Tesi etd-09162018-132719 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
CAPONE, FABRIZIO
URN
etd-09162018-132719
Titolo
Alla ricerca degli strumenti finanziari obbligazionari
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Teti, Raffaele
Parole chiave
- strumenti finanziari non di capitale
- strumenti finanziari partecipativi e non partecipa
- strumenti strutturati
- titoli di credito atipici
- valori mobiliari
Data inizio appello
08/10/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
“L'investimento è come un elefante: è più facile riconoscerlo che definirlo” (Pennington).
Ho letto questo aforisma durante la raccolta del materiale propedeutico alla tesi e ho ritenuto fosse il caso di riproporlo esattamente in principio della sintesi, onde chiarire la principale difficoltà incontrata nella stesura.
Gli Strumenti Finanziari Obbligazionari costituiscono una categoria assai poco definita. La locuzione stessa di SFO nasconde in sé numerosi interrogativi. Interrogativi cui hanno dato risposta Autorevoli interpreti e che io umilmente cerco di riassumere.
L'analisi, alla quale ho proceduto, prende avvio da un'esigenza di chiarezza: dal bisogno di dividere l'esperienza dei titoli di credito, senza gettarne i floridi spunti, da quella dei valori mobiliari prima e degli strumenti finanziari dopo.
Il titolo di credito rappresenta l'istituto tra tutti che ha meglio resistito all'incessante scorrere del tempo, in particolare per il ruolo da questi ricoperto in economia, indi per cui è elemento fondamentale per spiegare le evoluzioni moderne. La circolazione di un diritto alla prestazione e ordinazione del mercato sono però due fenomeni che convivono e non sono confondibili perchè rispondono a esigenze diverse. L'istanza comune è di facilitare il drenaggio del risparmio verso le imprese ma il fenomeno del mercato è da studiare nell'ambito della riflessione sull'impresa e solo marginalmente assieme ai titoli di credito.
Molti sono gli studiosi che hanno dibattuto sulla libertà di creazione ed emissione dei titoli di credito; la ragione di tanta animosità è da spiegarsi solo facendo riferimento a detta stagione, poi nota ai più come la stagione dei Titoli atipici. Si cercava al tempo di inquadrare istituzionalmente operazioni già atipiche a monte dell'emissione di documenti rappresentative delle stesse, e per conseguenza di documenti intesi alla raccolta del risparmio piuttosto che di titoli di credito atipici.
Tra i limiti alla definizione di un tipo di titolo di credito, il titolo di massa fu certamente quello più deflagrante. Detti titoli pur assolvendo a una funzione di mobilizzazione della ricchezza non rappresentano un fenomeno esclusivamente cartolare. Il titolo di massa e di investimento è stato sentito come problema del titolo di credito onde tutelare i risparmiatori offrendo loro un congegno giuridico che ne potesse agevolare il disinvestimento. La nostra dottrina approcciò il fenomeno del risparmio alternativo in punto di titoli di credito atipici: la discussione pertanto rimase schiava del problema della libertà di emissione dei titoli di credito atipici e si disinteressò della raccolta del pubblico risparmio attraverso operazioni inedite. Tra emissione di titoli di massa tipici o atipici e raccolta del risparmio diffuso non vi è corrispondenza né univoca né biunivoca. Il pericolo per la tutela del risparmio risiede infatti non nell'atipicità del titolo ma nell'atipicità dell'operazione sottostante il suo rilascio per i rischi che ricadono sull'investitore inconsapevole.
La Legge che inaugurò la disciplina del mercato mobiliare dava per scontata la libertà di raccolta del risparmio con tecniche giuridiche atipiche entro la cornice della Spa o affini, seppur condizionata da un divieto di smobilizzo in regime cartolare degli impieghi; la stessa legge introdusse inoltre una locuzione Valore mobiliare assai più ampia del semplice titolo di credito/ titolo di massa. In tal senso non è rinvenibile una sequenza concettuale titolo di massa-valore mobiliare-strumento finanziario perchè il valore mobiliare, nella versione coniata dal legislatore italiano, rappresenta un unicum indifferente alla ricostruzione del tema proposto: la ratio della disciplina del valore mobiliare non coincide con quella in tema di titoli di massa.
Nel capitolo II si registrano le tappe dell'evoluzione del significato di valore mobiliare. Onde contrastare, nel silenzio della l.n.216/74, il diffondersi di forme di investimento che sfuggivano ai controlli di Consob e Banca d'Italia, il legislatore emanò la l. n.77 del 1983 ove si dettavano le prime regole per l'emissione, l'offerta e il collocamento di valori mobiliari, senza definirne la nozione. Il valore mobiliare e l'attività di sollecitazione parevano essere gli elementi fondamentali della fattispecie generale di sollecitazione del pubblico risparmio. Nel tempo però sono state date diverse accezioni di valore mobiliare tanto con riferimento al documento quanto relativamente alla posizione giuridica sottostante (con un breve excursus sulle esperienze continentali e statunitense).
Nell'arco di 15 anni si è assistito a una rapida fioritura del significante e a un suo repentino appassimento: nonostante ciò, il dibattito attorno a tale fenomeno è utile a intendere l'evoluzione della disciplina del mercato finanziario in Italia; disciplina che oggi si fonda su tre categorie concettuali cui corrispondono altrettanti beni suscettibili di formare oggetto di diritti, cioè valori mobiliari, strumenti finanziari e prodotti finanziari.
Nel macro-gruppo degli strumenti finanziari, ai classici mezzi di raccolta del capitale proprio, le azioni, e del capitale di terzi, le obbligazioni, si affiancano, causa d.lgs.n.37/2003, nuovi strumenti. Detta novità fece emergere da subito un problema di coordinamento tra il codice civile e i testi unici bancario e specialmente finanziario.
La nozione di strumento finanziario posta dal c.c. è stata nel tempo oggetto di due diverse letture da parte della dottrina: una tesa a individuare una matrice unitaria alla base di sf cui ricondurre regolamenti contenutistici diversamente articolabili in relazione alla funzione perseguita e l'altra a descrivere l'espressione in senso puramente negativo. Nel testo viene data nota del dibattito intorno ai c.d. Strumenti ibridi di finanziamento e al successivo conio della locuzione strumenti ibridi per descrivere la coppia sf partecipativi e non partecipativi.
La novità e l'importanza del tema “partecipativo- non partecipativo” è andata scemando causa gli scandali finanziari e le crisi degli ultimi anni spostando l'attenzione sui rischi e sulle conseguenze negative connesse alla selezione contenutistica degli strumenti di investimento e finanziamento.
Diverse sono state nel tempo le ipotesi di lettura sulla separazione tra sf partecipativi e non partecipativi ma tutte, alla luce della disamina della tesi, soffrirebbero del vizio della concettualizzazione dello sf ibrido. Gli strumenti finanziari menzionati nell'area del capitale di rischio e in quello di debito in realtà esprimono campi di riferimento concettuale distinti e il fatto di differenziarsi da azioni e obbligazioni non significa che rappresentino un continuum di collegamento tra questi due poli. Gli strumenti finanziari partecipativi rappresentano una tecnica di partecipazione non azionaria alla società, ossia al profilo formale organizzativo dell'attività materiale dell'impresa, per i quali si pone un problema di disciplina. Gli SFO dal canto loro sono direttamente disciplinate dall'art.2411c.3 ma affrontano il diverso problema della delimitazione della fattispecie. L'elasticità contenutistica del tipo obbligazionario conduce, sulla base dell'esperienza maturata nel settore specialistico delle obbligazioni bancarie, a ritenere ammissibile l'indicizzazione in linea capitale delle obbligazioni all'andamento economico della società ( e non a indici di mercato). In un contesto che privilegia l'autonomia negoziale occorre determinare quale sia la disciplina di volta in volta applicabile a prescindere da tipizzazioni normative della fattispecie per la quale la disciplina stessa è pensata.
La previsione di una disciplina codicistica unitaria per le obbligazioni e per gli sfo sollecita l'identificazione di un insieme composto il cui trait d'union sarebbe una nozione ampia di obbligo di rimborso a carico degli emittenti. Detta categoria sembra perdere unitarietà se vista alla luce della disciplina dei mercati finanziari ove le esigenze di trasparenza, informazione e funzione normativa sono assai diverse. Detta categoria si frantuma e si ricompone in raggruppamenti variabili a seconda che si guardi alla nozione di valore mobiliare o alle discipline di attività di intermediazione, dell'offerta al pubblico, degli obblighi informativi a carico dell'emittente di titoli quotati o diffusi. Gli indici di complessità degli sfo non sono solo costituiti dall'incertezza del rimborso del valore nominale ma pure dall'inclusione di una componente economica analoga a quella di uno strumento derivato. Ciò determina la necessità di confrontare i nostri con i c.d. Strumenti finanziari di raccolta del risparmio e verificare se i primi possano essere ricompresi tra i secondi.
L'analisi dei mercati mobiliari, delle regole e strumenti contrattuali, della dinamica della formazione del prezzo delle attività oggetto di contrattazione è essenziale ai fini della valutazione delle caratteristiche degli strumenti finanziari. Il cardine della regolamentazione del mercato finanziario è la disciplina dell'impresa, i cui punti centrali sono la tutela del risparmiatore e le modalità di tutela delle facoltà soggettive dello stesso; tutela che è messa a dura prova di fronte allo sfo Strutturato (cui si rinvia nel testo), ai titoli reverse convertible e ai titoli bull and bear.
A fronte del moltiplicarsi delle forme di finanziamento delle spa si pone per di più un problema di concordanza tra denominazione del titolo e caratteristiche strutturali essenziali dell'emissione, in evidenza specialmente per gli strumenti finanziari diversi esuli da discipline tipiche di azioni e obbligazioni. Problema a cui ahimè il nostro ordinamento non pone particolare attenzione e le cui conseguenze sono interamente a carico del risparmiatore.
In conclusione la scriminante che dovrebbe consentire di individuare gli SFO in sé e per sé, tanto nella prospettiva di diritto societario quanto in quella del mercato finanziario, è la posizione dell'emittente al termine dell'operazione, in particolare il contenuto e le condizioni della prestazione a carico della società alla scadenza dei titoli. Persino la possibilità che il quantum da pagare alla scadenza scenda al di sotto del valore nominale del titolo e arrivi in ipotesi a zero non muta l'essenza della prestazione a carico della società la quale ha a oggetto un valore monetario e costituisce debito per l'emittente, alle condizioni stabilite dal regolamento di emissione; tale possibilità acuisce semplicemente il rischio finanziario.
Ho letto questo aforisma durante la raccolta del materiale propedeutico alla tesi e ho ritenuto fosse il caso di riproporlo esattamente in principio della sintesi, onde chiarire la principale difficoltà incontrata nella stesura.
Gli Strumenti Finanziari Obbligazionari costituiscono una categoria assai poco definita. La locuzione stessa di SFO nasconde in sé numerosi interrogativi. Interrogativi cui hanno dato risposta Autorevoli interpreti e che io umilmente cerco di riassumere.
L'analisi, alla quale ho proceduto, prende avvio da un'esigenza di chiarezza: dal bisogno di dividere l'esperienza dei titoli di credito, senza gettarne i floridi spunti, da quella dei valori mobiliari prima e degli strumenti finanziari dopo.
Il titolo di credito rappresenta l'istituto tra tutti che ha meglio resistito all'incessante scorrere del tempo, in particolare per il ruolo da questi ricoperto in economia, indi per cui è elemento fondamentale per spiegare le evoluzioni moderne. La circolazione di un diritto alla prestazione e ordinazione del mercato sono però due fenomeni che convivono e non sono confondibili perchè rispondono a esigenze diverse. L'istanza comune è di facilitare il drenaggio del risparmio verso le imprese ma il fenomeno del mercato è da studiare nell'ambito della riflessione sull'impresa e solo marginalmente assieme ai titoli di credito.
Molti sono gli studiosi che hanno dibattuto sulla libertà di creazione ed emissione dei titoli di credito; la ragione di tanta animosità è da spiegarsi solo facendo riferimento a detta stagione, poi nota ai più come la stagione dei Titoli atipici. Si cercava al tempo di inquadrare istituzionalmente operazioni già atipiche a monte dell'emissione di documenti rappresentative delle stesse, e per conseguenza di documenti intesi alla raccolta del risparmio piuttosto che di titoli di credito atipici.
Tra i limiti alla definizione di un tipo di titolo di credito, il titolo di massa fu certamente quello più deflagrante. Detti titoli pur assolvendo a una funzione di mobilizzazione della ricchezza non rappresentano un fenomeno esclusivamente cartolare. Il titolo di massa e di investimento è stato sentito come problema del titolo di credito onde tutelare i risparmiatori offrendo loro un congegno giuridico che ne potesse agevolare il disinvestimento. La nostra dottrina approcciò il fenomeno del risparmio alternativo in punto di titoli di credito atipici: la discussione pertanto rimase schiava del problema della libertà di emissione dei titoli di credito atipici e si disinteressò della raccolta del pubblico risparmio attraverso operazioni inedite. Tra emissione di titoli di massa tipici o atipici e raccolta del risparmio diffuso non vi è corrispondenza né univoca né biunivoca. Il pericolo per la tutela del risparmio risiede infatti non nell'atipicità del titolo ma nell'atipicità dell'operazione sottostante il suo rilascio per i rischi che ricadono sull'investitore inconsapevole.
La Legge che inaugurò la disciplina del mercato mobiliare dava per scontata la libertà di raccolta del risparmio con tecniche giuridiche atipiche entro la cornice della Spa o affini, seppur condizionata da un divieto di smobilizzo in regime cartolare degli impieghi; la stessa legge introdusse inoltre una locuzione Valore mobiliare assai più ampia del semplice titolo di credito/ titolo di massa. In tal senso non è rinvenibile una sequenza concettuale titolo di massa-valore mobiliare-strumento finanziario perchè il valore mobiliare, nella versione coniata dal legislatore italiano, rappresenta un unicum indifferente alla ricostruzione del tema proposto: la ratio della disciplina del valore mobiliare non coincide con quella in tema di titoli di massa.
Nel capitolo II si registrano le tappe dell'evoluzione del significato di valore mobiliare. Onde contrastare, nel silenzio della l.n.216/74, il diffondersi di forme di investimento che sfuggivano ai controlli di Consob e Banca d'Italia, il legislatore emanò la l. n.77 del 1983 ove si dettavano le prime regole per l'emissione, l'offerta e il collocamento di valori mobiliari, senza definirne la nozione. Il valore mobiliare e l'attività di sollecitazione parevano essere gli elementi fondamentali della fattispecie generale di sollecitazione del pubblico risparmio. Nel tempo però sono state date diverse accezioni di valore mobiliare tanto con riferimento al documento quanto relativamente alla posizione giuridica sottostante (con un breve excursus sulle esperienze continentali e statunitense).
Nell'arco di 15 anni si è assistito a una rapida fioritura del significante e a un suo repentino appassimento: nonostante ciò, il dibattito attorno a tale fenomeno è utile a intendere l'evoluzione della disciplina del mercato finanziario in Italia; disciplina che oggi si fonda su tre categorie concettuali cui corrispondono altrettanti beni suscettibili di formare oggetto di diritti, cioè valori mobiliari, strumenti finanziari e prodotti finanziari.
Nel macro-gruppo degli strumenti finanziari, ai classici mezzi di raccolta del capitale proprio, le azioni, e del capitale di terzi, le obbligazioni, si affiancano, causa d.lgs.n.37/2003, nuovi strumenti. Detta novità fece emergere da subito un problema di coordinamento tra il codice civile e i testi unici bancario e specialmente finanziario.
La nozione di strumento finanziario posta dal c.c. è stata nel tempo oggetto di due diverse letture da parte della dottrina: una tesa a individuare una matrice unitaria alla base di sf cui ricondurre regolamenti contenutistici diversamente articolabili in relazione alla funzione perseguita e l'altra a descrivere l'espressione in senso puramente negativo. Nel testo viene data nota del dibattito intorno ai c.d. Strumenti ibridi di finanziamento e al successivo conio della locuzione strumenti ibridi per descrivere la coppia sf partecipativi e non partecipativi.
La novità e l'importanza del tema “partecipativo- non partecipativo” è andata scemando causa gli scandali finanziari e le crisi degli ultimi anni spostando l'attenzione sui rischi e sulle conseguenze negative connesse alla selezione contenutistica degli strumenti di investimento e finanziamento.
Diverse sono state nel tempo le ipotesi di lettura sulla separazione tra sf partecipativi e non partecipativi ma tutte, alla luce della disamina della tesi, soffrirebbero del vizio della concettualizzazione dello sf ibrido. Gli strumenti finanziari menzionati nell'area del capitale di rischio e in quello di debito in realtà esprimono campi di riferimento concettuale distinti e il fatto di differenziarsi da azioni e obbligazioni non significa che rappresentino un continuum di collegamento tra questi due poli. Gli strumenti finanziari partecipativi rappresentano una tecnica di partecipazione non azionaria alla società, ossia al profilo formale organizzativo dell'attività materiale dell'impresa, per i quali si pone un problema di disciplina. Gli SFO dal canto loro sono direttamente disciplinate dall'art.2411c.3 ma affrontano il diverso problema della delimitazione della fattispecie. L'elasticità contenutistica del tipo obbligazionario conduce, sulla base dell'esperienza maturata nel settore specialistico delle obbligazioni bancarie, a ritenere ammissibile l'indicizzazione in linea capitale delle obbligazioni all'andamento economico della società ( e non a indici di mercato). In un contesto che privilegia l'autonomia negoziale occorre determinare quale sia la disciplina di volta in volta applicabile a prescindere da tipizzazioni normative della fattispecie per la quale la disciplina stessa è pensata.
La previsione di una disciplina codicistica unitaria per le obbligazioni e per gli sfo sollecita l'identificazione di un insieme composto il cui trait d'union sarebbe una nozione ampia di obbligo di rimborso a carico degli emittenti. Detta categoria sembra perdere unitarietà se vista alla luce della disciplina dei mercati finanziari ove le esigenze di trasparenza, informazione e funzione normativa sono assai diverse. Detta categoria si frantuma e si ricompone in raggruppamenti variabili a seconda che si guardi alla nozione di valore mobiliare o alle discipline di attività di intermediazione, dell'offerta al pubblico, degli obblighi informativi a carico dell'emittente di titoli quotati o diffusi. Gli indici di complessità degli sfo non sono solo costituiti dall'incertezza del rimborso del valore nominale ma pure dall'inclusione di una componente economica analoga a quella di uno strumento derivato. Ciò determina la necessità di confrontare i nostri con i c.d. Strumenti finanziari di raccolta del risparmio e verificare se i primi possano essere ricompresi tra i secondi.
L'analisi dei mercati mobiliari, delle regole e strumenti contrattuali, della dinamica della formazione del prezzo delle attività oggetto di contrattazione è essenziale ai fini della valutazione delle caratteristiche degli strumenti finanziari. Il cardine della regolamentazione del mercato finanziario è la disciplina dell'impresa, i cui punti centrali sono la tutela del risparmiatore e le modalità di tutela delle facoltà soggettive dello stesso; tutela che è messa a dura prova di fronte allo sfo Strutturato (cui si rinvia nel testo), ai titoli reverse convertible e ai titoli bull and bear.
A fronte del moltiplicarsi delle forme di finanziamento delle spa si pone per di più un problema di concordanza tra denominazione del titolo e caratteristiche strutturali essenziali dell'emissione, in evidenza specialmente per gli strumenti finanziari diversi esuli da discipline tipiche di azioni e obbligazioni. Problema a cui ahimè il nostro ordinamento non pone particolare attenzione e le cui conseguenze sono interamente a carico del risparmiatore.
In conclusione la scriminante che dovrebbe consentire di individuare gli SFO in sé e per sé, tanto nella prospettiva di diritto societario quanto in quella del mercato finanziario, è la posizione dell'emittente al termine dell'operazione, in particolare il contenuto e le condizioni della prestazione a carico della società alla scadenza dei titoli. Persino la possibilità che il quantum da pagare alla scadenza scenda al di sotto del valore nominale del titolo e arrivi in ipotesi a zero non muta l'essenza della prestazione a carico della società la quale ha a oggetto un valore monetario e costituisce debito per l'emittente, alle condizioni stabilite dal regolamento di emissione; tale possibilità acuisce semplicemente il rischio finanziario.
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