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Archivio digitale delle tesi discusse presso l'Università di Pisa

Tesi etd-09102013-084003


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
AMMATURO, STELLA
URN
etd-09102013-084003
Titolo
L'oeil e o fingidor. Studio sulle affinita ignorate tra Paul Valery e Fernando Pessoa.
Dipartimento
FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA
Corso di studi
LETTERATURE E FILOLOGIE EUROPEE
Relatori
relatore Sanna, Antonietta
correlatore Tocco, Valeria
Parole chiave
  • Valéry
  • Pessoa
Data inizio appello
30/09/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Dopo aver indagato le affinità ignorate tra Paul Valéry e Fernando Pessoa, eccoci giunti alle conclusioni e al congedo.
Questo lavoro ha voluto esplorare con appassionata curiosità l’universo letterario creato da due autori assai influenti nei diversi contesti culturali in cui hanno operato. Tanto Valéry quanto Pessoa sono state due personalità molto forti, capaci di costruire il loro spazio nella storia della letteratura e di influenzare intere generazioni.
Il Portogallo è stato a lungo considerato la periferia della letteratura europea ma uno scrittore come Pessoa è riuscito a riscattare il suo Paese con uno stile unico nel suo genere. L’eteronimia pessoana risente di tutta la letteratura del passato, dagli autori classici ai più contemporanei, ma è stata portata in scena in modo del tutto originale. Mai nessuno aveva lavorato così tanto su se stesso da riuscire a costruire, sul palcoscenico della propria anima, una commedia della letteratura così ben strutturata da sembrare vera.
In Francia, invece, Valéry è colui che proseguendo il cammino di ripresa iniziato dai suoi maestri: Poe, Baudelaire, Mallarmé, arriva a proporre una letteratura capace di coniugare perfettamente scienza e arte. Dove per scienza s’intende la capacità di architettare una poesia basandosi su precise regole e per arte la capacità di dare voce alla conoscenza nativa e di sondare gli angoli bui della mente umana.
Nel primo capitolo, abbiamo provato a mostrare come Pessoa s’inserisca, in maniera eccentrica, nel processo di filiazione che parte da Poe, passa per Baudelaire, si dirama nei due filoni del simbolismo più attento all’ispirazione di Rimbaud e Verlaine e del simbolismo più attento alla composizione di Mallarmé, sino ad arrivare a Valéry, che generò Teste, ma anche il surrealismo e l’Oulipo.
L’eccentricità di Pessoa sta nel fatto che nei suoi tentativi di appropriarsi degli insegnamenti di Poe, egli tentò di conciliare il genio con la composizione, l’ispirazione e la vena “architettonica”.
Nel secondo capitolo, ci siamo soffermati su un altro aspetto innovativo che rende comparabili Valéry e Pessoa. Entrambi hanno provato a vedere se stessi allo specchio e a mettere in scena, nei loro scritti, un dialogo con l’alterità che era in sé nelle sue diverse declinazioni: l’altro di sé, l’altro sé, l’altro da sé. Entrambi rifiutano di essere “uno” e cercano di escogitare i modi per restituire una qualche forma di vita alla molteplicità di cui si sentono costituiti.
Tuttavia, si è dimostrato come i due procedano diversamente: nel suo processo d’introspezione e autocoscienza, Valéry trasforma personaggi storici e miti antichi in frammenti del proprio sé; mentre Pessoa frammenta il proprio io in mille pezzi concedendo a ciascuno un pizzico di realtà. Valéry procede dall’esterno all’interno, trasformando ciò che è storico e reale in proiezioni del proprio sé. Pessoa procede dall’interno all’esterno, trasformando parti di sé in esponenti reali di tutta una letteratura.
Nel terzo capitolo, siamo andati alla ricerca delle caratteristiche che rendono affini il maestro di Pessoa ortonimo e degli altri eteronimi maggiori, Alberto Caeiro, e l’unico mito che Valéry non recupera dalla storia della letteratura o della mitologica greco-latina: Monsieur Teste. Abbiamo così avuto modo di soffermarci sulla critica che entrambi muovono al linguaggio ordinario e sulla predilezione di Valéry/Teste per la sfera del puro pensare e di Pessoa/Alberto Caeiro per quella del puro sentire.
Il risultato più importante conseguito dall’intera ricerca è stato quello di vedere nell’occhio l’agente che guida la creazione della finzione con scopi autocoscienti. Sia Valéry sia Pessoa scorgono nell’atto del vedere il luogo in cui, al contempo, si crea la distanza fra sé e sé e si offre la possibilità di vedersi vedersi.
L’œil è “o fingidor”. Questa è la tesi che ci sentiamo di attribuire a due esperienze letterarie che si interrogano sul modo in cui si vede l’artista quando prova a comprendere se stesso allestendo una finzione.
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