Tesi etd-09132016-120100 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
MAMBRINI, DINORA
Indirizzo email
dinora.mambrini@gmail.com,mambrini@student.dm.unipi.it
URN
etd-09132016-120100
Titolo
CALCOLO MENTALE: INDAGINE SPERIMENTALE E PROSPETTIVE DIDATTICHE
Dipartimento
MATEMATICA
Corso di studi
MATEMATICA
Relatori
relatore Prof. Favilli, Franco
Parole chiave
- calcolo mentale
- didattica
Data inizio appello
14/10/2016
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
14/10/2086
Riassunto
Nell’ambito della ricerca psicopedagogica e didattica è sempre più forte e condivisa la convinzione dell’alto valore formativo del calcolo mentale e della sua importanza per il successo degli studenti in matematica. L’originalità della nostra proposta, inserita nel molto dibattuto tema del calcolo mentale come leva dell’apprendimento matematico e dello sviluppo cognitivo in generale, consiste nell’indagare su fasce eterogenee di popolazione, per fare delle ipotesi su come si è evoluto il loro rapporto col calcolo: la parte sperimentale è un’intervistabasata su calcoli mentali effettuata su trecentocinquanta persone di età varia fra i tredici e gli ottanta anni, la cui descrizione è il cuore del presente lavoro di tesi, di cui occupa la seconda macro-sezione. La scelta di andare ad investigare come reagiscono davanti a dei calcoli a mente persone che hanno concluso da pochi o da molti anni la scuola primaria, ovvero il percorso scolastico in cui il calcolo è precipuo programma di studio,
nasce dall’ipotesi che il calcolo mentale venga da sempre coltivato poco nella scuola, a favore di algoritmi scritti, e che più recentemente sia sostituito dalla diffusione di calcolatrici tascabili. Quindi, da un lato abbiamo ipotizzato che allontanandosi dall’età scolare sia più frequente il ricorso a tecniche di calcolo personali, dall’altro che i più giovani siano più macchina-dipendenti.
Alcuni studi neurologici illustrati nel primo capitolo hanno mostrato come i processi di attivazione cerebrale coinvolti in semplici calcoli ad una cifra siano predittivi delle capacità matematiche dell’individuo a livelli molto più avanzati.
Dall’analisi di alcuni lavori in ambito medico e di Psicologia Clinica volti a investigare il ruolo della vista nell’apprendimento della matematica è scaturita nella nostra fase sperimentale una particolare attenzione agli aspetti comportamentali e del linguaggio del corpo. Dalle conclusioni in ambito medico sull’apprendimento funzionale anche in assenza di esperienza visiva abbiamo formulato e verificato le nostre ipotesi circa l’esclusione del canale visivo e/o
auditivo da parte dei nostri intervistati durante i calcoli. Questa conclusione sembra contrastare con l’auspicata didattica “sensata”, cioè che si interfacci il più possibile con le situazioni della vita reale dello studente. Il contrasto è solo apparente: se in effetti il calcolo mentale attiene al pensiero astratto, a livello motivazionale il contesto reale stimola maggiormente l’apprendimento.
Dagli studi di Psicologia Clinica consultati abbiamo, inoltre, tratto lo spunto della registrazione dei tempi di esecuzione dei calcoli, che cresce insieme alla percentuale di successi solo fino a un valore soglia.
Il lavoro si apre con un quadro teorico articolato in tre nuclei argomentativi.
Per il rapporto con gli strumenti tecnologici ci si rifà alla dialettica artefatto-strumento di Rabardel, per poi chiedersi in che modo sia possibile usare la calcolatrice come alleato e non come nemico del calcolo mentale. Passando per un doveroso focus sulle tecniche di memorizzazione delle tabelline, si giunge ad interrogarsi su come far praticare il calcolo “ragionato”, cioè un calcolo scritto visto in ottica pre-algebrica e veicolato in modo meno algoritmico e meccanico e più come uno stimolante calcolo mentale col sussidio di carta e penna.
Le teorie sull’apprendimento delle abilità di calcolo concludono la contestualizzazione delle indagini svolte.
Nell’ambito della ricerca psicopedagogica e didattica è sempre più forte e condivisa la convinzione dell’alto valore formativo del calcolo mentale e della sua importanza per il successo degli studenti in matematica, giacché l’intelligenza
numerica ha molto più a che vedere con il calcolo mentale che non col calcoloscritto.
Si può andare a lavorare sul calcolo mentale a vari livelli scolastici, visto chele motivazioni profonde che giustificano alcune “scorciatoie” talvolta si basanosu mezzi algebrici raffinati. Pertanto, l’insegnante di nessun ordine e grado può mai abdicare al cruciale ruolo di formare al pensiero critico e flessibile, nonché ́e alla creazione di ambiti di confronto e argomentazione anche fra pari. Abbiamo volutamente evitato di andare ad analizzare nello specifico alcune pratiche di aula, per evitare di cadere nella facile tentazione di elencare una serie di criticità. Ci siamo, viceversa, concentrati su alcune pratiche per noi
indispensabili, facendone solo rapida ma frequente menzione nella prima parte della tesi, volta più all’analisi dell’esistente e al quadro teorico. Si torna su alcuni espliciti percorsi didattici nella terza parte, traendo linfa dalle conclusioni della
seconda, occupata dalla sperimentazione.
nasce dall’ipotesi che il calcolo mentale venga da sempre coltivato poco nella scuola, a favore di algoritmi scritti, e che più recentemente sia sostituito dalla diffusione di calcolatrici tascabili. Quindi, da un lato abbiamo ipotizzato che allontanandosi dall’età scolare sia più frequente il ricorso a tecniche di calcolo personali, dall’altro che i più giovani siano più macchina-dipendenti.
Alcuni studi neurologici illustrati nel primo capitolo hanno mostrato come i processi di attivazione cerebrale coinvolti in semplici calcoli ad una cifra siano predittivi delle capacità matematiche dell’individuo a livelli molto più avanzati.
Dall’analisi di alcuni lavori in ambito medico e di Psicologia Clinica volti a investigare il ruolo della vista nell’apprendimento della matematica è scaturita nella nostra fase sperimentale una particolare attenzione agli aspetti comportamentali e del linguaggio del corpo. Dalle conclusioni in ambito medico sull’apprendimento funzionale anche in assenza di esperienza visiva abbiamo formulato e verificato le nostre ipotesi circa l’esclusione del canale visivo e/o
auditivo da parte dei nostri intervistati durante i calcoli. Questa conclusione sembra contrastare con l’auspicata didattica “sensata”, cioè che si interfacci il più possibile con le situazioni della vita reale dello studente. Il contrasto è solo apparente: se in effetti il calcolo mentale attiene al pensiero astratto, a livello motivazionale il contesto reale stimola maggiormente l’apprendimento.
Dagli studi di Psicologia Clinica consultati abbiamo, inoltre, tratto lo spunto della registrazione dei tempi di esecuzione dei calcoli, che cresce insieme alla percentuale di successi solo fino a un valore soglia.
Il lavoro si apre con un quadro teorico articolato in tre nuclei argomentativi.
Per il rapporto con gli strumenti tecnologici ci si rifà alla dialettica artefatto-strumento di Rabardel, per poi chiedersi in che modo sia possibile usare la calcolatrice come alleato e non come nemico del calcolo mentale. Passando per un doveroso focus sulle tecniche di memorizzazione delle tabelline, si giunge ad interrogarsi su come far praticare il calcolo “ragionato”, cioè un calcolo scritto visto in ottica pre-algebrica e veicolato in modo meno algoritmico e meccanico e più come uno stimolante calcolo mentale col sussidio di carta e penna.
Le teorie sull’apprendimento delle abilità di calcolo concludono la contestualizzazione delle indagini svolte.
Nell’ambito della ricerca psicopedagogica e didattica è sempre più forte e condivisa la convinzione dell’alto valore formativo del calcolo mentale e della sua importanza per il successo degli studenti in matematica, giacché l’intelligenza
numerica ha molto più a che vedere con il calcolo mentale che non col calcoloscritto.
Si può andare a lavorare sul calcolo mentale a vari livelli scolastici, visto chele motivazioni profonde che giustificano alcune “scorciatoie” talvolta si basanosu mezzi algebrici raffinati. Pertanto, l’insegnante di nessun ordine e grado può mai abdicare al cruciale ruolo di formare al pensiero critico e flessibile, nonché ́e alla creazione di ambiti di confronto e argomentazione anche fra pari. Abbiamo volutamente evitato di andare ad analizzare nello specifico alcune pratiche di aula, per evitare di cadere nella facile tentazione di elencare una serie di criticità. Ci siamo, viceversa, concentrati su alcune pratiche per noi
indispensabili, facendone solo rapida ma frequente menzione nella prima parte della tesi, volta più all’analisi dell’esistente e al quadro teorico. Si torna su alcuni espliciti percorsi didattici nella terza parte, traendo linfa dalle conclusioni della
seconda, occupata dalla sperimentazione.
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