Tesi etd-09042009-102634 |
Link copiato negli appunti
Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
SCHIRRIPA, MARTA
URN
etd-09042009-102634
Titolo
Studio retrospettivo dei polimorfismi di VEGF quali determinanti di outcome nel trattamento di prima linea con FOLFIRI +/- bevacizumab di pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico
Dipartimento
MEDICINA E CHIRURGIA
Corso di studi
MEDICINA E CHIRURGIA
Relatori
relatore Prof. Falcone, Alfredo
Parole chiave
- bevacizumab
- carcinoma colorettale
- colorectal cancer
- polimorfismi VEGF
- VEGF polimorphisms
Data inizio appello
22/09/2009
Consultabilità
Non consultabile
Data di rilascio
22/09/2049
Riassunto
RIASSUNTO
Nel corso degli ultimi 10 anni l’integrazione di nuovi agenti chemioterapici, tecniche chirurgiche innovative e farmaci biologici ha incrementato la sopravvivenza mediana dei pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico (mCRC) da circa 10 mesi ad oltre 20-24 mesi. Bevacizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro il vascular endothelial growth factor (VEGF). Impedendo il legame tra questo fattore di crescita e il suo recettore questo farmaco inibisce una delle principali vie di segnale deputate alla neoangiogenesi tumorale, processo fondamentale per la progressione neoplastica.
Sulla base di risultati ottenuti in studi clinici randomizzati che hanno dimostrato il beneficio derivante dall’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia convenzionale, questo farmaco è ad oggi indicato per il trattamento di prima linea dei pazienti affetti da mCRC in associazione a regimi contenenti 5-fluorouracile. Purtuttavia, in una consistente percentuale di pazienti la malattia progredisce rapidamente entro le prime settimane di trattamento ed inoltre l’impiego di bevacizumab può determinare l’insorgenza di specifici effetti collaterali, talora molto gravi, oltre ad aumentare drasticamente i costi delle terapie. L’identificazione, sulla base di caratteristiche biomolecolari, dei soggetti con minori chance di beneficiare in modo consistente dell’inibizione di VEGF potrebbe, nel prossimo futuro, ottimizzare il rapporto costo/efficacia dei trattamenti.
Recentemente è stato ipotizzato che specifici polimorfismi del gene VEGF, modulandone l’espressione, possano condizionare l’efficacia del trattamento con bevacizumab.
In questo studio condotto grazie alla cooperazione di 6 U.O. italiane di Oncologia Medica è stato valutato su DNA estratto da sangue periferico il ruolo prognostico/predittivo di 4 specifiche varianti alleliche di VEGF, in un gruppo di pazienti affetti da mCRC trattati con FOLFIRI e bevacizumab in prima linea e in un gruppo di controllo storico di pazienti trattati con solo FOLFIRI.
Le caratteristiche principali dei 111 pazienti trattati con FOLFIRI e bevacizumab sono risultate: rapporto M/F = 57/54, età mediana= 63 anni (range 34 - 82), performance status (PS) 0/1/2=102/8/1, sedi metastatiche singole/multiple= 57/54 (33 pazienti con sole metastasi epatiche).
E’ stato osservato un tasso di risposta del 62% (risposta completa nel 12% dei casi, risposta parziale nel 50% dei casi), e una stabilizzazione di malattia nel 26% dei casi.
Ad un follow up mediano di 13,6 mesi, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza globale (OS) mediane sono risultate, rispettivamente, di 10.2 e 22.2 mesi.
La mPFS e mOS dei pazienti con le varianti alleliche -1498 C/C, C/T e T/T, riscontrate nel 20%, 54% e 26% dei casi, sono risultate, rispettivamente, di 12.8, 10.5 e 7.5 mesi (p= 0.0046, log rank test) e di 27.3, 20.5 e 18.6 mesi (p= 0.038, log rank test). I pazienti con genotipo omozigote -1498 T/T hanno presentato una PFS significativamente più breve rispetto a quelli con almeno un allele C (HR 2.13, 95% CI 1.41-5.10, p= 0.0027).
Nel gruppo di controllo la mPFS e la mOS sono risultate rispettivamente di 8.2 e 20.6 mesi. Le varianti alleliche -1498 C/C, C/T e T/T, riscontrate rispettivamente nel 23%, 52% e 25%, non hanno presentato alcuna significativa associazione con la PFS e OS. Il test di interazione tra le varianti -1498 C/T e l’efficacia del trattamento nei due gruppi suggerisce che l’effetto peggiorativo in termini di PFS ed OS determinato dallo stato di omozigosi T/T è significativamente evidente in relazione al trattamento con bevacizumab (p=0.012 e p=0.024 rispettivamente per PFS e OS)
Gli altri polimorfismi studiati non sembrano infuenzare l’outcome in nessuno dei due gruppi.
In conclusione poichè il polimorfismo -1498 C/T sembra condizionare il beneficio derivante dal trattamento solo nel gruppo di pazienti trattati con bevacizumab, è possibile ipotizzare che questo rappresenti un fattore predittivo di efficacia dell’antiangiogenico. Sulla base dei risultati ottenuti è stato disegnato uno studio prospettico di validazione ad oggi in corso.
Nel corso degli ultimi 10 anni l’integrazione di nuovi agenti chemioterapici, tecniche chirurgiche innovative e farmaci biologici ha incrementato la sopravvivenza mediana dei pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico (mCRC) da circa 10 mesi ad oltre 20-24 mesi. Bevacizumab è un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro il vascular endothelial growth factor (VEGF). Impedendo il legame tra questo fattore di crescita e il suo recettore questo farmaco inibisce una delle principali vie di segnale deputate alla neoangiogenesi tumorale, processo fondamentale per la progressione neoplastica.
Sulla base di risultati ottenuti in studi clinici randomizzati che hanno dimostrato il beneficio derivante dall’aggiunta di bevacizumab alla chemioterapia convenzionale, questo farmaco è ad oggi indicato per il trattamento di prima linea dei pazienti affetti da mCRC in associazione a regimi contenenti 5-fluorouracile. Purtuttavia, in una consistente percentuale di pazienti la malattia progredisce rapidamente entro le prime settimane di trattamento ed inoltre l’impiego di bevacizumab può determinare l’insorgenza di specifici effetti collaterali, talora molto gravi, oltre ad aumentare drasticamente i costi delle terapie. L’identificazione, sulla base di caratteristiche biomolecolari, dei soggetti con minori chance di beneficiare in modo consistente dell’inibizione di VEGF potrebbe, nel prossimo futuro, ottimizzare il rapporto costo/efficacia dei trattamenti.
Recentemente è stato ipotizzato che specifici polimorfismi del gene VEGF, modulandone l’espressione, possano condizionare l’efficacia del trattamento con bevacizumab.
In questo studio condotto grazie alla cooperazione di 6 U.O. italiane di Oncologia Medica è stato valutato su DNA estratto da sangue periferico il ruolo prognostico/predittivo di 4 specifiche varianti alleliche di VEGF, in un gruppo di pazienti affetti da mCRC trattati con FOLFIRI e bevacizumab in prima linea e in un gruppo di controllo storico di pazienti trattati con solo FOLFIRI.
Le caratteristiche principali dei 111 pazienti trattati con FOLFIRI e bevacizumab sono risultate: rapporto M/F = 57/54, età mediana= 63 anni (range 34 - 82), performance status (PS) 0/1/2=102/8/1, sedi metastatiche singole/multiple= 57/54 (33 pazienti con sole metastasi epatiche).
E’ stato osservato un tasso di risposta del 62% (risposta completa nel 12% dei casi, risposta parziale nel 50% dei casi), e una stabilizzazione di malattia nel 26% dei casi.
Ad un follow up mediano di 13,6 mesi, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza globale (OS) mediane sono risultate, rispettivamente, di 10.2 e 22.2 mesi.
La mPFS e mOS dei pazienti con le varianti alleliche -1498 C/C, C/T e T/T, riscontrate nel 20%, 54% e 26% dei casi, sono risultate, rispettivamente, di 12.8, 10.5 e 7.5 mesi (p= 0.0046, log rank test) e di 27.3, 20.5 e 18.6 mesi (p= 0.038, log rank test). I pazienti con genotipo omozigote -1498 T/T hanno presentato una PFS significativamente più breve rispetto a quelli con almeno un allele C (HR 2.13, 95% CI 1.41-5.10, p= 0.0027).
Nel gruppo di controllo la mPFS e la mOS sono risultate rispettivamente di 8.2 e 20.6 mesi. Le varianti alleliche -1498 C/C, C/T e T/T, riscontrate rispettivamente nel 23%, 52% e 25%, non hanno presentato alcuna significativa associazione con la PFS e OS. Il test di interazione tra le varianti -1498 C/T e l’efficacia del trattamento nei due gruppi suggerisce che l’effetto peggiorativo in termini di PFS ed OS determinato dallo stato di omozigosi T/T è significativamente evidente in relazione al trattamento con bevacizumab (p=0.012 e p=0.024 rispettivamente per PFS e OS)
Gli altri polimorfismi studiati non sembrano infuenzare l’outcome in nessuno dei due gruppi.
In conclusione poichè il polimorfismo -1498 C/T sembra condizionare il beneficio derivante dal trattamento solo nel gruppo di pazienti trattati con bevacizumab, è possibile ipotizzare che questo rappresenti un fattore predittivo di efficacia dell’antiangiogenico. Sulla base dei risultati ottenuti è stato disegnato uno studio prospettico di validazione ad oggi in corso.
File
Nome file | Dimensione |
---|---|
La tesi non è consultabile. |