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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09142008-224039


Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
LUCAROTTI, VALENTINA
URN
etd-09142008-224039
Titolo
Aspetti dell’accumulo di selenio da parte di Allium sativum coltivato in terreni arricchiti con selenito o selenato: Il ruolo della comunità batterica della rizosfera
Dipartimento
AGRARIA
Corso di studi
BIOTECNOLOGIE VEGETALI E MICROBICHE
Relatori
Relatore Prof. Vallini, Giovanni
Relatore Dott.ssa Pezzarossa, Beatrice
Parole chiave
  • phytoremediation
  • selenio
  • Allium sativum
Data inizio appello
06/10/2008
Consultabilità
Parziale
Data di rilascio
06/10/2048
Riassunto
Il selenio è un elemento dalla doppia indole: è essenziale in tracce per molti organismi, compreso l’uomo, ma può risultare tossico a dosi di poco eccedenti la soglia ottimale.
Molteplici sono le attività industriali e i processi tecnologici che utilizzano Se (la combustione dei fossili, l’incenerimento dei rifiuti urbani, la produzione di rame, nichel, ferro e acciaio, le pratiche agricole e la produzione di fertilizzanti). Ne consegue che il selenio può essere rilasciato nell’ambiente (suoli, acque superficiali, etc.) in dosi che rappresentano un rischio per la salute. Le forme di selenio che destano preoccupazione, in quanto altamente solubili e quindi biodisponibili, sono gli ossianioni selenito (Se4+, SeO32-) e selenato (Se6+, SeO42-). Risulta, quindi, importante rimuoverli dai siti contaminati. I metodi chimico-fisici, tuttavia, sono molto costosi e non pienamente efficienti. Un’alternativa promettente, a minor impatto ambientale, è rappresentata dalla bonifica biologica fito-assistita (phytoremediation), definita come l’impiego di piante per estrarre, sequestrare o detossificare i contaminanti. Le piante utilizzate devono essere capaci di tollerare il contaminante e di rimuoverlo tramite accumulo nei tessuti vegetali epigei.
Lo studio qui proposto è finalizzato a verificare l’efficienza di fitoestrazione dell’aglio (Allium sativum) nei confronti del selenio in terreni contenenti il metalloide in forma di selenito o selenato. L’aglio, infatti, è una pianta officinale dotata, tra l’altro, della capacità di accumulare selenio. Questa proprietà è stata a lungo studiata per il ruolo che il selenio gioca nella dieta umana come microelemento e per le supposte proprietà antitumorigene che alcuni composti organici del selenio, presenti nei tessuti dell’aglio, sembrano possedere.
Piante di aglio sono state allevate su suolo arricchito con selenato o selenito di sodio (10 ppm). Il selenio è stato somministrato all’inizio della sperimentazione in un unico apporto. Sui campioni vegetali, prelevati ad ogni campionamento, è stato determinato il peso della sostanza secca prodotta ed il contenuto totale in selenio tramite Spettrometria ad Assorbimento Atomico con Generatore di Idruri (AAS-HG). Oltre alle analisi tese a quantificare parametri quali il fattore di bioaccumulo (BF: Bioconcentration Factor), il fattore di traslocazione (TF: Translocation Factor) e l’efficienza di fitoestrazione (PE: Phytoextraction Efficiency) della specie vegetale oggetto di studio, particolare attenzione è stata data alla caratterizzazione della cenosi batterica della rizosfera al fine di evidenziare i possibili contributi all’efficienza di fitoestrazione del selenio da parte di A. sativum. A tal proposito, sui campioni di terreno prelevati è stata, di volta in volta, effettuata la determinazione del contenuto totale in selenio (con AAS-HG) e l’estrazione del DNA genomico totale. Attraverso successiva amplificazione della regione V3 del gene 16S rDNA ed analisi DGGE (Denaturing Gradient Gel Electrophoresis) è stata ricostruita la struttura della comunità batterica e la variazione dinamica della stessa in funzione del tempo, del trattamento con selenito o selenato, nonché in presenza di Allium sativum ovvero su terreno con vegetali. I dati ottenuti dimostrano che l’aglio accumula preferenzialmente selenio somministrato in forma di selenato e che, in sua presenza, la resa produttiva diminuisce. Paradossalmente, nel terreno trattato con selenato non vegetato si riscontrano concentrazioni di selenio minori di quelle del terreno vegetato. Tale risultato indica che la cenosi batterica, nel terreno nudo contaminato, ha portato ad una maggiore volatilizzazione del metalloide, suggerendo che la coltivazione di aglio sembra avere inibito proprio quei microorganismi capaci di volatilizzare il selenio. Per il trattamento con selenito si evidenzia un minore accumulo di Se nelle piante di aglio coltivate e, quindi, una maggior difficoltà di rimozione del selenio dal terreno, a causa della minore biodisponibilità dell’ossianione.
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