Tesi etd-09062018-123730 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
LA CORTE, LUISA
URN
etd-09062018-123730
Titolo
Il cancro di intervallo nello screening mammografico.
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Caramella, Davide
correlatore Prof.ssa Baglietto, Laura
correlatore Prof.ssa Baglietto, Laura
Parole chiave
- cancro mammario
- intervallo
- mammografia
- screening mammografico
Data inizio appello
25/09/2018
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
25/09/2088
Riassunto
Ogni anno in Italia circa 50.000 donne ricevono una diagnosi di tumore della mammella, più di un caso ogni 1000 donne . In Europa l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha stimato che ogni anno ne vengono diagnosticati più di 460.000 . Con circa 12.000 decessi, in Italia rappresenta la prima causa di morte per tumore nelle donne, al primo posto anche in diverse età della vita, rappresentando il 29% dei casi di morte oncologica prima dei 50 anni, il 21% tra 50 e 69 anni, il 16% dopo i 70 anni1. Secondo i dati AIRTUM i tassi di incidenza sul totale dei tumori aumentano progressivamente con l’età, passando dal 36% della fascia 0-44 anni, al 39,8% della fascia 45-65 al 22,2% per le ultrasessantacinquenni, con una media del 29%1.
L’epidemiologia del tumore della mammella ha subito sostanziali modifiche nel corso degli anni, legate in parte all’introduzione dei programmi di screening, in parte alla diffusione di efficaci protocolli terapeutici ed in parte al cambiamento della vita riproduttiva delle donne . In particolar modo l’introduzione dello screening, il miglioramento delle tecniche di imaging ed il costante training dei radiologi hanno permesso di ridurre la mortalità di circa il 40% nelle donne che eseguono almeno una mammografia rispetto a quelle che non ne eseguono alcuna , e del 20-30% secondo diverse metanalisi che rapportano le donne sottoposte a screening con quelle al di fuori di esso . Tuttavia un limite certo dello screening è la sua sensibilità non ottimale poiché non diagnostica tutti i tumori della mammella: da un terzo ad un quinto di essi non viene diagnosticato dallo screening, ma compare, per lo più per la presenza di sintomi soggettivi, nell’intervallo tra uno screening negativo e la successiva mammografia di controllo programmata dopo due anni ; questi carcinomi vengono definiti “di intervallo” (CI). Appurato che, dati i tempi di crescita del cancro della mammella, sarebbe legittimo ipotizzare che un CI che compaia entro due anni da una mammografia di screening negativa era “presente” già in quel momento, esso può non essere stato riconosciuto o perché non era effettivamente riconoscibile (dimensioni troppo piccole, mascheramento da parte del seno radiologicamente denso), o perché, pur riconoscibile, non lo è stato per errore da parte del radiologo, oppure non è stato rilevato dagli accertamenti diagnostici di secondo livello . Qualsiasi sia la motivazione della loro genesi, i CI rappresentano un insuccesso del programma di screening che, in teoria, mira ad identificare tutti i tumori della mammella nella fase di screening e ad evitare la comparsa dei cancri di intervallo. L’analisi dei CI nella loro frequenza di comparsa, nelle caratteristiche morfologiche e cliniche e nella revisione della mammografia precedente si rivela essere un momento fondamentale sia per la valutazione dell’efficacia dello screening che per l’approfondimento delle attuali conoscenze sul tumore mammario, tutto ciò volto a rendere sempre più efficiente ed accurata una diagnosi precoce e personalizzata.
L’epidemiologia del tumore della mammella ha subito sostanziali modifiche nel corso degli anni, legate in parte all’introduzione dei programmi di screening, in parte alla diffusione di efficaci protocolli terapeutici ed in parte al cambiamento della vita riproduttiva delle donne . In particolar modo l’introduzione dello screening, il miglioramento delle tecniche di imaging ed il costante training dei radiologi hanno permesso di ridurre la mortalità di circa il 40% nelle donne che eseguono almeno una mammografia rispetto a quelle che non ne eseguono alcuna , e del 20-30% secondo diverse metanalisi che rapportano le donne sottoposte a screening con quelle al di fuori di esso . Tuttavia un limite certo dello screening è la sua sensibilità non ottimale poiché non diagnostica tutti i tumori della mammella: da un terzo ad un quinto di essi non viene diagnosticato dallo screening, ma compare, per lo più per la presenza di sintomi soggettivi, nell’intervallo tra uno screening negativo e la successiva mammografia di controllo programmata dopo due anni ; questi carcinomi vengono definiti “di intervallo” (CI). Appurato che, dati i tempi di crescita del cancro della mammella, sarebbe legittimo ipotizzare che un CI che compaia entro due anni da una mammografia di screening negativa era “presente” già in quel momento, esso può non essere stato riconosciuto o perché non era effettivamente riconoscibile (dimensioni troppo piccole, mascheramento da parte del seno radiologicamente denso), o perché, pur riconoscibile, non lo è stato per errore da parte del radiologo, oppure non è stato rilevato dagli accertamenti diagnostici di secondo livello . Qualsiasi sia la motivazione della loro genesi, i CI rappresentano un insuccesso del programma di screening che, in teoria, mira ad identificare tutti i tumori della mammella nella fase di screening e ad evitare la comparsa dei cancri di intervallo. L’analisi dei CI nella loro frequenza di comparsa, nelle caratteristiche morfologiche e cliniche e nella revisione della mammografia precedente si rivela essere un momento fondamentale sia per la valutazione dell’efficacia dello screening che per l’approfondimento delle attuali conoscenze sul tumore mammario, tutto ciò volto a rendere sempre più efficiente ed accurata una diagnosi precoce e personalizzata.
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