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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09082017-160739


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
DADDI, TOMMASO
URN
etd-09082017-160739
Titolo
DIRITTO ALLA DETRAZIONE: L'IPOTESI DELLE FRODI "CAROSELLO"
Dipartimento
ECONOMIA E MANAGEMENT
Corso di studi
CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE
Relatori
relatore Prof. Lombardi, Simone
Parole chiave
  • benchmark per il cessionario
  • broker
  • buffer
  • colpevole ignoranza
  • conduit company
  • diritto alla detrazione
  • frodi carosello
  • frodi I.v.a.
  • neutralità dell'imposta
  • operazioni intracomunitarie
  • rivalsa
  • società cartiera o missing trader
Data inizio appello
02/10/2017
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
02/10/2087
Riassunto
Il presente elaborato ha come ultima finalità quella di tratteggiare utili benchmark di comportamento per il contribuente incolpevole che intenda vedersi riconosciuto il diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto. I lettori potranno a ben vedere rimanere disorientati da quanto appena affermato, visto e considerato che uno dei principi basilari del meccanismo I.v.a., imposta plurifase applicata sul valore aggiunto, è la neutralità del tributo e, pertanto, la detrazione, quale diritto inviolabile ed intrinseco nel meccanismo, dovrebbe essere riconosciuta senza alcuna subordinazione a limiti e condizioni. Ed allora, qualora si rientri in una fisiologia del sistema, la detrazione potrà essere qualificata come una “roccaforte inattaccabile”; altrimenti, nel caso in cui la si inserisca in un contesto truffaldino come le c.d. frodi carosello, vedremo come la situazione si faccia più complicata, tanto da arrivare alla negazione di tale diritto. Va da sé, altresì, che nessun contribuente può essere chiamato a rispondere di una altrui frode ma, è altrettanto vero che, qualora si sia inserito nei traffici commerciali senza una avvedutezza diligente e mediamente pretendibile, tale da non rendersi conto di una evidente frode, allora il cessionario sarà inciso dall’imposta non essendogli consentito di portare in detrazione l’I.v.a. pagata sull’acquisto effettuato.
Fino ad adesso, anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia e della Suprema Corte di Cassazione, non sono mai stati proposti degli standard di comportamento per i contribuenti in caso di frode. Ed allora, è da qui che prende piede il nostro elaborato, con l’obiettivo ultimo di stilare quasi un protocollo di condotta che possa mettere “al sicuro” il cessionario da eventuali opposizioni poste in essere dall’Amministrazione finanziaria.
Chiarite le finalità e le motivazioni del presente lavoro, è da delineare il più ampio contesto di riferimento nel quale si inserisce la problematica prospettata.
In prima istanza si procederà a tratteggiare la natura dell’imposta sul valore aggiunto, il principio fondamentale sul quale è stato immaginato il meccanismo dell’I.v.a., quale la neutralità con i presidi che la garantiscono cioè il diritto alla detrazione e la rivalsa, ed anche la normativa di riferimento degli scambi intracomunitari dato che è in questo contesto che le frodi carosello trovano terreno fertile. Infatti, per vedere realizzata una imposizione uniforme sui consumi nel mercato comune, richiamato all’articolo 2 del Trattato di Roma, le singole leggi d’imposta nazionali subiscono delle modificazioni per l’applicazione dei dettati e dei principi aventi valenza comunitaria, qualora operatori economici appartenenti a differenti Stati membri dell’Unione europea interagiscano tra loro ponendo in essere delle transazioni commerciali. Ed è proprio in conseguenza della non imponibilità delle cessioni intracomunitarie e del principio della tassazione nel paese di destinazione che si ha la falla del sistema tributario, dalla quale traggono origine i cosiddetti caroselli fiscali, i quali rappresentano la casistica più ricorrente tra le frodi in ambito I.v.a.. Con riferimento a queste ultime, saranno trattate brevemente, il ricorso a false lettere d’intento, l’indebito utilizzo del “regime del margine” e l’abuso del regime dei depositi I.v.a..
Le frodi carosello verranno definite, ne verrà delineato il meccanismo e le dinamiche, verranno distinti i caroselli “chiusi” da quelli “aperti”, quelli “aperti semplici” da quelli “aperti complessi”, ed ancora quelli “aperti complessi con merce” da quelli “aperti complessi senza merce”. Si tratteggeranno anche le peculiarità degli attori coinvolti: un venditore comunitario (conduit company) presumibilmente onesto; un acquirente (società cartiera o missing trader) sicuramente meno onesto; talvolta un terzo soggetto (società buffer) che fa da filtro/cuscinetto ed infine un cessionario (società broker) che spesso, pur potendo sospettare l’esistenza di una frode, non rinuncia ad acquistare i beni ad un prezzo vantaggioso. Si vedrà come un ruolo determinante per il perpetrarsi del meccanismo fraudolento venga svolto dalla società cartiera la quale, sfruttando lo scarto temporale tra l’acquisto dal fornitore comunitario e l’adempimento dell’obbligazione tributaria, si interpone fittiziamente tra la conduit company ed il reale acquirente emettendo fatture per operazione inesistente e consentendo a quest’ultimo di conseguire un indebito credito ai fini I.v.a..
Le frodi carosello costituiscono una delle principali insidie per il bilancio comunitario ed un concreto ostacolo al raggiungimento degli obiettivi che l’Unione europea si è posta. Infatti, oltre ai devastanti effetti per gli interessi finanziari nazionali e comunitari derivanti dal mancato versamento dell’imposta da parte della società cartiera, si rileverà come i caroselli fiscali possano tradursi in una distorsione del mercato e in una concorrenza sleale, con danni assai ragguardevoli per le “imprese oneste” ed un corrispondente rapido ed illecito arricchimento di tutti coloro che, a vario grado, concorrono alla realizzazione di tale schema truffaldino. Visto lo sviluppo di questo endemico fenomeno criminoso che impoverisce le casse erariali e inquina il mercato, si andranno anche ad illustrare le possibili misure antifrode adottate sia a livello nazionale che comunitario. Al riguardo, il Legislatore nazionale, con l’articolo 60-bis del D.P.R. 633/72, ha previsto la “responsabilità solidale” tra cedente e cessionario; ha introdotto il meccanismo dell’inversione contabile nonché reverse charge, lo strumento dello split payment e, più recentemente, con l’articolo 4 del D.L. 193/2016, lo spesometro trimestrale. In ambito comunitario, invece, la cooperazione internazionale e lo scambio di informazioni tra i diversi Stati membri, rappresentano delle variabili necessarie per un efficace contrasto alle frodi in ambito I.v.a.. In ultimo, si avrà modo di constatare come la giurisprudenza nazionale e comunitaria abbiano delineato una “insolita” forma di contrasto alle frodi, quale la limitazione o la negazione del diritto alla detrazione in capo al cessionario. La questione della detraibilità/indetraibilità dell’I.v.a. sarà oggetto di una dettagliata e meticolosa analisi al Capitolo III. In particolare, l’oggetto dell’indagine sarà l’indetraibilità dell’imposta per colpa.
Si inquadrerà la problematica, osservando come questa si traduca nel tentativo di perseguire un vero e proprio bilanciamento tra l’interesse erariale di non veder sempre e comunque pregiudicata la riscossione dell’imposta, ed i principi fondamentali per i contribuenti, quali il legittimo affidamento, la tutela della buona fede e la certezza del diritto. Se da una parte è certa la negazione del diritto alla detrazione per tutti quei soggetti che hanno ideato o che erano perfettamente consapevoli della frode perpetratasi, d’altra parte si potrà notare come non sia facilmente delineabile in formule operative precostituite quella zona grigia rappresentata da tutti coloro che “non sapevano” ma che “avrebbero dovuto/potuto sapere” utilizzando la diligenza qualificata dell’operatore economico mediamente accorto. In un siffatto quadro, si passerà in rassegna la giurisprudenza della Corte di Giustizia da una parte e della Corte di Cassazione dall’altra, le quali si sono a più riprese pronunciate in ordine all’onus probandi nonché al thema probandum. Si partirà dall’orientamento tradizionale della Corte di Giustizia, passando per la sua mutevole giurisprudenza a partire dal 2006, fino ad arrivare agli altri fondamentali arresti degli anni 2012/2013, rimandando in particolar modo alle cause riunite C-80/11 e C-142/11 del 21 giugno 2012, meglio note come Mahagében e David. Si ripercorrerà puntualmente anche l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione.
Si avrà modo, altresì, di accertare come, per la questione relativa al thema probandum, le sentenze si siano rivelate meri e semplici giudizi di fatto dai quali, tuttavia, è nostro compito cercare di dedurre un modus operandi che sia utile al cessionario per ritenere, con ragionevole certezza, di aver agito in qualità di “imprenditore mediamente accorto e diligente”.
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