Tesi etd-09172018-171217 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
DONATI, FEDERICA
URN
etd-09172018-171217
Titolo
LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGISTRATO: un delicato equilibrio
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Romboli, Roberto
Parole chiave
- colpa grave
- diniego di giusitizia
- dolo
- legge n.18 del 2015
- legge Vassalli
- responsabilità civile del magistrato
- risarcimento del danno
Data inizio appello
08/10/2018
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
08/10/2088
Riassunto
Il lavoro di tesi si articola in quattro capitoli. Il primo è dedicato alla doverosa trattazione dei cenni storici: fornisce un quadro dell’evoluzione normativa sul tema partendo dall’analisi della concezione della magistratura nell’Antico Regime per addivenire all’impostazione della stessa nell’ottica della Costituzione repubblicana. Si delinea il ruolo del giudice ed il relativo carattere di indipendenza, alla luce dei principi di responsabilità e della necessaria separazione dei poteri, per come concepiti nell’ordinamento italiano.
Si discute del ruolo della magistratura, della giustizia e delle relative responsabilità nei confronti del popolo. Viene dunque esaminata la disciplina del 1865 e le successive criticità che hanno condotto al referendum del 1987 ed alla conseguente emanazione della legge del 13 aprile 1988 n. 117, c.d. Vassalli. Vengono poi individuate le cause e le motivazioni, anche di matrice europeista, che hanno condotto il legislatore a novellare la previgente normativa tramite le modifiche apportate dalla l. n. 18 del 2015. Il primo capitolo si conclude con un breve approfondimento di natura comparatistica sul tema della responsabilità.
Il secondo capitolo mira a descrivere puntualmente il nuovo assetto normativo dettato dalla legge di riforma ed il relativo ambito applicativo, ponendo l’attenzione all’ampliamento della sfera dei danni risarcibili. Vengono affrontati i profili soggettivi della condotta del magistrato e le relative conseguenze in caso di dolo ovvero nelle ipotesi di colpa grave previste specificamente dalla legge, nonché nell’eventualità di un diniego di giustizia. Si affronta poi la problematica questione inerente il presunto svuotamento della clausola di salvaguardia. Infine, il lavoro svolto evidenzia le criticità emerse in seguito all’eliminazione del filtro di ammissibilità, i relativi dubbi interpretativi e gli interrogativi, forniti da autorevole dottrina, sulla compatibilità costituzionale di tale scelta adottata dal legislatore della riforma.
Il terzo capitolo ha come oggetto i principali profili di natura processuale, con particolare riguardo ai caratteri peculiari della domanda di risarcimento del danno, all’intervento facoltativo del magistrato nel giudizio di responsabilità promosso dal presunto danneggiato contro lo Stato, e della successiva azione di rivalsa da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri nei confronti del magistrato.
Viene poi analizzato il rapporto tra le due forme di responsabilità: quella disciplinare, avente finalità sanzionatorie per il giudice, e quella civile, avente funzione riparatrice dei danni patiti dalla parte.
Si pone all’attenzione, inoltre, il confronto tra le responsabilità scaturenti dalle attività giurisdizionali e quelle susseguenti alla funzione consultiva, quest’ultima tipica dei magistrati amministrativi e contabili. Di assoluta importanza, ai fini di una trattazione sistematica esaustiva, appare infine l’analisi della pronuncia n. 164/2017 della Corte Costituzionale, la quale ritiene non fondate le questioni di illegittimità costituzionale ad essa rimesse, sminuendo i rischi sino a quel momento paventati.
Il terzo capitolo si conclude affrontando brevemente le altre forme di responsabilità civilistica imputabili esclusivamente allo Stato, correlate all’esercizio o al risultato dell’attività giudiziaria, tra cui quella per danni causati dall’irragionevole durata di un processo, ed i relativi rimedi da attuare per fornire una risposta al cittadino che lamenta di essere una vittima del sistema.
Il quarto ed ultimo capitolo è totalmente incentrato sullo studio approfondito del testo e delle motivazioni offerte dalla prima sentenza di condanna dello Stato, emessa dal Tribunale di Messina nel 2017 dopo l’entrata in vigore della legge n. 18 del 2015.
Le riflessioni compiute nel commento a detta pronuncia sono di rilievo se si considera che lo Stato viene condannato al risarcimento di una ingente somma per i danni patrimoniali causati al ricorrente a seguito di un episodio di uxoricidio, a fronte della constatata inerzia dei pubblici ministeri investiti della vicenda e ritenuti autori di una grave violazione di legge, commessa con negligenza inescusabile.
Il presente lavoro si conclude con uno spunto di riflessione utile per interrogarsi sulla reale portata della riforma, la quale sembra possedere più ombre che luci.
Si discute del ruolo della magistratura, della giustizia e delle relative responsabilità nei confronti del popolo. Viene dunque esaminata la disciplina del 1865 e le successive criticità che hanno condotto al referendum del 1987 ed alla conseguente emanazione della legge del 13 aprile 1988 n. 117, c.d. Vassalli. Vengono poi individuate le cause e le motivazioni, anche di matrice europeista, che hanno condotto il legislatore a novellare la previgente normativa tramite le modifiche apportate dalla l. n. 18 del 2015. Il primo capitolo si conclude con un breve approfondimento di natura comparatistica sul tema della responsabilità.
Il secondo capitolo mira a descrivere puntualmente il nuovo assetto normativo dettato dalla legge di riforma ed il relativo ambito applicativo, ponendo l’attenzione all’ampliamento della sfera dei danni risarcibili. Vengono affrontati i profili soggettivi della condotta del magistrato e le relative conseguenze in caso di dolo ovvero nelle ipotesi di colpa grave previste specificamente dalla legge, nonché nell’eventualità di un diniego di giustizia. Si affronta poi la problematica questione inerente il presunto svuotamento della clausola di salvaguardia. Infine, il lavoro svolto evidenzia le criticità emerse in seguito all’eliminazione del filtro di ammissibilità, i relativi dubbi interpretativi e gli interrogativi, forniti da autorevole dottrina, sulla compatibilità costituzionale di tale scelta adottata dal legislatore della riforma.
Il terzo capitolo ha come oggetto i principali profili di natura processuale, con particolare riguardo ai caratteri peculiari della domanda di risarcimento del danno, all’intervento facoltativo del magistrato nel giudizio di responsabilità promosso dal presunto danneggiato contro lo Stato, e della successiva azione di rivalsa da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri nei confronti del magistrato.
Viene poi analizzato il rapporto tra le due forme di responsabilità: quella disciplinare, avente finalità sanzionatorie per il giudice, e quella civile, avente funzione riparatrice dei danni patiti dalla parte.
Si pone all’attenzione, inoltre, il confronto tra le responsabilità scaturenti dalle attività giurisdizionali e quelle susseguenti alla funzione consultiva, quest’ultima tipica dei magistrati amministrativi e contabili. Di assoluta importanza, ai fini di una trattazione sistematica esaustiva, appare infine l’analisi della pronuncia n. 164/2017 della Corte Costituzionale, la quale ritiene non fondate le questioni di illegittimità costituzionale ad essa rimesse, sminuendo i rischi sino a quel momento paventati.
Il terzo capitolo si conclude affrontando brevemente le altre forme di responsabilità civilistica imputabili esclusivamente allo Stato, correlate all’esercizio o al risultato dell’attività giudiziaria, tra cui quella per danni causati dall’irragionevole durata di un processo, ed i relativi rimedi da attuare per fornire una risposta al cittadino che lamenta di essere una vittima del sistema.
Il quarto ed ultimo capitolo è totalmente incentrato sullo studio approfondito del testo e delle motivazioni offerte dalla prima sentenza di condanna dello Stato, emessa dal Tribunale di Messina nel 2017 dopo l’entrata in vigore della legge n. 18 del 2015.
Le riflessioni compiute nel commento a detta pronuncia sono di rilievo se si considera che lo Stato viene condannato al risarcimento di una ingente somma per i danni patrimoniali causati al ricorrente a seguito di un episodio di uxoricidio, a fronte della constatata inerzia dei pubblici ministeri investiti della vicenda e ritenuti autori di una grave violazione di legge, commessa con negligenza inescusabile.
Il presente lavoro si conclude con uno spunto di riflessione utile per interrogarsi sulla reale portata della riforma, la quale sembra possedere più ombre che luci.
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