Tesi etd-09042011-100135 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
RUSSO, DARIO
URN
etd-09042011-100135
Titolo
Anatomia di un Duffy Duck Special. Congegni letterari e ibridi mediali nell'opera di Gabriele Frasca.
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
LINGUA E LETTERATURA ITALIANA
Relatori
relatore Prof.ssa Benedetti, Carla
correlatore Prof. Casadei, Alberto
correlatore Prof. Casadei, Alberto
Parole chiave
- congegno
- contemporanea
- Frasca
- ibrido
- italiana
- letteratura
- mediale
Data inizio appello
19/09/2011
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
19/09/2051
Riassunto
Sommario
1. Frasca’s freak show Errore. Il segnalibro non è definito.
1. Più gente entra più bestie si vedono Errore. Il segnalibro non è definito.
2. Sia la luce Errore. Il segnalibro non è definito.
3. Ogni paese è mondo. Errore. Il segnalibro non è definito.
2. I mezzosangue 39
1. Una nuova speranza 39
2. Un fumanzo anfibio 52
3. Il chiacchiericcio mediale di Santa Mira 57
4. Un ibrido fuori di sé 65
5. Proesie 71
3. A clockwork poet 77
1. Frasca a pezzi 77
2. Quando l’orologiaio dà i numeri 85
3. That’s all folks! 92
4. Motori a retrogradatio 95
6. Congegni minimi 101
4. Il tradimento 111
1. E Didimo Giuda disse 111
2. Riciclaggio 119
3. La macchina dell’intertestualità 128
L’opera è un omaggio e un prosieguo al Freak show del gruppo rock americano The Residents . Il lavoro dei Residents è richiamato esplicitamente da Frasca sia con la traduzione di Nobody laughs when they leave, sia attraverso il nome del gruppo, visto che ResiDante non è altro che un’arguta traduzione per l’orecchio e per l’occhio del gruppo americano.
Il lavoro dei Residents mirava a creare delle reazioni simili a quelle provocate nel 1932 dal film Freaks di Todd Browning. Non fu la vista delle deformità a far inorridire gli spettatori, ma l’«intrusione dell’autentico (del vero e concreto, del fondo biologico) nel simulato» . Dal momento che i loro corpi deformi erano proiettati dallo schermo, si era introdotta la «refrattarietà del reale in un reale che le omissioni del montaggio avevano insegnato a considerare affabile» . I mostri raccolti da Frasca per la sua esposizione non sono fenomeni da baraccone come la donna barbuta o i gemelli siamesi, la cui mostruosità sia attribuibile a deformazioni del corpo. Fenomeni in fiera non è una rassegna di eccezionalità: sono l’immagine del mondo fornita dai media, quello che Frasca chiama lo «sciocchezzaio mediale omogeneizzato» . Per un’analogia morfologica tra cervello e intestino, il personaggio ha confuso quale sia realmente la fonte della sua ispirazione.
Ogni parola pronunciata da Cozzi riguardo al romanzo è del tutto inconsistente, mentre il modo spiritoso con cui risponde all’intervistatrice rientra nell’attitudine del brodo-recensore a conquistare il suo pubblico. È questo il senso principale della letteratura di Frasca.
I due Fenomeni in fiera analizzati mostrano come il circo allestito da Frasca sia un’esasperazione degli uomini e dei media.
Frasca si appropria di questo uso per esprimere la natura ibrida dei suoi freak. Uniformando tali espressioni attraverso una soluzione tipografica simile a quella degli altri freak proposti, Frasca le sottrae al loro contesto originale e le fa proprie, adatte al suo circo dei mostri.
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Frasca fa notare come «i rimproveri mossi ai media ritenuti minacciosi (a quelli che si voglio scalzare con i nuovi, o, specularmente, a quelli da cui occorre difendersi nel nome dei vecchi) finiscano con l’assomigliarsi tutti» . Immersa nel sonnambulismo prodotto dai media, l’umanità che Frasca rappresenta ha difficoltà a distinguere nettamente cosa sia realtà e cosa sia invece il prodotto della sua immaginazione. Il saggio La scimmia di dio di Frasca è uno strumento fondamentale per conferire maggiore spessore teorico ai dubbi avanzati da Mario.
Nel saggio Frasca spiega come l’informazione non genetica abbia prodotto una realtà ulteriore, proprio come la scimmia di dio, da qui il titolo del saggio, nell’immaginario cristiano . Questa «creazione “inautentica”» è costruita attraverso strumenti selettivi, come il montaggio nel cinema e il missaggio nel medium radiofonico , quindi elimina i tempi morti della vita quotidiana. Sottratta alla tirannia del biologico, la realtà costruita dalla scimmia di dio accoglie il soggetto in un limbo nel quale può comodamente astrarsi dalle insopportabili urgenze dell’esistenza.
La donna-schermo contrappone le due diverse forme attraverso cui si manifesta. Da una parte c’è la sua forma «lieve», incorporea, dove il «cuore risiede senza danno». Lo schermo con cui la donna si è ibridata è certamente quello del televisore o del computer, ma ha la funzione precisa di ripararsi dall’ «informazione genetica», la quale «lavora per sfarinare il corpo» . In Glorified Persons si vive un’esistenza alternativa (secondo uno dei giocatori: «meglio anche del mondo» ), non solo perché l’impianto suddetto trasmette attraverso radiofrequenze delle sensazioni che coinvolgono pienamente l’utente, a tal punto da ricompensarlo nel quarto livello con un appagante piacere sessuale. Il primo passo per partecipare al gioco consiste nel crearsi un proprio personaggio. Si può vivere senza avere un obiettivo, come ««la stragrande maggioranza dei partecipanti al gioco, i cosiddetti AP, Aimless People» . Infine mostra la preferenza che quest’umanità freak accorda al mondo imbastito dalla Scimmia di dio. Al di là della possibilità di costruirlo, questo corpo ha bisogno di essere continuamente nutrito. Non a caso il messaggio delle cut scene che ogni tanto irrompono durante la partita recita «lìberati dal mondo della carne» . Nell’economia del gioco liberarsi dalla carne vuol dire giungere al secondo livello, dove il corpo del proprio avatar «di gran lunga più risplendente, pareva si fosse rivestito di nuova vita» . Il passaggio di livello si poteva realizzare sottraendo il corpo «dall’interno» a dei personaggi chiamati Corpsy, gli occhi dei quali brillavano d’azzurro come il cielo promesso dalle cut scene. È proprio nel passaggio da questo livello all’ultimo, il preludio al passaggio alla vita vera del Cielo della Luna, che il corpo è coinvolto completamente: l’avatar del giocatore viene mangiato proprio come egli aveva fatto con il Corpsy nel primo livello. Alla fine di quello che si può dire sia un vero e proprio cammino di iniziazione, i giocatori conquistano la possibilità di provare nella vita vera quello che hanno esperito nel mondo virtuale di Glorified Persons. Possono liberarsi per sempre dal loro corpo fisico, facendosi tagliare la gola mentre sono adagiati sul corpo imbastito dagli impagliatori del Cielo della Luna. Il personaggio è un signor qualunque che a un certo punto della sua vita, buona parte della quale trascorsa a leggere fumetti e polizieschi, decide di indossare una «ridicola» maschera e riportare in vita il personaggio di Spirit , il detective del fumetto creato da Will Eisner.
La dissimulazione del reale messa in atto da Daniele Beretta non è molto diverso da quello di Don Chisciotte della Mancia. Frasca richiama l’illustre antenato di Spirit attraverso diversi dettagli all’interno della narrazione, dei quali il più importante è l’ambientazione spagnola in cui si svolge la vicenda di Spirit.
Volendo restituire ai due personaggi un epiteto che sia più consono al loro comportamento, anzi al giudizio che gli altri personaggi ne danno, i due personaggi dovrebbero essere insigniti dell’epiteto che Dostoevskij usa per il suo romanzo L’idiota: Don Chisciotte e Spirit sono due idioti. Basta dare un’occhiata all’onomastica dei vari personaggi per rendersi conto che l’operazione di mascheramento del reale compiuta da Spirit sembrava già ben avviata dal mondo uno in cui viveva. I personaggi e l’ambientazione del mondo uno de Il fermo volere sono pronti, sin dall’atto di nascita, per essere accolti senza nel mondo bidimensionale creato da Spirit.
Il Don Chisciotte a cui Frasca attinge per la creazione di Spirit è la sua rilettura che emerge ne La lettera che muore . Spirit chiude la parabola narrativa di cui era protagonista sottraendosi nuovamente allo «sfarinarsi del corpo».
Nella storia degli ultra-polpi in Spirit emerge un’altra idea, vale a dire l’emozione del culturale della sottrazione del corpo generata dalla diffusione dei media elettrici . Frasca se ne occupa ne La scimmia di dio.
Con l’avvento dei media elettrici, la contrapposizione . Nell’opera si possono leggere le vicende di un giorno qualunque della vita dei due protagonisti, Dalia e Guadi, nonché degli altri personaggi legati alla loro esistenza. Gran parte dei loro discorsi sono un calco del flusso informativo proveniente dai media .
Come gli uomini nella teoria dei polpi di Vitaliano Mori, Dalia ha la sensazione che la sua vita si stia trascinando dopo essersi lasciata alle spalle la parte più emozionante. La vita di Dalia sembra non prevedere l’utilizzo del montaggio ed è per questo che il personaggio può sentirsi come se le parte migliore della vita fosse già trascorsa, restandogli da girare solo le scene «di contorno».
La nostalgia per Frasca è «lo spettro della merce», cioè il sentimento che alimenta i consumi e il prosperare della macchina capitalistica. Per tutto il tempo in cui è protagonista della narrazione, egli non fa altro che rimasticare il passato. L’intervento rafforza l’idea che un’esperienza del genere sia stata vissuta da tutti e che non ci sia persona che non si fermi a rimpiangerla.
3. Ogni paese è mondo
Nell’ultimo capitolo di Dai cancelli d’acciaio, Regina Mori spiega all’oggetto senziente del giorno, padre Saverio, quali sono le ragioni e i fini del Cielo della Luna:
La singolarità delle leggi che ci siamo imposte ha amputato e distrutto l’unica legge di Dio, che non può che volere che tutto sia in comune. Noi non facciamo altro che aiutare le persone che si affidano a noi a passare dalla cella d’isolamento della responsabilità individuale alla grande gabbia da circo del godimento collettivo.
La direttrice del Cielo della luna non mente del tutto, perché l’umanità che partecipa ai giochi è davvero composta da automi o, per usare le sue parole, da fantocci. L’ora d’aria che assicura Regina Mori è solamente un’illusione: la macchina del Cielo della Luna serve a educare i partecipanti alla mansuetudine, perché la loro trasgressione non è che un «solo scatto qualsiasi del meccanismo, dettagli del normale compiersi del giro di ruota» . Non c’è infrazione o desiderio che il Cielo della Luna non possa assorbire nel suo movimento ciclico:
Volete sesso? Eccolo qui, e tirate fuori i soldi. Desiderate soffrire, godere, espiare? Accomodatevi alla cassa. Vi piace solo guardare? Benvenuti, e mano al portafoglio. Aspirate al sommo sacrificio, che è rendersi degni del proprio pensiero? Per la cifra giusta, vi aiuteremo a farlo. Durante il resto della settimana è al lavoro una ramificata organizzazione che ha come scopo il mantenimento dell’attività della struttura, il reclutamento dei partecipanti e la loro selezione, la diffusione dei video che ripropongono per l’home theater gli avvenimenti della notte, gestire il funzionamento di Glorified Persons. Allo stesso modo Santa Mira è una sineddoche del mondo intero: «Il cielo della Luna non era nient’altro che quello che era, una megadiscoteca. Ad emergere dalla letteratura di Frasca è la società capitalistica e tecnologica nata dopo la Seconda guerra mondiale, un organismo che mira all’auto-conservazione e che ha contribuito a produrre e al tempo stesso sfruttato l’emozione culturale della perdita del corpo. Nella letteratura di Frasca a dirigere le sorti del mondo è un’inesorabile macchina economica, vero e proprio organismo autonomo e permanente che si colloca su un piano diverso rispetto al potere degli Stati, ma che ne utilizza l’organizzazione, considerandoli «un gruppo di produttori dove lavoro e capitale circolano liberamente, cioè dove l’omogeneità e la concorrenza del capitale si effettuano in linea di massima senza ostacoli esterni» . L’azione del capitalismo tende a modificare le caratteristiche dei singoli stati, producendo una tendenza all’isomorfia .
Lo Stato è contrapposto alla macchina da guerra, le cui manifestazioni «sono gruppi del tipo “rizoma” , in opposizione al tipo arborescente che si concentra su organi di potere» .
Il potere nella letteratura di Frasca è basato su organizzazioni di questo tipo; infatti non sono i politici nel loro ruolo pubblico a determinare le sorti del potere, ma al limite la loro appartenenza ad organismi paralleli e sotterranei simili alla Massoneria. Mentre nell’opera di Frasca il modello statuale è sempre uno sfondo già dato , grande attenzione è riservata alle manifestazioni della macchina da guerra, la cui realizzazione più globale nell’epoca dei media elettrici è individuata nel Sacro Romano Emporio. È di fronte al nemico comune che si può far fronte e, chiedendo sacrifici ai sonnambuli, mantenere l’ordine necessario alla «circolazione di informazione e merce» . Succede nel caso dei Figli dell’evento, un’organizzazione che si pone come la risposta più eversiva e drastica rispetto alla società, sebbene sia organizzata secondo i crismi e i principi del Cielo della Luna, quindi esattamente come l’incarnazione del potere che combatte:
I Figli dell’Evento, dopo l’ingegnere cibernetico di Tsukuba, che era un povero depresso che sarebbe stato il primo a stupirsi di tanti proseliti, si erano formati così, per imitazione e gemmazione, e l’unica mano che tirava le fila era quella invisibile che regola faccende del genere. Una prevedibile eccezione alla regola che va decisamente salvaguardata. L’attuale mancanza di ideologie, e la crisi della religiosità, espongono tanti di noi alla tentazione del profondo, va a dire a scorgere nel pensiero quello che questo da ultimo è, un moto di nostalgia dell’inanimato .
In particolare, Frasca intende comunicare ai suoi lettori la loro condizione di sonnambuli, in modo che dalla consapevolezza di ciò possa nascere se non una liberazione almeno «un’assunzione di responsabilità» , visto che sottrarsi del tutto al fascino dei media è un’operazione disperata; infatti, secondo Frasca, anche quando, grazie alla «prospettiva» offerta da «un altro (più vecchio o più nuovo) medium», si «finisce inevitabilmente per ottenere la consapevolezza dell’«orrore insito in una forma di condizionamento che» pretende «passività e “istupidimento”», ciò avviene «sempre inutilmente» .
Si può dire che tutto il lavoro sporco di Frasca, cioè quello di studio ed erudizione che solitamente uno scrittore svolge nella riservatezza della sua bottega, ha nel suo caso preso forma nei saggi critici pubblicati. È bene specificare a scanso di equivoci che i saggi di Frasca non sono degli studi dedicati alla sua opera. In altre parole, i saggi sono risorse preziose per studiare la «ricezione» dei testi altrui da parte di Frasca, perché mostrano in quale modo l’autore interroga i testi e quanto la prospettiva che adotta sia indirizzata dalla sua attività di scrittore .
Particolarmente interessante in questo senso risulta il saggio La lettera che muore, pubblicato nel 2005. Il libro è un attraversamento della “letteratura” dalle origini fino al presente che si concentra su quelle fasi in cui la letteratura è passata da un medium all’altro oppure ha visto nascere degli «ibridi mediali». Il bruciare del foglio, invece, è l’immagine con cui è rappresentata la vittoria del medium orale nei confronti della scrittura; il passaggio, infatti, non può che richiamare quel rogo di libri messo in atto dagli studenti di Berlino il 10 maggio del 1933, che Frasca glossa come il momento in cui «si dissolveva […] il monopolio alfabetico (chirografico e tipografico) dell’informazione non genetica», in cui «soltanto un osservatore sprovveduto» avrebbe visto «un’opera di censura popolare alimentata dal regime nazista» . Questo passo è così caro a Frasca perché mostra come il risveglio dalla narcosi mediale non passi attraverso il significato delle parole, ma attraverso la loro capacità di rimettere in funzione il «corpo obsoleto» o riconquistare quello «sottratto» . Non sarebbe il primo caso in cui il narratore segnala la sua appartenenza al mondo uno , sfondando verso l’interno dell’opera il muro che separa le finzione letteraria dalla realtà . D’altra parte il riferimento potrebbe alludere anche all’onniscienza della voce del narratore, quindi al fatto che egli conosca Enzo meglio del dottor Preziosi per il semplice fatto che si tratta di un personaggio di sua invenzione. In questo caso, dunque, l’autore non sta facendo altro che riflettere sul funzionamento dei suoi congegni letterari. Lo conferma un altro intervento del narratore rivolto ai suoi lettori:
Prendete un qualsiasi testo scritto, mettiamo un manuale per cucina, sottoponetelo pure alla pioggia puntuale del caso, e se solo siete alla ricerca di una risposta, la otterrete comunque, quale che sia la frase che vi capita di leggere. La componente del significato è quasi del tutto esclusa dal loro funzionamento.
Per ricapitolare, ciò che Frasca intende ottenere in quanto scrittore non è il semplice passaggio dell’informazione non genetica al suo fruitore, ma il riposizionamento del suo sensorio attraverso degli ibridi mediali appositamente creati. In fumetto emergono tutti quegli aspetti tipici dell’umanità e dei congegni di Frasca: l’uomo immerso nella contemplazione di sé stesso (la «narcosi narcisistica» di McLuhan); l’attribuzione di un valore minore da parte di Frasca (sulle orme di Dick) all’interiorità dei personaggi ai fini di una rivelazione o di intrattenimento per il lettore (d’altra parte «non c’era molto») e, al tempo stesso, l’idea che i congegni funzionino non per quello che hanno al loro interno, ma per la loro capacità di innesco. Il frigorifero, infatti, benché si trovi nel mondo uno, non è altro che uno dei congegni di Frasca: il suo suono di «basso continuo» non è diverso da quello prodotto dalla ruminatio («il “tacito murmure continuo” di uno sciame d’api» ) che rappresenta, per Frasca, un modo di fruire il testo « al di sotto, o al di sopra, della sua comprensione» . Insomma, questo suono si pone come un innesco per il personaggio della poesia. Insomma, Cosma Rondi, pur non essendo menzionato da Frasca nel novero delle «cinque macchine da presa» che inquadrano le vicende di Dai cancelli d’acciaio, non solo fa comunque parte di quelle voci «comprese nel sei» , cioè nella voce dell’autore, ma si può dire che è uno degli alter-ego di Frasca o quantomeno che agisce anche lui secondo i principi della sua letteratura («amava le analogie e adorava i ritornelli» ). Si può pensare, infatti, che oltre ad aver ascoltato la stessa musica di Frasca , Cosma Rondi abbia anche letto i suoi stessi libri, in particolare l’episodio del sandwich in Philip Dick a cui si è fatto riferimento sopra. Come Frasca, sarà giunto alla conclusione che la letteratura è «un pacco» e lo è nel doppio senso di contenitore di carta e di ‘bidone’, cioè raggiro, tradimento. Alcune delle composizioni per testi e musica sono state pubblicate anche in Lime nella sezione omonima, della quale si parlerà più avanti per altri aspetti . L’edizione del 2001, invece, ebbe circolazione solamente in formato ebook. L’ibrido in questo caso sarebbe rappresentato proprio dall’intreccio, causato dal congegno letterario, di un’abitudine di lettura legata al supporto cartaceo e di quella, per certi versi innovativa, legata alla pagina elettronica . La battuta pronunciata dal flipper, invece, ha tutti i crismi del discorso diretto se non per il mancato uso del trattino o delle virgolette. Eppure c’è continuità tra le due forme; infatti l’indiretto libero utilizzato da Frasca mantiene comunque una vivacità tipica del parlato e quindi del discorso diretto; lo conferma la presenza di elementi senza funzione semantica o grammaticale tipici del parlato («cioè, no») o le interiezioni frapposte al discorso («e come»). Ma sull’indiretto libero in Frasca si tornerà più avanti.
Entrambe possono dare al lettore informazioni assenti nell’altra parte. Nulla di tutto ciò è nella pagina del romanzo a fronte: c’è solo la lezione di Spirit al suo aiutante e apprendista Ebony su come procedere durante le indagini e come evitare di perdersi in «interpretazioni su interpretazioni» . Dunque, Dalisi aggiunge due ulteriori strati al personaggio, rappresentandolo sia come il detective di Baker Street sia come uomo d’azione armato e pronto ad azioni eroiche. Ancora, nel fumetto compaiono quei tentacoli che sono coinvolti nella ricerca di Spirit , ma che al tempo stesso sono anche i fili del burattinaio Saro Buono che muove l’intera vicenda del detective. A questo va sommata la fruizione del CD audio, il quale non è concepito come qualcosa di estraneo al congegno del Fermo volere. Lo testimonia non tanto il fatto che le informazioni che di prassi accompagnano un CD musicale, cioè la lista dei brani, gli interpreti e così via, siano nelle ultime pagine del volume, ma che queste informazioni riportino al mondo uno del libro. Si legge, infatti, che il disco è stato «Registrato e missato, nel maggio del 1992, da Giò “Speedy” Ratto presso il Blind Music Studio (Civitacentri), cioè nella città inesistente in cui vive Spirit. Inoltre, diversamente dalle altre opere in prosa, ogni capitolo del volume reca un titolo e di conseguenza l’indice del volume fa coppia con le ultime pagine che fanno da libretto per il CD.
Al di là degli aspetti materiali, il rapporto tra le due componenti e i loro diversi supporti è qui di affinità tematica: entrambi sono una rappresentazione della realtà contemporanea attraverso una riproposizione del suo «sciocchezzaio mediale». Inoltre la comunicazione tra loro è assicurata dall’apparizione dei pezzi dei ResiDante La ragazza-ambra e Il circo dei nostri, contenuti appunto nel CD, nella scena in cui il DJ Cosma Rondi è intento a selezionare la musica per gli avventori del Dinosaur; dall’identità tra il titolo del capitolo conclusivo del volume e quello dell’ultimo brano del CD, nonché dal tributo ai Residents presente in entrambe le componenti. Santa Mira offre l’occasione per tornare a parlare dell’indiretto libero, visto che il suo utilizzo nell’opera è largamente maggioritario rispetto al diretto. Questo artificio letterario è utilizzato da Frasca sempre ai fini dell’ibridazione:
i personaggi di Santa Mira sono vittime del “niente tace”. Dei due flussi, uno è quello dell’informazione, della radio, della TV, del sentito dire, eccetera, l’altro è quello interiore, che ruota intorno alle ossessioni personali. È questo il meccanismo alla base di quelle scene in cui i personaggi di Santa Mira si esprimono come se fossero i ripetitori di quanto letto sulla carta stampata, che a sua volta è stato dettato dal collaboratore del Presidente del Consiglio, che a sia volta è stato tradotto da un giornale inglese, dove appunto si vede il flusso inarrestabile che attraversa tutti. La creazione di questo «intreccio di lingue» è tra l’altro per Frasca proprio la nozione di stile, cioè
“il miglior agente della memoria nelle opere della cultura, e il solo che valga nelle manifestazioni del linguaggio”, al punto tale che la “funzione stilistica” si rivela immediatamente come una “funzione mnemonica”, così come “l’assenza di stile di un testo che si vuole contingente al più alto grado, come è il caso delle finzioni dei bugiardi, paralizza le operazioni della memoria” (Weinrich 1994, pp.
Dunque, perché «le cose del mondo» possano essere ricordate, cioè non scivolare via indifferenti alla percezione del fruitore, è necessario che «delle sottili intelaiature sintattiche» tendano a «“scegliere” e “ripiegare” il dicibile acché possa “dispiegarsi” nel lettore» , imponendo «un ritmo al pensiero» ; infatti secondo Frasca «ogni simulazione della lingua ordinaria» sarebbe «una volontà di sottrarsi alla memoria» .
Accanto a questo flusso omogeneizzato compaiono anche delle versioni pure del parlato tipico dei media.
In questo passaggio Frasca aggiunge tra parentesi, a mo’ di un testo teatrale, la segnalazione della pausa a effetto, quasi per dare istruzioni al lettore su come adoperare la voce. Si direbbe che Frasca sia un pubblicitario, e nemmeno dei peggiori, vista la confidenza che mostra di avere con il medium della reclame. Sta al cliente circoscrivere in base alle proprie esigenze il senso della frase. In Dai cancelli d’acciaio, invece, è l’autore stesso che materialmente «fa le voci» , perché l’opera è realizzata sia nella versione cartacea sia in quella audio . In quest’ultima Frasca «interpreta questo e quello e per far le voci dei suoi eroi eventualmente adatta il tono e il timbro della propria» . Andrà notato anche che per conformare meglio la veste editoriale dell’opera alla sua natura periodica, i singoli volumi recano un’impaginazione diversa, dato che variano tra i diversi fascicoli l’ampiezza dei margini nonché la misura dei caratteri. Secondo Frasca, infatti, quest’opera è un ibrido mediale che unisce le caratteristiche della letteratura del libro a stampa, quella popolata di novel e romance , con quelle della stampa periodica , che si andava diffondendo nella sua epoca. Tristram Shandy è infatti, per Frasca, un’opera nata in un’epoca in cui si formava un «reticolo di informazione permanente» che anticipava «nella fase “periodica” della cultura» quell’«uno-nessuno (o uno- ciascuno, o uno niente) della comunità dei media elettrici» . Insomma, Tristram Shandy è innanzitutto un «progetto rieducativo» che pare«offrirsi come anticoagulante dell’immaginario a tempo della ficion» , dunque un esempio che Frasca sente di dover tenere in considerazione, visto che rispondeva alle premesse dai cui sarebbe emerso «quell’unico immenso testo diadromico nel quale al momento siamo ancora immersi» . Un esempio che Frasca segue certamente (vista l’edizione in fascicoli dell’opera), ma che nel contempo adatta alle esigenze del suo presente: cosa sono i singoli file mp3 che riportano l’audiolibro di Dai cancelli d’acciaio se non lo versione di un’opera a puntate nell’era dei media elettrici ed elettronici?
Dunque, Dai cancelli d’acciaio si configura già nel suo insieme di componenti mediali diverse (pagina scritta, voce, disegno, saggio, blog, video) come l’ibrido più complesso che Frasca abbia creato.
Accanto ad esso c’è il flusso linguistico che arriva sulla pagina da diversi media inventati da Frasca che sono per lo più integrati nella dotazione tecnica del Cielo della luna e delle società partner. Per fare un esempio bisognerà far notare che la comparsa del giornale locale, L’eco di Santa Mira o del serial Tv L’onorevole Scipioni o ancora alla canzone Black Lagoon , è sempre dovuta a qualche personaggio o fatto collegato alle vicende del «bubbone» sorto in Santa Mira; anzi alcune, come le prime due, sono delle vere e proprie macchine della digressione, visto che servono ad avviare alcuni dei diversi tuffi nel passato presenti in Dai cancelli d’acciaio. Dai cancelli d’acciaio, inoltre, propone almeno due media che non erano comparsi nelle altre opere: la chat e i dilogia. Nel passo seguente, si può leggere qualche battuta del dialogo che si svolge tra Valentino e Vito, il suo compagno di affair :
Che fai in questo momento.
Anche se si tratta di poche battute, si può notare la forte incidenza del parlato, nonché il ritmo serrato con cui si alternano i due dialoganti, tipico proprio della forma di comunicazione della chat, che è più simile alla lingua parlata che a quella scritta e, perciò, ricca di ripetizioni, segnali fàtici e sintassi semplificata. Come sempre in Frasca, al di là dei contenuti, quello che più conta di questi logia gemelli è la forma, su cui indugia lo stesso cardinale Bruno:
Io le ho dettato un logion gemello. È una strana forma, lo riconosco, e mi rendo perfettamente conto della sua perplessità.
La forma del dilogia suggerisce al lettore immediatamente quale debba essere la modalità di trasmissione del testo che gli viene comunicato: come Didimo Giuda «assimila e rilancia», egli è chiamato a fare lo stesso, in modo che la parola rimanga sempre viva. Ed è interessante notare che il suo funzionamento non è messo in crisi dalla scoperta da parte del segretario della sua non autenticità. Dunque, il titolo segnala proprio la natura proteiforme del testo. È per questo che la frase «che non so cos’è che sia», che ritorna in ogni strofa, non è solo il riferimento alla condizione dell’io poetico, ma è anche un ammiccamento alla forma di blasto. Il riferimento alla canso è indicato esplicitamente da Frasca nell’epigrafe della poesia, dove compare il richiamo Escotatz! [Ascoltate!] che fa anche da richiamo per il lettore che si appresta a leggere il testo. Questa tipologia di ibridazione è scelta da Frasca anche per la sezione Rimi di Prime, nella quale sono presentati dei testi che dovrebbero far parte di un’omonima raccolta non ancora pubblicata. Va aggiunto anche che il riferimento alla tradizione trobadorica non è casuale e non riguarda solo questo componimento; infatti tutta la poesia di Frasca si fonda sull’idea che essa sia destinata all’oralità se non addirittura al canto, come nel caso già visto di Merrie Melodies ; caratteristica che era tipica delle opere dei trovatori, le quali erano sempre composizioni di motz e son, cioè di testo e musica. Le spie che segnalano la presenza di questa ibridazione sono, oltre alla scriptio continua di cui si è detto abbondantemente, un uso non standard della punteggiatura e l’adozione del metro e della rima.
Per la punteggiatura nelle opere in versi di Frasca, bisognerà fare una distinzione tra i testi che non recano alcuna punteggiatura (un’assenza che è significativa) e testi che presentano un fitto uso del punto fermo o della virgola, ma presenti contemporaneamente nello stesso componimento. Entrambi gli usi della punteggiatura sono da considerare lontani dalla norma e del primo, di cui blasto è un esempio, si potrà dire senza aggiungere altro che è uno degli espedienti usati da Frasca per produrre la sua «scriptio continua debole» .
L’utilizzo più fitto della punteggiatura, invece, è utilizzato per suggerire al lettore quali sono le pause da tenere durante la lettura. Comunque, quello che testimonia più di tutto l’ibridazione della dimensione scritta con quella orale è la ripresa della metrica tradizionale. Frasca non ritorna alla tradizione metrica, ma alle ragioni che l’hanno fondata. La macchina metrica è un medium così potente per la memorizzazione e la trasmissione dell’informazione non genetica che il suo impatto è «paragonabile all’introduzione della scrittura», poiché «liberò il linguaggio dal suo compito selettivo e informativo» e «diede il via alla progressiva estroflessione […] dei mezzi per la trasmissione del sapere» . Secondo Frasca il passaggio dell’informazione non genetica non deve avvenire per forza ai fini della comprensione, ma può collocarsi, lo si è già visto, «al di sopra o magari al di sotto» di essa. A voler fare una battuta, si potrebbe dire che il motivo per cui Regina Mori ha trovato le poesie di Prime «modeste ma con qualche guizzo» sia un certo rancore nei confronti di chi ha una concezione della metrica simile alla sua.
A fianco al ritmo prodotto dal metro, l’altro espediente legato alla dimensione della poesia orale che Frasca utilizza sistematicamente è la rima. Significativo, inoltre, è il valore che Frasca attribuisce alla parola-rima utilizzata dalla forma sestina: ne La furia della sintassi, l’autore spiega come all’origine della prima sestina della tradizione, cioè Lo ferm voler di Arnaut Daniel, ci sia la volontà da parte del trovatore di saldare indissolubilmente la forma adottata con il contenuto. La canso, infatti, proponeva il rimuginare dell’io poetico sul suo sentimento attraverso la ripetizione dei sei concetti espressi dalle parole-rima, la cui occorrenza veniva regolata dalla legge della retrogradatio cruciata. È obbedendo alle motivazioni di Arnaut Daniel che anche Frasca assembla la macchina della sestina al quadrato, intitolata Poesie da tavola , e la dissestina, nella quale la retrogradatio cruciata è applicata ai versi anziché alle parole, in modo da farli diventare dei versi-rima.
In conclusione andrà sottolineato un altro aspetto del funzionamento degli ibridi mediali e, più in generale dei congegni letterari di Frasca, cioè il rapporto problematico che instaurano con il lettore. 3. A clockwork poet
1. Frasca a pezzi
Gabriele Frasca è un orologiaio. O se si preferisce un poeta nel senso etimologico del termine . Inoltre, si eviteranno i capitoli in cui avviene la prima apparizione del personaggio, perché sarebbero meno utili a mostrare le caratteristiche di queste zone liminari. Il primo è diventato evidentissimo dopo la pubblicazione di Prime, la raccolta delle raccolte in cui Frasca ha selezionato e ricombinato quasi quarant’anni di poesia. In Prime, infatti, alcune delle poesie che compaiono sono in realtà delle strofe isolate da poesie più lunghe. Inoltre, che sia un fatto peculiare di Frasca e da ricondurre a una sua idea letteraria, lo testimonia in modo chiaro il fatto che nelle sezioni delle raccolte che recano testi originali e traduzioni di Frasca, delle quali si parlerà più approfonditamente in seguito . Per le opere di Frasca vale quello che Deleuze e Guattari dicevano riguardo alla letteratura di Kafka, cioè che in essa «ogni segmento è una macchina», anzi «una macchina che non si può smontare senza che ciascuno dei pezzi contigui costituisca a sua volta una macchina» . È verosimile che alla base delle caratteristiche che si sono viste nelle opere di Frasca, ci sia l’idea di rizoma esposta da Deleuze e Guattari nel primo capitolo di Millepiani ; nella loro esposizione i due filosofi francesi spiegano che il rizoma ha la caratteristica di poter essere spezzato in qualsiasi punto senza che ciò ne influenzi lo sviluppo e uno dei «caratteri più importanti consiste nel fatto che è sempre a molteplici entrate» . Si tratta di un capitolo-slogan, nel quale gli autori non si limitano alle loro riflessioni filosofiche, ma sembrano invitare il lettore a un nuovo stile di vita, caratterizzato proprio dal versatilissimo modello del rizoma . Tra l’altro non va escluso che proprio Millepiani con la sua struttura a rizoma, con «piani» in luogo di capitoli , abbia fornito un modello a Frasca: anche nel caso di Millepiani, infatti, erano gli stessi autori nella loro introduzione a consigliare una lettura non ordinata del volume, salvo che per la conclusione .
Tra l’altro essendo i criteri proposti da Frasca per l’ordinamento delle sue opere di fatto arbitrari e non giustificati dallo svolgimento logico delle vicende narrate (nel caso delle opere narrative) né dai temi trattati (nel caso dei versi), essi suggeriscono al fruitore due cose: prima di tutto che il lettore non è tenuto affatto a seguire l’ordine proposto dall’autore.
Tutte le raccolte di poesie hanno almeno una sezione individuata da un numero (in Rame due e sette; in Lime 3 e sei; in Rive uno e 9) che indica il posto che la sezione occupa nella successione della raccolta, ma al tempo stesso indica alcune caratteristiche della sezione o dei testi che vi sono contenuti. Sarà chiaro, dunque, che Frasca ha qui giocato sulla parola ‘triti’, fingendo si trattasse di uno pseudo composto del prefisso «tri- ». Sempre in Prime, raccolta della raccolta in cui sono riprese e collocate nella posizione indicata dal numero le sezioni uno, due e sette, Frasca utilizza la sezione Quarti per contrassegnare la quarta posizione . Non sfuggono alla legge dei numeri nemmeno le opere narrative: si può dire che sia Santa Mira sia Dai cancelli d’acciaio sono costruiti sulla base di un criterio numerico che poi si riverbera in tutta l’opera.
Dunque, i personaggi che abitano la Santa Mira di Frasca, essendo anch’essi affetti da ‘ultracorpite’, sarebbero dei doppi al quadrato.
È attraverso i loro occhi, anzi, attraverso l’indiretto libero con cui sono espressi i loro pensieri e i loro dialoghi che si guarda alle loro vicende e a quella della città dei body snatchers. Una divagazione è dedicata alla domestica di Dalia e un’altra al suo boyfriend Tonino. Un criterio numerico è anche alla base dell’organizzazione dei capitoli di Dai cancelli d’acciaio. Infatti i quindici capitoli in cui si svolgono le vicende dei cinque personaggi principali si srotolano secondo lo schema della terzina dantesca . L’uomo del Rimorso. Tre sono le identità del regista che lavora in quella sorta di goccia d’ambra che pende dal soffitto dei sotterranei del Cielo della Luna: Antonello, Nello Scopio e Toni Giusti. Nove (tre volte tre) sono le piste del Cielo della Luna e nove gli anelli di schermi dei sotterranei del Cielo della Luna. Comunque, oltre al modello di Beckett, ci sono probabilmente altri motivi che hanno spinto Frasca a usare il criterio numerologico per costruire i suoi congegni. I numeri, infatti, sono uno strumento particolarmente adeguato rispetto a quelli che sono gli obiettivi di Frasca rispetto alla letteratura; infatti il numero è storicamente, si pensi alla cabala o alla Bibbia (e perché no, alla smorfia napoletana), oggetto di studio e di interpretazione, perché si presta in tutta la sua potenza ad essere infinitamente interpretato, ad attivare il fruitore in una ricerca.
3. That’s all folks!
Si è visto che le opere di Frasca sono costruite alla luce di un’idea di serialità che Frasca recepisce dall’esempio di Sterne e da alcune suggestioni provenienti da Deleuze e Guattari. Si è visto come ogni parte della sua opera sia costruita in modo da poter essere sempre assemblata nuovamente in una nuova opera. Tuttavia è molto interessante osservare quello che succede nelle ultime pagine delle sue opere, cioè di quelli che sono gli assemblaggi finali che egli propone al lettore. Potrebbe sembrare tutt’altro che intuitivo, visto che sia Il fermo volere sia Santa Mira si chiudono con la morte dei protagonisti, cioè con in una maniera che non dovrebbe lasciare dubbi sulla conclusione della vicenda. Il brivido dei congegni sempre un po’ assopiti del cervello su un tessuto di organo che sfiata. Quante parole del mondo, estorte da sempre a tutte le bocche del tempo, respiriamo ancora.
Al di là del fatto che il finale rappresenta un esempio di ibrido mediale, visto che per chiudere la narrazione Frasca utilizza l’espediente cinematografico dei titoli di coda, è opportuno notare quanto lasci il lettore nel dubbio su quali sia stato il destino dei personaggi, non tanto di Spirit, che è morto, ma di coloro, Saro Buono e Regina Mori, che lo avevano costretto a fare i conti con il corpo e le sue pulsioni. Ed è proprio verso altre opere che tutte le sezioni finali delle raccolte di poesie proiettano il lettore. Si tratta, dunque, di una sorpresa che irrompe quando l’opera sta già sfumando e che deve molto alle ghost tracks della discografia rock. Si tratta chiaramente di un’ibridazione: Frasca mescola il DNA delle sue opere in versi con quello della musica contemporanea, la quale può essere considerata attualmente come una delle forme letterarie più vicine alla vocazione orale della poesia in metro . Naturalmente anche questa scelta, con la sua imprevedibilità, concorre allo scopo della letteratura di Frasca, cioè quello di suonare la sveglia per il lettore e tenerlo in allerta di fronte ai media. Si è già visto quale sia il significato che Frasca le attribuisce quando si è parlato della rima: la retrogradatio cruciata è un espediente che Frasca utilizza per martellare nella mente del lettore (o nella gola dove gorgoglia la parola) il senso veicolato dai suoi congegni, che è proprio quello di attivare l’uomo così come egli attiva il congegno. Sarà comprensibile con queste premesse, che Frasca riconosca nel ritorno alla sestina da parte degli autori di tutti i tempi, come un ritorno al reale .
Si rimanda, quindi, al saggio di Scaramuccia . Essa si configura come un «caso esemplare» di utilizzo di un criterio organizzativo che funzioni al tempo stesso in scala macroscopica e microscopica, cioè del fatto che ogni macchina sia sempre «macchina di macchina»; infatti nella sestina al quadrato di Poesie da tavola , non sono solo i versi delle singole strofe ad essere sottoposti alla retrogradatio, ma anche le singole sestine. In questo caso le linee di fuga sono rappresentate dalla sostituzione di una parola rima al sopravvenire di ogni nuova sestina. Quello che avviene, dunque, è la progressiva sostituzione degli ingranaggi, come se Frasca volesse preservare il funzionamento della sua macchina di fronte al rischio dell’usura. Dunque, si può dire che Poesie da tavola è una sineddoche dell’intera opera di Frasca.
Dissestina potrebbe essere, dunque, la sestina dell’età dei computer, il cui titolo alluderebbe contemporaneamente ad un’anti-sestina, vista la parodia del procedimento compositivo, e a una sestina dissestata, con una simpatica parola-macedonia che comunica sia formalmente che semanticamente con «i cocci» di cui è fatta la poesia .
Sarà opportuno, allora, dare uno sguardo anche allo schema metrico che si forma a causa dell’inserimento di un sistema di rime alternate all’interno della prima strofa. Non c’è dubbio che il titolo alluda proprio alla caratteristica più evidente di queste quartine di endecasillabi in cui le quattro parole-rima ritornano secondo la retrogradatio cruciata (schema ABCD-DACB-BDCA-ABCD): vale a dire la quasi identità della prima con l’ultima, quasi si trattasse del prodotto, si perdoni la metafora alimentare, della ri-masticazione a cui allude il titolo di sezione. Inoltre , c’è un riferimento alla riuscita del lavoro («per quello che ne esce»).
Molto significativo è, invece, che anche l’altro «caso esemplare» della letteratura di Frasca sia costruito secondo lo schema della retrogradatio cruciata. Come si era detto per la dissestina, il motore della retrogradatio cruciata concilia perfettamente la stasi e il movimento, cioè l’ossessività dei pensieri del protagonista e degli altri personaggi di cui si è detto nel precedente capitolo e le azioni movimentate del genere a cui Il fermo volere strizza l’occhio, la detective story.
Sorta inizialmente grazie allo sforzo congiunto della Farmiferm e della Black Lagoon S.p.A., che si erano equamente sobbarcate l’ingente cifra necessaria ad avviare l’attività, la Icedream s’era imposta nel giro di poco in tutto il ponaeta non solo con la sofisticata varietà di fusti dei suoi gelati, che non disdegnavano fra l’altro di adeguarsi alle tradizioni locali, ma anche per quella che era stata salutata come un’idea del tutto innovativa per consumarli .
Dunque, quest’insegna si configura come un messaggio subliminale per i frequentatori delle gelaterie (o per il lettore), perché la forma del cono richiama in maniera subdola la voragine dei sotterranei del Cielo della Luna, mentre il colore allude sia alla nudità dei partecipanti che occupano le nicchie nelle varie pareti, sia lo sfondo degli home video prodotti dalla Defective Vows Disc . L’occhio, invece, oltre ad essere l’ennesimo omaggio alla maschera dei Residents , è un richiamo doppio. Nei sotterranei del Cielo della Luna, infatti, tutti sono sottoposti allo sguardo dell’oggetto S, dunque tutti coloro che prendono parte alle azioni sessuali più estreme, lo fanno con la consapevolezza di essere osservati.
I titoli delle raccolte di poesie, per esempio, vanno considerati tutti come dei congegni letterari minimi. Da un punto di vista strettamente tipografico, infatti, sono del tutto simili alle altre unità delle raccolte poetiche (strofe e poesie), perché non presentano quei confini di inizio e fine individuati dalla maiuscola o dal punto fermo.
Rame, per esempio, secondo Cortellessa, alludeva nella prima edizione all’elemento chimico della tradizione alchemica, il rame che «si lega al servizio di Venere»; serviva quindi ad individuare la «dominante tematica erotica» e «arnaldina» della raccolta. In Rame99, però, si assiste a un cambiamento di prospettiva, su cui dà qualche indizio l’epigrafe della sezione di poesie-traduzioni minime massime.
Dunque, la ripresa di Dante da parte di Frasca suggerisce che il significato da attribuire al titolo ‘rame’ sia il materiale con cui è costruita la macchina che produce letteratura.
In questa accezione la parola ‘rame’ ricompare anche altrove nell’opera di Frasca, in particolare quando l’autore nelle opere narrative ha dei moti di vanto ed esprime tutta la sua maestria. La consonanza dei due passi è indubbia, vista anche la presenza del rame sempre in coppia con il cembalo , nonché il contesto appunto dell’auto-elogio di cui si è detto. Dunque, si può concludere che quella ‘a’ ha intaccato la parola ‘rime’ per investirla di un soprasenso che coinvolge la dimensione orale della letteratura ; infatti tutti gli esempi che sono stati riportati fanno riferimento alla dimensione orale (canto dei condannati, metro, discussione), non ultimo il riferimento alle lettere di Paolo, le quali sono considerate da Frasca come un «medium performativo». Il narratore gioca con il lettore a proposito di quale sia il colore dei peli pubici della Mori durante due dei tre capitoli che la vedono protagonista. Comunque, alla fine egli dimostra di saper premiare chi ha proseguito nella lettura del capitolo. È proprio a questo lavoro che sembra alludere il titolo della seconda raccolta di Frasca, cioè Lime. Cortellessa fa notare come già nel passo di Dante che Frasca cita per l’occorrenza della parola ‘rame’ ci sia anche la ‘lima’ ; infatti del creatore si dice colui «che l’avea temperato con sua lima» . L’epigrafe non pare aggiungere altri significati al titolo della raccolta di Frasca, tuttavia la collocazione della stessa in prossimità della fine del volume può essere considerato come una captatio benevolentiae da parte dell’autore.
Più difficile dare una spiegazione al titolo Rive, le cui occorrenze nella letteratura di Frasca sono per lo più riconducibili alla raccolta stessa. Insomma, ‘le rive’ della poesia di Frasca sono strettamente legate allo scorrere di un flusso che, data la massiccia presenza di Beckett nel background letterario dell’autore, potrebbe benissimo essere un flusso di percezione. Le ‘rive’ sarebbero, perciò, i luoghi dove si accumulano i detriti di questo rivo di pensieri e parole( «non c’è forma che sia tenuta via da queste rive» ), quindi la letteratura, dove lo stile organizza pezzi del «nulla tace». È chiaro che se il suo significato fosse questo, il titolo formerebbe insieme agli altri un gruppo di parole che hanno sempre l’intenzione di distaccarsi dalla matrice originale, cioè la parola ‘rime’, ma solo per descrivere meglio quale sia effettivamente la natura delle opere che si srotolano al di là della loro soglia.
Anche Prime è un titolo che gioca con ‘rime’, ma questa volta attraverso l’aggiunta di una lettera alla parola innominabile. Nella raccolta non ci sono epigrafi che possano guidare la ricerca di un significato; quindi non è dato sapere se si tratta delle ‘prime’ poesie raccolte in vista di un’altra raccolta delle raccolte (una ‘seconde’) o se il titolo allude all’idea che le poesie siano le prime, cioè le migliori, le‘primizie’, della sua produzione poetica fino a quel punto. Ad ogni modo è forse il caso di sottolineare che dal punto di vista formale il titolo riflette quello che accade nella raccolta; cioè come alle poesie che già c’erano sono stati aggiunti degli inediti, così alle quattro lettere della parola ‘rime’ che si nascondeva dietro i tre titoli che abbiamo visto, Frasca ha aggiunto un pezzo, la ‘p’ appunto.
Si tratta di Rimi, la raccolta che chiude di fatto le variazioni del titolo, visto che coinvolge l’ultima lettera della parola ‘rime’, la quale non era stata ancora intaccata dal virus di Frasca. Questo titolo, in verità, segna un avvicinamento al senso della parola ‘rime’ che era scomparsa dai titoli delle raccolte, ma che rispuntava, come un sorta di risarcimento, nelle sezioni delle raccolte deputate ad accogliere i sonetti di Frasca; infatti queste sezioni recano un titolo che è una voce del verbo rimare: rimasti, rimerai, rimavi. Ad esempio, le poesie pubblicate nella sezione rimerai di Rame99 erano state già scritte nel periodo utile per la pubblicazione della prima edizione. Rimerai, perciò, potrebbe indicare proprio questa proiezione verso il futuro delle poesie, le quali erano già pronte ai tempi della pubblicazione di Lime, ma furono lasciate, non si quanto per favorire questo gioco di parole, per una pubblicazione futura. Essendo le poesie, infatti, composte senza eccezioni tutte nel periodo antecedente la pubblicazione della raccolta, dunque senza alcun salto temporale come quelli di cui si è detto, il titolo di sezione si dovrebbe riferire proprio a un passato recente in cui il poeta era al lavoro. La narrazione, infatti, si muove grazie a due propulsori sotterranei che spingono le indagini di Spirit: uno è il binario inconsapevole che guida il protagonista verso l’omicidio del suo aiutante Ebony, unica soluzione per sottrarre alle doppiezze del mondo il giovane; l’altro è quello messo in moto da Saro Buono e regina Mori che, traditori fino alla fine, coinvolgono Spirit in quella ricerca di cui sapevano già in partenza la vanità . Insomma, non c’è ricezione che non sia un tradimento del messaggero e non c’è messaggio che non sia frainteso. È il principio, come si è accennato nel capitolo precedente, che dà vita all’invenzione filologica del Cardinale Bruno (e di Frasca, naturalmente): il messaggio che Didimo Giuda ripete non è esattamente quello di Gesù, perché non può fare a meno del filtro del suo traditore e traduttore. Vi faranno mandare a memoria dei testi, sia pure aperti quel tanto alle variazioni necessarie perché possano apparire personalizzati, e spontanei. D’altra parte è quello che si era detto essere alla base dell’indiretto libero che Frasca utilizza in Santa Mira: la lingua dei media attraversava i vari personaggi di Santa Mira come se fossero dei ripetitori, senza che nessuno di loro potesse dire di essere l’autore delle proprie frasi.
Detto ciò, si dovrà notare che molta parte dei riferimenti che Frasca utilizza per rivestire e imbottire i suoi consegni letterari sono letture extra letterarie, che contribuiscono a fare della sua pagina la confluenza di una de-specializzazione dei saperi.
2. Riciclaggio
La ripresa delle opere con conseguente variazione delle stesse è modo di procedere che Frasca non applica solamente alle opere altrui, ma anche alle sue.
Un’opera come Prime, concepita già come raccolta delle raccolte, o antologia d’autore, non poteva che risistemare in una nuova combinazione, quegli ingranaggi che costituivano parte della macchina delle altre raccolte. Inserire queste opere come corpo estraneo significa creare delle «linee di fuga» che ricordino continuamente al lettore che l’opera è solamente un assemblaggio di materiali che rimandano ad altre opere, quindi ad attrarre l’attenzione del fruitore proprio sul funzionamento della macchina , anziché sui materiali utilizzati dal creatore; infatti, se i pezzi provengono da altre opere, cosa avrebbe quest’opera di diverso rispetto alle sue fonte? Lo stile chiaramente, che è affine all’assemblaggio; insieme essi rappresentano le leggi di costruzione che consentono il funzionamento del congegno letterario, sempre che, naturalmente, esso sia attivato da un fruitore che si faccia attraversare dall’informazione non genetica. Non sorprende nemmeno il fatto che non si trovi un punto alla fine della poesia tradotta. Sembra abbastanza evidente l’assenza di punteggiatura nel testo di arrivo sia dovuta al fatto che questa nuova poesia è anch’essa un ibrido, ma di oralità e scrittura anziché di motz e son, perciò quei punti fermi che rappresentavano delle guide per il cantante sono scomparsi a favore della «scriptio continua debole» che, come al solito, invita il lettore (non il cantante) a tirare fuori la voce. Se non si vogliono andare a cercare le opere tradotte da Frasca per osservare altri esempi di traduzione come tradimento, si può dare uno sguardo alle già viste sezioni finali delle raccolte di poesie. Nel capitolo precedente si è tralasciato appositamente di vedere quali siano le caratteristiche di queste poesie che Frasca crea a partire da testi altrui, tuttavia adesso è il momento di tornare ad esse. Tra l’altro, dal punto di vista del critico, queste sezioni sono quasi fotografie strappate al laboratorio di Frasca il quale oltrettutto, sia detto chiaramente, è tutt’altro che chiuso al pubblico ma al massimo difficile da esplorare. Al di là delle singole poesie, è interessante far notare che quella tendenza generale di Frasca a trasformare gli aspetti grafici dei testi di partenza nelle sue versione ha un termine di paragone nelle traduzioni che Frasca ha approntato per l’edizione italiana delle poesie dell’autore irlandese. Ebbene in questo libro, al contrario di quello che succede in ottime ultime, Frasca non si allontana dagli originali in fatto di punteggiatura e soluzioni tipografiche; perché quelle opere non sono dei pezzi costruiti per entrare a far parte delle macchine di Frasca.
Detto ciò a riguardo delle traduzione, si può tornare a parlare della riproposizione che Frasca fa delle sue opere. Dunque, questi testi nella loro nuova collocazione risultano per forza di cose non solo orfani del medium per cui erano stati concepiti, ma anche separati dai «testi gemelli» con cui interagivano. Comunque, anche in Prime, nonostante quello che si detto, c’è occasione di vedere dei congegni riadattati alla nuova macchina che li accoglie. Come si può facilmente intuire, e Frasca non lesina spiegazioni nella nota , ogni sezione prende il nome da una delle precedenti raccolte e il titolo che le designa è quello della raccolta che ha maggior incidenza, come numero di poesie trasmesse, nella sezione. Al di là di ogni indicazione, basta dare un’occhiata alle poesie raccolte in questa sezione, simili alle ultime sezioni delle altre raccolte cioè traduzioni con testo originale, per rendersi conto che il titolo descrive perfettamente il contenuto della sezione. I primi vi compaiono sia con la traduzione «tutti che vengono al circo dei mostri» che reca questa volta anche l’originale e con la traduzione di quella che in Rive era l’epigrafe della sezione Fenomeni in fiera. Dunque, dopo aver continuato questo «complicato gioco» della letteratura, esaurendo i tempi verbali, i congegni letterari sono indicati esplicitamente come delle ‘rivolte’ alla narcosi imposta dai media. Si potrebbe far finta di credere alla buona fede di questo personaggio di cui poco si sa, ma sarebbe difficile fidarsi anche di Frasca, traditore per vocazione letteraria. Si pensi ad esempio al passaggio in cui Gerardo Quagliarone parla al morente dottor Preziosi del suo passato di Agente dei Servizi segreti.
Fa parte del kitch dantesco anche la voragine che si trova presso la punta del cono rovesciato del Cielo della Luna. In quella che non a caso la voce narrante «una ricostruzione un po’ dilettantesca della ghiaccia» , immerso in una cavità fino alla cintola come Satana nell’inferno di Dante, si trova l’oggetto Senziente, opportunamente imbragato su una croce: un «“povero cristo trionfante”» sottoposto alla «pena del massimo traditore» . Lo dice Regina Mori alludendo ai ragazzini che passano dalla realtà in pixel di Glorified Persons a quella di del Cielo della Luna:
Dobbiamo insegnare loro [...] Preparare invece le volontà al libero incontro con un volere più alto, con una forza più giusta nel ripartire le risorse che sono nel mondo, beh questo è il nostro compito di rappresentanti consapevoli della società civile. Alla fin fine, ciò che offriamo loro è esattamente la possibilità di uscire dall’ombra, per divenire finalmente un corpo nel mondo . È nell’ordine del mondo
Le parole di Regina Mori e quelle del Raccoglitore si somigliano a tal punto da sembrare frutto della stessa fonte; insinuano il sospetto che entrambi siano dei predestinati alla consegna di una verità che regola i meccanismi dell’esistenza in tutti il mondo uno.
Il riferimento, tutto sommato facile da intuire, è esplicitato da Frasca attraverso un crescendo che mira a rivelare solo alla fine il suo oggetto. Se la scena, infatti, ricorda chiaramente quella del film, resta da dire che il solo riferimento alla musica con cui esso inizia o la successione dei titoli di testa che precede il passaggio riportato, non possono far saltare subito alla mente il film di Kubrick, se non a un esperto. È solo alla fine che Frasca svela la sua fonte, quando descrive la carrellata «in perfetto stile Kubrick».
Un altro aspetto interessante della macchina è che funziona allo stesso modo dei congegni letterari di Frasca; infatti propone centotrentacinque video tra loro diversi, in modo che ce ne sia sempre almeno uno che colpisca per qualche motivo personale l’oggetto S del giorno. È soprattutto la sua funzione a creare un parallelo: la macchina serve, infatti, a scrivere sulla pelle del condannato (o del fruitore) la colpa che aveva commesso. Di certo, la presenza di Brazil si trova anche in quei passaggi, dove non manca l’ombra di Kafka a cui lo stesso Gilliam si ispirava , in cui sono fornite dettagliate descrizioni della esasperante burocrazia che regola il Cielo della Luna. Si dia un’occhiata, per esempio, al buio in cui brancolano gli addetti al reclutamento delle «centoquarantasette anime» che partecipavano settimanalmente ai giochi:
Agli emissari stessi del resto, che sapevano poco sulla natura dei giochi, e niente sui loro esiti estremi […] si giungeva solo dopo un’opportuna indagine, avviata una volta che il richiedente si fosse fatto avanti […] con uno dei tanti sub-emissari, o inviati, che di per loro neanche si chiedevano quale fosse il compito a cui attendevano
Si è già detto che tutto quanto avviene durante i giochi viene ripreso per poi diventare un home video. Il dettaglio più interessante che rimanda al film è quell’ «enorme insegna luminosa a forma di luna», che « è stata innalzata in cima al cono» ; l’insegna, se la si collega a quella delle gelaterie Icedream di cui si è già detto, è quindi sia una luna che un occhio, proprio come in The Truman Show la Luna era il luogo in cui viveva il regista del reality show.
Il Cielo della Luna sorge proprio su un lazzaretto che risale non alla peste di cui parla Manzoni, ma a quella di un quarto di secolo dopo.
Il passo si riferisce a una delle diverse amicizie elettroniche di Valentino e, come si diceva, sembrerebbe un innocuo riferimento alle abitudini ludiche di due ragazzi che passano gran parte della loro vita davanti a uno schermo, creando mondi alternativi. Alla fine non me la sono cavata mica male.
1. Frasca’s freak show Errore. Il segnalibro non è definito.
1. Più gente entra più bestie si vedono Errore. Il segnalibro non è definito.
2. Sia la luce Errore. Il segnalibro non è definito.
3. Ogni paese è mondo. Errore. Il segnalibro non è definito.
2. I mezzosangue 39
1. Una nuova speranza 39
2. Un fumanzo anfibio 52
3. Il chiacchiericcio mediale di Santa Mira 57
4. Un ibrido fuori di sé 65
5. Proesie 71
3. A clockwork poet 77
1. Frasca a pezzi 77
2. Quando l’orologiaio dà i numeri 85
3. That’s all folks! 92
4. Motori a retrogradatio 95
6. Congegni minimi 101
4. Il tradimento 111
1. E Didimo Giuda disse 111
2. Riciclaggio 119
3. La macchina dell’intertestualità 128
L’opera è un omaggio e un prosieguo al Freak show del gruppo rock americano The Residents . Il lavoro dei Residents è richiamato esplicitamente da Frasca sia con la traduzione di Nobody laughs when they leave, sia attraverso il nome del gruppo, visto che ResiDante non è altro che un’arguta traduzione per l’orecchio e per l’occhio del gruppo americano.
Il lavoro dei Residents mirava a creare delle reazioni simili a quelle provocate nel 1932 dal film Freaks di Todd Browning. Non fu la vista delle deformità a far inorridire gli spettatori, ma l’«intrusione dell’autentico (del vero e concreto, del fondo biologico) nel simulato» . Dal momento che i loro corpi deformi erano proiettati dallo schermo, si era introdotta la «refrattarietà del reale in un reale che le omissioni del montaggio avevano insegnato a considerare affabile» . I mostri raccolti da Frasca per la sua esposizione non sono fenomeni da baraccone come la donna barbuta o i gemelli siamesi, la cui mostruosità sia attribuibile a deformazioni del corpo. Fenomeni in fiera non è una rassegna di eccezionalità: sono l’immagine del mondo fornita dai media, quello che Frasca chiama lo «sciocchezzaio mediale omogeneizzato» . Per un’analogia morfologica tra cervello e intestino, il personaggio ha confuso quale sia realmente la fonte della sua ispirazione.
Ogni parola pronunciata da Cozzi riguardo al romanzo è del tutto inconsistente, mentre il modo spiritoso con cui risponde all’intervistatrice rientra nell’attitudine del brodo-recensore a conquistare il suo pubblico. È questo il senso principale della letteratura di Frasca.
I due Fenomeni in fiera analizzati mostrano come il circo allestito da Frasca sia un’esasperazione degli uomini e dei media.
Frasca si appropria di questo uso per esprimere la natura ibrida dei suoi freak. Uniformando tali espressioni attraverso una soluzione tipografica simile a quella degli altri freak proposti, Frasca le sottrae al loro contesto originale e le fa proprie, adatte al suo circo dei mostri.
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Frasca fa notare come «i rimproveri mossi ai media ritenuti minacciosi (a quelli che si voglio scalzare con i nuovi, o, specularmente, a quelli da cui occorre difendersi nel nome dei vecchi) finiscano con l’assomigliarsi tutti» . Immersa nel sonnambulismo prodotto dai media, l’umanità che Frasca rappresenta ha difficoltà a distinguere nettamente cosa sia realtà e cosa sia invece il prodotto della sua immaginazione. Il saggio La scimmia di dio di Frasca è uno strumento fondamentale per conferire maggiore spessore teorico ai dubbi avanzati da Mario.
Nel saggio Frasca spiega come l’informazione non genetica abbia prodotto una realtà ulteriore, proprio come la scimmia di dio, da qui il titolo del saggio, nell’immaginario cristiano . Questa «creazione “inautentica”» è costruita attraverso strumenti selettivi, come il montaggio nel cinema e il missaggio nel medium radiofonico , quindi elimina i tempi morti della vita quotidiana. Sottratta alla tirannia del biologico, la realtà costruita dalla scimmia di dio accoglie il soggetto in un limbo nel quale può comodamente astrarsi dalle insopportabili urgenze dell’esistenza.
La donna-schermo contrappone le due diverse forme attraverso cui si manifesta. Da una parte c’è la sua forma «lieve», incorporea, dove il «cuore risiede senza danno». Lo schermo con cui la donna si è ibridata è certamente quello del televisore o del computer, ma ha la funzione precisa di ripararsi dall’ «informazione genetica», la quale «lavora per sfarinare il corpo» . In Glorified Persons si vive un’esistenza alternativa (secondo uno dei giocatori: «meglio anche del mondo» ), non solo perché l’impianto suddetto trasmette attraverso radiofrequenze delle sensazioni che coinvolgono pienamente l’utente, a tal punto da ricompensarlo nel quarto livello con un appagante piacere sessuale. Il primo passo per partecipare al gioco consiste nel crearsi un proprio personaggio. Si può vivere senza avere un obiettivo, come ««la stragrande maggioranza dei partecipanti al gioco, i cosiddetti AP, Aimless People» . Infine mostra la preferenza che quest’umanità freak accorda al mondo imbastito dalla Scimmia di dio. Al di là della possibilità di costruirlo, questo corpo ha bisogno di essere continuamente nutrito. Non a caso il messaggio delle cut scene che ogni tanto irrompono durante la partita recita «lìberati dal mondo della carne» . Nell’economia del gioco liberarsi dalla carne vuol dire giungere al secondo livello, dove il corpo del proprio avatar «di gran lunga più risplendente, pareva si fosse rivestito di nuova vita» . Il passaggio di livello si poteva realizzare sottraendo il corpo «dall’interno» a dei personaggi chiamati Corpsy, gli occhi dei quali brillavano d’azzurro come il cielo promesso dalle cut scene. È proprio nel passaggio da questo livello all’ultimo, il preludio al passaggio alla vita vera del Cielo della Luna, che il corpo è coinvolto completamente: l’avatar del giocatore viene mangiato proprio come egli aveva fatto con il Corpsy nel primo livello. Alla fine di quello che si può dire sia un vero e proprio cammino di iniziazione, i giocatori conquistano la possibilità di provare nella vita vera quello che hanno esperito nel mondo virtuale di Glorified Persons. Possono liberarsi per sempre dal loro corpo fisico, facendosi tagliare la gola mentre sono adagiati sul corpo imbastito dagli impagliatori del Cielo della Luna. Il personaggio è un signor qualunque che a un certo punto della sua vita, buona parte della quale trascorsa a leggere fumetti e polizieschi, decide di indossare una «ridicola» maschera e riportare in vita il personaggio di Spirit , il detective del fumetto creato da Will Eisner.
La dissimulazione del reale messa in atto da Daniele Beretta non è molto diverso da quello di Don Chisciotte della Mancia. Frasca richiama l’illustre antenato di Spirit attraverso diversi dettagli all’interno della narrazione, dei quali il più importante è l’ambientazione spagnola in cui si svolge la vicenda di Spirit.
Volendo restituire ai due personaggi un epiteto che sia più consono al loro comportamento, anzi al giudizio che gli altri personaggi ne danno, i due personaggi dovrebbero essere insigniti dell’epiteto che Dostoevskij usa per il suo romanzo L’idiota: Don Chisciotte e Spirit sono due idioti. Basta dare un’occhiata all’onomastica dei vari personaggi per rendersi conto che l’operazione di mascheramento del reale compiuta da Spirit sembrava già ben avviata dal mondo uno in cui viveva. I personaggi e l’ambientazione del mondo uno de Il fermo volere sono pronti, sin dall’atto di nascita, per essere accolti senza nel mondo bidimensionale creato da Spirit.
Il Don Chisciotte a cui Frasca attinge per la creazione di Spirit è la sua rilettura che emerge ne La lettera che muore . Spirit chiude la parabola narrativa di cui era protagonista sottraendosi nuovamente allo «sfarinarsi del corpo».
Nella storia degli ultra-polpi in Spirit emerge un’altra idea, vale a dire l’emozione del culturale della sottrazione del corpo generata dalla diffusione dei media elettrici . Frasca se ne occupa ne La scimmia di dio.
Con l’avvento dei media elettrici, la contrapposizione . Nell’opera si possono leggere le vicende di un giorno qualunque della vita dei due protagonisti, Dalia e Guadi, nonché degli altri personaggi legati alla loro esistenza. Gran parte dei loro discorsi sono un calco del flusso informativo proveniente dai media .
Come gli uomini nella teoria dei polpi di Vitaliano Mori, Dalia ha la sensazione che la sua vita si stia trascinando dopo essersi lasciata alle spalle la parte più emozionante. La vita di Dalia sembra non prevedere l’utilizzo del montaggio ed è per questo che il personaggio può sentirsi come se le parte migliore della vita fosse già trascorsa, restandogli da girare solo le scene «di contorno».
La nostalgia per Frasca è «lo spettro della merce», cioè il sentimento che alimenta i consumi e il prosperare della macchina capitalistica. Per tutto il tempo in cui è protagonista della narrazione, egli non fa altro che rimasticare il passato. L’intervento rafforza l’idea che un’esperienza del genere sia stata vissuta da tutti e che non ci sia persona che non si fermi a rimpiangerla.
3. Ogni paese è mondo
Nell’ultimo capitolo di Dai cancelli d’acciaio, Regina Mori spiega all’oggetto senziente del giorno, padre Saverio, quali sono le ragioni e i fini del Cielo della Luna:
La singolarità delle leggi che ci siamo imposte ha amputato e distrutto l’unica legge di Dio, che non può che volere che tutto sia in comune. Noi non facciamo altro che aiutare le persone che si affidano a noi a passare dalla cella d’isolamento della responsabilità individuale alla grande gabbia da circo del godimento collettivo.
La direttrice del Cielo della luna non mente del tutto, perché l’umanità che partecipa ai giochi è davvero composta da automi o, per usare le sue parole, da fantocci. L’ora d’aria che assicura Regina Mori è solamente un’illusione: la macchina del Cielo della Luna serve a educare i partecipanti alla mansuetudine, perché la loro trasgressione non è che un «solo scatto qualsiasi del meccanismo, dettagli del normale compiersi del giro di ruota» . Non c’è infrazione o desiderio che il Cielo della Luna non possa assorbire nel suo movimento ciclico:
Volete sesso? Eccolo qui, e tirate fuori i soldi. Desiderate soffrire, godere, espiare? Accomodatevi alla cassa. Vi piace solo guardare? Benvenuti, e mano al portafoglio. Aspirate al sommo sacrificio, che è rendersi degni del proprio pensiero? Per la cifra giusta, vi aiuteremo a farlo. Durante il resto della settimana è al lavoro una ramificata organizzazione che ha come scopo il mantenimento dell’attività della struttura, il reclutamento dei partecipanti e la loro selezione, la diffusione dei video che ripropongono per l’home theater gli avvenimenti della notte, gestire il funzionamento di Glorified Persons. Allo stesso modo Santa Mira è una sineddoche del mondo intero: «Il cielo della Luna non era nient’altro che quello che era, una megadiscoteca. Ad emergere dalla letteratura di Frasca è la società capitalistica e tecnologica nata dopo la Seconda guerra mondiale, un organismo che mira all’auto-conservazione e che ha contribuito a produrre e al tempo stesso sfruttato l’emozione culturale della perdita del corpo. Nella letteratura di Frasca a dirigere le sorti del mondo è un’inesorabile macchina economica, vero e proprio organismo autonomo e permanente che si colloca su un piano diverso rispetto al potere degli Stati, ma che ne utilizza l’organizzazione, considerandoli «un gruppo di produttori dove lavoro e capitale circolano liberamente, cioè dove l’omogeneità e la concorrenza del capitale si effettuano in linea di massima senza ostacoli esterni» . L’azione del capitalismo tende a modificare le caratteristiche dei singoli stati, producendo una tendenza all’isomorfia .
Lo Stato è contrapposto alla macchina da guerra, le cui manifestazioni «sono gruppi del tipo “rizoma” , in opposizione al tipo arborescente che si concentra su organi di potere» .
Il potere nella letteratura di Frasca è basato su organizzazioni di questo tipo; infatti non sono i politici nel loro ruolo pubblico a determinare le sorti del potere, ma al limite la loro appartenenza ad organismi paralleli e sotterranei simili alla Massoneria. Mentre nell’opera di Frasca il modello statuale è sempre uno sfondo già dato , grande attenzione è riservata alle manifestazioni della macchina da guerra, la cui realizzazione più globale nell’epoca dei media elettrici è individuata nel Sacro Romano Emporio. È di fronte al nemico comune che si può far fronte e, chiedendo sacrifici ai sonnambuli, mantenere l’ordine necessario alla «circolazione di informazione e merce» . Succede nel caso dei Figli dell’evento, un’organizzazione che si pone come la risposta più eversiva e drastica rispetto alla società, sebbene sia organizzata secondo i crismi e i principi del Cielo della Luna, quindi esattamente come l’incarnazione del potere che combatte:
I Figli dell’Evento, dopo l’ingegnere cibernetico di Tsukuba, che era un povero depresso che sarebbe stato il primo a stupirsi di tanti proseliti, si erano formati così, per imitazione e gemmazione, e l’unica mano che tirava le fila era quella invisibile che regola faccende del genere. Una prevedibile eccezione alla regola che va decisamente salvaguardata. L’attuale mancanza di ideologie, e la crisi della religiosità, espongono tanti di noi alla tentazione del profondo, va a dire a scorgere nel pensiero quello che questo da ultimo è, un moto di nostalgia dell’inanimato .
In particolare, Frasca intende comunicare ai suoi lettori la loro condizione di sonnambuli, in modo che dalla consapevolezza di ciò possa nascere se non una liberazione almeno «un’assunzione di responsabilità» , visto che sottrarsi del tutto al fascino dei media è un’operazione disperata; infatti, secondo Frasca, anche quando, grazie alla «prospettiva» offerta da «un altro (più vecchio o più nuovo) medium», si «finisce inevitabilmente per ottenere la consapevolezza dell’«orrore insito in una forma di condizionamento che» pretende «passività e “istupidimento”», ciò avviene «sempre inutilmente» .
Si può dire che tutto il lavoro sporco di Frasca, cioè quello di studio ed erudizione che solitamente uno scrittore svolge nella riservatezza della sua bottega, ha nel suo caso preso forma nei saggi critici pubblicati. È bene specificare a scanso di equivoci che i saggi di Frasca non sono degli studi dedicati alla sua opera. In altre parole, i saggi sono risorse preziose per studiare la «ricezione» dei testi altrui da parte di Frasca, perché mostrano in quale modo l’autore interroga i testi e quanto la prospettiva che adotta sia indirizzata dalla sua attività di scrittore .
Particolarmente interessante in questo senso risulta il saggio La lettera che muore, pubblicato nel 2005. Il libro è un attraversamento della “letteratura” dalle origini fino al presente che si concentra su quelle fasi in cui la letteratura è passata da un medium all’altro oppure ha visto nascere degli «ibridi mediali». Il bruciare del foglio, invece, è l’immagine con cui è rappresentata la vittoria del medium orale nei confronti della scrittura; il passaggio, infatti, non può che richiamare quel rogo di libri messo in atto dagli studenti di Berlino il 10 maggio del 1933, che Frasca glossa come il momento in cui «si dissolveva […] il monopolio alfabetico (chirografico e tipografico) dell’informazione non genetica», in cui «soltanto un osservatore sprovveduto» avrebbe visto «un’opera di censura popolare alimentata dal regime nazista» . Questo passo è così caro a Frasca perché mostra come il risveglio dalla narcosi mediale non passi attraverso il significato delle parole, ma attraverso la loro capacità di rimettere in funzione il «corpo obsoleto» o riconquistare quello «sottratto» . Non sarebbe il primo caso in cui il narratore segnala la sua appartenenza al mondo uno , sfondando verso l’interno dell’opera il muro che separa le finzione letteraria dalla realtà . D’altra parte il riferimento potrebbe alludere anche all’onniscienza della voce del narratore, quindi al fatto che egli conosca Enzo meglio del dottor Preziosi per il semplice fatto che si tratta di un personaggio di sua invenzione. In questo caso, dunque, l’autore non sta facendo altro che riflettere sul funzionamento dei suoi congegni letterari. Lo conferma un altro intervento del narratore rivolto ai suoi lettori:
Prendete un qualsiasi testo scritto, mettiamo un manuale per cucina, sottoponetelo pure alla pioggia puntuale del caso, e se solo siete alla ricerca di una risposta, la otterrete comunque, quale che sia la frase che vi capita di leggere. La componente del significato è quasi del tutto esclusa dal loro funzionamento.
Per ricapitolare, ciò che Frasca intende ottenere in quanto scrittore non è il semplice passaggio dell’informazione non genetica al suo fruitore, ma il riposizionamento del suo sensorio attraverso degli ibridi mediali appositamente creati. In fumetto emergono tutti quegli aspetti tipici dell’umanità e dei congegni di Frasca: l’uomo immerso nella contemplazione di sé stesso (la «narcosi narcisistica» di McLuhan); l’attribuzione di un valore minore da parte di Frasca (sulle orme di Dick) all’interiorità dei personaggi ai fini di una rivelazione o di intrattenimento per il lettore (d’altra parte «non c’era molto») e, al tempo stesso, l’idea che i congegni funzionino non per quello che hanno al loro interno, ma per la loro capacità di innesco. Il frigorifero, infatti, benché si trovi nel mondo uno, non è altro che uno dei congegni di Frasca: il suo suono di «basso continuo» non è diverso da quello prodotto dalla ruminatio («il “tacito murmure continuo” di uno sciame d’api» ) che rappresenta, per Frasca, un modo di fruire il testo « al di sotto, o al di sopra, della sua comprensione» . Insomma, questo suono si pone come un innesco per il personaggio della poesia. Insomma, Cosma Rondi, pur non essendo menzionato da Frasca nel novero delle «cinque macchine da presa» che inquadrano le vicende di Dai cancelli d’acciaio, non solo fa comunque parte di quelle voci «comprese nel sei» , cioè nella voce dell’autore, ma si può dire che è uno degli alter-ego di Frasca o quantomeno che agisce anche lui secondo i principi della sua letteratura («amava le analogie e adorava i ritornelli» ). Si può pensare, infatti, che oltre ad aver ascoltato la stessa musica di Frasca , Cosma Rondi abbia anche letto i suoi stessi libri, in particolare l’episodio del sandwich in Philip Dick a cui si è fatto riferimento sopra. Come Frasca, sarà giunto alla conclusione che la letteratura è «un pacco» e lo è nel doppio senso di contenitore di carta e di ‘bidone’, cioè raggiro, tradimento. Alcune delle composizioni per testi e musica sono state pubblicate anche in Lime nella sezione omonima, della quale si parlerà più avanti per altri aspetti . L’edizione del 2001, invece, ebbe circolazione solamente in formato ebook. L’ibrido in questo caso sarebbe rappresentato proprio dall’intreccio, causato dal congegno letterario, di un’abitudine di lettura legata al supporto cartaceo e di quella, per certi versi innovativa, legata alla pagina elettronica . La battuta pronunciata dal flipper, invece, ha tutti i crismi del discorso diretto se non per il mancato uso del trattino o delle virgolette. Eppure c’è continuità tra le due forme; infatti l’indiretto libero utilizzato da Frasca mantiene comunque una vivacità tipica del parlato e quindi del discorso diretto; lo conferma la presenza di elementi senza funzione semantica o grammaticale tipici del parlato («cioè, no») o le interiezioni frapposte al discorso («e come»). Ma sull’indiretto libero in Frasca si tornerà più avanti.
Entrambe possono dare al lettore informazioni assenti nell’altra parte. Nulla di tutto ciò è nella pagina del romanzo a fronte: c’è solo la lezione di Spirit al suo aiutante e apprendista Ebony su come procedere durante le indagini e come evitare di perdersi in «interpretazioni su interpretazioni» . Dunque, Dalisi aggiunge due ulteriori strati al personaggio, rappresentandolo sia come il detective di Baker Street sia come uomo d’azione armato e pronto ad azioni eroiche. Ancora, nel fumetto compaiono quei tentacoli che sono coinvolti nella ricerca di Spirit , ma che al tempo stesso sono anche i fili del burattinaio Saro Buono che muove l’intera vicenda del detective. A questo va sommata la fruizione del CD audio, il quale non è concepito come qualcosa di estraneo al congegno del Fermo volere. Lo testimonia non tanto il fatto che le informazioni che di prassi accompagnano un CD musicale, cioè la lista dei brani, gli interpreti e così via, siano nelle ultime pagine del volume, ma che queste informazioni riportino al mondo uno del libro. Si legge, infatti, che il disco è stato «Registrato e missato, nel maggio del 1992, da Giò “Speedy” Ratto presso il Blind Music Studio (Civitacentri), cioè nella città inesistente in cui vive Spirit. Inoltre, diversamente dalle altre opere in prosa, ogni capitolo del volume reca un titolo e di conseguenza l’indice del volume fa coppia con le ultime pagine che fanno da libretto per il CD.
Al di là degli aspetti materiali, il rapporto tra le due componenti e i loro diversi supporti è qui di affinità tematica: entrambi sono una rappresentazione della realtà contemporanea attraverso una riproposizione del suo «sciocchezzaio mediale». Inoltre la comunicazione tra loro è assicurata dall’apparizione dei pezzi dei ResiDante La ragazza-ambra e Il circo dei nostri, contenuti appunto nel CD, nella scena in cui il DJ Cosma Rondi è intento a selezionare la musica per gli avventori del Dinosaur; dall’identità tra il titolo del capitolo conclusivo del volume e quello dell’ultimo brano del CD, nonché dal tributo ai Residents presente in entrambe le componenti. Santa Mira offre l’occasione per tornare a parlare dell’indiretto libero, visto che il suo utilizzo nell’opera è largamente maggioritario rispetto al diretto. Questo artificio letterario è utilizzato da Frasca sempre ai fini dell’ibridazione:
i personaggi di Santa Mira sono vittime del “niente tace”. Dei due flussi, uno è quello dell’informazione, della radio, della TV, del sentito dire, eccetera, l’altro è quello interiore, che ruota intorno alle ossessioni personali. È questo il meccanismo alla base di quelle scene in cui i personaggi di Santa Mira si esprimono come se fossero i ripetitori di quanto letto sulla carta stampata, che a sua volta è stato dettato dal collaboratore del Presidente del Consiglio, che a sia volta è stato tradotto da un giornale inglese, dove appunto si vede il flusso inarrestabile che attraversa tutti. La creazione di questo «intreccio di lingue» è tra l’altro per Frasca proprio la nozione di stile, cioè
“il miglior agente della memoria nelle opere della cultura, e il solo che valga nelle manifestazioni del linguaggio”, al punto tale che la “funzione stilistica” si rivela immediatamente come una “funzione mnemonica”, così come “l’assenza di stile di un testo che si vuole contingente al più alto grado, come è il caso delle finzioni dei bugiardi, paralizza le operazioni della memoria” (Weinrich 1994, pp.
Dunque, perché «le cose del mondo» possano essere ricordate, cioè non scivolare via indifferenti alla percezione del fruitore, è necessario che «delle sottili intelaiature sintattiche» tendano a «“scegliere” e “ripiegare” il dicibile acché possa “dispiegarsi” nel lettore» , imponendo «un ritmo al pensiero» ; infatti secondo Frasca «ogni simulazione della lingua ordinaria» sarebbe «una volontà di sottrarsi alla memoria» .
Accanto a questo flusso omogeneizzato compaiono anche delle versioni pure del parlato tipico dei media.
In questo passaggio Frasca aggiunge tra parentesi, a mo’ di un testo teatrale, la segnalazione della pausa a effetto, quasi per dare istruzioni al lettore su come adoperare la voce. Si direbbe che Frasca sia un pubblicitario, e nemmeno dei peggiori, vista la confidenza che mostra di avere con il medium della reclame. Sta al cliente circoscrivere in base alle proprie esigenze il senso della frase. In Dai cancelli d’acciaio, invece, è l’autore stesso che materialmente «fa le voci» , perché l’opera è realizzata sia nella versione cartacea sia in quella audio . In quest’ultima Frasca «interpreta questo e quello e per far le voci dei suoi eroi eventualmente adatta il tono e il timbro della propria» . Andrà notato anche che per conformare meglio la veste editoriale dell’opera alla sua natura periodica, i singoli volumi recano un’impaginazione diversa, dato che variano tra i diversi fascicoli l’ampiezza dei margini nonché la misura dei caratteri. Secondo Frasca, infatti, quest’opera è un ibrido mediale che unisce le caratteristiche della letteratura del libro a stampa, quella popolata di novel e romance , con quelle della stampa periodica , che si andava diffondendo nella sua epoca. Tristram Shandy è infatti, per Frasca, un’opera nata in un’epoca in cui si formava un «reticolo di informazione permanente» che anticipava «nella fase “periodica” della cultura» quell’«uno-nessuno (o uno- ciascuno, o uno niente) della comunità dei media elettrici» . Insomma, Tristram Shandy è innanzitutto un «progetto rieducativo» che pare«offrirsi come anticoagulante dell’immaginario a tempo della ficion» , dunque un esempio che Frasca sente di dover tenere in considerazione, visto che rispondeva alle premesse dai cui sarebbe emerso «quell’unico immenso testo diadromico nel quale al momento siamo ancora immersi» . Un esempio che Frasca segue certamente (vista l’edizione in fascicoli dell’opera), ma che nel contempo adatta alle esigenze del suo presente: cosa sono i singoli file mp3 che riportano l’audiolibro di Dai cancelli d’acciaio se non lo versione di un’opera a puntate nell’era dei media elettrici ed elettronici?
Dunque, Dai cancelli d’acciaio si configura già nel suo insieme di componenti mediali diverse (pagina scritta, voce, disegno, saggio, blog, video) come l’ibrido più complesso che Frasca abbia creato.
Accanto ad esso c’è il flusso linguistico che arriva sulla pagina da diversi media inventati da Frasca che sono per lo più integrati nella dotazione tecnica del Cielo della luna e delle società partner. Per fare un esempio bisognerà far notare che la comparsa del giornale locale, L’eco di Santa Mira o del serial Tv L’onorevole Scipioni o ancora alla canzone Black Lagoon , è sempre dovuta a qualche personaggio o fatto collegato alle vicende del «bubbone» sorto in Santa Mira; anzi alcune, come le prime due, sono delle vere e proprie macchine della digressione, visto che servono ad avviare alcuni dei diversi tuffi nel passato presenti in Dai cancelli d’acciaio. Dai cancelli d’acciaio, inoltre, propone almeno due media che non erano comparsi nelle altre opere: la chat e i dilogia. Nel passo seguente, si può leggere qualche battuta del dialogo che si svolge tra Valentino e Vito, il suo compagno di affair :
Che fai in questo momento.
Anche se si tratta di poche battute, si può notare la forte incidenza del parlato, nonché il ritmo serrato con cui si alternano i due dialoganti, tipico proprio della forma di comunicazione della chat, che è più simile alla lingua parlata che a quella scritta e, perciò, ricca di ripetizioni, segnali fàtici e sintassi semplificata. Come sempre in Frasca, al di là dei contenuti, quello che più conta di questi logia gemelli è la forma, su cui indugia lo stesso cardinale Bruno:
Io le ho dettato un logion gemello. È una strana forma, lo riconosco, e mi rendo perfettamente conto della sua perplessità.
La forma del dilogia suggerisce al lettore immediatamente quale debba essere la modalità di trasmissione del testo che gli viene comunicato: come Didimo Giuda «assimila e rilancia», egli è chiamato a fare lo stesso, in modo che la parola rimanga sempre viva. Ed è interessante notare che il suo funzionamento non è messo in crisi dalla scoperta da parte del segretario della sua non autenticità. Dunque, il titolo segnala proprio la natura proteiforme del testo. È per questo che la frase «che non so cos’è che sia», che ritorna in ogni strofa, non è solo il riferimento alla condizione dell’io poetico, ma è anche un ammiccamento alla forma di blasto. Il riferimento alla canso è indicato esplicitamente da Frasca nell’epigrafe della poesia, dove compare il richiamo Escotatz! [Ascoltate!] che fa anche da richiamo per il lettore che si appresta a leggere il testo. Questa tipologia di ibridazione è scelta da Frasca anche per la sezione Rimi di Prime, nella quale sono presentati dei testi che dovrebbero far parte di un’omonima raccolta non ancora pubblicata. Va aggiunto anche che il riferimento alla tradizione trobadorica non è casuale e non riguarda solo questo componimento; infatti tutta la poesia di Frasca si fonda sull’idea che essa sia destinata all’oralità se non addirittura al canto, come nel caso già visto di Merrie Melodies ; caratteristica che era tipica delle opere dei trovatori, le quali erano sempre composizioni di motz e son, cioè di testo e musica. Le spie che segnalano la presenza di questa ibridazione sono, oltre alla scriptio continua di cui si è detto abbondantemente, un uso non standard della punteggiatura e l’adozione del metro e della rima.
Per la punteggiatura nelle opere in versi di Frasca, bisognerà fare una distinzione tra i testi che non recano alcuna punteggiatura (un’assenza che è significativa) e testi che presentano un fitto uso del punto fermo o della virgola, ma presenti contemporaneamente nello stesso componimento. Entrambi gli usi della punteggiatura sono da considerare lontani dalla norma e del primo, di cui blasto è un esempio, si potrà dire senza aggiungere altro che è uno degli espedienti usati da Frasca per produrre la sua «scriptio continua debole» .
L’utilizzo più fitto della punteggiatura, invece, è utilizzato per suggerire al lettore quali sono le pause da tenere durante la lettura. Comunque, quello che testimonia più di tutto l’ibridazione della dimensione scritta con quella orale è la ripresa della metrica tradizionale. Frasca non ritorna alla tradizione metrica, ma alle ragioni che l’hanno fondata. La macchina metrica è un medium così potente per la memorizzazione e la trasmissione dell’informazione non genetica che il suo impatto è «paragonabile all’introduzione della scrittura», poiché «liberò il linguaggio dal suo compito selettivo e informativo» e «diede il via alla progressiva estroflessione […] dei mezzi per la trasmissione del sapere» . Secondo Frasca il passaggio dell’informazione non genetica non deve avvenire per forza ai fini della comprensione, ma può collocarsi, lo si è già visto, «al di sopra o magari al di sotto» di essa. A voler fare una battuta, si potrebbe dire che il motivo per cui Regina Mori ha trovato le poesie di Prime «modeste ma con qualche guizzo» sia un certo rancore nei confronti di chi ha una concezione della metrica simile alla sua.
A fianco al ritmo prodotto dal metro, l’altro espediente legato alla dimensione della poesia orale che Frasca utilizza sistematicamente è la rima. Significativo, inoltre, è il valore che Frasca attribuisce alla parola-rima utilizzata dalla forma sestina: ne La furia della sintassi, l’autore spiega come all’origine della prima sestina della tradizione, cioè Lo ferm voler di Arnaut Daniel, ci sia la volontà da parte del trovatore di saldare indissolubilmente la forma adottata con il contenuto. La canso, infatti, proponeva il rimuginare dell’io poetico sul suo sentimento attraverso la ripetizione dei sei concetti espressi dalle parole-rima, la cui occorrenza veniva regolata dalla legge della retrogradatio cruciata. È obbedendo alle motivazioni di Arnaut Daniel che anche Frasca assembla la macchina della sestina al quadrato, intitolata Poesie da tavola , e la dissestina, nella quale la retrogradatio cruciata è applicata ai versi anziché alle parole, in modo da farli diventare dei versi-rima.
In conclusione andrà sottolineato un altro aspetto del funzionamento degli ibridi mediali e, più in generale dei congegni letterari di Frasca, cioè il rapporto problematico che instaurano con il lettore. 3. A clockwork poet
1. Frasca a pezzi
Gabriele Frasca è un orologiaio. O se si preferisce un poeta nel senso etimologico del termine . Inoltre, si eviteranno i capitoli in cui avviene la prima apparizione del personaggio, perché sarebbero meno utili a mostrare le caratteristiche di queste zone liminari. Il primo è diventato evidentissimo dopo la pubblicazione di Prime, la raccolta delle raccolte in cui Frasca ha selezionato e ricombinato quasi quarant’anni di poesia. In Prime, infatti, alcune delle poesie che compaiono sono in realtà delle strofe isolate da poesie più lunghe. Inoltre, che sia un fatto peculiare di Frasca e da ricondurre a una sua idea letteraria, lo testimonia in modo chiaro il fatto che nelle sezioni delle raccolte che recano testi originali e traduzioni di Frasca, delle quali si parlerà più approfonditamente in seguito . Per le opere di Frasca vale quello che Deleuze e Guattari dicevano riguardo alla letteratura di Kafka, cioè che in essa «ogni segmento è una macchina», anzi «una macchina che non si può smontare senza che ciascuno dei pezzi contigui costituisca a sua volta una macchina» . È verosimile che alla base delle caratteristiche che si sono viste nelle opere di Frasca, ci sia l’idea di rizoma esposta da Deleuze e Guattari nel primo capitolo di Millepiani ; nella loro esposizione i due filosofi francesi spiegano che il rizoma ha la caratteristica di poter essere spezzato in qualsiasi punto senza che ciò ne influenzi lo sviluppo e uno dei «caratteri più importanti consiste nel fatto che è sempre a molteplici entrate» . Si tratta di un capitolo-slogan, nel quale gli autori non si limitano alle loro riflessioni filosofiche, ma sembrano invitare il lettore a un nuovo stile di vita, caratterizzato proprio dal versatilissimo modello del rizoma . Tra l’altro non va escluso che proprio Millepiani con la sua struttura a rizoma, con «piani» in luogo di capitoli , abbia fornito un modello a Frasca: anche nel caso di Millepiani, infatti, erano gli stessi autori nella loro introduzione a consigliare una lettura non ordinata del volume, salvo che per la conclusione .
Tra l’altro essendo i criteri proposti da Frasca per l’ordinamento delle sue opere di fatto arbitrari e non giustificati dallo svolgimento logico delle vicende narrate (nel caso delle opere narrative) né dai temi trattati (nel caso dei versi), essi suggeriscono al fruitore due cose: prima di tutto che il lettore non è tenuto affatto a seguire l’ordine proposto dall’autore.
Tutte le raccolte di poesie hanno almeno una sezione individuata da un numero (in Rame due e sette; in Lime 3 e sei; in Rive uno e 9) che indica il posto che la sezione occupa nella successione della raccolta, ma al tempo stesso indica alcune caratteristiche della sezione o dei testi che vi sono contenuti. Sarà chiaro, dunque, che Frasca ha qui giocato sulla parola ‘triti’, fingendo si trattasse di uno pseudo composto del prefisso «tri- ». Sempre in Prime, raccolta della raccolta in cui sono riprese e collocate nella posizione indicata dal numero le sezioni uno, due e sette, Frasca utilizza la sezione Quarti per contrassegnare la quarta posizione . Non sfuggono alla legge dei numeri nemmeno le opere narrative: si può dire che sia Santa Mira sia Dai cancelli d’acciaio sono costruiti sulla base di un criterio numerico che poi si riverbera in tutta l’opera.
Dunque, i personaggi che abitano la Santa Mira di Frasca, essendo anch’essi affetti da ‘ultracorpite’, sarebbero dei doppi al quadrato.
È attraverso i loro occhi, anzi, attraverso l’indiretto libero con cui sono espressi i loro pensieri e i loro dialoghi che si guarda alle loro vicende e a quella della città dei body snatchers. Una divagazione è dedicata alla domestica di Dalia e un’altra al suo boyfriend Tonino. Un criterio numerico è anche alla base dell’organizzazione dei capitoli di Dai cancelli d’acciaio. Infatti i quindici capitoli in cui si svolgono le vicende dei cinque personaggi principali si srotolano secondo lo schema della terzina dantesca . L’uomo del Rimorso. Tre sono le identità del regista che lavora in quella sorta di goccia d’ambra che pende dal soffitto dei sotterranei del Cielo della Luna: Antonello, Nello Scopio e Toni Giusti. Nove (tre volte tre) sono le piste del Cielo della Luna e nove gli anelli di schermi dei sotterranei del Cielo della Luna. Comunque, oltre al modello di Beckett, ci sono probabilmente altri motivi che hanno spinto Frasca a usare il criterio numerologico per costruire i suoi congegni. I numeri, infatti, sono uno strumento particolarmente adeguato rispetto a quelli che sono gli obiettivi di Frasca rispetto alla letteratura; infatti il numero è storicamente, si pensi alla cabala o alla Bibbia (e perché no, alla smorfia napoletana), oggetto di studio e di interpretazione, perché si presta in tutta la sua potenza ad essere infinitamente interpretato, ad attivare il fruitore in una ricerca.
3. That’s all folks!
Si è visto che le opere di Frasca sono costruite alla luce di un’idea di serialità che Frasca recepisce dall’esempio di Sterne e da alcune suggestioni provenienti da Deleuze e Guattari. Si è visto come ogni parte della sua opera sia costruita in modo da poter essere sempre assemblata nuovamente in una nuova opera. Tuttavia è molto interessante osservare quello che succede nelle ultime pagine delle sue opere, cioè di quelli che sono gli assemblaggi finali che egli propone al lettore. Potrebbe sembrare tutt’altro che intuitivo, visto che sia Il fermo volere sia Santa Mira si chiudono con la morte dei protagonisti, cioè con in una maniera che non dovrebbe lasciare dubbi sulla conclusione della vicenda. Il brivido dei congegni sempre un po’ assopiti del cervello su un tessuto di organo che sfiata. Quante parole del mondo, estorte da sempre a tutte le bocche del tempo, respiriamo ancora.
Al di là del fatto che il finale rappresenta un esempio di ibrido mediale, visto che per chiudere la narrazione Frasca utilizza l’espediente cinematografico dei titoli di coda, è opportuno notare quanto lasci il lettore nel dubbio su quali sia stato il destino dei personaggi, non tanto di Spirit, che è morto, ma di coloro, Saro Buono e Regina Mori, che lo avevano costretto a fare i conti con il corpo e le sue pulsioni. Ed è proprio verso altre opere che tutte le sezioni finali delle raccolte di poesie proiettano il lettore. Si tratta, dunque, di una sorpresa che irrompe quando l’opera sta già sfumando e che deve molto alle ghost tracks della discografia rock. Si tratta chiaramente di un’ibridazione: Frasca mescola il DNA delle sue opere in versi con quello della musica contemporanea, la quale può essere considerata attualmente come una delle forme letterarie più vicine alla vocazione orale della poesia in metro . Naturalmente anche questa scelta, con la sua imprevedibilità, concorre allo scopo della letteratura di Frasca, cioè quello di suonare la sveglia per il lettore e tenerlo in allerta di fronte ai media. Si è già visto quale sia il significato che Frasca le attribuisce quando si è parlato della rima: la retrogradatio cruciata è un espediente che Frasca utilizza per martellare nella mente del lettore (o nella gola dove gorgoglia la parola) il senso veicolato dai suoi congegni, che è proprio quello di attivare l’uomo così come egli attiva il congegno. Sarà comprensibile con queste premesse, che Frasca riconosca nel ritorno alla sestina da parte degli autori di tutti i tempi, come un ritorno al reale .
Si rimanda, quindi, al saggio di Scaramuccia . Essa si configura come un «caso esemplare» di utilizzo di un criterio organizzativo che funzioni al tempo stesso in scala macroscopica e microscopica, cioè del fatto che ogni macchina sia sempre «macchina di macchina»; infatti nella sestina al quadrato di Poesie da tavola , non sono solo i versi delle singole strofe ad essere sottoposti alla retrogradatio, ma anche le singole sestine. In questo caso le linee di fuga sono rappresentate dalla sostituzione di una parola rima al sopravvenire di ogni nuova sestina. Quello che avviene, dunque, è la progressiva sostituzione degli ingranaggi, come se Frasca volesse preservare il funzionamento della sua macchina di fronte al rischio dell’usura. Dunque, si può dire che Poesie da tavola è una sineddoche dell’intera opera di Frasca.
Dissestina potrebbe essere, dunque, la sestina dell’età dei computer, il cui titolo alluderebbe contemporaneamente ad un’anti-sestina, vista la parodia del procedimento compositivo, e a una sestina dissestata, con una simpatica parola-macedonia che comunica sia formalmente che semanticamente con «i cocci» di cui è fatta la poesia .
Sarà opportuno, allora, dare uno sguardo anche allo schema metrico che si forma a causa dell’inserimento di un sistema di rime alternate all’interno della prima strofa. Non c’è dubbio che il titolo alluda proprio alla caratteristica più evidente di queste quartine di endecasillabi in cui le quattro parole-rima ritornano secondo la retrogradatio cruciata (schema ABCD-DACB-BDCA-ABCD): vale a dire la quasi identità della prima con l’ultima, quasi si trattasse del prodotto, si perdoni la metafora alimentare, della ri-masticazione a cui allude il titolo di sezione. Inoltre , c’è un riferimento alla riuscita del lavoro («per quello che ne esce»).
Molto significativo è, invece, che anche l’altro «caso esemplare» della letteratura di Frasca sia costruito secondo lo schema della retrogradatio cruciata. Come si era detto per la dissestina, il motore della retrogradatio cruciata concilia perfettamente la stasi e il movimento, cioè l’ossessività dei pensieri del protagonista e degli altri personaggi di cui si è detto nel precedente capitolo e le azioni movimentate del genere a cui Il fermo volere strizza l’occhio, la detective story.
Sorta inizialmente grazie allo sforzo congiunto della Farmiferm e della Black Lagoon S.p.A., che si erano equamente sobbarcate l’ingente cifra necessaria ad avviare l’attività, la Icedream s’era imposta nel giro di poco in tutto il ponaeta non solo con la sofisticata varietà di fusti dei suoi gelati, che non disdegnavano fra l’altro di adeguarsi alle tradizioni locali, ma anche per quella che era stata salutata come un’idea del tutto innovativa per consumarli .
Dunque, quest’insegna si configura come un messaggio subliminale per i frequentatori delle gelaterie (o per il lettore), perché la forma del cono richiama in maniera subdola la voragine dei sotterranei del Cielo della Luna, mentre il colore allude sia alla nudità dei partecipanti che occupano le nicchie nelle varie pareti, sia lo sfondo degli home video prodotti dalla Defective Vows Disc . L’occhio, invece, oltre ad essere l’ennesimo omaggio alla maschera dei Residents , è un richiamo doppio. Nei sotterranei del Cielo della Luna, infatti, tutti sono sottoposti allo sguardo dell’oggetto S, dunque tutti coloro che prendono parte alle azioni sessuali più estreme, lo fanno con la consapevolezza di essere osservati.
I titoli delle raccolte di poesie, per esempio, vanno considerati tutti come dei congegni letterari minimi. Da un punto di vista strettamente tipografico, infatti, sono del tutto simili alle altre unità delle raccolte poetiche (strofe e poesie), perché non presentano quei confini di inizio e fine individuati dalla maiuscola o dal punto fermo.
Rame, per esempio, secondo Cortellessa, alludeva nella prima edizione all’elemento chimico della tradizione alchemica, il rame che «si lega al servizio di Venere»; serviva quindi ad individuare la «dominante tematica erotica» e «arnaldina» della raccolta. In Rame99, però, si assiste a un cambiamento di prospettiva, su cui dà qualche indizio l’epigrafe della sezione di poesie-traduzioni minime massime.
Dunque, la ripresa di Dante da parte di Frasca suggerisce che il significato da attribuire al titolo ‘rame’ sia il materiale con cui è costruita la macchina che produce letteratura.
In questa accezione la parola ‘rame’ ricompare anche altrove nell’opera di Frasca, in particolare quando l’autore nelle opere narrative ha dei moti di vanto ed esprime tutta la sua maestria. La consonanza dei due passi è indubbia, vista anche la presenza del rame sempre in coppia con il cembalo , nonché il contesto appunto dell’auto-elogio di cui si è detto. Dunque, si può concludere che quella ‘a’ ha intaccato la parola ‘rime’ per investirla di un soprasenso che coinvolge la dimensione orale della letteratura ; infatti tutti gli esempi che sono stati riportati fanno riferimento alla dimensione orale (canto dei condannati, metro, discussione), non ultimo il riferimento alle lettere di Paolo, le quali sono considerate da Frasca come un «medium performativo». Il narratore gioca con il lettore a proposito di quale sia il colore dei peli pubici della Mori durante due dei tre capitoli che la vedono protagonista. Comunque, alla fine egli dimostra di saper premiare chi ha proseguito nella lettura del capitolo. È proprio a questo lavoro che sembra alludere il titolo della seconda raccolta di Frasca, cioè Lime. Cortellessa fa notare come già nel passo di Dante che Frasca cita per l’occorrenza della parola ‘rame’ ci sia anche la ‘lima’ ; infatti del creatore si dice colui «che l’avea temperato con sua lima» . L’epigrafe non pare aggiungere altri significati al titolo della raccolta di Frasca, tuttavia la collocazione della stessa in prossimità della fine del volume può essere considerato come una captatio benevolentiae da parte dell’autore.
Più difficile dare una spiegazione al titolo Rive, le cui occorrenze nella letteratura di Frasca sono per lo più riconducibili alla raccolta stessa. Insomma, ‘le rive’ della poesia di Frasca sono strettamente legate allo scorrere di un flusso che, data la massiccia presenza di Beckett nel background letterario dell’autore, potrebbe benissimo essere un flusso di percezione. Le ‘rive’ sarebbero, perciò, i luoghi dove si accumulano i detriti di questo rivo di pensieri e parole( «non c’è forma che sia tenuta via da queste rive» ), quindi la letteratura, dove lo stile organizza pezzi del «nulla tace». È chiaro che se il suo significato fosse questo, il titolo formerebbe insieme agli altri un gruppo di parole che hanno sempre l’intenzione di distaccarsi dalla matrice originale, cioè la parola ‘rime’, ma solo per descrivere meglio quale sia effettivamente la natura delle opere che si srotolano al di là della loro soglia.
Anche Prime è un titolo che gioca con ‘rime’, ma questa volta attraverso l’aggiunta di una lettera alla parola innominabile. Nella raccolta non ci sono epigrafi che possano guidare la ricerca di un significato; quindi non è dato sapere se si tratta delle ‘prime’ poesie raccolte in vista di un’altra raccolta delle raccolte (una ‘seconde’) o se il titolo allude all’idea che le poesie siano le prime, cioè le migliori, le‘primizie’, della sua produzione poetica fino a quel punto. Ad ogni modo è forse il caso di sottolineare che dal punto di vista formale il titolo riflette quello che accade nella raccolta; cioè come alle poesie che già c’erano sono stati aggiunti degli inediti, così alle quattro lettere della parola ‘rime’ che si nascondeva dietro i tre titoli che abbiamo visto, Frasca ha aggiunto un pezzo, la ‘p’ appunto.
Si tratta di Rimi, la raccolta che chiude di fatto le variazioni del titolo, visto che coinvolge l’ultima lettera della parola ‘rime’, la quale non era stata ancora intaccata dal virus di Frasca. Questo titolo, in verità, segna un avvicinamento al senso della parola ‘rime’ che era scomparsa dai titoli delle raccolte, ma che rispuntava, come un sorta di risarcimento, nelle sezioni delle raccolte deputate ad accogliere i sonetti di Frasca; infatti queste sezioni recano un titolo che è una voce del verbo rimare: rimasti, rimerai, rimavi. Ad esempio, le poesie pubblicate nella sezione rimerai di Rame99 erano state già scritte nel periodo utile per la pubblicazione della prima edizione. Rimerai, perciò, potrebbe indicare proprio questa proiezione verso il futuro delle poesie, le quali erano già pronte ai tempi della pubblicazione di Lime, ma furono lasciate, non si quanto per favorire questo gioco di parole, per una pubblicazione futura. Essendo le poesie, infatti, composte senza eccezioni tutte nel periodo antecedente la pubblicazione della raccolta, dunque senza alcun salto temporale come quelli di cui si è detto, il titolo di sezione si dovrebbe riferire proprio a un passato recente in cui il poeta era al lavoro. La narrazione, infatti, si muove grazie a due propulsori sotterranei che spingono le indagini di Spirit: uno è il binario inconsapevole che guida il protagonista verso l’omicidio del suo aiutante Ebony, unica soluzione per sottrarre alle doppiezze del mondo il giovane; l’altro è quello messo in moto da Saro Buono e regina Mori che, traditori fino alla fine, coinvolgono Spirit in quella ricerca di cui sapevano già in partenza la vanità . Insomma, non c’è ricezione che non sia un tradimento del messaggero e non c’è messaggio che non sia frainteso. È il principio, come si è accennato nel capitolo precedente, che dà vita all’invenzione filologica del Cardinale Bruno (e di Frasca, naturalmente): il messaggio che Didimo Giuda ripete non è esattamente quello di Gesù, perché non può fare a meno del filtro del suo traditore e traduttore. Vi faranno mandare a memoria dei testi, sia pure aperti quel tanto alle variazioni necessarie perché possano apparire personalizzati, e spontanei. D’altra parte è quello che si era detto essere alla base dell’indiretto libero che Frasca utilizza in Santa Mira: la lingua dei media attraversava i vari personaggi di Santa Mira come se fossero dei ripetitori, senza che nessuno di loro potesse dire di essere l’autore delle proprie frasi.
Detto ciò, si dovrà notare che molta parte dei riferimenti che Frasca utilizza per rivestire e imbottire i suoi consegni letterari sono letture extra letterarie, che contribuiscono a fare della sua pagina la confluenza di una de-specializzazione dei saperi.
2. Riciclaggio
La ripresa delle opere con conseguente variazione delle stesse è modo di procedere che Frasca non applica solamente alle opere altrui, ma anche alle sue.
Un’opera come Prime, concepita già come raccolta delle raccolte, o antologia d’autore, non poteva che risistemare in una nuova combinazione, quegli ingranaggi che costituivano parte della macchina delle altre raccolte. Inserire queste opere come corpo estraneo significa creare delle «linee di fuga» che ricordino continuamente al lettore che l’opera è solamente un assemblaggio di materiali che rimandano ad altre opere, quindi ad attrarre l’attenzione del fruitore proprio sul funzionamento della macchina , anziché sui materiali utilizzati dal creatore; infatti, se i pezzi provengono da altre opere, cosa avrebbe quest’opera di diverso rispetto alle sue fonte? Lo stile chiaramente, che è affine all’assemblaggio; insieme essi rappresentano le leggi di costruzione che consentono il funzionamento del congegno letterario, sempre che, naturalmente, esso sia attivato da un fruitore che si faccia attraversare dall’informazione non genetica. Non sorprende nemmeno il fatto che non si trovi un punto alla fine della poesia tradotta. Sembra abbastanza evidente l’assenza di punteggiatura nel testo di arrivo sia dovuta al fatto che questa nuova poesia è anch’essa un ibrido, ma di oralità e scrittura anziché di motz e son, perciò quei punti fermi che rappresentavano delle guide per il cantante sono scomparsi a favore della «scriptio continua debole» che, come al solito, invita il lettore (non il cantante) a tirare fuori la voce. Se non si vogliono andare a cercare le opere tradotte da Frasca per osservare altri esempi di traduzione come tradimento, si può dare uno sguardo alle già viste sezioni finali delle raccolte di poesie. Nel capitolo precedente si è tralasciato appositamente di vedere quali siano le caratteristiche di queste poesie che Frasca crea a partire da testi altrui, tuttavia adesso è il momento di tornare ad esse. Tra l’altro, dal punto di vista del critico, queste sezioni sono quasi fotografie strappate al laboratorio di Frasca il quale oltrettutto, sia detto chiaramente, è tutt’altro che chiuso al pubblico ma al massimo difficile da esplorare. Al di là delle singole poesie, è interessante far notare che quella tendenza generale di Frasca a trasformare gli aspetti grafici dei testi di partenza nelle sue versione ha un termine di paragone nelle traduzioni che Frasca ha approntato per l’edizione italiana delle poesie dell’autore irlandese. Ebbene in questo libro, al contrario di quello che succede in ottime ultime, Frasca non si allontana dagli originali in fatto di punteggiatura e soluzioni tipografiche; perché quelle opere non sono dei pezzi costruiti per entrare a far parte delle macchine di Frasca.
Detto ciò a riguardo delle traduzione, si può tornare a parlare della riproposizione che Frasca fa delle sue opere. Dunque, questi testi nella loro nuova collocazione risultano per forza di cose non solo orfani del medium per cui erano stati concepiti, ma anche separati dai «testi gemelli» con cui interagivano. Comunque, anche in Prime, nonostante quello che si detto, c’è occasione di vedere dei congegni riadattati alla nuova macchina che li accoglie. Come si può facilmente intuire, e Frasca non lesina spiegazioni nella nota , ogni sezione prende il nome da una delle precedenti raccolte e il titolo che le designa è quello della raccolta che ha maggior incidenza, come numero di poesie trasmesse, nella sezione. Al di là di ogni indicazione, basta dare un’occhiata alle poesie raccolte in questa sezione, simili alle ultime sezioni delle altre raccolte cioè traduzioni con testo originale, per rendersi conto che il titolo descrive perfettamente il contenuto della sezione. I primi vi compaiono sia con la traduzione «tutti che vengono al circo dei mostri» che reca questa volta anche l’originale e con la traduzione di quella che in Rive era l’epigrafe della sezione Fenomeni in fiera. Dunque, dopo aver continuato questo «complicato gioco» della letteratura, esaurendo i tempi verbali, i congegni letterari sono indicati esplicitamente come delle ‘rivolte’ alla narcosi imposta dai media. Si potrebbe far finta di credere alla buona fede di questo personaggio di cui poco si sa, ma sarebbe difficile fidarsi anche di Frasca, traditore per vocazione letteraria. Si pensi ad esempio al passaggio in cui Gerardo Quagliarone parla al morente dottor Preziosi del suo passato di Agente dei Servizi segreti.
Fa parte del kitch dantesco anche la voragine che si trova presso la punta del cono rovesciato del Cielo della Luna. In quella che non a caso la voce narrante «una ricostruzione un po’ dilettantesca della ghiaccia» , immerso in una cavità fino alla cintola come Satana nell’inferno di Dante, si trova l’oggetto Senziente, opportunamente imbragato su una croce: un «“povero cristo trionfante”» sottoposto alla «pena del massimo traditore» . Lo dice Regina Mori alludendo ai ragazzini che passano dalla realtà in pixel di Glorified Persons a quella di del Cielo della Luna:
Dobbiamo insegnare loro [...] Preparare invece le volontà al libero incontro con un volere più alto, con una forza più giusta nel ripartire le risorse che sono nel mondo, beh questo è il nostro compito di rappresentanti consapevoli della società civile. Alla fin fine, ciò che offriamo loro è esattamente la possibilità di uscire dall’ombra, per divenire finalmente un corpo nel mondo . È nell’ordine del mondo
Le parole di Regina Mori e quelle del Raccoglitore si somigliano a tal punto da sembrare frutto della stessa fonte; insinuano il sospetto che entrambi siano dei predestinati alla consegna di una verità che regola i meccanismi dell’esistenza in tutti il mondo uno.
Il riferimento, tutto sommato facile da intuire, è esplicitato da Frasca attraverso un crescendo che mira a rivelare solo alla fine il suo oggetto. Se la scena, infatti, ricorda chiaramente quella del film, resta da dire che il solo riferimento alla musica con cui esso inizia o la successione dei titoli di testa che precede il passaggio riportato, non possono far saltare subito alla mente il film di Kubrick, se non a un esperto. È solo alla fine che Frasca svela la sua fonte, quando descrive la carrellata «in perfetto stile Kubrick».
Un altro aspetto interessante della macchina è che funziona allo stesso modo dei congegni letterari di Frasca; infatti propone centotrentacinque video tra loro diversi, in modo che ce ne sia sempre almeno uno che colpisca per qualche motivo personale l’oggetto S del giorno. È soprattutto la sua funzione a creare un parallelo: la macchina serve, infatti, a scrivere sulla pelle del condannato (o del fruitore) la colpa che aveva commesso. Di certo, la presenza di Brazil si trova anche in quei passaggi, dove non manca l’ombra di Kafka a cui lo stesso Gilliam si ispirava , in cui sono fornite dettagliate descrizioni della esasperante burocrazia che regola il Cielo della Luna. Si dia un’occhiata, per esempio, al buio in cui brancolano gli addetti al reclutamento delle «centoquarantasette anime» che partecipavano settimanalmente ai giochi:
Agli emissari stessi del resto, che sapevano poco sulla natura dei giochi, e niente sui loro esiti estremi […] si giungeva solo dopo un’opportuna indagine, avviata una volta che il richiedente si fosse fatto avanti […] con uno dei tanti sub-emissari, o inviati, che di per loro neanche si chiedevano quale fosse il compito a cui attendevano
Si è già detto che tutto quanto avviene durante i giochi viene ripreso per poi diventare un home video. Il dettaglio più interessante che rimanda al film è quell’ «enorme insegna luminosa a forma di luna», che « è stata innalzata in cima al cono» ; l’insegna, se la si collega a quella delle gelaterie Icedream di cui si è già detto, è quindi sia una luna che un occhio, proprio come in The Truman Show la Luna era il luogo in cui viveva il regista del reality show.
Il Cielo della Luna sorge proprio su un lazzaretto che risale non alla peste di cui parla Manzoni, ma a quella di un quarto di secolo dopo.
Il passo si riferisce a una delle diverse amicizie elettroniche di Valentino e, come si diceva, sembrerebbe un innocuo riferimento alle abitudini ludiche di due ragazzi che passano gran parte della loro vita davanti a uno schermo, creando mondi alternativi. Alla fine non me la sono cavata mica male.
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