Tesi etd-09042009-095032 |
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Tipo di tesi
Tesi di laurea specialistica
Autore
GHIZZANI, ANDREA
URN
etd-09042009-095032
Titolo
R. Brandom e J. McDowell interpreti di Hegel
Dipartimento
LETTERE E FILOSOFIA
Corso di studi
FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE
Relatori
relatore Prof. Ferrarin, Alfredo
Parole chiave
- idealismo
- pragmatismo
Data inizio appello
21/09/2009
Consultabilità
Completa
Riassunto
Il presente lavoro intende affrontare le interpretazioni della filosofia di Hegel fornite
da Brandom e McDowell. Attraverso la ricostruzione del conteso in cui questi due
autori si muovono, segnato dall’attacco alla filosofia analitica da parte del loro
maestro R.Rorty, si cercherà di comprendere le motivazioni che guidano i riferimenti
all’idealismo assoluto da parte di interpreti che per formazione appartengono ad una
tradizione ad esso estranea. Per raggiungere questo scopo preliminarmente sarà
necessario delineare in che misura il pensiero analitico rientri all’interno di coordinate
teoriche kantiane, ossia si tenterà di comprendere quanto la riflessione filosofica,
seppur alle prese con questioni caratteristiche di quella che è stata definita “svolta
linguistica”, abbia continuato ad utilizzare uno stile di pensiero kantiano; ciò sarà
funzionale alla valutazione di quanto e come le proposte di Brandom e McDowell
possano essere considerate un suo superamento in direzione di una attualizzazione
della lezione hegeliana. Tale sarà l’argomento del primo capitolo.
Nel secondo capitolo si affronterà la proposta filosofica di R. Brandom nei punti in
cui egli si è più esplicitamente richiamato ad Hegel: nella prima parte soprattutto la
nozione e la funzione della logica, nella seconda la sua interpretazione della
Fenomenologia.
Il terzo capitolo è dedicato alla filosofia di McDowell che anche in questo caso verrà
affrontata nei suoi elementi che rivendicano un riferimento all’idealismo hegeliano, in
particolare mediante una riconfigurazione della nozione di ragione: in primo luogo si
tenterà un confronto tra l’utilizzo da parte di McDowell della nozione di seconda
natura con quello di Hegel, secondariamente sarà necessario concentrarsi sulla sua
interpretazione del rapporto tra Hegel e Kant.
Il filo conduttore della ricerca che emerge come una tematica ricorsiva, tanto che si
affronti la proposta di Brandom che quella di McDowell, è la stessa nozione di
filosofia. In tal modo sarà possibile un confronto tra due diverse concezioni della
pratica filosofica che mostrerà un elemento di profonda divergenza tra i due pensatori
di Pittsburgh e Hegel. A questo proposito nel corso della trattazione emergerà come la
nozione di autoreferenzialità sia una categoria fondamentale per comprendere la
riflessione hegeliana: presentandosi nella sua forma più compiuta e chiara proprio
nella concezione della filosofia essa comunque informa profondamente
l’atteggiamento di Hegel verso qualunque tematica sia posta sotto esame. Ciò che si
tenterà di far emergere è come la mancanza della dovuta attenzione verso questa
nozione segna un elemento di parzialità nelle interpretazioni di Brandom e
McDowell.
Nel capitolo conclusivo si cercherà di impostare un bilancio conclusivo sulla
questione mostrando come la ripresa di Hegel da parte di Brandom e McDowell sia
volta a colmare alcuni aspetti insoddisfacenti del pragmatismo di Rorty, in particolare
il suo utilizzo del quietismo wittgensteiniano in relazione al problema del significato.
Le interpretazioni di Brandom e McDowell verranno considerate attraverso il
semplice criterio dell’analisi diretta del testo hegeliano. Poiché i loro riferimenti ad
Hegel sono principalmente rivolti alla Fenomenologia e alla Scienza della Logica,
l’attenzione si concentrerà quasi esclusivamente sul pensiero “maturo” di Hegel, ossia
quello emerso dopo e attraverso la “crisi fenomenologica”, con le eccezioni di Fede e
Sapere e della Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling, che
sembrano aver costituito un punto di appoggio privilegiato nella ricostruzione, da
parte soprattutto di McDowell, dei rapporti tra l’idealismo trascendentale kantiano e
quello assoluto.
da Brandom e McDowell. Attraverso la ricostruzione del conteso in cui questi due
autori si muovono, segnato dall’attacco alla filosofia analitica da parte del loro
maestro R.Rorty, si cercherà di comprendere le motivazioni che guidano i riferimenti
all’idealismo assoluto da parte di interpreti che per formazione appartengono ad una
tradizione ad esso estranea. Per raggiungere questo scopo preliminarmente sarà
necessario delineare in che misura il pensiero analitico rientri all’interno di coordinate
teoriche kantiane, ossia si tenterà di comprendere quanto la riflessione filosofica,
seppur alle prese con questioni caratteristiche di quella che è stata definita “svolta
linguistica”, abbia continuato ad utilizzare uno stile di pensiero kantiano; ciò sarà
funzionale alla valutazione di quanto e come le proposte di Brandom e McDowell
possano essere considerate un suo superamento in direzione di una attualizzazione
della lezione hegeliana. Tale sarà l’argomento del primo capitolo.
Nel secondo capitolo si affronterà la proposta filosofica di R. Brandom nei punti in
cui egli si è più esplicitamente richiamato ad Hegel: nella prima parte soprattutto la
nozione e la funzione della logica, nella seconda la sua interpretazione della
Fenomenologia.
Il terzo capitolo è dedicato alla filosofia di McDowell che anche in questo caso verrà
affrontata nei suoi elementi che rivendicano un riferimento all’idealismo hegeliano, in
particolare mediante una riconfigurazione della nozione di ragione: in primo luogo si
tenterà un confronto tra l’utilizzo da parte di McDowell della nozione di seconda
natura con quello di Hegel, secondariamente sarà necessario concentrarsi sulla sua
interpretazione del rapporto tra Hegel e Kant.
Il filo conduttore della ricerca che emerge come una tematica ricorsiva, tanto che si
affronti la proposta di Brandom che quella di McDowell, è la stessa nozione di
filosofia. In tal modo sarà possibile un confronto tra due diverse concezioni della
pratica filosofica che mostrerà un elemento di profonda divergenza tra i due pensatori
di Pittsburgh e Hegel. A questo proposito nel corso della trattazione emergerà come la
nozione di autoreferenzialità sia una categoria fondamentale per comprendere la
riflessione hegeliana: presentandosi nella sua forma più compiuta e chiara proprio
nella concezione della filosofia essa comunque informa profondamente
l’atteggiamento di Hegel verso qualunque tematica sia posta sotto esame. Ciò che si
tenterà di far emergere è come la mancanza della dovuta attenzione verso questa
nozione segna un elemento di parzialità nelle interpretazioni di Brandom e
McDowell.
Nel capitolo conclusivo si cercherà di impostare un bilancio conclusivo sulla
questione mostrando come la ripresa di Hegel da parte di Brandom e McDowell sia
volta a colmare alcuni aspetti insoddisfacenti del pragmatismo di Rorty, in particolare
il suo utilizzo del quietismo wittgensteiniano in relazione al problema del significato.
Le interpretazioni di Brandom e McDowell verranno considerate attraverso il
semplice criterio dell’analisi diretta del testo hegeliano. Poiché i loro riferimenti ad
Hegel sono principalmente rivolti alla Fenomenologia e alla Scienza della Logica,
l’attenzione si concentrerà quasi esclusivamente sul pensiero “maturo” di Hegel, ossia
quello emerso dopo e attraverso la “crisi fenomenologica”, con le eccezioni di Fede e
Sapere e della Differenza fra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling, che
sembrano aver costituito un punto di appoggio privilegiato nella ricostruzione, da
parte soprattutto di McDowell, dei rapporti tra l’idealismo trascendentale kantiano e
quello assoluto.
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