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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09102014-165001


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
BARSACCHI, NICOLA
URN
etd-09102014-165001
Titolo
Restituire dignità alla comunità attraverso la restituzione dei beni confiscati alle mafie. La riflessione sui beni comuni applicata alla nuova normativa antimafia
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Pellecchia, Enza
correlatore Prof. Fioritto, Alfredo
Parole chiave
  • antimafia
  • beni comuni
  • beni confiscati
Data inizio appello
10/10/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
A più di trent’anni dall’entrata in vigore della legge 13 settembre 1982 n. 646, nota come “legge Rognoni- La Torre” costituente il vero e proprio spartiacque in materia di contrasto alla criminalità organizzata di tipo mafioso - in quanto introduttiva da un lato della fattispecie di cui all’art. 416-bis del c.p., dall’altro dell’obbligatorietà della confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego – molti passi avanti sono stati fatti dalle istituzioni e dal legislatore, nello strutturare una politica di contrasto che, oltre a mirare alla repressione personale dei membri del sodalizio criminoso (identificazione e condanna) colpisce il nocciolo duro del loro potere, le risorse economiche e finanziarie. Significativo è che sia una legge di iniziativa popolare, la legge n. 109 del 1996, ad introdurre la possibile destinazione ad uso sociale dei beni immobili oggetto di confisca definitiva, attraverso il trasferimento degli stessi a patrimonio preferibilmente del comune cui il bene inerisce e in via sussidiaria a quello della provincia o della regione, i quali possono gestire direttamente i beni (anche consorziandosi o attraverso associazioni) o assegnarli in concessione a comunità anche giovanili, ad enti, associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali, organizzazioni di volontariato, cooperative sociali, comunità terapeutiche o centri di recupero e cura dei tossicodipendenti, nonché alle associazioni di promozione ambientale. La legge n.109 ha incontrato, negli anni immediatamente successivi alla sua emanazione, difficoltà applicative amplissime dovute essenzialmente all’elevato numero di soggetti coinvolti nel procedimento di destinazione, e alla loro inefficienza; problematiche solo parzialmente risolte dal terzo grande pilastro normativo caratterizzante la nostra riflessione, il D.L.n.4 del 2010. L’obiettivo era creare un soggetto in grado da un lato, di garantire una collaborazione con l’autorità giudiziaria in una fase precedente il provvedimento di confisca definitiva, dall’altro di assumere la gestione diretta del bene oggetto di provvedimento ablativo, per procedere ad una destinazione in tempi relativamente brevi, mantenendo una fondamentale funzione di vigilanza e controllo anche in una fase successiva a quella di destinazione: nasce l’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Esigenze di razionalizzazione della materia hanno portato all’emanazione del d.lgs. 6 Settembre 2011, n. 159 (c.d. Codice Antimafia), subito criticato da larga parte della dottrina e oggetto di due interventi correttivi, il d.lgs. n.218 del 2012 e la legge n.228 del 2012.
L’obiettivo del presente lavoro è duplice: ricostruire il percorso che il bene oggetto di confisca definitiva compie, per divenire da simbolo del potere mafioso sul territorio a strumento di opportunità di riscatto sociale per i membri della comunità cui lo stesso inerisce e di educazione alla legalità da un lato, e verificare se il quadro normativo di riferimento permetta di applicare al dominio dei beni immobili confiscati e trasferiti per finalità sociali (introdotto dalla legge n.109 e confermato dal Codice Antimafia) la categoria dei beni comuni, ricostruita abbracciando una prospettiva de iure condito di analisi.
Al fine del raggiungimento del primo obiettivo, l’elaborato proporrà un’analisi preliminare della fattispecie di cui all’art. 416-bis, con particolare attenzione agli elemento del metodo mafioso e della forza del vincolo associativo; seguirà poi un’analisi delle principali teorie sociologiche aventi ad oggetto il tema mafia, poiché il legislatore dimostra essere da esse influenzato inserendo - all’interno della fattispecie sopra richiamata - l’elemento dell’omertà, con una panoramica sulla trasformazione del fenomeno mafioso, con particolare attenzione ai nuovo settori di investimento criminale.
Successivamente il lavoro proporrà un’ analisi delle varie tipologie di confisca esistenti nel nostro ordinamento; in particolare ci si soffermerà sulla c.d. confisca allargata ex art. 12-sexies del D.L. n.306 del 1992, e sulla c.d. confisca di prevenzione, oggetto di revisione ad opera del D.L. n. 92 del 2008 - convertito con modificazioni in legge n. 125 del 2008 - e della legge n.94 dl 2009; seguirà un analisi della Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata incentrata da un lato, sulla ricostruzione della sua struttura e organizzazione nonché delle sue relazioni e collaborazioni con altri soggetti pubblici e privati convolti nel procedimento, dall’altro sulle funzioni che essa svolge nelle varie fasi.
Al fine del raggiungimento del secondo obiettivo sopraindicato, si proporrà una distinzione fra bene e servizio che sullo stesso si innesta, cercando nei meandri del terzo settore figure che senza perseguire uno scopo meramente egoistico, e attraverso modalità di gestione condivisa e partecipativa, siano in grado di sfruttarne tutto il potenziale produttivo. Infine ci chiederemo se un bene confiscato non sia, mediante la sola garanzia del libero accesso, di per sé (senza la necessaria interazione di un servizio che sullo stesso si innesta) in grado di esprimere un utilità destinata al soddisfacimento di diritti fondamentali della persona: si crede infatti che la mera apertura degli immobili - prima simbolo del potere mafioso - alla comunità cui ineriscono, possa essere fonte di forza propulsiva nuova, contribuendo ad alimentare una politica di contrasto alla criminalità di tipo mafioso che postuli una partecipazione della cittadinanza attiva; è infatti compito dello Stato in quanto amministratore della giustizia creare le condizione idonee all’esercizio di un postulato diritto alla collaborazione della comunità di riferimento con l’autorità giudiziaria, abbattendo quella barriera dell’omertà, che si atteggia come elemento caratterizzante l’influenza mafiosa sul territorio, e che lo stesso legislatore include all’interno della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 416-bis.

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