Tesi etd-09082015-115901 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SERGIAMPIETRI, LAURA
URN
etd-09082015-115901
Titolo
Queering Don Giovanni: performance e performatività dalla teoria degli atti linguistici al queer antisociale
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Prof. Paoletti, Giovanni
relatore Prof. Grilli, Alessandro
relatore Prof. Grilli, Alessandro
Parole chiave
- antisocial thesis
- Children of Men
- Dom Juan
- Don Giovanni
- Le Scandale du Corps Parlant
- No Future
- performance
- performatività
- performativity
- queer theory
- Rope
- sinthomosessualità
- sinthomosexuality
- speech acts theory
- teoria degli atti linguistici
- teoria queer
- tesi antisociale
Data inizio appello
28/09/2015
Consultabilità
Completa
Riassunto
Questa tesi si concentra su due nuclei tematici apparentemente molto lontani tra loro: la questione della performatività del linguaggio e quelle elaborazioni teoriche note, nell’ambito delle teorie queer, come “tesi antisociale”. A un primo sguardo, la relazione tra questi due argomenti può sembrare principalmente di tipo oppositivo. Immaginando però – con Shoshana Felman – un incontro tra la figura molieriana di Don Giovanni e il filosofo del linguaggio John Langshaw Austin, si possono aprire nuovi scenari nei quali andare alla ricerca di un possibile punto di contatto tra le teorie del filosofo oxoniense sul linguaggio e le elaborazioni “antisociali” di Edelman e Bersani: in particolare cercherò di dimostrare, ricorrendo anche alla nozione žižekiana di atto, che il mitico seduttore di Siviglia – considerato, attraverso l’originale analisi di Felman, come un antieroe capace di mettere in discussione le pretese di coerenza e di sensatezza del linguaggio e di svelarne le potenzialità auto-sovversive – altro non è che una possibile figurazione della sinthomosessualità edelmaniana.
La mia tesi si divide in due capitoli. Nel primo, dopo una breve introduzione al concetto di performance (§1.1) e un excursus circa il suo utilizzo nell’ambito delle scienze sociali (§1.1.1), tratterò il rapporto tra performance e identità in The Presentation of Self in Everyday Life (1959) di Erving Goffman (§1.1.2); prendendo poi in considerazione l’affermarsi della nozione di performatività nel dominio della filosofia del linguaggio, mi concentrerò sulla teoria degli atti linguistici esposta da John Langshaw Austin in How to Do Things with Words (1962) e cercherò di metterne in evidenza il vero nucleo teorico, cioè la scoperta di una dimensione performativa che interessa il linguaggio in generale, asserzioni comprese (§1.2). Dopo aver riportato le considerazioni di Jacques Derrida sulla citazionalità dei performativi (§1.2.1), esaminerò Gender Trouble (1990) e Bodies That Matter (1993) di Judith Butler, due volumi nei quali la filosofa statunitense presenta per la prima volta in maniera esauriente le proprie teorie riguardo alla natura performativa del genere e dell’identità (§1.3); il capitolo si conclude con un paragrafo dedicato all’analisi della figura di Don Giovanni operata – a partire dalle teorie di Austin sul linguaggio e attraverso strumenti lacaniani – da Shoshana Felman in Le Scandale du Corps Parlant (1980) (§1.4).
Nel secondo capitolo mi occuperò della cosiddetta tesi antisociale (§2.1), dapprima contestualizzandola nel campo delle teorie (e dell’attivismo) queer (§2.1.1) e poi affrontando le elaborazioni teoriche di Leo Bersani (§2.1.2) – specificatamente il testo inaugurale della “svolta antisociale”, Is the Rectum a Grave? (1987) (§2.1.2.1), e Homos (1996) (§2.1.2.2) – e di Lee Edelman – del quale approfondirò l’opera più nota, No Future (2004) (§2.1.3); concluderò il paragrafo con alcune considerazioni personali a fronte delle critiche che sono state mosse alle teorie queer antisociali (§2.1.4). L’ultima parte del capitolo (§2.2) consisterà nell’analisi di due film secondo categorie interpretative derivate da questa branca delle teorie queer (facendo riferimento soprattutto alla formulazione edelmaniana): esplorerò il tema del futurismo riproduttivo in Children of Men (2006) di Alfonso Cuarón (§2.2.1) e proverò a individuare le tracce di una sinthomosessualità omicida in Rope (1948) di Alfred Hitchcock (§2.2.2).
Quello che vorrei far emergere al termine di questo percorso teorico per certi versi inusuale, è che le teorie queer – spesso liquidate come una irrilevante moda intellettuale – sono in grado di costituire un valido punto di riferimento per affrontare questioni filosofiche nodali quale quella che interroga la capacità del linguaggio di significare, di produrre senso.
La mia tesi si divide in due capitoli. Nel primo, dopo una breve introduzione al concetto di performance (§1.1) e un excursus circa il suo utilizzo nell’ambito delle scienze sociali (§1.1.1), tratterò il rapporto tra performance e identità in The Presentation of Self in Everyday Life (1959) di Erving Goffman (§1.1.2); prendendo poi in considerazione l’affermarsi della nozione di performatività nel dominio della filosofia del linguaggio, mi concentrerò sulla teoria degli atti linguistici esposta da John Langshaw Austin in How to Do Things with Words (1962) e cercherò di metterne in evidenza il vero nucleo teorico, cioè la scoperta di una dimensione performativa che interessa il linguaggio in generale, asserzioni comprese (§1.2). Dopo aver riportato le considerazioni di Jacques Derrida sulla citazionalità dei performativi (§1.2.1), esaminerò Gender Trouble (1990) e Bodies That Matter (1993) di Judith Butler, due volumi nei quali la filosofa statunitense presenta per la prima volta in maniera esauriente le proprie teorie riguardo alla natura performativa del genere e dell’identità (§1.3); il capitolo si conclude con un paragrafo dedicato all’analisi della figura di Don Giovanni operata – a partire dalle teorie di Austin sul linguaggio e attraverso strumenti lacaniani – da Shoshana Felman in Le Scandale du Corps Parlant (1980) (§1.4).
Nel secondo capitolo mi occuperò della cosiddetta tesi antisociale (§2.1), dapprima contestualizzandola nel campo delle teorie (e dell’attivismo) queer (§2.1.1) e poi affrontando le elaborazioni teoriche di Leo Bersani (§2.1.2) – specificatamente il testo inaugurale della “svolta antisociale”, Is the Rectum a Grave? (1987) (§2.1.2.1), e Homos (1996) (§2.1.2.2) – e di Lee Edelman – del quale approfondirò l’opera più nota, No Future (2004) (§2.1.3); concluderò il paragrafo con alcune considerazioni personali a fronte delle critiche che sono state mosse alle teorie queer antisociali (§2.1.4). L’ultima parte del capitolo (§2.2) consisterà nell’analisi di due film secondo categorie interpretative derivate da questa branca delle teorie queer (facendo riferimento soprattutto alla formulazione edelmaniana): esplorerò il tema del futurismo riproduttivo in Children of Men (2006) di Alfonso Cuarón (§2.2.1) e proverò a individuare le tracce di una sinthomosessualità omicida in Rope (1948) di Alfred Hitchcock (§2.2.2).
Quello che vorrei far emergere al termine di questo percorso teorico per certi versi inusuale, è che le teorie queer – spesso liquidate come una irrilevante moda intellettuale – sono in grado di costituire un valido punto di riferimento per affrontare questioni filosofiche nodali quale quella che interroga la capacità del linguaggio di significare, di produrre senso.
File
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