Tesi etd-09082023-125723 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
TOSTO, SIMONA
URN
etd-09082023-125723
Titolo
Valutazione dell'emogasanalisi cordonale in neonati con restrizione di crescita intrauterina
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Filippi, Luca
correlatore Prof.ssa Scaramuzzo, Rosa Teresa
correlatore Prof.ssa Scaramuzzo, Rosa Teresa
Parole chiave
- effetto Warburg
- ipossia
- IUGR
- neonato
- placenta
Data inizio appello
26/09/2023
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
26/09/2026
Riassunto
Il concetto di restrizione di crescita intrauterina (IUGR, intrauterine growth restriction) si riferisce ad un feto che non ha raggiunto il suo ottimale target di crescita. Questo termine è stato a lungo utilizzato come sinonimo di piccolo per età gestazionale (SGA, small for gestational age). Tuttavia, le due condizioni non sono necessariamente coincidenti. L’incidenza dei neonati IUGR è tra il 3-7% di tutte le gravidanze. Stabilire una diagnosi accurata della restrizione di crescita intrauterina è fondamentale sia nella clinica ostetrica per migliorare l’identificazione di feti ad aumentato rischio di esiti perinatali avversi, sia nelle indagini scientifiche per standardizzare i concetti e consentire ulteriori scoperte. I feti con restrizione di crescita intrauterina presentano un aumento della mortalità e della morbidità perinatale. Tuttavia, si assiste anche ad un maggior rischio di complicanze a lungo termine, tra cui disturbi del neurosviluppo, alterazione della funzionalità polmonare e prematuro sviluppo di patologie cardiovascolari.
Il feto e l’embrione, nelle prime fasi della gravidanza, sono soggetti ad un ambiente fisiologicamente ipossico. Il livello di ipossia è variabile nelle varie fasi della gravidanza. Infatti, durante le prime settimane di gestazione lo sviluppo placentare consente l’aumento della disponibilità di ossigeno all’unità feto-placentare, che raggiungerà un picco intorno alla 16esima settimana di gestazione. La condizione di ipossia a cui è sottoposto il feto per gran parte del suo sviluppo, con un andamento variabile, viene definita fisiologica. Infatti, riveste un ruolo chiave nel consentire la proliferazione e la differenziazione cellulare alla base della morfogenesi e dell’embriogenesi. Negli animali l’energia necessaria per i processi vitali è fornita principalmente dalla respirazione cellulare. Grazie alla combustione di carboidrati, grassi e proteine, si ottiene ATP, ovvero energia. La respirazione cellulare, in presenza di ossigeno, consta di tre fasi: la glicolisi aerobia, il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa. La glicolisi consente di ottenere da due molecole di glucosio, 32 molecole di ATP. In condizioni anaerobiche, invece, si ha la produzione di sole 2 molecole di ATP. Il metabolismo aerobico, pertanto, rende molto di più in termini energetici. In condizioni ipossiche si instaurano tuttavia diverse strategie di adattamento per consentire il mantenimento dell’omeostasi dell’ossigeno. L’effetto Warburg, centrale nel nostro studio, descrive una condizione di switch metabolico dalla fosforilazione ossidativa alla glicolisi aerobica. Tale effetto è caratteristico delle cellule tumorali, dove infatti venne riscontrato per la prima volta da Otto Heinrich Warburg. Tale orientamento metabolico, sebbene non favorevole dal punto di vista energetico perché capace di garantire una produzione di ATP inferiore, tuttavia, consente di sostenere altre esigenze cellulari, quali la necessità di una elevata proliferazione cellulare. La placenta è un organo che svolge un ruolo centrale nella gravidanza, comunemente presente nei mammiferi. Pur essendo tra gli organi più importanti del corpo umano, la placenta, risulta essere poco conosciuta. L’ipossia che caratterizza le prime settimane di gravidanza è fondamentale per lo sviluppo placentare, ma il processo di placentizzazione favorisce l’aumento della disponibilità di ossigeno all’unità feto-placentare. La fornitura di ossigeno al feto dipende principalmente dal contenuto di ossigeno nel sangue materno, in quanto il trasferimento avviene per diffusione. Alla fine del primo trimestre, l’ambiente intrauterino, subisce un profondo cambiamento, grazie allo sviluppo della circolazione arteriosa materna. Il conseguente aumento della concentrazione di ossigeno rappresenta uno stimolo rilevante per il rimodellamento dei villi. Vari elementi stressogeni, in questa fase, possono influenzare la crescita placentare e indurre stress ossidativo placentare. Strettamente correlato a quest’ultimo è lo stress del reticolo endoplasmatico, che ha un ruolo chiave proprio nella fisiopatologia della restrizione di crescita intrauterina affrontata nel nostro studio. Nelle gravidanze con compromissione dell’invasione del trofoblasto, si potrebbe avere un inizio precoce della circolazione. Quanto detto porterebbe ad una regressione villosa eccesiva, con conseguente forma placentare anormale e inserimento del cordone ombelicale eccentrico.
L’obiettivo principale di questo studio è analizzare, attraverso lo studio dell’emogasanalisi cordonale, le alterazioni dell’ossigenazione nei feti con restrizione di crescita intrauterina. La nostra ipotesi è che placente poco perfuse si organizzino inducendo una riprogrammazione metabolica che sfrutti l’effetto Warburg. Questa riprogrammazione placentare, se da un lato tutelerebbe il feto in quanto permetterebbe un minor consumo di ossigeno che verrebbe pertanto risparmiato per il feto, dall’altro comporterebbe un maggior consumo di glucosio che verrebbe pertanto reso meno disponibile per il feto. Se da un lato questa riprogrammazione metabolica pertanto consentirebbe al feto di essere meno ipossico, lo renderebbe però più ipoglicemico, e questo determinerebbe il ritardo di crescita.
Lo studio è stato condotto nell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa. I campioni di sangue del cordone ombelicale sono stati raccolti immediatamente dopo la nascita, a seguito del clampaggio del cordone, dall’arteria e dalla vena ombelicale, utilizzando siringhe eparinate.
Sono stati valutati i dati relativi all’emogasanalisi cordonale arteriosa e venosa nei neonati con IUGR e con normale crescita (controlli). La popolazione analizzata è stata, poi, suddivisa in due gruppi, in base all’epoca gestazionale al momento del parto: gruppo A (nati pretermine) e gruppo B, (nati a termine).
Nel gruppo di neonati pretermine (gruppo A), i valori dei campioni ombelicali hanno mostrato nei neonati con IUGR rispetto ai controlli un minore livello, sia venoso che arterioso, di pO2, di SaO2, e di glucosio, ma un maggiore di lattato e pCO2. Questa condizione di maggiore ipossia è confermata anche dai più elevati valori di emoglobina.
Nel gruppo di neonati a termine (gruppo B), invece, tali differenze sembrano assottigliarsi. E’ possibile apprezzare, infatti, solo un minore livello venoso di pO2 e di SaO2, senza ulteriori sostanziali differenze.
Le differenze osservate tra l’emogasanalisi cordonale dei neonati con IUGR e controlli dimostrano, nei neonati pretermine, un evidente minor apporto fetale di ossigeno e di glucosio a fronte di un maggior apporto di CO2 e lattato. Questi dati, pertanto, confermano l’ipotesi che la placenta subisca un processo di riprogrammazione metabolica compatibile con la attivazione dell’effetto Warburg. Questo effetto, invece, pare essere molto minore nelle gravidanze a termine. Alterazioni dello sviluppo placentare possono essere l’elemento causale di patologie come la restrizione di crescita intrauterina. In questi casi, infatti, si può osservare dimensioni della placenta ridotte oltre che una compromissione della vascolarizzazione. Oltre alle anomalie macroscopiche è possibile osservare anche delle alterazioni microscopiche che determinano una riduzione dello spazio disponibile per gli scambi e per la perfusione fetale. I dati osservati nei neonati pretermine suggeriscono che la scarsa perfusione placentare induca una riprogrammazione metabolica che spinge il tessuto placentare ad utilizzare maggiormente il metabolismo glicolitico a fronte del metabolismo ossidativo. Questo shift metabolico ha evidentemente un costo, duplice: da un lato, infatti, la resa in termine di ATP è decisamente minore, per cui per ottenere quantità di ATP analoghe a quelle che si sarebbero ottenute utilizzando la fosforilazione ossidativa, la placenta è costretta ad aumentare vertiginosamente il consumo di glucosio. Questo aumentato consumo placentare di glucosio comporta però, evidentemente, una importante conseguenza sul fronte fetale, poiché al feto giunge un sangue in gran parte deprivato di glucosio. Questo minor apporto di glucosio è responsabile, a sua volta, della ridotta crescita fetale. Questo rimodellamento però rappresenta al tempo stesso una strategia di protezione per il feto. La preferenza placentare per un metabolismo glicolitico a fronte di un metabolismo incentrato sulla fosforilazione ossidativa infatti riduce sensibilmente il consumo placentare di ossigeno. Questo significa che placente meno perfuse, che già cioè ricevono una quantità di ossigeno inferiore alla norma, adottando questo shift metabolico riducono in modo sensibile il proprio consumo di ossigeno, che viene così preservato per il feto, la cui ipossia è pertanto limitata. Il riconoscimento che placente ipoperfuse adottino strategie di rimodellamento metabolico per proteggere il feto apre importanti scenari alla luce delle recenti scoperte del ruolo di un recettore beta adrenergico (il recettore adrenergico β3) nella vita embrionale, nello sviluppo placentare e nella modulazione metabolica. E’ noto infatti che i β3ARs sono espressi nell’utero, che si upregolano in condizioni di ipossia e quindi nell’utero gravidico, e che è dimostrato siano coinvolti nella riprogrammazione metabolica. Un recente studio infatti ha dimostrato che i β3ARs inducono tappe enzimatiche della glicolisi, inibiscono la fosforilazione ossidativa, e promuovono l’estrusione extracellulare di lattato. Insomma, dati recenti di letteratura dimostrano un piano coinvolgimento di questi recettori nella riprogrammazione metabolica. E’ pertanto evidente che i risultati di questa tesi suggeriscono di approfondire, in studi successivi, il ruolo svolto da questi recettori nello shift metabolico dello IUGR. Il nostro studio ha individuato la presenza di significative differenze tra l’emogasanalisi cordonale di neonati con IUGR e neonati controllo. Tali alterazioni appaiono attribuibili all’effetto Warburg a livello placentare. In futuro saranno necessari studi approfonditi a livello del tessuto placentare per cercare di comprendere con quali meccanismi molecolari avvenga questa riprogrammazione metabolica.
Il feto e l’embrione, nelle prime fasi della gravidanza, sono soggetti ad un ambiente fisiologicamente ipossico. Il livello di ipossia è variabile nelle varie fasi della gravidanza. Infatti, durante le prime settimane di gestazione lo sviluppo placentare consente l’aumento della disponibilità di ossigeno all’unità feto-placentare, che raggiungerà un picco intorno alla 16esima settimana di gestazione. La condizione di ipossia a cui è sottoposto il feto per gran parte del suo sviluppo, con un andamento variabile, viene definita fisiologica. Infatti, riveste un ruolo chiave nel consentire la proliferazione e la differenziazione cellulare alla base della morfogenesi e dell’embriogenesi. Negli animali l’energia necessaria per i processi vitali è fornita principalmente dalla respirazione cellulare. Grazie alla combustione di carboidrati, grassi e proteine, si ottiene ATP, ovvero energia. La respirazione cellulare, in presenza di ossigeno, consta di tre fasi: la glicolisi aerobia, il ciclo di Krebs e la fosforilazione ossidativa. La glicolisi consente di ottenere da due molecole di glucosio, 32 molecole di ATP. In condizioni anaerobiche, invece, si ha la produzione di sole 2 molecole di ATP. Il metabolismo aerobico, pertanto, rende molto di più in termini energetici. In condizioni ipossiche si instaurano tuttavia diverse strategie di adattamento per consentire il mantenimento dell’omeostasi dell’ossigeno. L’effetto Warburg, centrale nel nostro studio, descrive una condizione di switch metabolico dalla fosforilazione ossidativa alla glicolisi aerobica. Tale effetto è caratteristico delle cellule tumorali, dove infatti venne riscontrato per la prima volta da Otto Heinrich Warburg. Tale orientamento metabolico, sebbene non favorevole dal punto di vista energetico perché capace di garantire una produzione di ATP inferiore, tuttavia, consente di sostenere altre esigenze cellulari, quali la necessità di una elevata proliferazione cellulare. La placenta è un organo che svolge un ruolo centrale nella gravidanza, comunemente presente nei mammiferi. Pur essendo tra gli organi più importanti del corpo umano, la placenta, risulta essere poco conosciuta. L’ipossia che caratterizza le prime settimane di gravidanza è fondamentale per lo sviluppo placentare, ma il processo di placentizzazione favorisce l’aumento della disponibilità di ossigeno all’unità feto-placentare. La fornitura di ossigeno al feto dipende principalmente dal contenuto di ossigeno nel sangue materno, in quanto il trasferimento avviene per diffusione. Alla fine del primo trimestre, l’ambiente intrauterino, subisce un profondo cambiamento, grazie allo sviluppo della circolazione arteriosa materna. Il conseguente aumento della concentrazione di ossigeno rappresenta uno stimolo rilevante per il rimodellamento dei villi. Vari elementi stressogeni, in questa fase, possono influenzare la crescita placentare e indurre stress ossidativo placentare. Strettamente correlato a quest’ultimo è lo stress del reticolo endoplasmatico, che ha un ruolo chiave proprio nella fisiopatologia della restrizione di crescita intrauterina affrontata nel nostro studio. Nelle gravidanze con compromissione dell’invasione del trofoblasto, si potrebbe avere un inizio precoce della circolazione. Quanto detto porterebbe ad una regressione villosa eccesiva, con conseguente forma placentare anormale e inserimento del cordone ombelicale eccentrico.
L’obiettivo principale di questo studio è analizzare, attraverso lo studio dell’emogasanalisi cordonale, le alterazioni dell’ossigenazione nei feti con restrizione di crescita intrauterina. La nostra ipotesi è che placente poco perfuse si organizzino inducendo una riprogrammazione metabolica che sfrutti l’effetto Warburg. Questa riprogrammazione placentare, se da un lato tutelerebbe il feto in quanto permetterebbe un minor consumo di ossigeno che verrebbe pertanto risparmiato per il feto, dall’altro comporterebbe un maggior consumo di glucosio che verrebbe pertanto reso meno disponibile per il feto. Se da un lato questa riprogrammazione metabolica pertanto consentirebbe al feto di essere meno ipossico, lo renderebbe però più ipoglicemico, e questo determinerebbe il ritardo di crescita.
Lo studio è stato condotto nell'Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa. I campioni di sangue del cordone ombelicale sono stati raccolti immediatamente dopo la nascita, a seguito del clampaggio del cordone, dall’arteria e dalla vena ombelicale, utilizzando siringhe eparinate.
Sono stati valutati i dati relativi all’emogasanalisi cordonale arteriosa e venosa nei neonati con IUGR e con normale crescita (controlli). La popolazione analizzata è stata, poi, suddivisa in due gruppi, in base all’epoca gestazionale al momento del parto: gruppo A (nati pretermine) e gruppo B, (nati a termine).
Nel gruppo di neonati pretermine (gruppo A), i valori dei campioni ombelicali hanno mostrato nei neonati con IUGR rispetto ai controlli un minore livello, sia venoso che arterioso, di pO2, di SaO2, e di glucosio, ma un maggiore di lattato e pCO2. Questa condizione di maggiore ipossia è confermata anche dai più elevati valori di emoglobina.
Nel gruppo di neonati a termine (gruppo B), invece, tali differenze sembrano assottigliarsi. E’ possibile apprezzare, infatti, solo un minore livello venoso di pO2 e di SaO2, senza ulteriori sostanziali differenze.
Le differenze osservate tra l’emogasanalisi cordonale dei neonati con IUGR e controlli dimostrano, nei neonati pretermine, un evidente minor apporto fetale di ossigeno e di glucosio a fronte di un maggior apporto di CO2 e lattato. Questi dati, pertanto, confermano l’ipotesi che la placenta subisca un processo di riprogrammazione metabolica compatibile con la attivazione dell’effetto Warburg. Questo effetto, invece, pare essere molto minore nelle gravidanze a termine. Alterazioni dello sviluppo placentare possono essere l’elemento causale di patologie come la restrizione di crescita intrauterina. In questi casi, infatti, si può osservare dimensioni della placenta ridotte oltre che una compromissione della vascolarizzazione. Oltre alle anomalie macroscopiche è possibile osservare anche delle alterazioni microscopiche che determinano una riduzione dello spazio disponibile per gli scambi e per la perfusione fetale. I dati osservati nei neonati pretermine suggeriscono che la scarsa perfusione placentare induca una riprogrammazione metabolica che spinge il tessuto placentare ad utilizzare maggiormente il metabolismo glicolitico a fronte del metabolismo ossidativo. Questo shift metabolico ha evidentemente un costo, duplice: da un lato, infatti, la resa in termine di ATP è decisamente minore, per cui per ottenere quantità di ATP analoghe a quelle che si sarebbero ottenute utilizzando la fosforilazione ossidativa, la placenta è costretta ad aumentare vertiginosamente il consumo di glucosio. Questo aumentato consumo placentare di glucosio comporta però, evidentemente, una importante conseguenza sul fronte fetale, poiché al feto giunge un sangue in gran parte deprivato di glucosio. Questo minor apporto di glucosio è responsabile, a sua volta, della ridotta crescita fetale. Questo rimodellamento però rappresenta al tempo stesso una strategia di protezione per il feto. La preferenza placentare per un metabolismo glicolitico a fronte di un metabolismo incentrato sulla fosforilazione ossidativa infatti riduce sensibilmente il consumo placentare di ossigeno. Questo significa che placente meno perfuse, che già cioè ricevono una quantità di ossigeno inferiore alla norma, adottando questo shift metabolico riducono in modo sensibile il proprio consumo di ossigeno, che viene così preservato per il feto, la cui ipossia è pertanto limitata. Il riconoscimento che placente ipoperfuse adottino strategie di rimodellamento metabolico per proteggere il feto apre importanti scenari alla luce delle recenti scoperte del ruolo di un recettore beta adrenergico (il recettore adrenergico β3) nella vita embrionale, nello sviluppo placentare e nella modulazione metabolica. E’ noto infatti che i β3ARs sono espressi nell’utero, che si upregolano in condizioni di ipossia e quindi nell’utero gravidico, e che è dimostrato siano coinvolti nella riprogrammazione metabolica. Un recente studio infatti ha dimostrato che i β3ARs inducono tappe enzimatiche della glicolisi, inibiscono la fosforilazione ossidativa, e promuovono l’estrusione extracellulare di lattato. Insomma, dati recenti di letteratura dimostrano un piano coinvolgimento di questi recettori nella riprogrammazione metabolica. E’ pertanto evidente che i risultati di questa tesi suggeriscono di approfondire, in studi successivi, il ruolo svolto da questi recettori nello shift metabolico dello IUGR. Il nostro studio ha individuato la presenza di significative differenze tra l’emogasanalisi cordonale di neonati con IUGR e neonati controllo. Tali alterazioni appaiono attribuibili all’effetto Warburg a livello placentare. In futuro saranno necessari studi approfonditi a livello del tessuto placentare per cercare di comprendere con quali meccanismi molecolari avvenga questa riprogrammazione metabolica.
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