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Archivio digitale delle tesi discusse presso l’Università di Pisa

Tesi etd-09042022-175634


Tipo di tesi
Tesi di laurea magistrale LM5
Autore
SANTINI, GIULIO
URN
etd-09042022-175634
Titolo
Accordi in forma semplificata e trattati segreti. Potere estero e indirizzo politico di Governo nella storia costituzionale italiana
Dipartimento
GIURISPRUDENZA
Corso di studi
GIURISPRUDENZA
Relatori
relatore Prof. Conti, Gian Luca
Parole chiave
  • Governo
  • indirizzo politico
  • potere estero
  • accordi internazionali
  • trattati segreti
  • accordi in forma semplificata
  • storia costituzionale
  • diritto costituzionale
Data inizio appello
26/09/2022
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
26/09/2092
Riassunto
La tesi di laurea è dedicata all’approfondimento del tema dell’esercizio del potere estero nella storia costituzionale italiana. In particolar modo, è rivolta allo studio delle continuità e discontinuità nel passaggio dall’esperienza statutaria a quella costituzionale repubblicana, per quanto attiene alle modalità di espressione di un indirizzo politico di Governo tramite strumenti di politica internazionale che, nella dialettica dei poteri tra organi costituzionali, garantiscono una posizione di assoluta preminenza, in quanto estromettono gli altri dalla possibilità di controllare o addirittura di conoscere il contenuto degli impegni assunti in sede internazionale. È il caso degli accordi in forma semplificata e i trattati segreti, che si pongono in alternativa al modello della stipulazione di un negozio internazionale in forma solenne e soggetto alla ratifica con il coinvolgimento del Parlamento.
Questa ricostruzione permette di riflettere criticamente sulla collocazione della materia dei rapporti con l’estero nella sistematica del diritto pubblico interno, che, specialmente dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, non sembra essere particolarmente agevole. L’affermarsi di un modello costituzionale basato sulla parlamentarizzazione dell’attività internazionale dello Stato (sub specie di necessaria autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali disposta per legge, nei casi previsti dall’art. 80 Cost.), insieme all’importanza assunta, nel giudizio di costituzionalità, dalle fonti pattizie e di diritto derivato, ha sovente ricondotto il tema entro lo studio delle fonti del diritto, quasi che la sua dimensione giuridica si esaurisca in una serie di precetti sulla produzione e l’efficacia di atti normativi.
L’esercizio del potere estero, invece, conserva in capo all’esecutivo numerose attribuzioni che non sono mutate rispetto al periodo monarchico, ampi spazi nei quali il Governo può giocare un ruolo libero e del tutto politico, cosicché questo ambito gode di una speciale preminenza nell’espressione dell’indirizzo politico. I membri del Governo, forti della loro qualità di rappresentanti dello Stato una voce, impegnati a definire non già policies ma scelte politiche (talora di fondamentale importanza), con la negoziazione internazionale corroborano la loro legittimazione interna e impongono le proprie scelte all’ordinamento con notevole autonomia rispetto alla volontà del Parlamento.
Tra gli strumenti utilizzabili a tale scopo, una speciale importanza è appunto rivestita dalla conclusione di accordi in forma semplificata (la cui figura paradigmatica è rappresentata dagli executive agreements americani); essi non sono soggetti a ratifica e, pertanto, neppure debbono essere soggetti all’esame parlamentare per l’autorizzazione a obbligarsi. Questa modalità di produzione di norme internazionali, sempre conosciuta, ha acquisito maggior peso in ragione dell’ingresso degli Stati Uniti nel consesso delle potenze principali, per evitare il passaggio dell’advice and consent, che un Senato ostile potrebbe negare al presidente, e ancor di più dopo la Seconda guerra mondiale, quando anche gli Stati europei hanno sempre più valorizzato il momento parlamentare dell’autorizzazione alla ratifica.
Con gli accordi in forma semplificata, da un lato l’Esecutivo può concludere in piena autonomia accordi di grande importanza programmatica e, teoricamente, tali da poter essere invocati come norme interposte nel giudizio di costituzionalità (post C. Cost., sent. 348/2007); dall’altro, anche a prezzo di forzature rispetto all’elenco di materie previsto dall’art. 80 Cost., può compiere scelte vincolanti nonostante il parere delle Camere, che talora incidono sui caratteri essenziali della stessa forma di Stato (a questo proposito, si può ricordare il caso emblematico della soluzione della questione triestina nel 1954).
Una forma di esercizio del potere estero ancor più libera da controlli e svincolata rispetto al sistema delle garanzie è la c.d. “diplomazia segreta”. Molto praticata fino al termine della Prima guerra mondiale, e alla base di snodi fondamentali della storia costituzionale e politica italiana (si pensi, su tutti, all’intervento del 24 maggio 1915), essa trova ancora spazio nell’interlocuzione con sistemi statuali deboli o poco rispettosi dei diritti umani, rivelandosi peraltro assai importante nelle definizione di linee fondamentali del programma di governo e dell’ordine pubblico interno: si veda, ad esempio, il caso del c.d. “Memorandum Italia-Libia”, nel quale ha pure dimostrato una significativa resistenza rispetto ai tentativi di censura in sede di giudizio per conflitto di attribuzioni (ex ord. 163/2018 della Corte costituzionale).
Entrambe queste modalità di esercizio delle relazioni internazionali, oggi, devono essere inquadrate in un sistema caratterizzato dall’ispirazione garantista voluta dal Costituente nella configurazione del sistema istituzionale della politica estera. La tesi tratta in particolare delle sanzioni politiche che il Parlamento, ingiustamente pretermesso, può opporre all’esecutivo, e del significato di questa eventuale dialettica nell’evoluzione della forma di Governo; come pure dell’acquiescenza delle Camere rispetto a un esercizio indebito del potere estero da parte del gabinetto, che talora risulta strumentale ad assicurare maggiore stabilità agli impegni assunti, sottraendoli al dibattito e al confronto con le opposizioni.
Si dedica attenzione al ruolo del Presidente della Repubblica, che, formalmente, è estraneo alla formazione di accordi non soggetti a ratifica, pur se mantiene un ruolo di garanzia che si estende alla generalità della politica estera; e a quello della Corte costituzionale, chiamata, come si è detto, da un lato ad applicare ogni genere di negozio internazionale in quanto norma interposta, e, dall’altro, a sindacare eventuali violazioni delle norme costituzionali nella conclusione degli accordi: il che potrebbe dar luogo a valutazioni idonee anche ad inficiare la validità degli stessi sul piano internazionale (cfr. art. 46 della Conv. di Vienna). Si affronta anche il tema del rapporto tra accordo segreto e situazioni giuridiche soggettive, con riferimento alla possibilità per il cittadino di prendere conoscenza del contenuto delle intese attraverso gli strumenti di trasparenza amministrativa, o, per contro, al possibile sfruttamento di situazioni di incertezza per massimizzare vantaggi in ambito patrimoniale e fiscale.
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