Tesi etd-09062013-200352 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
POLIFRONI, SAVERIO
URN
etd-09062013-200352
Titolo
Voto segreto e voto palese nei regolamenti parlamentari in Italia
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Messerini, Virginia
Parole chiave
- voto segreto
Data inizio appello
07/10/2013
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente lavoro ha l’intento di percorrere in modo cronologico la storia dei regolamenti parlamentari italiani attraverso le modalità di votazione sancite al loro interno. Il fatto di votare a scrutinio segreto o in modo palese può sembrare solo una questione di natura tecnico - pratica, ma con un’analisi graduale e progressiva, potremo notare che le cose non stanno assolutamente così.
I tipi di votazione, sin dalle loro prime codificazioni che prenderemo a modello, hanno sempre rappresentato molto più di una questione meramente procedurale; in base alle varie epoche storiche attraversate, i regolamenti parlamentari, mostrarono chiaramente di esser funzionali e di adattarsi alle situazioni sociali e politiche del tempo.
Il nostro esame prende le mosse dall’approvazione dello Statuto Albertino nel 1848. In questa fase inaugurale il testo era ispirato a quello di altri paesi europei con l’intento, terminata la situazione iniziale di assestamento ed organizzazione, di elaborarne uno proprio ed innovativo rispetto ai precedenti. Purtroppo questa stagione della provvisorietà durerà fino alle modifiche radicali del 1988.
Il primo tipo di votazione per l’approvazione finale delle leggi e per ciò che concerneva il personale fu a scrutinio segreto, certamente per proteggere e garantire la libertà di coscienza dei parlamentari da pressioni provenienti da Re, governi ed altri soggetti influenti in quell’epoca. Si comincia già a notare come i testi di riferimento rispecchino la situazione sociale e politica del tempo.
Sempre nel primo capitolo tratteremo poi dei regolamenti parlamentari in relazione all’avvento del regime fascista di Benito Mussolini. Dal 1922 ( anno della marcia su Roma ) al dicembre del 1938 ( quando ormai era prossima l’istituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni ), vedremo che rimase vigente il Regolamento prefascista del 1900 integrato dalle modifiche del 1922 in quanto, nella prima fase della sua esistenza, il regime si impose gradualmente ma con le idee già chiare sul tipo di politica che avrebbe voluto condurre.
I suddetti intenti vennero alla luce definitivamente con la soppressione della Camera dei Deputati e l’istituzione del voto palese in luogo dello scrutinio segreto. Era chiaro che, tramite questo tipo di votazione, i fascisti volevano controllare chiaramente l’operato dei parlamentari potendo così facilmente smascherare i traditori del regime ( fu un’ulteriore cautela, quasi superflua, dato che il Duce poteva già contare su delle Camere praticamente piegate alla sua volontà date le incessanti “ infornate ” di parlamentari fascisti e considerando la sua vicinanza al Re, tramite necessario per controllare il Senato Regio ) .
Continuando con l’analisi del presente lavoro giungeremo, dopo la caduta del fascismo, al periodo transitorio caratterizzato dalla nascita della Consulta Nazionale e poi dell’Assemblea Costituente.
Vedremo che, in seno alla Consulta, si scelse di adottare i regolamenti vigenti prima dell’avvento del regime fascista; sicuramente questa decisione fu frutto della volontà di cancellare quelle norme create in regime di dittatura e di ricollegarsi normativamente, ma anche e soprattutto ideologicamente, all’ultimo periodo di libertà precedente all’ascesa al potere di Mussolini.
Il giorno dopo lo scioglimento della Consulta Nazionale ebbe luogo il referendum che vide prevalere la Repubblica al posto della Monarchia. Circa un mese dopo, in seno alla neonata Assemblea Costituente, si svolse un acceso dibattito sul tema del possibile inserimento, all’interno della nuova Carta Costituzionale, dello scrutinio segreto come metodo di votazione.
Come avremo modo di notare, si scontrarono le tesi di coloro che spingevano per iscrivere nella nascitura Costituzione l’approvazione articolo per articolo ed infine la votazione finale segreta sui progetti di legge, e di chi invece, preferiva non costituzionalizzare alcun metodo di votazione, lasciando così assoluta libertà ai regolamenti delle Camere.
Grazie anche all’incessante operato di Aldo Moro, alla fine, prevalse questa seconda posizione; quindi, formalmente, il voto segreto non fu inserito nella Carta Costituzionale, ma divenne lo stesso il sistema costantemente adottato dal Parlamento.
L’analisi proseguirà, dopo la nascita della Repubblica, sulle scelte effettuate dai due rami del Parlamento; analizzeremo il fatto che, alla Camera dei Deputati, venne ribadito l’obbligo dello scrutinio segreto sul voto finale dei disegni di legge e la sua prevalenza su ogni altra modalità di votazione mentre al Senato della Repubblica, si scelse invece per il voto segreto finale facoltativo, rimarcando così una netta discrasia tra le due Camere ( mentre in comune restava la scelta per lo scrutinio segreto in caso di più richieste concorrenti ) .
Procedendo oltre, tratteremo il tema dello stretto legame tra il voto segreto e la prassi del “ consociativismo ”, ossia quel fenomeno che sarà presente nel nostro Parlamento fino al 1988 e che era favorito appunto dalla vigenza dello scrutinio segreto in quanto, nascondendosi dietro questa modalità di votazione, la maggioranza di governo poteva stringere accordi con l’opposizione portando così avanti il proprio progetto politico mentre quest’ultima, aveva la garanzia di vedersi riconoscere il maggior numero possibile di richieste e di altri vantaggi.
L’ultimo paragrafo del primo capitolo tratta della riforma regolamentare del 1971. Noteremo che questi testi rappresentarono una grande novità riguardo al tema dei regolamenti parlamentari poiché, dal 1900 in avanti, non vi erano più state modifiche radicali ( infatti i testi del 1922, e quelli approvati dopo la nascita della Repubblica, erano solo delle evoluzioni dei precedenti ) .
I regolamenti del 1971 furono al passo coi tempi anche se non fu facile adattarli agli “ anni di piombo ” che si abbatterono sul Paese in quei periodi ( si pensi all’omicidio di Aldo Moro o alla strage alla stazione ferroviaria di Bologna ) .
Giunti così al secondo capitolo, analizzeremo gli anni Ottanta nei quali prima, attraverso l’operato della Commissione Bozzi e l’introduzione del voto palese sulla legge di bilancio del 1983 e poi, con le riforme fondamentali del 1988, venne sancita la prevalenza del voto palese sullo scrutinio segreto dopo quasi 140 anni di vigenza di quest’ultimo.
Avuta una visione d’insieme delle modifiche dei primi anni Ottanta, vedremo come si interseca col tema dei regolamenti parlamentari anche la questione del divieto di mandato imperativo, considerandola anche in virtù della prossima ( a distanza di cinque anni ) introduzione dello scrutinio palese per la maggior parte delle materie e, quindi, della questione riguardante la libertà di coscienza dei parlamentari.
Proseguendo nella nostra analisi effettueremo una ricognizione sulle materie in cui vige ancora l’obbligo di votazione segreta ( quelle riguardanti le persone, le materie elencate alla parte prima della Costituzione, la legge finanziaria, le leggi di bilancio e quelle collegate a questi settori, le modifiche al Regolamento, l’istituzione di Commissioni parlamentari d’inchiesta, le leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato e agli organi delle Regioni, nonché la legge elettorale ); su tutte le altre materie invece la votazione scelta dai nuovi regolamenti è quella a scrutinio palese.
Giungendo infine al terzo e conclusivo capitolo della presente ricostruzione storica, analizzeremo la situazione successiva alla radicale modifica di fine anni Ottanta, cercando di capire come proseguirono i lavori delle due ali del Parlamento dopo un’innovazione così importante.
Vedremo poi i nuovi regolamenti del 1997 e la situazione esistente agli inizi degli anni Duemila, usando come chiavi di lettura la legge “ Cirami ” del 2002 e la “ Gasparri ” del 2003.
All’ultimo paragrafo del presente lavoro faremo una carrellata sulle proposte e modifiche regolamentari degli ultimi dieci anni, citando tra le più importanti la questione della norma “ anti - Castelli ” ed il documento presentato dalla senatrice Alberti Castellati di Forza Italia, col quale si richiedeva un’ulteriore restrizione dell’area dello scrutinio segreto a favore del voto palese.
Terminando la nostra analisi con le considerazioni conclusive, tireremo le somme su quanto citato ed affrontato, avendo cura di prospettare delle future evoluzioni per un tema così importante, come quello delle modalità di votazione in seno al Parlamento, ma anche così eterogeneo e trasformista, come la società che ci circonda e alla quale apparteniamo.
I tipi di votazione, sin dalle loro prime codificazioni che prenderemo a modello, hanno sempre rappresentato molto più di una questione meramente procedurale; in base alle varie epoche storiche attraversate, i regolamenti parlamentari, mostrarono chiaramente di esser funzionali e di adattarsi alle situazioni sociali e politiche del tempo.
Il nostro esame prende le mosse dall’approvazione dello Statuto Albertino nel 1848. In questa fase inaugurale il testo era ispirato a quello di altri paesi europei con l’intento, terminata la situazione iniziale di assestamento ed organizzazione, di elaborarne uno proprio ed innovativo rispetto ai precedenti. Purtroppo questa stagione della provvisorietà durerà fino alle modifiche radicali del 1988.
Il primo tipo di votazione per l’approvazione finale delle leggi e per ciò che concerneva il personale fu a scrutinio segreto, certamente per proteggere e garantire la libertà di coscienza dei parlamentari da pressioni provenienti da Re, governi ed altri soggetti influenti in quell’epoca. Si comincia già a notare come i testi di riferimento rispecchino la situazione sociale e politica del tempo.
Sempre nel primo capitolo tratteremo poi dei regolamenti parlamentari in relazione all’avvento del regime fascista di Benito Mussolini. Dal 1922 ( anno della marcia su Roma ) al dicembre del 1938 ( quando ormai era prossima l’istituzione della Camera dei Fasci e delle Corporazioni ), vedremo che rimase vigente il Regolamento prefascista del 1900 integrato dalle modifiche del 1922 in quanto, nella prima fase della sua esistenza, il regime si impose gradualmente ma con le idee già chiare sul tipo di politica che avrebbe voluto condurre.
I suddetti intenti vennero alla luce definitivamente con la soppressione della Camera dei Deputati e l’istituzione del voto palese in luogo dello scrutinio segreto. Era chiaro che, tramite questo tipo di votazione, i fascisti volevano controllare chiaramente l’operato dei parlamentari potendo così facilmente smascherare i traditori del regime ( fu un’ulteriore cautela, quasi superflua, dato che il Duce poteva già contare su delle Camere praticamente piegate alla sua volontà date le incessanti “ infornate ” di parlamentari fascisti e considerando la sua vicinanza al Re, tramite necessario per controllare il Senato Regio ) .
Continuando con l’analisi del presente lavoro giungeremo, dopo la caduta del fascismo, al periodo transitorio caratterizzato dalla nascita della Consulta Nazionale e poi dell’Assemblea Costituente.
Vedremo che, in seno alla Consulta, si scelse di adottare i regolamenti vigenti prima dell’avvento del regime fascista; sicuramente questa decisione fu frutto della volontà di cancellare quelle norme create in regime di dittatura e di ricollegarsi normativamente, ma anche e soprattutto ideologicamente, all’ultimo periodo di libertà precedente all’ascesa al potere di Mussolini.
Il giorno dopo lo scioglimento della Consulta Nazionale ebbe luogo il referendum che vide prevalere la Repubblica al posto della Monarchia. Circa un mese dopo, in seno alla neonata Assemblea Costituente, si svolse un acceso dibattito sul tema del possibile inserimento, all’interno della nuova Carta Costituzionale, dello scrutinio segreto come metodo di votazione.
Come avremo modo di notare, si scontrarono le tesi di coloro che spingevano per iscrivere nella nascitura Costituzione l’approvazione articolo per articolo ed infine la votazione finale segreta sui progetti di legge, e di chi invece, preferiva non costituzionalizzare alcun metodo di votazione, lasciando così assoluta libertà ai regolamenti delle Camere.
Grazie anche all’incessante operato di Aldo Moro, alla fine, prevalse questa seconda posizione; quindi, formalmente, il voto segreto non fu inserito nella Carta Costituzionale, ma divenne lo stesso il sistema costantemente adottato dal Parlamento.
L’analisi proseguirà, dopo la nascita della Repubblica, sulle scelte effettuate dai due rami del Parlamento; analizzeremo il fatto che, alla Camera dei Deputati, venne ribadito l’obbligo dello scrutinio segreto sul voto finale dei disegni di legge e la sua prevalenza su ogni altra modalità di votazione mentre al Senato della Repubblica, si scelse invece per il voto segreto finale facoltativo, rimarcando così una netta discrasia tra le due Camere ( mentre in comune restava la scelta per lo scrutinio segreto in caso di più richieste concorrenti ) .
Procedendo oltre, tratteremo il tema dello stretto legame tra il voto segreto e la prassi del “ consociativismo ”, ossia quel fenomeno che sarà presente nel nostro Parlamento fino al 1988 e che era favorito appunto dalla vigenza dello scrutinio segreto in quanto, nascondendosi dietro questa modalità di votazione, la maggioranza di governo poteva stringere accordi con l’opposizione portando così avanti il proprio progetto politico mentre quest’ultima, aveva la garanzia di vedersi riconoscere il maggior numero possibile di richieste e di altri vantaggi.
L’ultimo paragrafo del primo capitolo tratta della riforma regolamentare del 1971. Noteremo che questi testi rappresentarono una grande novità riguardo al tema dei regolamenti parlamentari poiché, dal 1900 in avanti, non vi erano più state modifiche radicali ( infatti i testi del 1922, e quelli approvati dopo la nascita della Repubblica, erano solo delle evoluzioni dei precedenti ) .
I regolamenti del 1971 furono al passo coi tempi anche se non fu facile adattarli agli “ anni di piombo ” che si abbatterono sul Paese in quei periodi ( si pensi all’omicidio di Aldo Moro o alla strage alla stazione ferroviaria di Bologna ) .
Giunti così al secondo capitolo, analizzeremo gli anni Ottanta nei quali prima, attraverso l’operato della Commissione Bozzi e l’introduzione del voto palese sulla legge di bilancio del 1983 e poi, con le riforme fondamentali del 1988, venne sancita la prevalenza del voto palese sullo scrutinio segreto dopo quasi 140 anni di vigenza di quest’ultimo.
Avuta una visione d’insieme delle modifiche dei primi anni Ottanta, vedremo come si interseca col tema dei regolamenti parlamentari anche la questione del divieto di mandato imperativo, considerandola anche in virtù della prossima ( a distanza di cinque anni ) introduzione dello scrutinio palese per la maggior parte delle materie e, quindi, della questione riguardante la libertà di coscienza dei parlamentari.
Proseguendo nella nostra analisi effettueremo una ricognizione sulle materie in cui vige ancora l’obbligo di votazione segreta ( quelle riguardanti le persone, le materie elencate alla parte prima della Costituzione, la legge finanziaria, le leggi di bilancio e quelle collegate a questi settori, le modifiche al Regolamento, l’istituzione di Commissioni parlamentari d’inchiesta, le leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato e agli organi delle Regioni, nonché la legge elettorale ); su tutte le altre materie invece la votazione scelta dai nuovi regolamenti è quella a scrutinio palese.
Giungendo infine al terzo e conclusivo capitolo della presente ricostruzione storica, analizzeremo la situazione successiva alla radicale modifica di fine anni Ottanta, cercando di capire come proseguirono i lavori delle due ali del Parlamento dopo un’innovazione così importante.
Vedremo poi i nuovi regolamenti del 1997 e la situazione esistente agli inizi degli anni Duemila, usando come chiavi di lettura la legge “ Cirami ” del 2002 e la “ Gasparri ” del 2003.
All’ultimo paragrafo del presente lavoro faremo una carrellata sulle proposte e modifiche regolamentari degli ultimi dieci anni, citando tra le più importanti la questione della norma “ anti - Castelli ” ed il documento presentato dalla senatrice Alberti Castellati di Forza Italia, col quale si richiedeva un’ulteriore restrizione dell’area dello scrutinio segreto a favore del voto palese.
Terminando la nostra analisi con le considerazioni conclusive, tireremo le somme su quanto citato ed affrontato, avendo cura di prospettare delle future evoluzioni per un tema così importante, come quello delle modalità di votazione in seno al Parlamento, ma anche così eterogeneo e trasformista, come la società che ci circonda e alla quale apparteniamo.
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