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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09062012-111840


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale
Autore
SANNA, SIMONE
URN
etd-09062012-111840
Titolo
L'applicazione della mediazione civile e commerciale in iTALIA
Dipartimento
CIVILTA' E FORME DEL SAPERE
Corso di studi
SCIENZE PER LA PACE: COOPERAZIONE INTERNAZIONALE E TRASFORMAZIONE DEI CONFLITTI
Relatori
relatore Prof. Nicosia, Paolo S.
Parole chiave
  • analisi
  • mediazione
  • opposizioni
  • principi comunitari
  • registro organismi.
Data inizio appello
27/09/2012
Consultabilità
Completa
Riassunto
L'APPLICAZIONE DELLA MEDIAZIONE
CIVILE E COMMERCIALE IN ITALIA

La giustizia civile va sempre più verso una lenta e progressiva paralisi, se venti anni fa un processo poteva durare 3-4 anni oggi si parla di processi ventennali o, nel penale, di procedimenti che si chiudono con nulla di fatto per sopraggiunta prescrizione del reato.
E' sempre più radicata l'opinione che la società moderna necessiti di strade diverse, più veloci, economiche e semplici; ormai è un dato acquisito che gli ordinamenti occidentali (sia negli Stati Uniti sia in Europa) si indirizzino verso le c.d. Alternative Dispute Resolution.
Con il decreto legislativo n.28/2010 e' stata introdotta nell' ordinamento italiano una disciplina organica della mediazione delle liti civili e commerciali che è divenuta, così, uno strumento finalizzato alla conciliazione in caso di controversie tra i cittadini e tra essi e le imprese o tra le imprese.
La mediazione nella disciplina vigente è definita un istituto destinato ad operare in via stragiudiziale, ossia fuori dal processo civile, e in forma amministrata, essendo affidata alla gestione di organismi di natura pubblica o privata.
Essa è considerata come “l'attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti, sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia (c.d. Mediazione compositiva), sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della controversia (c.d. Mediazione propositiva)”.
Il procedimento obbligatorio di mediazione viene previsto più precisamente per quei contratti in cui il rapporto fra le parti è destinato a protrarsi nel tempo anche in un momento successivo alla definizione della controversia, ne sono un esempio quelle relative al condominio, locazione, comodato, affitto d'azienda, nonché per quei contratti che presentano una maggiore diffusione di massa e, pertanto, sono maggiormente soggette a contenzioso, ne sono un esempio contratti assicurativi, bancari e finanziari. Vengono inserite, inoltre, altre materie come: diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia notoriamente a forte incidenza di litigiosità, nonché il risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione a mezzo stampa o con altro mezzo di pubblicità, che oggi danno vita ad un contenzioso in notevole aumento.
La condizione di procedibilità, posta dal D.Lgs. 28/2010, è fondamentale perchè ponendo la mediazione come obbligatoria e come premessa per poter accedere al processo, viene ad essa conferita dignità di procedimento vero, incentivando gli interessati a percorrere quest'alternativa con la giusta credibilità e serietà.
Le parti, infatti, attualmente preferiscono il giudice perchè lo ritengono “più importante” del mediatore, socialmente e professionalmente. Di conseguenza l'invito ad accedere alla mediazione potrebbe essere visto come una svalutazione dell'importanza del loro problema.
Come nella tesi è stato sottolineato l'obbligatorietà potrebbe essere solamente una tappa, in quanto in futuro potrebbe essere eliminata, ma per poter entrare a pieno regime ha bisogno di penetrare nella società la cultura della mediazione; necessità ,dunque, di un forte appoggio da parte di tutti e l'obbligatorietà sarebbe un segnale molto forte verso un cambiamento in positivo.
Il 23 ottobre 2012 la Corte Costituzionale sarà, dunque, chiamata a giudicare la legittimità o meno dell'impianto obbligatorio della mediazione civile e commerciale. Se venisse dichiarata legittima, la mediazione finalizzata alla conciliazione diverrebbe per molte materie oggetto di contenzioso lo strumento obbligatorio e “naturale” di possibile risoluzione delle controversie. Se al contrario, fosse dichiarata illegittima, l'utilizzo della mediazione dipenderebbe solo ed esclusivamente dalla volontà di tutte le parti in conflitto, sarebbe la sua fine e significherebbe, inoltre, buttare al vento tutti i nostri sforzi economici e professionali fino ad ora sostenuti.
Secondo il parere di una parte degli avvocati l'obbligatorietà del tentativo di conciliazione è “un passaggio forzato per la ricerca di un consenso fuori dalle aule dei tribunali che provocherà un ritardo nel ricorso alla giustizia ordinaria, incrementando i tempi e provocando così un'ulteriore difficoltà per l'accesso alla giustizia civile”. A nostro avviso viene, però, spontaneo considerare che qualora le previsioni della mediazione entrassero a pieno regime e i dati continuassero a seguire il positivo trend su citato il contenzioso nelle aule giudiziarie si ridurrebbe del 70-80 per cento del totale. Allora sarebbe difficile argomentare la tesi secondo cui l'istituto della mediazione risulterebbe un aggravio dei costi e della durata dei processi.
A tal riguardo si è da poco pronunciata anche la Corte di Giustizia Europea che giustifica l'obbligatorietà della mediazione asserendo che ”…la mediazione obbligatoria, purponendosi come misura restrittiva rispetto all’accesso al giudice, è giustificata dal fatto che essa realizza legittimi obiettivi di interesse generale, tra cui quello della composizione più rapida delle controversie, che è fissato specificatamente nell’interesse delle parti”. In particolare, il termine di quattro mesi non è considerato tale da comportare un ritardo nell’introduzione di un successivo eventuale giudizio.
Attraverso la mediazione non si intende risolvere i problemi atavici che frenano la macchina giudiziaria ma questo istituto se correttamente diffuso, utilizzato e applicato può fornire il suo valido contributo, magari in collaborazione con altri sistemi(istituti).

La convinzione che si è creata attorno all'istituto della mediazione è che esso sia nato per svolgere solo ed esclusivamente una funzione deflattiva per il contenzioso civile ma approfondendo le ricerche e gli studi si scopre che questo istituto ha radici storiche più nobili e più profonde. Essa, infatti, si inserisce nell'ottica di una giustizia “coesistenziale” all'interno della quale le parti in lite, sovente, riescono a mantenere tra loro una relazione sociale ed economica durevole, preservando quindi le loro relazioni future. Diversamente da quanto accade nel corso di un processo civile, che con la sua perpetua ricerca di un torto e una ragione, spesso determina una rottura insanabile. L'idea di fondo è che alla giustizia statale debba essere riservato il ruolo di rimedio estremo per la soluzione del conflitto, e questo non solo per una questione economica.
Attraverso la mediazione, concepita sulla base delle esigenze delle parti il vero accordo si raggiunge in modo volontario e la relazione amichevole sarà preservata più facilmente. L'incapacità di accettare nelle relazioni la frustrazione del limite e dell'impotenza produce violenza e scorciatoie mentali, primitive e semplificatorie, le quali impediscono di intrecciare legami costruttivi. La possibilità di promuovere nuovi patti sociali si trova, al contrario, nella capacità di stare nei conflitti, di viverli come forme altamente evolute in grado di generare felicità e accrescere competenze personali. Cambia l'ottica: non si tratta di convivere senza conflitti, ma piuttosto di convivere proprio grazie ai conflitti.
Per poter mediare, dunque, occorre un cambio di mentalità, un forte ridimensionamento soprattutto del pensiero “professionale” educato alla lotta piuttosto che alla cooperazione,alla vittoria di una parte e alla sconfitta di un'altra. Sarà fondamentale passare da una mentalità avversariale ad una mentalità cooperativa con una nuova cultura di conflitto che superi la tradizionale evocazione dell'idea di contrapposizione come scontro, lotta, combattimento, guerra che conduce a ritenerlo elemento patologico da curare solo con decisioni autoritative. Per rafforzare il cammino in questa direzione è necessario che la formazione alla pace non trasmetta solo informazioni, ma deve mirare anche allo sviluppo di competenze pratiche per affrontare in modo costruttivo i conflitti ed alla crescita personale di chi vi partecipa, cioè saper gestire i conflitti pacificamente e valorizzando le differenze nel rispetto della dignità di ciascuna persona, con il conseguente miglioramento della qualità della vita culturale e sociale.
Da queste riflessioni e motivazioni personali, prende spunto la ricerca condotta in questa tesi di analizzare la fase applicativa della mediazione civile e commerciale in Italia ad un anno e mezzo dalla sua introduzione nel nostro ordinamento.
Lo studio parte dai precedenti logici e storici di questa innovazione, passando in rassegna i principi comunitari che nel tempo sono stati elaborati in tema di metodi ADR, con decisioni aventi forza persuasiva o vincolante per gli Stati membri, fino alla Direttiva n. 2008/52/CE, fondamentale in materia.
Sono state poi esaminate le forme di conciliazione, giudiziali ed extragiudiziali, esistenti nell’ordinamento italiano prima del D.Lgs. 28/2010, che hanno avuto alterna fortuna, ma senza dubbio hanno consentito di far riflettere gli operatori del settore, ed un ampio numero di cittadini, su questo metodo amichevole di risoluzione dei conflitti, creando un movimento sempre più favorevole alla sua diffusione.
L’esame del D.Lgs. 28/2010 si è concentrato soprattutto sui principi ispiratori e sulle indubbie novità che ha portato in termini di contenuti e di procedura.
Lo sforzo principale della ricerca ha riguardato poi la ricostruzione delle problematiche derivanti dall’applicazione della mediazione civile e commerciale, attraverso una dettagliata analisi dei regolamenti e delle circolari elaborati dal Ministero della giustizia, chiamato dal decreto a disciplinare molti aspetti di questo nuovo istituto, con forte rilevanza sul procedimento giudiziario. Lo stesso Ministero ha anche dovuto rispondere ai numerosi dubbi interpretativi insorti nell’ambito dei criteri di iscrizione nell’apposito registro degli organismi di mediazione, stante la scelta preferenziale data alla sola mediazione amministrata. Si è occupato anche della preparazione tecnica e professionale dei mediatori, in un panorama occupato da tante improvvisate agenzie formative e da tante persone rapidamente “convertite” a questa nuova attività. Ha esercitato infine il controllo sui regolamenti di procedura, lasciati alla libera determinazione degli organismi almeno nelle parti facoltative, per valutare la loro coerenza con la normativa vigente.
Sono state affrontate le problematiche connesse all’istituzione del Registro degli organismi di mediazione, con un’attenzione particolare alla natura degli organismi ed al principale atto di funzionamento degli stessi rappresentato dal regolamento che deve essere obbligatoriamente adottato in questa forma di mediazione amministrata.
Ma l’aspetto più interessante, e per certi versi più originale, della tesi è stata la ricerca statistica condotta sui dati del registro e sulle informazioni fornite dal Ministero, nonché su un campione di organismi di mediazione iscritti, incentrata sulle scelte adottate riguardo ai punti facoltativi del regolamento.
Questo tipo di elaborazione ha l’obiettivo di dare un contributo all’analisi oggettiva della situazione esistente e mette in evidenza luci ed ombre della pratica della mediazione civile e commerciale. L’integrazione dei dati statistici finora noti, cerca così di superare la visione unicamente deflattiva di questo nuovo istituto rispetto ai processi civili, allargandosi alla comprensione di un fenomeno che richiede una valutazione culturale diversa.
L'analisi è stata effettuata utilizzando una rilevazione a campione su una percentuale elevata di organismi (10%) suddivisi per gruppi omogenei: Pubblici (Camere di commercio), Privati e Ordini professionali. Questo metodo garantisce l'attendibilità dei risultati sul piano statistico.
Prendendo in considerazione i dati rilasciati dal Ministero della Giustizia relativi alle mediazioni svolte nel periodo 21 Marzo 2011 – 31 Marzo 2012 è stato, inoltre, possibile analizzare e commentare i risultati ottenuti dalla mediazione civile e commerciale ad un anno dall'entrata in vigore dell'obbligatorietà.
Il trend segnala una crescita costante delle mediazioni svolte nell'arco dell'anno, l'unico calo c'è stato nel mese di agosto, ma la causa è da imputare al periodo feriale. Comunque sia, soprattutto negli ultimi mesi si registrano dei numeri sempre più incoraggianti, il boom vero e proprio dei procedimenti di mediazione c'è stato con l'entrata in vigore del tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di condominio e risarcimento danni da circolazione veicoli e natanti avvenuta con un anno di ritardo (20 marzo 2012) visto l'eccessivo numero di liti e controversie riguardanti le suddette materie. Nel mese di marzo l'incremento dei procedimenti è stato del 26 per cento circa, per un totale di 12.175, rispetto ai 9.757 di febbraio.
Gli esiti delle mediazioni, definite nel periodo dal 21 marzo 2011 al 31 marzo 2012, presentati dalla statistica del ministero della giustizia lasciano ben sperare per il futuro della mediazione in Italia.
Facendo il punto della situazione ad un anno dall'entrata in vigore dell'obbligatorietà, possiamo affermare che comincia a decollare questo meccanismo che naturalmente ha bisogno di essere rodato.
I problemi riguardano soprattutto la mancata partecipazione delle parti al tentativo obbligatorio di conciliazione.
Come viene rappresentano nei grafici presenti nella tesi il numero delle volte in cui l'aderente compare sono circa il 35 per cento; numeri confortati dal fatto che quando le parti si presentano l'accordo viene raggiunto nel 48 per cento dei casi. Ciò significa che se le parti vanno davanti al mediatore una volta su due viene raggiunto l'accordo.

Per quanto riguarda le categorie della mediazione, o meglio il motivo per cui si accede alla mediazione, sempre secondo i dati forniti dall’Ufficio Statistica del Ministero per l’anno 2011 la motivazione non sempre è data dall'obbligatorietà dell'istituto prima di ricorrere al giudice, ma con una percentuale che arriva quasi al 20 per cento si fa volontariamente.
Quindi se, come è abbastanza ovvio, il 77,2 per cento delle persone si presentano presso un organismo di mediazione per la sua obbligatorietà, una buona percentuale lo fa di spontanea iniziativa.
Mentre lo 0,5 per cento inizia ad inserirlo tra le clausole contrattuali di lavoro, nel 2,7 per cento dei casi è il giudice a demandare il tentativo di conciliazione prima di agire in giudizio. Da qui nasce la necessità di arrivare a delle convenzioni tra magistratura e organismi di mediazione per definire quali tipi di controversie potrebbero essere affidate con maggiore efficacia alla mediazione.


Simone Sanna
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