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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09082022-121417


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM6
Autore
ROSSI, FRANCESCO
URN
etd-09082022-121417
Titolo
Marcatori biochimici, genetici e strumentali per stratificare i pazienti con steatosi epatica, uno studio di coorte monocentrico
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof.ssa Brunetto, Maurizia Rossana
correlatore Dott. Salvati, Antonio
Parole chiave
  • epatopatia
  • fatty liver
  • fegato
  • liver
  • mafld
  • nafld
  • nash
  • steatoepatite
  • steatosi
Data inizio appello
27/09/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
27/09/2092
Riassunto
La steatosi epatica è una condizione molto comune, multifattoriale, attualmente la più diffusa epatopatia a livello globale con una prevalenza media nella popolazione generale del 25 %.
La steatosi epatica non secondaria a cause iatrogene, malnutrizione e abuso alcolico viene classicamente definita con l’acronimo NAFLD (Non-alcoholic fatty liver disease), ed è una condizione caratterizzata da un eccesso lipidi a livello dell’epatocita in assenza di un consumo di alcol oltre una determinata soglia (20 g/die nelle femmine e 30 g/die nei maschi). La NAFLD, solamente su base istologica, può essere suddivisa in una forma non evolutiva (NAFL) caratterizzata da in eccesso di lipidi in oltre il 5% degli epatociti ed una forma associata a necro-infiammazione e fibrosi (non-alcoholic steatohepatitis - NASH), potenzialmente evolutiva verso la cirrosi e le sue complicanze, in particolare HCC.
I meccanismi fisiopatologici alla base dello sviluppo e progressione della NAFLD sono estremamente complessi e variegati: l’insulino-resistenza con o senza obesità è la condizione che più frequentemente si associa a NAFLD ed in generale la sindrome metabolica, caratterizzata da un’aumentata circonferenza vita (dovuta ad adiposità centrale), ipertensione arteriosa, alterata glicemia a digiuno o insulino-resistenza e dislipidemia, rappresenta la condizione clinica più frequentemente associata a NAFLD. Da sottolineare tuttavia che circa il 19% dei pazienti affetti da NAFLD sono normopeso (BMI < 25 kg/m2 o < 23 Kg/m2 negli asiatici) a dimostrazione che altri meccanismi patogenetici (microbiota intestinale, polimorfismi genetici, mutazioni epigenetiche) possono essere predominanti almeno in qualche sottogruppo di pazienti.
Recentemente una consensus di esperti internazionali ha proposto di cambiare la definizione di NAFLD (Non Alcoholic Fatty Liver Disease) in MAFLD (Metabolic Associated Fatty Liver Disease) identificando la condizione sulla base di criteri positivi, e non basando più la diagnosi sull’esclusione di determinate condizioni (consumo di alcol, l’assunzione di specifici farmaci, presenza di epatopatie croniche, virali, da accumulo, etc.). La MAFLD è infatti definita dalla presenza di steatosi associata a sovrappeso/obesità e/o diabete mellito e nei soggetti normopeso ad almeno 2 alterazioni metaboliche. Il passaggio da “NAFLD” a “MAFLD” porta dunque alla identificazione di un nuovo gruppo di pazienti le cui caratteristiche cliniche e i cui elementi prognostici devono essere ancora studiati ed approfonditi.
In questa tesi sono stati selezionati 565 pazienti giunti all’osservazione da gennaio 2017 a marzo 2022 nell’U.O. Epatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana per evidenza ecografica di steatosi epatica rispondenti alla diagnosi di NAFLD.
Tutti i pazienti erano caratterizzati da parametri antropometrici, bioumourali, genetici e di biomaging e sono stati riclassificati secondo i criteri della definizione di MAFLD: 57 pazienti (10%) non soddisfacevano i criteri MAFLD, 508 (90%) avevano diagnosi di MAFLD, dei quali 104 con diabete tipo 2 (T2DM), 371 obesi/sovrappeso e 38 con BMI <25 kg/m2 e almeno 2 alterazioni metaboliche.
Complessivamente i pazienti con MAFLD erano più vecchi e con valori più elevati di CV, BMI, AST, glucosio plasmatico, insulina e trigliceridi e più bassi di LDL rispetto ai pazienti non MAFLD. La stiffness epatica (TE) correlava (P <0,001) con BMI, CV, HOMA-IR, FIB-4, NFS e con i marcatori di infiammazione (AST e ALT) solo nei pazienti con TE <9,7 kPa. I pazienti MAFLD con T2DM avevano valori di TE maggiori (P <0,001) e una maggiore prevalenza di TE ≥9,7 kPa, P <0,001. Il CAP correlava (P <0,001) con BMI, CV, glucosio plasmatico, insulina, HOMA-IR, FLI e HSI, ma non con la TE.
Il polimorfismo genetico PNPLA3 rs738409 C > G è stato trovato in omozigosi in 103 pazienti su 515 (20%): questo correlava positivamente con AST (P <0,05) e negativamente con la conta piastrinica (P <0.01). L’omozigosi del polimorfismo di TM6SF2 rs58542926 C > T era rara (6 pazienti su 515, 1%) e associata, come atteso, con valori più bassi di colesterolo, LDL e trigliceridi (P <0,005).
I pazienti con MAFLD e T2DM hanno dimostrato avere un più severo impegno epatico. La correlazione positiva dei valori di stiffness < 9.7 kPa con fattori coinvolti nella patogenesi del danno epatico e i suoi indicatori (transaminasi) propongono questo parametro come un biomarcatore utile ad identificare i soggetti a più elevato rischio evolutivo. Lo studio indica come sia indispensabile un approccio multiparametrico per identificare nell’ambito dei diversi sottogruppi di pazienti MAFLD i profili di epatopatia con diverso rischio evolutivo. Lo sviluppo e validazione di algoritmi diagnostici e di monitoraggio personalizzati a seconda del profilo di ogni singolo paziente costituisce un importante obiettivo della ricerca clinica in ambito epatologico. L’elevato numero di pazienti afferenti al sistema sanitario per steatosi epatica impone infatti la tempestiva identificazione dei soggetti a rischio evolutivo ai fini di mettere in atto le necessarie misure terapeutiche volte a prevenire l’evoluzione di malattia e al tempo stesso garantire un’appropriata allocazione delle risorse.
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