Tesi etd-09122022-121727 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
CELLA, IRENE
URN
etd-09122022-121727
Titolo
Stadiazione del disturbo bipolare: ruolo della comorbidità psichiatrica e dei sintomi dello spettro dell’umore in un campione di 271 pazienti ricoverati presso la AOUP
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Carmassi, Claudia
Parole chiave
- disturbo bipolare
- stadiazione
Data inizio appello
27/09/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
27/09/2092
Riassunto
Il disturbo bipolare è un disturbo dell’umore caratterizzato dalla ricorrenza di episodi depressivi alternati a episodi di ipomania e/o mania, che sono normalmente separati da periodi di eutimia e normale funzionamento. Per la diagnosi di disturbo bipolare possiamo avvalerci dei criteri del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders nella quinta edizione (DSM-5), secondo cui possiamo distinguere un disturbo bipolare tipo 1 da un disturbo bipolare tipo 2. Nel primo caso per la diagnosi è necessaria la presenza di un episodio maniacale, mentre nel secondo caso è necessaria la presenza di un episodio ipomaniacale e di almeno un episodio depressivo maggiore, senza che ci sia mai stato un episodio maniacale.
Dal punto di vista epidemiologico ci sono molti elementi da prendere in considerazione, tra i più importanti abbiamo: la prevalenza a 12 mesi nella popolazione generale dell’1%, il caratteristico esordio tra i 20 e i 30 anni, l’ereditarietà di questo disturbo (un’ereditarietà poligenica per cui il rischio cumulativo di sviluppare il DB è dato dall’interazione di tanti polimorfismi a singolo nucleotide), correlazioni sociodemografiche per cui c’è maggiore prevalenza del disturbo bipolare in paesi ad alto reddito, aree urbane, soggetti divorziati, vedovi o single. Ci sono importanti differenze di genere nella manifestazione di questo disturbo, vediamo infatti che nelle donne c’è una maggior tendenza alla manifestazione di episodi depressivi, alla stagionalità e all’esordio più tardivo del disturbo mentre nell’uomo c’è una maggior tendenza alla manifestazione di episodi maniacali più gravi che comportano un maggior numero di ospedalizzazioni. Gli episodi misti e il DB a cicli rapidi sono più comuni nelle donne.
Dal punto di vista eziopatogenetico sappiamo che il disturbo bipolare ha eziopatogenesi multifattoriale, data dall’interazione di fattori genetici che pongono l’individuo in una condizione di suscettibilità e fattori ambientali che possono innescare la manifestazione clinica del disturbo. Nella fisiopatologia del disturbo bipolare sicuramente rientra la disregolazione neurotrasmettitoriale di molti sistemi neuronali, soprattutto quelli che utilizzano le amine biogene come neurotrasmettitori. A questo proposito noradrenalina e la dopamina, ad esempio, risultano essere aumentate nelle fasi maniacali e ridotte in quelle depressive. La serotonina, secondo l’ipotesi permissiva, favorirebbe, con una sua riduzione, la manifestazione dell’episodio dell’umore di entrambe le polarità. Infine, nel paziente bipolare, osserviamo una disregolazione dei sistemi glutammatergico e GABAergico, per cui durante le fasi sia depressive che maniacali osserviamo una riduzione della trasmissione GABAergica e un aumento della glutammatergica).
Il disturbo bipolare è un disturbo progressivo, in cui ogni episodio che si verifica rappresenta un elemento che favorisce la neuroprogressione e il peggioramento della condizione del paziente. Per queste sue caratteristiche si tratta di un disturbo che si presta ad essere descritto con una stadiazione. La stadiazione in una patologia ha lo scopo di attribuire al paziente una collocazione nella traiettoria di progressione in modo da poter fare una diagnosi precoce e correlare una giusta prognosi e il migliore trattamento possibile al singolo paziente in relazione allo stadio in cui si trova.
La presente tesi prende in analisi le due principali stadiazioni ad oggi presenti per il disturbo bipolare: la stadiazione di Berk e quella di Kapczinski che si basano rispettivamente sulla ricorrenza degli episodi e sul funzionamento interepisodico nei pazienti. Tra le due stadiazioni è presente una bassa associazione, questo indica come ognuna rifletta un aspetto differente del disturbo bipolare e che potrebbe essere utile creare un modello unificato delle i due stadiazioni.
I soggetti presi in analisi sono 271 pazienti reclutati presso l’A.O.U.P di Psichiatria 1, durante il loro periodo di degenza. A questi pazienti è stato somministrato il MOODS-SR, per indagare lo spettro dell’umore e sono state raccolte, per ogni paziente, variabili demografiche, cliniche e comorbidità psichiatriche. I pazienti sono stati poi suddivisi in stadi. È stata usata la stadiazione di Berk secondo Van der Markt et al. che è stata utilizzata per la prima volta per un campione di pazienti tedeschi con disturbo bipolare tipo 1. In questo campione c’era una grande numerosità nello stadio 3C, che quindi è stato suddiviso in sottostadi.
Con il nostro studio è stato possibile osservare l’andamento di vari indici di gravità. Tra quelli considerati abbiamo alcune variabili sociodemografiche e cliniche, le comorbidità psichiatriche e i risultati del questionario MOODS-SR. Lo scopo di ciò era andare a valutare se la stadiazione di Berk secondo Van der Mark et al. fosse valida anche per il nostro campione italiano di pazienti con disturbo bipolare tipo 1 e tipo 2. Per fare ciò è stato osservato l’andamento dei diversi indici di gravità considerati con il variare degli stadi e per molti di essi è stato osservato un trend in aumento che confermerebbe la validità della stadiazione.
Dal punto di vista epidemiologico ci sono molti elementi da prendere in considerazione, tra i più importanti abbiamo: la prevalenza a 12 mesi nella popolazione generale dell’1%, il caratteristico esordio tra i 20 e i 30 anni, l’ereditarietà di questo disturbo (un’ereditarietà poligenica per cui il rischio cumulativo di sviluppare il DB è dato dall’interazione di tanti polimorfismi a singolo nucleotide), correlazioni sociodemografiche per cui c’è maggiore prevalenza del disturbo bipolare in paesi ad alto reddito, aree urbane, soggetti divorziati, vedovi o single. Ci sono importanti differenze di genere nella manifestazione di questo disturbo, vediamo infatti che nelle donne c’è una maggior tendenza alla manifestazione di episodi depressivi, alla stagionalità e all’esordio più tardivo del disturbo mentre nell’uomo c’è una maggior tendenza alla manifestazione di episodi maniacali più gravi che comportano un maggior numero di ospedalizzazioni. Gli episodi misti e il DB a cicli rapidi sono più comuni nelle donne.
Dal punto di vista eziopatogenetico sappiamo che il disturbo bipolare ha eziopatogenesi multifattoriale, data dall’interazione di fattori genetici che pongono l’individuo in una condizione di suscettibilità e fattori ambientali che possono innescare la manifestazione clinica del disturbo. Nella fisiopatologia del disturbo bipolare sicuramente rientra la disregolazione neurotrasmettitoriale di molti sistemi neuronali, soprattutto quelli che utilizzano le amine biogene come neurotrasmettitori. A questo proposito noradrenalina e la dopamina, ad esempio, risultano essere aumentate nelle fasi maniacali e ridotte in quelle depressive. La serotonina, secondo l’ipotesi permissiva, favorirebbe, con una sua riduzione, la manifestazione dell’episodio dell’umore di entrambe le polarità. Infine, nel paziente bipolare, osserviamo una disregolazione dei sistemi glutammatergico e GABAergico, per cui durante le fasi sia depressive che maniacali osserviamo una riduzione della trasmissione GABAergica e un aumento della glutammatergica).
Il disturbo bipolare è un disturbo progressivo, in cui ogni episodio che si verifica rappresenta un elemento che favorisce la neuroprogressione e il peggioramento della condizione del paziente. Per queste sue caratteristiche si tratta di un disturbo che si presta ad essere descritto con una stadiazione. La stadiazione in una patologia ha lo scopo di attribuire al paziente una collocazione nella traiettoria di progressione in modo da poter fare una diagnosi precoce e correlare una giusta prognosi e il migliore trattamento possibile al singolo paziente in relazione allo stadio in cui si trova.
La presente tesi prende in analisi le due principali stadiazioni ad oggi presenti per il disturbo bipolare: la stadiazione di Berk e quella di Kapczinski che si basano rispettivamente sulla ricorrenza degli episodi e sul funzionamento interepisodico nei pazienti. Tra le due stadiazioni è presente una bassa associazione, questo indica come ognuna rifletta un aspetto differente del disturbo bipolare e che potrebbe essere utile creare un modello unificato delle i due stadiazioni.
I soggetti presi in analisi sono 271 pazienti reclutati presso l’A.O.U.P di Psichiatria 1, durante il loro periodo di degenza. A questi pazienti è stato somministrato il MOODS-SR, per indagare lo spettro dell’umore e sono state raccolte, per ogni paziente, variabili demografiche, cliniche e comorbidità psichiatriche. I pazienti sono stati poi suddivisi in stadi. È stata usata la stadiazione di Berk secondo Van der Markt et al. che è stata utilizzata per la prima volta per un campione di pazienti tedeschi con disturbo bipolare tipo 1. In questo campione c’era una grande numerosità nello stadio 3C, che quindi è stato suddiviso in sottostadi.
Con il nostro studio è stato possibile osservare l’andamento di vari indici di gravità. Tra quelli considerati abbiamo alcune variabili sociodemografiche e cliniche, le comorbidità psichiatriche e i risultati del questionario MOODS-SR. Lo scopo di ciò era andare a valutare se la stadiazione di Berk secondo Van der Mark et al. fosse valida anche per il nostro campione italiano di pazienti con disturbo bipolare tipo 1 e tipo 2. Per fare ciò è stato osservato l’andamento dei diversi indici di gravità considerati con il variare degli stadi e per molti di essi è stato osservato un trend in aumento che confermerebbe la validità della stadiazione.
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