Tesi etd-09042014-165951 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica LC6
Autore
MORMINA, SERENA
URN
etd-09042014-165951
Titolo
Sicurezza della terapia con azatioprina nelle malattie autoimmuni del fegato in età pediatrica: studio retrospettivo osservazionale
Dipartimento
RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Maggiore, Giuseppe
Parole chiave
- Azatioprina
- colangite sclerosante
- effetti avversi
- epatite autoimmune
Data inizio appello
23/09/2014
Consultabilità
Completa
Riassunto
RIASSUNTO ANALITICO
Le malattie autoimmuni del fegato e delle vie biliari comprendono uno spettro di disordini ad eziologia sconosciuta, che evolvono spontaneamente verso un danno irreversibile dell’architettura e della funzione dell’organo. Esse sono rappresentate dall’epatite autoimmune, la colangite sclerosante, la cirrosi biliare primitiva (una patologia che interessa esclusivamente il soggetto adulto), le sindromi da overlap (in cui coesistono il danno epatocitario e quello a carico dei dotti biliari) e l’epatite gigantocellulare associata ad anemia emolitica autoimmune. Alla base di queste patologie si ritiene che vi sia una predisposizione genetica, la quale renderebbe l’individuo più suscettibile allo sviluppo di una reazione autoimmune aberrante verso antigeni autologhi, a seguito dell’esposizione a fattori ambientali. I pazienti affetti da queste patologie possiedono alcuni elementi comuni che portano il medico a porre il sospetto diagnostico: un aumento degli indici di citolisi epatica, la presenza di fenomeni di attivazione immunitaria, quali l’ipergammaglobulinemia, un’anamnesi personale e familiare che spesso vede l’associazione con altre malattie autoimmuni e un miglioramento con l’introduzione della terapia immunosoppressiva.
Il trattamento convenzionale delle epatopatie autoimmuni si basa sull’utilizzo di farmaci immunosoppressori, quali il corticosteroide (prednisone o prednisolone), inizialmente in monoterapia, o fin da subito in associazione con l’azatioprina (AZA).
L’AZA è un antimetabolita purinico con proprietà immunosoppressive. Essa agisce interferendo con il metabolismo delle purine ed esplicando quindi un’azione soppressiva sui linfociti. Si tratta di un farmaco con molteplici indicazioni ed abbastanza sicuro, raramente responsabile di effetti secondari gravi. La più importante azione tossica esplicata dall’AZA è rappresentata dalla mielosoppressione, che di solito si manifesta sotto forma di leucopenia, sebbene possano anche insorgere anemia e trombocitopenia. Altri possibili effetti avversi sono rappresentati da: quelli gastrointestinali, quali pancreatite, nausea, vomito, anoressia e dolore addominale; la macrocitosi; la riduzione dell’attività del fattore V e della protrombina; reazioni aspecifiche, quali eruzioni cutanee, alopecia, febbre (in cui sono state escluse altre possibili cause), mialgie e artralgie; l’epatotossicità, che è una complicanza poco frequente e di cui non si conosce il tipo esatto di alterazione; un aumento della suscettibilità alle infezioni ed un rischio di teratogenicità, anche se secondo diversi studi l’AZA sembra essere abbastanza sicura sia per la madre che per il feto.
Lo scopo di questo studio è stato di raccogliere e analizzare i dati di pazienti pediatrici affetti da malattie autoimmuni del fegato e delle vie biliari afferenti all’U.O. di Epatologia e Gastroenterologia Pediatrica di Pisa, che tra il 1993 e il 2013 abbiano ricevuto un trattamento con azatioprina di una durata minima di 6 mesi.
Le finalità specifiche dello studio sono di valutare gli eventuali effetti avversi, legati all’utilizzo dell’azatioprina, in termini di tipologia, gravità e frequenza. Sono state inoltre valutate le correlazioni temporali nello sviluppo degli effetti avversi mielodepressivi nell’ottica di individuare eventuali markers precoci di tossicità farmaco-indotta. Infine è stata analizzato il ruolo della malattia di base e dell’eventuale associazione con malattie infiammatorie croniche intestinali come fattore di rischio per lo sviluppo di effetti avversi della terapia prolungata con AZA.
È stato disegnato uno studio retrospettivo monocentrico, in cui sono stati inclusi i pazienti con diagnosi di EAI-1, EAI-2, EAI sieronegativa, CSA, CSPD e sindrome da overlap; con un’età all’inizio del trattamento con AZA compresa tra 1 e 18 anni e un follow-up minimo di 6 mesi. Sono stati arruolati 52 pazienti (18 maschi e 34 femmine), 17 con EAI-1, 12 con EAI-2, 3 con EAI sieronegativa, 5 con CSA, 3 con CSPD e 12 con sindrome da overlap. Di questi 52, 13 avevano una malattia infiammatoria cronica intestinale correlata.
Le reazioni avverse all’azatioprina sono state riscontrate in circa la metà dei pazienti (51%), ma solo in 2 di questi (4%) é stata necessaria la sospensione del farmaco. In entrambi i casi, comunque, gli effetti collaterali, rappresentati da leuco/linfocitopenia ed epigastralgia sono regrediti completamente dopo la sospensione dell’azatioprina. La pressoché totalità degli eventi avversi è stata di tipo ematologico (96%), mentre significativamente più rari sono stati gli effetti avversi gastrointestinali (4%), infettivi (4%) ed aspecifici (alopecia) (8%).
Gli effetti avversi ematologici sono stati in oltre il 95% dei casi in forma lieve/moderata; nella metà dei casi transitoria, di cui oltre il 70% dei casi spontaneamente risolutiva.
La comparsa di leucopenia precede quella della macrocitosi potendo quindi rappresentare un marker precoce di tossicità farmaco-indotta.
La tipologia di malattia autoimmune del fegato e delle vie biliari non sembra rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di effetti avversi al trattamento con azatioprina, mentre l’associazione con una malattia infiammatoria cronica intestinale, pur non raggiungendo la significatività statistica, definisce un sottogruppo di pazienti con un’apparente maggiore tendenza alla farmaco-tossicità (62% vs. 49%).
Le malattie autoimmuni del fegato e delle vie biliari comprendono uno spettro di disordini ad eziologia sconosciuta, che evolvono spontaneamente verso un danno irreversibile dell’architettura e della funzione dell’organo. Esse sono rappresentate dall’epatite autoimmune, la colangite sclerosante, la cirrosi biliare primitiva (una patologia che interessa esclusivamente il soggetto adulto), le sindromi da overlap (in cui coesistono il danno epatocitario e quello a carico dei dotti biliari) e l’epatite gigantocellulare associata ad anemia emolitica autoimmune. Alla base di queste patologie si ritiene che vi sia una predisposizione genetica, la quale renderebbe l’individuo più suscettibile allo sviluppo di una reazione autoimmune aberrante verso antigeni autologhi, a seguito dell’esposizione a fattori ambientali. I pazienti affetti da queste patologie possiedono alcuni elementi comuni che portano il medico a porre il sospetto diagnostico: un aumento degli indici di citolisi epatica, la presenza di fenomeni di attivazione immunitaria, quali l’ipergammaglobulinemia, un’anamnesi personale e familiare che spesso vede l’associazione con altre malattie autoimmuni e un miglioramento con l’introduzione della terapia immunosoppressiva.
Il trattamento convenzionale delle epatopatie autoimmuni si basa sull’utilizzo di farmaci immunosoppressori, quali il corticosteroide (prednisone o prednisolone), inizialmente in monoterapia, o fin da subito in associazione con l’azatioprina (AZA).
L’AZA è un antimetabolita purinico con proprietà immunosoppressive. Essa agisce interferendo con il metabolismo delle purine ed esplicando quindi un’azione soppressiva sui linfociti. Si tratta di un farmaco con molteplici indicazioni ed abbastanza sicuro, raramente responsabile di effetti secondari gravi. La più importante azione tossica esplicata dall’AZA è rappresentata dalla mielosoppressione, che di solito si manifesta sotto forma di leucopenia, sebbene possano anche insorgere anemia e trombocitopenia. Altri possibili effetti avversi sono rappresentati da: quelli gastrointestinali, quali pancreatite, nausea, vomito, anoressia e dolore addominale; la macrocitosi; la riduzione dell’attività del fattore V e della protrombina; reazioni aspecifiche, quali eruzioni cutanee, alopecia, febbre (in cui sono state escluse altre possibili cause), mialgie e artralgie; l’epatotossicità, che è una complicanza poco frequente e di cui non si conosce il tipo esatto di alterazione; un aumento della suscettibilità alle infezioni ed un rischio di teratogenicità, anche se secondo diversi studi l’AZA sembra essere abbastanza sicura sia per la madre che per il feto.
Lo scopo di questo studio è stato di raccogliere e analizzare i dati di pazienti pediatrici affetti da malattie autoimmuni del fegato e delle vie biliari afferenti all’U.O. di Epatologia e Gastroenterologia Pediatrica di Pisa, che tra il 1993 e il 2013 abbiano ricevuto un trattamento con azatioprina di una durata minima di 6 mesi.
Le finalità specifiche dello studio sono di valutare gli eventuali effetti avversi, legati all’utilizzo dell’azatioprina, in termini di tipologia, gravità e frequenza. Sono state inoltre valutate le correlazioni temporali nello sviluppo degli effetti avversi mielodepressivi nell’ottica di individuare eventuali markers precoci di tossicità farmaco-indotta. Infine è stata analizzato il ruolo della malattia di base e dell’eventuale associazione con malattie infiammatorie croniche intestinali come fattore di rischio per lo sviluppo di effetti avversi della terapia prolungata con AZA.
È stato disegnato uno studio retrospettivo monocentrico, in cui sono stati inclusi i pazienti con diagnosi di EAI-1, EAI-2, EAI sieronegativa, CSA, CSPD e sindrome da overlap; con un’età all’inizio del trattamento con AZA compresa tra 1 e 18 anni e un follow-up minimo di 6 mesi. Sono stati arruolati 52 pazienti (18 maschi e 34 femmine), 17 con EAI-1, 12 con EAI-2, 3 con EAI sieronegativa, 5 con CSA, 3 con CSPD e 12 con sindrome da overlap. Di questi 52, 13 avevano una malattia infiammatoria cronica intestinale correlata.
Le reazioni avverse all’azatioprina sono state riscontrate in circa la metà dei pazienti (51%), ma solo in 2 di questi (4%) é stata necessaria la sospensione del farmaco. In entrambi i casi, comunque, gli effetti collaterali, rappresentati da leuco/linfocitopenia ed epigastralgia sono regrediti completamente dopo la sospensione dell’azatioprina. La pressoché totalità degli eventi avversi è stata di tipo ematologico (96%), mentre significativamente più rari sono stati gli effetti avversi gastrointestinali (4%), infettivi (4%) ed aspecifici (alopecia) (8%).
Gli effetti avversi ematologici sono stati in oltre il 95% dei casi in forma lieve/moderata; nella metà dei casi transitoria, di cui oltre il 70% dei casi spontaneamente risolutiva.
La comparsa di leucopenia precede quella della macrocitosi potendo quindi rappresentare un marker precoce di tossicità farmaco-indotta.
La tipologia di malattia autoimmune del fegato e delle vie biliari non sembra rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo di effetti avversi al trattamento con azatioprina, mentre l’associazione con una malattia infiammatoria cronica intestinale, pur non raggiungendo la significatività statistica, definisce un sottogruppo di pazienti con un’apparente maggiore tendenza alla farmaco-tossicità (62% vs. 49%).
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
Tesi_.pdf | 1.44 Mb |
Contatta l’autore |