Tesi etd-09062010-122041 |
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Tipo di tesi
Tesi di dottorato di ricerca
Autore
MOLLE, CHIARA
Indirizzo email
mchiara2002@libero.it
URN
etd-09062010-122041
Titolo
Revisione, Rating, Advisoring, Analisi finanziarie: valutazioni "private" ad impatto pubblico.
Settore scientifico disciplinare
IUS/05
Corso di studi
DIRITTO PUBBLICO DELL'ECONOMIA, FINANZA E PROCESSO TRIBUTARIO
Relatori
tutor Giusti, Mauro
Parole chiave
- advisors
- agenzie di rating
- società di revisione
Data inizio appello
14/12/2007
Consultabilità
Completa
Riassunto
La complessa integrazione dei mercati, sollecitata recentemente dal completamento del Piano d’azione dell’Unione Europea sui servizi finanziari, ha segnato la proliferazione all’interno del sistema di organismi, in buona parte di derivazione internazionale, caratterizzati dall’esercizio di funzioni di particolare rilievo pubblicistico e destinati ad esercitare un’influenza determinante sull’andamento del mercato finanziario, incidendo pesantemente sulle scelte di investimento dei risparmiatori.
Il presente lavoro ha pertanto la finalità di accendere un faro sull’esistenza di tali soggetti, la cui operatività sul mercato sfugge a qualsiasi forma di regolamentazione in grado di imbrigliarne l’attività
Dopo brevissime premesse sulla definizione di esercizio privato di pubbliche funzioni, così come suggerita dai più illustri giuristi – condotta al fine di contestualizzare le successive argomentazioni - la trattazione ha avuto ad oggetto l’analisi puntuale della quanto mai lacunosa normativa presente nel nostro ordinamento rispetto agli organismi oggetto di esame.
Il primo capitolo è dedicato alle Società di revisione, rispetto alle quali le prime forme di regolamentazione risalgono addirittura al r.d. 2214/1926, anche se una più completa disciplina della materia è stata introdotta con il d.P.R. 136/1975, successivamente trasfusa nella Riforma Draghi ed ampliata con la più recente Riforma del diritto societario. È tuttavia solo con la legge di riforma del risparmio
La successiva trattazione si sofferma sulle Agenzie di rating, per le quali permangono profonde lacune normative, alimentate dall’atteggiamento lassista proveniente sia a livello internazionale dalla Iosco, sia in ambito europeo dal Cers, i quali hanno ritenuto preferibile allo stato attuale lasciare spazio all’autoregolamentazione sulla base dei principi espressi piuttosto che introdurre una disciplina su base continentale, secondo il modello già esistente negli Stati Uniti, sebbene un ripensamento sia stato avanzato a seguito della recente crisi dei mutui americani subprime.
Ci è parso utile nell’esposizione evidenziare il ruolo che l’ordinamento ha riconosciuto alle Agenzie, attribuendo alle loro valutazioni una sorta di funzione certificativa, a cui si contrappone la totale assenza di controlli ex ante e/o ex post sull’attività esercitata.
L’attendibilità dei giudizi espressi risulta pertanto pregiudicata dalla sostanziale autonomia nella scelta delle metodologie adottate, non essendo imposti criteri di giudizio univoci, a cui si uniscono le modalità di remunerazione (anche in tal caso è la società oggetto di giudizio a provvedere alla liquidazione dei compensi) e la polifunzionalità delle funzioni esercitate, in quanto spesso le Agenzie assumono la veste di sottoscrittori di quegli stessi titoli successivamente oggetto di giudizio dal punto di vista della solvibilità.
Il passo successivo è stato evidenziare le diverse profilature caratterizzanti la consulenza, sia nelle sue manifestazioni più vicine agli investitori, con riguardo alla più specifica consulenza finanziaria che le recenti modifiche introdotte dalla Mifid hanno nuovamente ricompreso tra i servizi di investimento sottoposti al controllo dell’Autorità di settore, sia con riferimento alla più eterogenea attività di advisoring, per tale intendendo la consulenza generica fornita alle imprese dai grandi gruppi polifunzionali presenti sul mercato finanziario, la cui diversificazione dei servizi prestati genera inevitabilmente contaminazioni tra un’attività ed un’altra in virtù dei conflitti di interesse connaturati alle stesse.
Il capitolo finale è dedicato alle analisi finanziarie, tornate nuovamente attuali a seguito del riferimento operato dalla Mifid, al fine di distinguerle dalla consulenza finanziaria, ma rispetto alle quali si rileva nel nostro ordinamento una sovrapposizione normativa, frutto del successivo recepimento di normative comunitarie tra di loro non coordinate – la direttiva sul Market abuse e la successiva direttiva Mifid – in cui è evidente la consapevolezza del legislatore circa l’inevitabile sussistenza di situazioni di conflitto di interesse, a cui cerca di far fronte imponendo all’analista l’obbligo di disclosure, affinché il risparmiatore sia posto nella condizione di effettuare scelte consapevoli.
Il lavoro si conclude con valutazioni critiche riguardo al tessuto normativo attualmente esistente, incapace di percepire e tradurre in regole l’autentica situazione di emergenza formatasi in tema di risparmio e di fiducia degli investitori, rispetto alla quale forte è la sensazione della carenza di una precisa volontà di definire un sistema che non abbia più le caratteristiche da far west a cui il legislatore ci ha oramai avvezzi.
Il presente lavoro ha pertanto la finalità di accendere un faro sull’esistenza di tali soggetti, la cui operatività sul mercato sfugge a qualsiasi forma di regolamentazione in grado di imbrigliarne l’attività
Dopo brevissime premesse sulla definizione di esercizio privato di pubbliche funzioni, così come suggerita dai più illustri giuristi – condotta al fine di contestualizzare le successive argomentazioni - la trattazione ha avuto ad oggetto l’analisi puntuale della quanto mai lacunosa normativa presente nel nostro ordinamento rispetto agli organismi oggetto di esame.
Il primo capitolo è dedicato alle Società di revisione, rispetto alle quali le prime forme di regolamentazione risalgono addirittura al r.d. 2214/1926, anche se una più completa disciplina della materia è stata introdotta con il d.P.R. 136/1975, successivamente trasfusa nella Riforma Draghi ed ampliata con la più recente Riforma del diritto societario. È tuttavia solo con la legge di riforma del risparmio
La successiva trattazione si sofferma sulle Agenzie di rating, per le quali permangono profonde lacune normative, alimentate dall’atteggiamento lassista proveniente sia a livello internazionale dalla Iosco, sia in ambito europeo dal Cers, i quali hanno ritenuto preferibile allo stato attuale lasciare spazio all’autoregolamentazione sulla base dei principi espressi piuttosto che introdurre una disciplina su base continentale, secondo il modello già esistente negli Stati Uniti, sebbene un ripensamento sia stato avanzato a seguito della recente crisi dei mutui americani subprime.
Ci è parso utile nell’esposizione evidenziare il ruolo che l’ordinamento ha riconosciuto alle Agenzie, attribuendo alle loro valutazioni una sorta di funzione certificativa, a cui si contrappone la totale assenza di controlli ex ante e/o ex post sull’attività esercitata.
L’attendibilità dei giudizi espressi risulta pertanto pregiudicata dalla sostanziale autonomia nella scelta delle metodologie adottate, non essendo imposti criteri di giudizio univoci, a cui si uniscono le modalità di remunerazione (anche in tal caso è la società oggetto di giudizio a provvedere alla liquidazione dei compensi) e la polifunzionalità delle funzioni esercitate, in quanto spesso le Agenzie assumono la veste di sottoscrittori di quegli stessi titoli successivamente oggetto di giudizio dal punto di vista della solvibilità.
Il passo successivo è stato evidenziare le diverse profilature caratterizzanti la consulenza, sia nelle sue manifestazioni più vicine agli investitori, con riguardo alla più specifica consulenza finanziaria che le recenti modifiche introdotte dalla Mifid hanno nuovamente ricompreso tra i servizi di investimento sottoposti al controllo dell’Autorità di settore, sia con riferimento alla più eterogenea attività di advisoring, per tale intendendo la consulenza generica fornita alle imprese dai grandi gruppi polifunzionali presenti sul mercato finanziario, la cui diversificazione dei servizi prestati genera inevitabilmente contaminazioni tra un’attività ed un’altra in virtù dei conflitti di interesse connaturati alle stesse.
Il capitolo finale è dedicato alle analisi finanziarie, tornate nuovamente attuali a seguito del riferimento operato dalla Mifid, al fine di distinguerle dalla consulenza finanziaria, ma rispetto alle quali si rileva nel nostro ordinamento una sovrapposizione normativa, frutto del successivo recepimento di normative comunitarie tra di loro non coordinate – la direttiva sul Market abuse e la successiva direttiva Mifid – in cui è evidente la consapevolezza del legislatore circa l’inevitabile sussistenza di situazioni di conflitto di interesse, a cui cerca di far fronte imponendo all’analista l’obbligo di disclosure, affinché il risparmiatore sia posto nella condizione di effettuare scelte consapevoli.
Il lavoro si conclude con valutazioni critiche riguardo al tessuto normativo attualmente esistente, incapace di percepire e tradurre in regole l’autentica situazione di emergenza formatasi in tema di risparmio e di fiducia degli investitori, rispetto alla quale forte è la sensazione della carenza di una precisa volontà di definire un sistema che non abbia più le caratteristiche da far west a cui il legislatore ci ha oramai avvezzi.
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