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Questo lavoro si pone come obiettivo l'esame, in una prospettiva storico-antropologica, delle forme e dei significati dell'uso della legge come prova nella pratica giudiziaria ateniese di età classica. Lo studio assume come punto di partenza alcune considerazioni sulla natura della legge e del complesso giuridico ateniese, da una parte, e sui tratti caratteristici dell'agone giudiziario, dall'altra: da simili considerazioni emergono, infatti, le potenzialità intrinseche alla legge che ne rendono possibile un utilizzo a fini probatori e argomentativi e soprattutto, in alcuni casi, uno sfruttamento retorico. In costante dialogo con la teoria retorica aristotelica, sono state esplorate le diverse modalità concrete attraverso le quali il νόμος trova spazio nel corpo di un’orazione, cercando di individuarne le tipologie principali (la lettura, la citazione, il commento interpretativo), le differenze di applicazione tra una forma e l’altra, il margine manipolatorio che esse forniscono e le principali argomentazioni alle quali danno origine. A partire da una scansione dell'intero corpus demosthenicum, lo studio empirico si concentra su tre orazioni significative (Dem., 37; Dem., 39; Dem., 43), nelle quali si rintracciano le principali tendenze applicative della legge come πίστις e la loro portata persuasiva.