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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09182019-132019


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
CIMATO, STEFANIA
URN
etd-09182019-132019
Titolo
Il doppio binario - il regime probatorio nei processi alla criminalità organizzata
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Bresciani, Luca
Parole chiave
  • 190 bis c.p.p
  • circolazione di prove
  • contestazioni acquisitive
  • criminalità organizzata
  • doppio binario probatorio
Data inizio appello
07/10/2019
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
07/10/2089
Riassunto
L’elaborato si propone di analizzare il regime “differenziato” di formazione della prova previsto per i reati di criminalità organizzata a cui il d.l. n. 306/1992 conv. in l. n.356/1992 ha dato avvio, aprendo così la strada a numerosi interventi normativi caratterizzati da scarsa organicità.
Si tratta di misure adottate in un clima emergenziale fortemente avvertito dal legislatore, il quale si è mosso, quasi sempre seguendo le contingenze di singole vicende giudiziarie, non solo nel senso di predisporre un sistema più efficiente in relazione a questi fenomeni criminali ma anche di garantire non precisate esigenze di sicurezza collettiva.
Ne è derivata una graduale ed inevitabile destrutturazione del codice di rito, col conseguente rischio di stravolgere l’impianto processuale di tipo accusatorio. Il “doppio binario” è la metafora ferroviaria di invenzione pressoché giornalistica con cui si individua l’insieme delle norme speciali, sebbene tra loro poco coordinate, applicabili quando la fattispecie sostanziale ricade nella categoria dei reati di criminalità organizzata o ci si trovi in presenza di particolari ipotesi di reato ritenute di particolare gravità. Si tratta di un sistema che nel corso del tempo ha trovato il favore della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, tanto da averne esteso l’applicazione ad altri reati, alimentando tra gli studiosi del diritto notevoli dubbi che gravitano intorno all’affievolimento delle garanzie nel processo.
Se da una parte non si mette in dubbio lo scopo che tale legislazione mira a raggiungere, ossia il contrasto di determinati fenomeni criminosi, dall’altra bisogna riconoscere che la gravità del reato può giustificare una diversa modulazione della pena ma non anche spingersi fino ad ammettere differenti regole di accertamento oltre quelle espressamente previste all’art. 111 Cost. Ciò in quanto il processo è anche garanzia di tutela dei diritti fondamentali dell’imputato.
Le peculiarità sul piano sostanziale hanno inevitabilmente delle ricadute sul piano processuale, ma fino a che punto è possibile ammettere una giustizia differenziata che sfocia in una diseguaglianza di tipo processuale?
Inoltre, si è assistito nel corso degli anni ad una tendenza del legislatore a “destrutturare” il sistema processuale con la creazione di “casi particolari” costituenti discipline derogatorie delle regole generali previste in tema di prova e, di conseguenza, destinati a ripercuotersi sui risultati dell’accertamento, ma una giustizia a seconda dell’imputazione che attinge il cittadino, basata dunque su una logica presuntiva opinabile sul piano costituzionale, può davvero ritenersi ammissibile?
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