Tesi etd-09122018-105220 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
MATTEONI, ALESSIA
URN
etd-09122018-105220
Titolo
La tutela della professionalità del lavoratore subordinato nel nuovo art. 2103 c.c.
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Albi, Pasqualino
Parole chiave
- art. 2103 c.c.
- inquadramento
- jus variandi
- mansioni
- tutela della professionalità
Data inizio appello
08/10/2018
Consultabilità
Completa
Riassunto
Con il presente elaborato si è inteso analizzare la disciplina del mutamento di mansioni come riscritta dall’art. 3 del d.lgs. n. 81/2015 ponendosi come obiettivo quello di indagare come nell’ambito del nuovo art. 2103 c.c. venga realizzata la tutela della professionalità del lavoratore.
La tutela della professionalità ha fatto il suo ingresso nel rapporto di lavoro con l’art. 13 dello Statuto dei Lavoratori, il quale era stato scritto per porre rimedio all’ineffettività che presentava l’originaria formulazione dell’art. 2103 c.c. dalla quale il prestatore di lavoro riceveva una tutela debolissima.
La norma, in realtà, non faceva alcun riferimento alla professionalità, ma che quella fosse la sua ratio politico-giuridica lo si è desunto, oltre che dalla collocazione dell’art. 13 nel Titolo I dello Statuto dei Lavoratori, rubricato “Della libertà e dignità del lavoratore”, anche dalla rigida delimitazione dello jus variandi alle sole mansioni equivalenti o superiori.
L’art. 2103 c.c. così modificato è rimasto in vigore per quarantacinque anni, fino a quando il legislatore del 2015 con l’art. 3 del d.lgs. n. 81/2015 ha completamente riscritto la disciplina delle mansioni, abrogando l’art. 13 St. Lav. e riportando l’art. 2103 c.c. nell’unico contenitore del libro V del Codice Civile.
Il d.lgs. n. 81/2015 ha così consegnato al nostro ordinamento una norma che ad una prima lettura si pone in netto contrasto con la precedente formulazione e che prima facie sembra operare un ampliamento delle prerogative manageriali a detrimento proprio della tutela della professionalità.
Al fine di meglio comprendere la portata della novella, si è proceduto prima con l’analisi di quella che è stata l’evoluzione interpretativa, giurisprudenziale e dottrinale del “vecchio” art. 2103 c.c. nel suo quasi mezzo secolo di vigenza, poi si è operato un raffronto con la nuova disciplina legale. Il tutto tenendo ben presente i cambiamenti che hanno caratterizzato il mondo del lavoro in tutti questi anni.
Nel primo capitolo si sono fornite alcune nozioni introduttive utili ai fini dello studio della materia; i successivi tre capitoli sono stati invece dedicati ad un’analisi più approfondita della mobilità orizzontale, della mobilità verso il basso e della mobilità verticale verso l’alto come disciplinate dall’art. 13, l. n. 300/1970 e dal “nuovo” art. 2103 c.c.
Si è visto così che se ad una prima lettura le due norme sembrano tra loro molto “distanti”, in realtà molte sono le linee di continuità tra il nuovo art. 2103 c.c. e l’interpretazione che la giurisprudenza aveva dato negli anni al testo del vecchio articolo.
Dalla trattazione è emerso come il concetto di professionalità (una volta individuato il suo "nucleo duro" quale insieme di conoscenze, abilità, esperienze che rappresentano il patrimonio personale distintivo della dignità del lavoratore subordinato) sia un concetto "fluido e indeterminato" che soggiace alle mutevoli dinamiche del contesto economico e sociale, delle regole organizzative nonché alla continua evoluzione tecnologica.
Si è descritto così il passaggio dalla tutela della professionalità "acquisita" alla tutela della professionalità "classificata"; da una professionalità intesa come valore-diritto forte come nella trama dell'art. 13 St. Lav. ad una professionalità concepita come valore-diritto debole: una professionalità che nella nuova trama legale cede il passo non solo ad esigenze considerate “superiori” del datore (esigenze di flessibilità gestionale) ma anche ad “altre” esigenze dello stesso lavoratore (che sono essenzialmente l’interesse all’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità, e al miglioramento delle condizioni di vita); una professionalità se vogliamo anch’essa “flessibile”, capace di adattarsi al nuovo lavoro che cambia.
L'ultimo capitolo infine è stato dedicato ad un'analisi delle tecniche di tutela offerte dall'ordinamento al lavoratore in caso di mutamento illegittimo delle mansioni da parte del datore.
La tutela della professionalità ha fatto il suo ingresso nel rapporto di lavoro con l’art. 13 dello Statuto dei Lavoratori, il quale era stato scritto per porre rimedio all’ineffettività che presentava l’originaria formulazione dell’art. 2103 c.c. dalla quale il prestatore di lavoro riceveva una tutela debolissima.
La norma, in realtà, non faceva alcun riferimento alla professionalità, ma che quella fosse la sua ratio politico-giuridica lo si è desunto, oltre che dalla collocazione dell’art. 13 nel Titolo I dello Statuto dei Lavoratori, rubricato “Della libertà e dignità del lavoratore”, anche dalla rigida delimitazione dello jus variandi alle sole mansioni equivalenti o superiori.
L’art. 2103 c.c. così modificato è rimasto in vigore per quarantacinque anni, fino a quando il legislatore del 2015 con l’art. 3 del d.lgs. n. 81/2015 ha completamente riscritto la disciplina delle mansioni, abrogando l’art. 13 St. Lav. e riportando l’art. 2103 c.c. nell’unico contenitore del libro V del Codice Civile.
Il d.lgs. n. 81/2015 ha così consegnato al nostro ordinamento una norma che ad una prima lettura si pone in netto contrasto con la precedente formulazione e che prima facie sembra operare un ampliamento delle prerogative manageriali a detrimento proprio della tutela della professionalità.
Al fine di meglio comprendere la portata della novella, si è proceduto prima con l’analisi di quella che è stata l’evoluzione interpretativa, giurisprudenziale e dottrinale del “vecchio” art. 2103 c.c. nel suo quasi mezzo secolo di vigenza, poi si è operato un raffronto con la nuova disciplina legale. Il tutto tenendo ben presente i cambiamenti che hanno caratterizzato il mondo del lavoro in tutti questi anni.
Nel primo capitolo si sono fornite alcune nozioni introduttive utili ai fini dello studio della materia; i successivi tre capitoli sono stati invece dedicati ad un’analisi più approfondita della mobilità orizzontale, della mobilità verso il basso e della mobilità verticale verso l’alto come disciplinate dall’art. 13, l. n. 300/1970 e dal “nuovo” art. 2103 c.c.
Si è visto così che se ad una prima lettura le due norme sembrano tra loro molto “distanti”, in realtà molte sono le linee di continuità tra il nuovo art. 2103 c.c. e l’interpretazione che la giurisprudenza aveva dato negli anni al testo del vecchio articolo.
Dalla trattazione è emerso come il concetto di professionalità (una volta individuato il suo "nucleo duro" quale insieme di conoscenze, abilità, esperienze che rappresentano il patrimonio personale distintivo della dignità del lavoratore subordinato) sia un concetto "fluido e indeterminato" che soggiace alle mutevoli dinamiche del contesto economico e sociale, delle regole organizzative nonché alla continua evoluzione tecnologica.
Si è descritto così il passaggio dalla tutela della professionalità "acquisita" alla tutela della professionalità "classificata"; da una professionalità intesa come valore-diritto forte come nella trama dell'art. 13 St. Lav. ad una professionalità concepita come valore-diritto debole: una professionalità che nella nuova trama legale cede il passo non solo ad esigenze considerate “superiori” del datore (esigenze di flessibilità gestionale) ma anche ad “altre” esigenze dello stesso lavoratore (che sono essenzialmente l’interesse all’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità, e al miglioramento delle condizioni di vita); una professionalità se vogliamo anch’essa “flessibile”, capace di adattarsi al nuovo lavoro che cambia.
L'ultimo capitolo infine è stato dedicato ad un'analisi delle tecniche di tutela offerte dall'ordinamento al lavoratore in caso di mutamento illegittimo delle mansioni da parte del datore.
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