiche di testi come La sagra del Signore della Nave (scritta e inscenata dallo stesso Pirandello) o il “fallimentare” progetto di Alberto Savinio, Capitano Ulisse. Avviene anche che i modelli teorici alla base dell’attività di Anton Giulio Bragaglia come “apparatore” e metteur en scène trovino una sintonia pressoché perfetta con la scrittura di Antonio Aniante, con la quale instaurano un proficuo do ut des.
A differenza dei casi suddetti, la scelta dei testi drammatici esaminati nella terza e ultima parte – Forme della didascalia drammaturgica negli anni Venti del ’900 italiano – è frutto di un sondaggio nel folto repertorio del decennio. Ciascuno degli autori trattati (Rosso di San Secondo, Bontempelli, Viviani, Cavacchioli, Campanile, Marinetti, ancora Pirandello, Tofano, Eduardo De Filippo) è testimone di un impiego differente della didascalia drammaturgica, ma egualmente decisivo. I testi selezionati, preceduti da un profilo biografico che ne contestualizza la genesi, sono pertanto affrontati da questo punto di vista, e posti in relazione, ove possibile, con le effettive realizzazioni sceniche. Immagini, cronache e contributi critici nei periodici dell’epoca saranno utili per ricostruire ed evidenziare gli scambi e le differenze tra la scrittura e la messinscena, e le modalità con cui quest’ultima prova a decifrare il contenuto verbale delle didascalie, termine medio tra la pagina e il palco.
L’obiettivo della tesi è dimostrare come nel teatro italiano degli anni Venti del Novecento la produzione di senso tenda a spostarsi dal dialogo alla didascalia, dalla battuta al contesto, ovvero dalla parola all’azione. Un trasferimento favorito dall’implementazione di nuovi codici spettacolari, e veicolato da una tecnica drammaturgica che si pone il problema di verbalizzare quanto non si può trascrivere (sfumature psicologiche, determinazioni figurative, componente sonora, e così via).
Studiare le didascalie italiane negli anni Venti significa contribuire a chiarire la loro natura perseguendo nel medesimo tempo altre finalità: saldare la pre-visione della scrittura e l’offerta visiva della messinscena; sviluppare ipotesi sullo spazio scenico e i codici spettacolari, nel loro evolversi sia a livello teorico che di operatività pratica; ritornare su autori e testi drammatici poco approfonditi dalla storiografia recente, e quasi mai rappresentati negli ultimi decenni.
La prima sezione, Valore e funzione della didascalia teatrale, intende fornire un tracciato storico e semiotico intorno all’origine e alla mansione della didascalia. La necessità di questa sezione nasce dalla convinzione di indicare nella didascalia una delle questioni più dibattute nel percorso compiuto dalle teorie del teatro; talora perno di una riflessione relativa all’ortodossia drammaturgica (come si vede nei capitoli dedicati alle posizioni divergenti di Corneille e D’Aubignac e alla teorizzazione di Diderot), in altri casi oggetto di una speculazione “scientifica”, sviluppatasi grazie alla giovane disciplina semiotica, centrata su temi come l’autorialità, i processi di significazione, il rapporto tra testo scritto ed esecuzione scenica.
La seconda sezione, Dalla parola all’azione, inquadrando il contesto sociale e culturale nel periodo preso in esame (lo standard produttivo degli allestimenti, lo statuto del personaggio, l’utilizzo di codici spettacolari rinnovati), individua nella scrittura di D’Annunzio e dei futuristi i prodromi di una testualità arricchita di contenuti extra-verbali.
Soprattutto la configurazione di nuovi spazi scenici incentiva negli anni Venti del Novecento il nascere di una scrittura che potrebbe definirsi site-specific, cioè pensata o progettata in loco. Avviene così che la conformazione del Teatro Odescalchi (sede romana della Compagnia del Teatro d’Arte di Pirandello) influenzi le scelte drammaturgiche di testi come La sagra del Signore della Nave (scritta e inscenata dallo stesso Pirandello) o il “fallimentare” progetto di Alberto Savinio, Capitano Ulisse. Avviene anche che i modelli teorici alla base dell’attività di Anton Giulio Bragaglia come “apparatore” e metteur en scène trovino una sintonia pressoché perfetta con la scrittura di Antonio Aniante, con la quale instaurano un proficuo do ut des.
A differenza dei casi suddetti, la scelta dei testi drammatici esaminati nella terza e ultima parte – Forme della didascalia drammaturgica negli anni Venti del ’900 italiano – è frutto di un sondaggio nel folto repertorio del decennio. Ciascuno degli autori trattati (Rosso di San Secondo, Bontempelli, Viviani, Cavacchioli, Campanile, Marinetti, ancora Pirandello, Tofano, Eduardo De Filippo) è testimone di un impiego differente della didascalia drammaturgica, ma egualmente decisivo. I testi selezionati, preceduti da un profilo biografico che ne contestualizza la genesi, sono pertanto affrontati da questo punto di vista, e posti in relazione, ove possibile, con le effettive realizzazioni sceniche. Immagini, cronache e contributi critici nei periodici dell’epoca saranno utili per ricostruire ed evidenziare gli scambi e le differenze tra la scrittura e la messinscena, e le modalità con cui quest’ultima prova a decifrare il contenuto verbale delle didascalie, termine medio tra la pagina e il palco.
File
Nome file | Dimensione |
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00Frontespizio.pdf | 40.36 Kb |
01Dalla_...zione.pdf | 1.22 Mb |
02Forme_...Venti.pdf | 1.27 Mb |
03Appara...afico.pdf | 8.43 Mb |
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