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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09142020-174251


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
RIZZI, ROSA MARIA
URN
etd-09142020-174251
Titolo
Pluralità di sguardi: aspetti fenomenologici del corpo in scena
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Iacono, Alfonso Maurizio
Parole chiave
  • antropologia
  • corpo
  • fenomenologia
  • Jean-Luc Nancy
  • Maurice Merleau-Ponty
  • teatro
Data inizio appello
28/09/2020
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
28/09/2060
Riassunto
Il presente elaborato ha come obiettivo quello di esaminare i fenomeni tipici del contesto performativo, ovvero - usando le parole dell’antropologo Victor Turner - le esperienze di performance. L’occhio attraverso il quale viene condotta l’indagine è quello della fenomenologia della percezione del filosofo francese Maurice Merleau – Ponty.
L’indagine sullo statuto ontologico del processo performance – che nel seguente lavoro è circoscritta alla performance di tipo teatrale – viene condotta assumendo preliminarmente il paradigma epistemologico di esperienza di flusso, esperienza che lo psicologo ungherese Mihály Csíkszentmihályi descrive e analizza nel suo articolo Play and Intrinsic Rewords.
Come suggerisce lo stesso Turner nel suo Dal rito al teatro, l’esperienza di flusso descritta da Csíkszentmihályi si pone in costante analogia con quelli che sono i meccanismi tipici delle esperienze teatrali – esperienze che, nel corso del presente lavoro, vengono riferite non solo alla pratica finale della mise en scène, ma soprattutto alle diverse fasi del processo che ad essa conduce.
La prima parte dell’indagine ha pertanto come obiettivo quello di approfondire l’analogia tra le due esperienze: partendo dalla definizione di performance che Turner elabora nelle sue opere principali e dalla definizione di flusso di Mihály Csíkszentmihályi, vengono evidenziati i molteplici punti di contatto e le rispettive differenze tra i due fenomeni.
Perché inserire i fenomeni legati alla pratica teatrale dentro questa cornice epistemologica?
L’esperienza Teatro - che non si riduce essere mera visione di una performance, ma partecipazione attiva dei soggetti al gioco del far finta – ha alla base della sua realizzazione i meccanismi di entrata e di uscita.
«Questo è un gioco» ha spiegato bene Gregory Bateson: per poter assistere ad uno spettacolo, per poter partecipare al gioco del far finta, devo comprendere questa informazione metalinguistica. L’accordo implicito alla frase non detta «Questo è un gioco» mi consente l’accesso all’esperienza Teatro e la rispettiva fuoriuscita.
Entrata e uscita, dentro e fuori: da qui il flusso.
La nostra vita quotidiana è data e si dà continuamente nel movimento e nell’attraversamento: costantemente passiamo da una situazione all’altra, percepiamo cose diverse, confrontiamo differenti esperienze, navighiamo tra passato, presente e futuro. Siamo noi stessi nelle nostre stesse diversità, ci realizziamo nella «compresenza degli opposti».
Analizzare le esperienze teatrali tramite l’immagine del flusso ci consente di approfondire la relazione essenziale tra il dentro, il fuori e il durante. Guarderemo al flusso arrestando la sua dinamica, faremo ciò che lui stesso per sua natura non può fare: fermarsi. Questo diviene possibile perché lateralmente siamo sempre in grado di tenere presente che il flusso si dà nel perenne movimento, che nel flusso c’è materia viva in movimento.
Nel flusso.
Flusso del corpo, ma anche corpo che nel flusso incontra altri corpi, intesse relazioni con lo spazio, si modifica con essi, in esso.
Corpo che nel flusso si dà come alterità e si scontra con l’alterità.
Il flusso avviene nella fisicità, passa per la carne, la attraversa e con essa crea relazioni e significati. Sta nella fissità e nella fisicità del corpo: ha a che fare con il corpo, sottostà alle sue regole.
Corpo: quale corpo?
La seconda parte del lavoro considera tale problema contattando la visione che del corpo ha il filosofo Maurice Merleau–Ponty.
Guardare attraverso l’occhio della fenomenologia ci consente di cogliere la complessità di un corpo - che si muove, percepisce, sente e agisce – nella sua complessità, di un corpo che si dà nella relazione con se stesso, lo spazio e l’alterità. Un corpo che, come vedremo, incarna un’ « enigma », del quale esso è spettatore e spettacolo.
Corpo Teatro, per dirla à la Nancy, un corpo la cui esistenza si dà nello stare in scena, un corpo la cui messa in scena si realizza nell’incontro di altri corpi.
L’orizzonte guadagnato sul corpo ci consentirà di cogliere il contenuto epistemologico delle sue esperienze. Sarà possibile così ritornare al Teatro.
Teatro come « cessazione del segreto, se il segreto è quello dell’essere in sé o quello di un’anima ritratta in un’ intimità. Teatro come « l’ in se stesso o l’intimità che come tale esce e si espone ».
La terza parte del lavoro si sviluppa così come un ritorno al teatro, luogo dal quale comunque eravamo partiti. Tornare al Teatro per evidenziare il ruolo che esso svolge attivamente non solo per il singolo, ma per l’intera comunità.
Alla luce dei fatti evidenziati, il lavoro termina con uno slancio verso il futuro, un futuro inteso come prossimo, la cui costruzione avviene nelle scelte che prendiamo nel presente. Lo sguardo al futuro è l’ invito ad adottare una prospettiva pedagogica che sempre di più ponga al suo centro il corpo e le pratiche di cui egli è attore e spettatore.
Tornare al Teatro significa ricordare chi siamo, come siamo fatti, come percepiamo, come conosciamo noi stessi e gli altri. La pratica teatrale questo fa: smaschera la molteplicità, la indaga, la accetta, la esalta e la supera.
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