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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09132016-144704


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SANSONE, DEBORA
URN
etd-09132016-144704
Titolo
Le quote di genere nei boards italiani: focus sulle aziende familiari quotate.
Dipartimento
ECONOMIA E MANAGEMENT
Corso di studi
STRATEGIA, MANAGEMENT E CONTROLLO
Relatori
relatore Prof. Bianchi Martini, Silvio
correlatore Prof.ssa Rigolini, Alessandra
Parole chiave
  • women
  • quote di genere
  • pari opportunità
  • legge Golfo - Mosca
  • gender diversity
  • board
Data inizio appello
03/10/2016
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
03/10/2086
Riassunto
Negli ultimi anni, si è aperto un ampio dibattito sulla gender diversity e sulla possibilità di garantire pari opportunità, sia al genere maschile che a quello femminile, ai vari livelli societari.
Ad esprimersi su questo tema sono stati molti studiosi, ma la letteratura accademica è abbastanza recente e mostra ancora risultati spesso discordanti. Alcuni autori hanno riscontrato un impatto positivo, tra la presenza femminile all’interno del board e le performance aziendali (Salganicoff, 1990). Altri al contrario, hanno mostrato che una maggior diversità può generare conflitti e un turnover più elevato dei manager (Adams & Ferreira, 2008); ulteriori studi invece, non hanno rilevato nessun collegamento tra la gender diversity e i risultati aziendali (Rose, 2007).
Essendo un tema così attuale e in piena fase di sviluppo, ho deciso di trattarlo come argomento della mia tesi, per cercare di capire, come i diversi paesi si stiano mobilitando per il raggiungimento della parità di genere (o almeno per una riduzione della discriminazione tra i sessi), e per valutare gli effettivi risultati che sinora hanno ottenuto. Un focus particolare, sarà fatto sulle aziende familiari, poiché rappresentano la spina dorsale del sistema economico del nostro paese, occupando quasi il 60% del mercato azionario e circa l’85% del totale delle aziende.
Nel primo capitolo andrò a definire le aziende familiari, ossia ogni “attività economica alla quale collaborano, in maniera continuativa, il coniuge dell’imprenditore, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo” (art. 230 bis c.c.). Illustrerò brevemente anche il gap di trattamento che ancora oggi periste tra i diversi generi. Le donne, pur essendosi emancipate negli ultimi anni, continuano ad essere discriminate in termini di ruoli, responsabilità, carriera e stipendio. I dati dimostrano infatti che, a parità di ruolo ricoperto, negli stati europei, gli uomini hanno una retribuzione più elevata in media del 16%, calcolata sulla differenza salariale media lorda oraria. Tale differenza non è giustifica da una maggior istruzione: al contrario, si è accertato che le donne ad oggi sono maggiormente istruite degli uomini. Nonostante questo, continuano ad avere meno possibilità di entrare nei board aziendali rispetto al genere maschile. Un focus particolare è stato fatto sulle aziende familiari, e sulle opportunità che queste riescono a garantire alle donne.
Negli ultimi tempi anche l’unione Europea si è pronunciata sul tema, e si è attivata per ridurre il divario uomo – donna. Di conseguenza tutti i paesi membri, con più o meno ritardo, hanno dovuto omologarsi alle direttive comunitarie, emanando leggi apposite.
Il paese pioniere nell’emanazione della legge sulle quote di genere è stata la Norvegia, che già nel 2003 ha provveduto a disciplinare la presenza di donne all’interno delle sue società. Nel giro di breve tempo è riuscita a raggiungere i risultati prefissati. In seguito, gli altri paesi sulla scia della Norvegia, hanno emanato le loro leggi sulle quote rosa.
Anche l’Italia, seppur con ritardo rispetto agli altri stati, ha emanato la legge Golfo – Mosca, che prende il nome dagli Onorevoli che l’hanno promossa. La legge stabilisce che tutte le società private quotate in borsa, e le società quotate e non quotate controllate dalla Pubblica Amministrazione, a partire dal 12 agosto 2012, al primo rinnovo consiliare, dovranno raggiungere la quota di 1/5 del genere meno rappresentato all’interno dei loro organi sociali. Con il secondo rinnovo la quota si innalza al raggiungimento di 1/3. La normativa ha una validità temporanea prevista di tre rinnovi consecutivi, e prevede inoltre un sistema sanzionatorio nel caso di inottemperanza. Gli organi sociali coinvolti dalla legge 120/2011 sono il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale.
I pareri sull’efficacia della norma non sono però tutti unanimi: molti ritengono che la legge potrebbe incidere negativamente sui criteri meritocratici di selezione di tali donne; inoltre c’è il rischio di poter creare un’elite ristretta di donne che partecipano a più consigli di amministrazione. Altri oppositori considerano questa normativa una scorciatoia per l’inserimento legittimato di quelle donne che hanno dei legami familiari con la proprietà aziendale. I sostenitori invece, dimostrano che le donne con questa normativa, hanno più possibilità di entrare nelle aziende. Sul carattere temporaneo della legge, ritengono che questo lasso di tempo serva al sesso femminile per l’entrata nei board, dopodiché dovranno dimostrare il loro valore e le loro competenze per potervi restare.
Ad oggi tutte le aziende hanno affrontato il primo rinnovo e si stanno avviando verso il secondo (un numero esiguo ha già effettuato anche il secondo). I primi risultati sembrano incoraggianti: la presenza femminile ha avuto un notevole incremento a partire dall’anno 2012.
Per verificare la reale efficacia della legge Golfo – Mosca, ho deciso di effettuare uno studio empirico su tutte le società italiane quotate in borsa. In particolare, mi sono soffermata sul periodo immediatamente successivo all’entrata in vigore della legge, partendo da agosto 2012 fino al 31 dicembre 2014. L’oggetto di osservazione sono state tutte le donne nominate nei CdA e nei comitati di queste società, in conformità alla normativa. La ricerca è stata condotta su un numero elevato di variabili, che analizzano i dati anagrafici delle donne, la situazione aziendale e la posizione ricoperta della donna nell’azienda stessa.
Inizialmente ho elaborato i dati dell’intero campione di analisi, formato da 512 donne, per definire il profilo medio della professionista inserita nelle maggiori società italiane.
Dopodiché ho ristretto il campione alle sole aziende familiari, per valutare l’effetto della normativa su questa grande realtà del nostro paese. Il campione di donne è così diminuito a 193 presenze.
Alla fine ho verificato, con l’ausilio dei risultati emersi, l’efficacia della legge Golfo – Mosca nelle aziende italiane, per accertarmi dei reali effetti sulla diversità di genere.
Dopodiché ho ristretto il campione alle sole aziende familiari, per valutare l’effetto della normativa su questa grande realtà del nostro paese. Il campione di donne è così diminuito a 193 presenze.
Alla fine ho tracciato, con l’ausilio dei risultati emersi, l’efficacia della legge Golfo – Mosca nelle aziende italiane, per accertarmi dei reali effetti sulla diversità di genere.
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